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TEMPORANEA D IGITAL N ATIVES

Digital natives è il titolo di un’esposizione temporanea dalla quale è stato tratto un

interessante caso di studio (R. C. Smith 2013; R. C. Smith e Iversen 2014).

Trattasi di un’esposizione museale, nonché di un esperimento di ricerca, che ha indagato le confluenze tra patrimonio culturale, design partecipativo e nuove tecnologie interattive.

Il progetto ha previsto l’utilizzo di nuove forme di comunicazione coinvolgendo alla collaborazione creativa un gruppo di giovani (di età compresa tra i 16 ed i18 anni), antropologi e designer di interazione per un periodo di nove mesi. La generazione contemporanea dei giovani adolescenti, cresciuti nell'era digitale, è dunque al centro del processo ora in esame.

Scopo della mostra Digital Natives è, in altri termini, creare un’esposizione temporanea volta ad esplorare e a raccontare vite e culture della generazione di nativi digitali, le loro pratiche comunicative e la loro identità. Trattasi, segnatamente, di un processo di natura esplorativa volto ad intrecciare attivamente i confini tra patrimonio culturale e culture digitali contemporanee.

L’esposizione verte su temi diversi, quali partecipazione e interazione, con l’obiettivo di creare spazi aperti al dialogo e nuovi collegamenti tra spazi museali, mostre e pubblico.

L’esposizione temporanea è stata organizzata nel Centro di Aarhus per l'Arte

Contemporanea, (Danimarca) nel dicembre 2010.

Ebbene, sono state create cinque installazioni interattive che raccontano la vita quotidiana e le abitudini di sette giovani nativi digitali. I giovani coinvolti sono stati protagonisti del progetto dell'intera mostra e hanno, inoltre, fornito i contenuti alla mostra condividendo i loro messaggi, aggiornamenti di Facebook e gallerie di foto. Tutte le installazioni hanno avuto ad oggetto social media nonché il design interattivo, così rendendo labili i confini tra arte, cultura e tecnologia.

In questo quadro, sicuro interesse riveste l’installazione interattiva “Google My Head”, suscettibile di essere eseguita su un PC collegato a un monitor multi-touch LCD Evoluce One da 72 pollici. Nell'installazione or ora accennata, il pubblico è incoraggiato a navigare

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attraverso un repository di aggiornamenti online nonché di domini digitali (Facebook, SMS), immagini e video pubblicati sullo schermo multi-touch e memorizzati in un database. Durante l'installazione, i visitatori sono stati invitati a completare la frase " I Nativi Digitali sono…”. Navigando nei vari social media, gli utenti potevano scegliere parole, immagini o video per completare la frase sospesa. Un click su una tastiera touch consentiva di completare la frase con dichiarazioni come i “nativi digitali” sono creativi, egocentrici, ma non diversi dagli altri. Le dichiarazioni prodotte dal pubblico partecipante sono state esposte come parte della mostra dei nativi digitali su due schermi touchscreen da 22 pollici situati vicino all'installazione. Qui i visitatori hanno avuto la possibilità di vedere ciò che loro e altri visitatori avevano scritto e esplorare il materiale digitale che era stato utilizzato per supportare le dichiarazioni.

Parimenti, è stato permesso interagire ulteriormente premendo un pulsante "like" o "dislike" sugli schermi, aggiungendo il loro punteggio al numero totale di like e dislike per ogni dichiarazione.

“Google My Head” dà prova delle enormi quantità di informazioni e comunicazioni frammentate che permeano la vita quotidiana dei nativi digitali. Ed è significativo che il processo di selezione dei materiali dai propri archivi digitali sia stato completato dai giovani nativi stessi, similmente ai tag che hanno combinato i materiali digitali nell’istallazione e hanno reso possibile la navigazione.

In questo progetto la comunicazione e il dialogo sono stati istantanei e collettivi, creando un impegno sociale tra i partecipanti, i quali hanno interagito con Google MY Head.

L’esposizione inoltre non segue il filo conduttore imposto dal curatore della mostra ma, piuttosto, un flusso variabile ed imprevedibile di storie sempre nuove create grazie ai contributi e alle riflessioni dei visitatori.

Ciò posto, nel vasto ambito delle installazioni appositamente dedicate alla tematica dei “nativi digitali” non può sottacersi DJ Station. Trattasi di un'installazione interattiva ed audiovisiva basata su un'interfaccia utente ispirato al ReacTable: è un “tavolo magico” il cui piano superiore circolare, è costituito da un grande touch screen. Su di esso vanno posati e mossi cubi e bottoni di varie forme, che generano diverse linee d’onda idonee a costituire un pattern sonoro.

La “Stazione DJ” ha così permesso al pubblico di interagire con l'universo musicale dei sette nativi digitali coinvolti nel progetto, ottenendo un'esperienza diretta con le culture remix e

mashup che sono proprie della generazione dei nativi digitali. Ogni giovane è stato

rappresentato nell'installazione da un cubo che, posizionato sul tavolo, riproduceva brani musicali. E così, ogni cubo rappresentava il gusto musicale di una persona, e ogni lato del

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cubo conteneva un unico loop (brano che viene riprodotto ripetutamente). I loop sono stati poi co-prodotti nella fase esecutiva del progetto da parte dei nativi digitali e dei progettisti, il tutto nel tentativo di creare un’identità musicale di ogni nativo digitale. Spostando il cubo su un nuovo lato, ha esordio un nuovo loop musicale; ruotando invece il cubo si controlla il volume del loop. Ed ancora, posizionando più cubi musicali (ognuno dei quali rappresenta l'identità musicale del nativo digitale) sul tavolo e applicando effetti, l'utente è in grado di combinare ed alterare loop per creare mashups complessi. Le immagini visive che rappresentano ciascuno dei nativi digitali si radunano intorno ai rispettivi cubetti musicali sulla superficie del tavolo e interagiscono con le immagini degli altri cubetti. I brani creati dal pubblico sono trasmessi in diretta sul sito web della mostra.

DJ Station ha creato un universo audiovisivo per esplorare e interagire con i nativi digitali

attraverso il loro territorio musicale. La metodologia integrata nell'installazione è stata ripresa dalle culture remix e mashup associate ai media sociali e digitali, concentrandosi sulla profonda importanza della musica per queste giovani generazioni. Contemporaneamente, l'installazione ha invitato il pubblico a partecipare a questa produzione e riproduzione culturale in continua attività che ha coinvolto i visitatori, attraverso l’utilizzo dei cubi, a mescolare e remixare le tracce partendo dai loop esistenti. E così, ogni visitatore si è trasformato in Dj.

Le molte trasformazioni apportate dall'era digitale sfidano i musei a trovare modi di comunicare che li avvicinino alle pratiche quotidiane del loro pubblico. I social media possono agire come un mezzo potente per trasformare la comunicazione del museo da conoscenza formale ed autoritaria a dialogo aperto volto a condurre ad una biunivoca corrispondenza tra i musei e la vita quotidiana dei singoli. L'utilizzo dei social media nella progettazione di mostre può creare spazi più inclusivi e non gerarchici ed esperienze di comunicazione culturale volte a rendere maggiormente labili i confini tra il patrimonio istituzionale e il patrimonio vivente.

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