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2.6. Ricostruzione e ripresa in Europa dopo la seconda guerra mondiale

2.6.2. Il caso della Germania

Nel settore occidentale della Germania divisa, i primi interventi di ricostruzione vennero realizzati in base a provvedimenti legislativi speciali.

La ricostruzione in questi anni avviene in condizioni difficilissime: la maggior parte dei funzionari pubblici compromessi con il nazismo furono allontanati, mancavano i materiali da costruzione e una pianificazione a lungo termine.

A Norimberga e in alcuni altri casi la ricostruzione avviene rispettando il tessuto urbano esistente o quello che ne rimaneva, a Monaco e Colonia si cerca di valorizzare le tracce rimanenti del passa- to che non erano state spazzate via dai bombardamenti. Queste tuttavia sono eccezioni: più spesso prende il sopravvento un approccio di marca modernista: a Kassel è presentato un piano in cui l’ampia sezione delle vie “appare immemore del minuto pattern della città vecchia34”.

Dati gli urgenti compiti della ricostruzione dei vecchi centri, nella Repubblica Federale Tedesca non si attuano consistenti operazioni di rinnovo delle aree sopravvissute ai bombardamenti: fra i primi interventi di una certa dimensione vi è quello di Altona ad Amburgo . Mentre procede la ricostruzione delle aree centrali si intraprende la riorganizzazione di quelle più esterne, adattando la viabilità alle crescenti esigenze del traffico automobilistico. I piani di Monaco, Francoforte, Co- lonia prevedono un’espansione notevole, oltre a una riorganizzazione del sistema infrastrutturale. Ad Amburgo, un concorso per Steilshoop, l’ultima grande area disponibile nel territorio comunale vicino all’aeroporto, vede un progetto vincitore in cui i più significativi spazi pubblici si concen- trano su un asse centrale che supporta una serie di corti. Le influenze della cultura internazionale si sentono poco in Germania in cui ci si preoccupa di creare un sistema infrastrutturale esteso ed efficiente che colleghi “subcentri”, in cui si trovano importanti servizi, e zone residenziali, carat- terizzate da un’edilizia aperta e da tipologie che creano un ambiente urbano molto frammentato. Le prime critiche a questo metodo arrivano negli anni sessanta, in cui si mette in discussione più

volte i modi della ricostruzione e l’insufficiente cultura dei “planners”. Tale critica viene portata avanti da autori americani come Kevin Lynch, ma anche da autori tedeschi come il sociologo Hans Paul Bahrdt, che critica il modo astratto dei planners di concepire i rapporti sociali all’interno delle unità di vicinato. A queste critiche seguono poi anche ampie contestazioni sul campo, che avvengono nel clima di protesta sociale che contrassegna i tardi anni sessanta. Le lotte intese a bloccare la realizzazione, spesso attraverso estese demolizioni, di strade a scorrimento veloce nel- le aree centrali, come quelle che si verificano a Berlino-Kreuzberg, e il rifiuto delle condizioni di vita all’interno dei grandi quartieri esterni rigidamente zonizzati tendono a mettere in discussione aspetti fondamentali della pratica urbanistica post-bellica.

Nel quadro della ricostruzione e nel periodo di successivo sviluppo sono anche adottate politiche intese a ridurre gli squilibri territoriali, in termini di dotazione delle infrastrutture di base e nella qualità della vita, tra le concentrazioni costituite dalle grandi città e le aree prevalentemente ru- rali.

Un caso particolare, nella situazione tedesca, è costituito da Berlino: divisa in quattro pochi mesi dopo l’occupazione dell’Armata Rossa nel 1945. Nel 1947 poi la città viene divisa solo in due settori, uno controllato dalle potenze occidentali e uno controllato dai sovietici. Per il settore occidentale vengono proposti dei piani di sviluppo urbanistico che non tengono conto di questa divisione e programmano progetti viabilistici che riguardano tutta la città. Nel 1958 viene bandito il grande concorso per Berlino capitale, per la ricostruzione del centro cittadino distrutto, in cui Scharoun, che ottiene il secondo premio, nega totalmente la struttura urbana preesistente: nel suo progetto sono riconoscibili solo alcune piazze storiche.

Nel campo dell’edilizia si sperimenta poco e ci si discosta poco rispetto alle esperienze dell’ante- guerra: il quartiere Hansaviertel “è poco più di un campionario delle ricerche tipologiche dei più noti architetti in campo internazionale”, con pochi elementi lineari, “poggiati su un vassoio verde, totalmente autonomi dalla viabilità e dai percorsi pedonali”.35

in cui si ha la frammentazione dello spazio pubblico e una rigida zonizzazione con lunghi corpi di fabbrica residenziali, le contestazioni da parte della popolazione residente non fanno che aumen- tare, per i problemi insorti sul piano sociale e per la qualità della vita. Questi problemi hanno come conseguenza un cambiamento degli orientamenti della pubblica amministrazione nel campo della pianificazione urbana. Ciò risulta evidente quando nel 1979 viene creata una società con il compi- to di dare vita ad un’esposizione internazionale di architettura, la Internationale Bauausstellung Berlin (IBA), in cui le nuove iniziative si indirizzano verso una “sperimentazione più concreta”.36 L’attività progettuale si basa infatti sulla “ricostruzione critica della città37”, in cui diventa nuo- vamente centrale il rapporto con la storia e in cui si rinnega ogni logica funzionalista. In questo modo, durante questa esposizione internazionale si cercano di inquadrare temi che spaziano dalla ricerca sulle tipologie insediative ed edilizie, alla questione ambientale, tenendo però sempre ben presente le tematiche dell’integrazione sociale e della partecipazione.

Rispetto alle sperimentazioni architettoniche del passato, l’IBA non intendeva costruire quartieri- modello da presentare alla critica internazionale, ma mettere in pratica il concetto di “esposizione di architettura” coinvolgente ampie parti di città, quasi tutte centrali. Dopo i tragici bombarda- menti della II Guerra mondiale, la ricostruzione berlinese era avvenuta seguendo una pianifica- zione affrettata e un’edificazione selvaggia. Gli anni Sessanta/Settanta hanno evidenziato la crisi e il fallimento degli ideali del Movimento moderno, sia in ambito residenziale che in quello urbani- stico. È proprio dalla presa di coscienza di questi insuccessi che è nata l’idea di creare una mostra con la quale “ricostruire la città”, da presentare nel giro di pochi anni all’opinione pubblica e alla critica specializzata. L’IBA si contrappone fin da subito ai concetti urbanistici elaborati dal CIAM e del modello dello zoning, per “assegnare invece un primato alla morfologia urbana che si è venuta a configurare nel tempo, alla definizione di una forma complessiva della città entro cui si inseri- scono le costruzioni. (…) Una minor fiducia nell’idealismo razionalista, ha fatto preferire alla te- matica delle Siedlungen-modello o dei quartieri dimostrativi, l’idea di un “collage” di architetture da integrare al tessuto urbano esistente, per dargli nuova vitalità”38.

Nel 1978 venne quindi creato un comitato per l’organizzazione dell’IBA per organizzare questa esposizione internazionale imperniata sul tema “Abitare nel centro della città”. All’interno del- la città, l’IBA ha individuato alcune aree-campione, storicamente e tipologicamente significative, come i quartieri di Kreuzberg e Tiergarten, facendole oggetto di un’operazione esemplare di ri- parazione/ricostruzione. La progettazione condotta su queste aree si è proposta di restituire loro quell’identità urbana perduta dalle distruzione della guerra e dal successivo abbandono, e di otte- nere una migliore qualità abitativa. In collaborazione con i privati, vengono iniziate numerose co- struzioni, in molti casi completate soltanto molto tempo dopo; contemporaneamente si formulano alcuni principi base che, dopo la caduta del muro, diventeranno un riferimento per gran parte degli interventi successivi, sia a carattere architettonico che urbanistico. Si tratta, in gran parte, di interventi residenziali, per la classe operaia e del ceto medio. La ricostruzione di queste parti di città avviene completando isolati esistenti che, spesso, presentano lacerazioni e vuoti edilizi. Per dare un aspetto unitario alla città storica, viene richiesto dagli organizzatori di osservare alcune regole imposte dal contesto storico/urbanistico, come il Blockrandbebauung, isolato con edifica- zione perimetrale continua e con corte interna, e le altezze di gronda.

Con l’IBA di Berlino si è definitivamente fatta largo una strategia urbanistica fondata sul recupero degli elementi costitutivi dello spazio urbano.

“Questa strategia ha individuato nel modello insediativo dell’isolato lo strumento principale, quasi esclusivo, di ricostruzione dello spazio urbano e di riconfigurazione della città nel suo insieme; nella sua forma, misura, nei rapporti dimensionali, nelle relazioni tra le parti e nei rapporti gerar- chici che sottendono i singoli elementi”. 39