COINVOLGIMENTO DEL PUBBLICO
5. L’E CONOMIA DELLE ESPERIENZE
Al volgere al termine del XX secolo Pine and Gilmore (2000, 15–41) apportano un importante contributo alla formazione e alla comprensione della cosiddetta economia delle
esperienze, la cui nascita e il cui successivo sviluppo sono conseguenze di una moltitudine di
fattori, tra i quali l’evoluzione della tecnologia, la maggiore intensità della competizione, la crescente condizione di benessere, nonché la progressione naturale del valore economico. L’economia delle esperienze contempla l’utilizzo di servizi, come palcoscenico, e di beni, come supporto, per coinvolgere un individuo, al fine di costruire un evento memorabile che si protrae nel tempo. L’esperienza costituisce dunque un’offerta autonoma e distinta dalle materie prime, beni e servizi perché, al contrario di questi, è memorabile e personale in quanto effonde all’interno dell’individuo che viene coinvolto a livello emotivo, fisico, intellettuale e spirituale.
Gli autori fanno risalire la diffusione dell’importanza delle esperienze a Walt Disney. In particolare, furono dapprima l’apertura nel 1955 di Disney in California e successivamente,
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nel 1971, di Walt Disney World in Florida, i primi parchi a tema in grado di coinvolgere i visitatori in una continua narrazione caratterizzata da visioni, suoni, luci e colori.
Le esperienze che dette strutture sono in grado di offrire non sono tangibili; cionondimeno si sviluppa l’incontro della domanda con l’offerta perché il valore attribuito dai visitatori all’esperienza nasce nel loro intimo ed è in grado di lasciare un segno indelebile nella memoria.
Secondo l’economia delle esperienze, ogni oggetto è suscettibile di essere esperienzato. La tecnologia fornisce un ulteriore supporto per conferire al bene o al servizio la forma di esperienza. Al fine di incrementare le conseguenze derivanti dall’esperienza inoltre le imprese possono sensorializzare qualsiasi altro bene, così accentuando le sensazioni vissute durante la sua fruizione.
Ma creare esperienze non significa tanto aggiungere intrattenimento alle offerte già esistenti, quanto piuttosto innescare un coinvolgimento profondo e integrale. E gli autori infatti sostengono che l’esperienza possa avere differenti dimensioni, come rappresentato nella Figura 2.6.
Figura 2.6 – Gli ambiti dell’esperienza
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Ebbene, l’asse orizzontale raffigura la partecipazione degli individui. Esso ha due polarità: la
partecipazione passiva, in cui le persone non agiscono ne influiscono in modo diretto sulla
performance, nonché la partecipazione attiva, in cui le persone agiscono personalmente sull’evento che produce esperienza.
L’asse verticale per contro descrive il rapporto che lega gli individui con l’evento esperienziale. Le due estremità sono designate da assorbimento e immersione: il primo descrive un’esperienza che coinvolge la mente; la seconda l’immersione implica un coinvolgimento fisico o virtuale in cui l’individuo entra dentro l’esperienza.
Dall’intersezione tra le due dimensioni or ora descritte hanno origine i quattro ambiti dell’esperienza, che frequentemente si fondono tra loro per plasmare situazioni uniche e personali.
E così, le esperienze di intrattenimento costituiscono quelle più comuni e riconosciute. Coinvolgono i sensi; assorbono passivamente gli individui, come accade, ad esempio, ascoltando musica. Le esperienze educative, diversamente, implicano la partecipazione attiva dell’individuo e possono coinvolgere la mente (formazione, apprendimento intellettuale) o il corpo (allenamento fisico). In un esplicito riferimento a Philip Kotler – che introdusse la metafora dell’aula come teatro per contrassegnare un’esperienza multimediale in cui gli individui sono contemporaneamente educati e intrattenuti – gli autori ritengono l’edutainment (education e entertainment) compreso nell’esperienza educativa. E così, ad esmpio, lo studente di fisica coinvolto in un esperimento di laboratorio ha un’esperienza educativa giacché partecipa attivamente all’acquisizione di conoscenze.
Per contro, le esperienze di evasione sono caratterizzate da un’immersione profonda. L’individuo è coinvolto in maniera attiva; si trasforma in protagonista in grado di agire sulla
performance effettiva, che è spesso caratterizzata dal movimento. I simulatori di movimento,
gli sport estremi, quali kayak lungo le rapide o lo snowboard, nonché le chat rooms sono esempi di esperienze di evasione.
La quarta dimensione è invece caratterizzata dall’esperienza estetica. In essa gli individui si immergono fisicamente in un evento o ambiente, restando però passivi. L’ambiente o l’evento non subiscono alcuna alterazione o influenza da parte del visitatore, ma possono esercitare una potente influenza emotiva sullo stesso. Le esperienze estetiche, secondo Pine e Gilmore, comprendono anche la visita ad una galleria d’arte o ad un museo.
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«Partecipando a un'esperienza educativa gli ospiti vorranno imparare, a un'esperienza d'evasione vorranno fare, a un'esperienza di intrattenimento vorranno provare […], mentre chi prende parte a un'esperienza estetica semplicemente vuole essere lì.» (2000, 41)
Le esperienze maggiormente significative comprendono aspetti di tutti gli ambiti succitati, intensificandosi nel punto di incontro dei due assi. Al fine di progettare un’esperienza coinvolgente è, pertanto, necessario utilizzare la struttura rappresentata nella Figura 2.6 come un insieme di stimoli e di spunti che, mescolati creativamente, possano valorizzare l’esperienza da porre in essere. Secondo gli autori, prima di progettare un’esperienze, è necessario prendere in considerazione tre domande imprescindibili (2000, 45–46).
Occorre innanzitutto valutare attentamente come predisporre dei luoghi che meritino il tempo delle persone, che le stimolino a entrarvi e permanervi.
Secondariamente occorre valutare se, una volta entrati nel luogo, è verosimile che le persone vogliano partecipare da protagonisti nelle attività offerte, vivendo la componente di evasione dell’esperienza, oppure preferiscano essere intrattenute, assistendo in maniera passiva all’esperienza proposta.
Infine, occorre esaminare quale debba essere l’oggetto dell’apprendimento delle persone grazie all’esperienza. In particolare, occorre tener conto delle attività che, verosimilmente, concorreranno a coinvolgerli in maniera attiva nell’approccio alla conoscenza. Soltanto in tal modo infatti l’apprendimento può dirsi perfezionato con la completa partecipazione del discente.
Secondo gli autori, i produttori di esperienze dovrebbero tenere a mente alcuni fattori fondamentali tra i quali la tematizzazione dell’esperienza, l’eliminazione di indizi negativi e il coinvolgimento di stimoli sensoriali (2000, 56–60). Ed un tema davvero coinvolgente deve alterare il senso della realtà degli ospiti con effetti sull’esperienza che coinvolgano tempo, spazio e materia simultaneamente. Deve essere insolito, in guisa da stimolare sino a innescare un ricordo duraturo. Il tutto deve essere compatibile con il carattere specifico dell’impresa che lo promuove.
Al fine di garantire, poi, la pienezza dell’esperienza è necessario rimuovere qualsiasi dettaglio o indizio che impoverisca, contraddica o distolga l’attenzione dal tema principale e pregiudichi l’esperienza stessa. Gli stimoli sensoriali che accompagnano l’esperienza infine debbono potenziare il valore dell’esperienza stessa, rendendola così più coinvolgente.
Pine e Gilmore proseguono nella loro analisi asserendo che le imprese non potranno in ogni modo limitarsi ad offrire esperienze, perché anche queste alla fine saranno massificate. Per far fronte a questa situazione le unità organizzative dovranno prediligere la personalizzazione.
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«Quando si personalizza un’esperienza per renderla adatta ad un individuo – fornendo ciò di cui ha bisogno proprio in questo momento – non si può evitare di cambiare quell’individuo. Quando si personalizza un’esperienza automaticamente la si fa diventare una trasformazione, che le imprese creano oltre le esperienze, proprio come creano le esperienze oltre i servizi e così via. […] Una trasformazione è ciò che la persona fuori forma, la persona emotivamente turbata, i giovani manager, il paziente in ospedale e l’impresa in difficoltà, tutti desiderano veramente.» (2000, 206)
Il valore dell’esperienza, dal punto di vista degli Autori, non rappresenta, quindi, il fine ultimo richiesto dagli individui, ma piuttosto un mezzo attraverso il quale le persone possano accedere ad un processo di cambiamento e di trasformazione individuale.
La trasformazione rappresenta così un’offerta distinta generata attraverso la messa in scena di esperienze multiple, che rappresentano un trampolino di lancio per il cambiamento individuale e fungono da base alla concettualizzazione di una quinta offerta del valore denominata economia della trasformazione.
Come riportato nella Figura 2.7, l’economia dell’esperienza persegue l’obiettivo di descrivere ed inscenare eventi memorabili coinvolgenti l’utente grazie alla c.d. esperienzalizzazione del bene o del servizio. Per contro, la c.d. economia della trasformazione determina la situazione adatta in cui si può verificare il cambiamento appropriato, così concentrandosi sul processo di trasformazione personale innescantesi nell’individuo nel momento in cui fruisce del bene o del servizio stesso producendo un conseguente cambiamento.
Qui il focus si sposta, allora. dall’utilizzo all’utente: occorre valutare come si trasformi l’individuo mentre utilizza il bene (2000, 216).
88 Figura 2.7 – La piramide economica
Fonte: L’Economia delle Esperienze. (Pine II e Gilmore 2000)
In conclusione le imprese devono ammettere che le persone non hanno bisogno esclusivamente di beni e servizi, bensì esigono esperienze che offrano evasione, apprendimento, coinvolgimento e divertimento.