1. The number of international migrants worldwide has continued to grow rapidly over the past
3.1. Nuove dinamiche social
3.1.1. Nuovi modelli lavorat
Lo scenario di fondo per una riflessione sui cambiamenti in atto nel mercato del lavoro è costituito dalla globalizzazione. Nel corso degli ultimi anni si sono verificati infatti due fenomeni: le merci prodotte circolano per tutto il mondo e i movimenti migratori sono ormai su scala mondiale. Mentre fino alla fine degli anni novanta si assiste ad una generale crescita del livello di qualifi- cazione della struttura occupazionale, dal 2000 in poi iniziano a crescere le occupazioni meno qualificate. Sono molti i fattori che incidono su questa forma di mercato del lavoro: lo sviluppo tecnologico ha consentito di ridurre i lavori ripetibili e standardizzabili, ed è sempre più diffuso il fenomeno del decentramento di una parte dei lavori più ripetitivi nei paesi in via di sviluppo. Oltre a questo, in seguito a fenomeni come il progressivo invecchiamento della popolazione, si è registrato un aumento delle richieste dei servizi alla persona. Infine, i processi migratori hanno consentito ai paesi europei di disporre di una forza lavoro disponibile a fare lavori non qualificati, senza pretendere al contempo particolari riconoscimenti retributivi. Molti paesi europei, come Germania, Francia e Gran Bretagna, vedono una forte crescita dell’occupazione altamente qua- lificata e questo consente loro di reggere la competizione internazionale, grazie a un cospicuo investimento in tecnologia e nella formazione universitaria.
Incertezza, mobilità, rischio e opportunità sono concetti che descrivono la società di oggi, “ca- ratterizzata da un capitalismo flessibile e da una economia della velocità”91. Le caratteristiche del mondo del lavoro di un tempo, il lavoro presso un’unica azienda tutta la vita ad esempio, si trasfor- mano per lasciare spazio ad una maggiore instabilità e precarietà dei lavoratori. “Questo duplice
aspetto è caratteristico, infatti, di quella che, dopo la fine del “posto fisso”, del lavoro a tempo indeterminato, viene chiamata non più società del lavoro, ma “società dei lavori”. Si è registrato un “aumento della vulnerabilità, dell’insicurezza, dell’instabilità e del rischio con il conseguente carico di ansietà per i lavoratori indipendenti e dipendenti e non solo per coloro che sul mercato risultano meno preparati e competenti. Se con il fordismo si studiavano gli effetti del lavoro ripe- titivo, monotono, e routinario, contestualmente, ovvero il disadattamento, la demotivazione, l’in- soddisfazione dei lavoratori, oggi si dovranno studiare gli effetti dell’incertezza, della variabilità, della flessibilità spinta e cioè l’ansia e lo stress. Si parla di “società dei lavori” proprio per indicare la de-standardizzazione del lavoro in quanto a rapporti di lavoro, contenuti, orari/tempi, spazi/ luoghi, garanzie”92.
Al posto dell’unico contratto di lavoro che vi era un tempo, il lavoro stabile, oggi bisogna fare i conti con una moltitudine di tipologie di contratti flessibili: le prestazioni occasionali, i contratti a progetto, il job-sharing, ecc. Oltre a cambiare il modello e il contratto di lavoro, si modifica di conseguenza anche lo spazio di lavoro che è legato alla frammentazione dell’impresa sul territorio. “ Finita la grande impresa che tutto inglobava e che delimitava però altrettanto bene il territorio del lavoro, della fabbrica, da quello privato della casa, della famiglia”, termina anche questa se- parazione tra gli spazi: sempre più frequente è svolgere il lavoro a domicilio, la domestication. In questo modo spazio domestico e lavorativo vanno a coincidere, non vi sono più barriere temporali o spaziali. Anche gli orari di lavoro sono cambiati. Per facilitare la flessibilità all’interno dei luo- ghi di lavoro sono nati nuovi tipi di orari che da una parte permettono al lavoratore di ritagliarsi più spazi per il tempo libero ma dall’altra parte “l’individualizzazione degli orari sta portando ad una de-sincronizzazione dei tempi di lavoro per cui si lavora sempre più in ore insolite e questo meccanismo tende a creare difficoltà ad incontrarsi e a stringere rapporti sociali. Si parla di part- time orizzontale e verticale, ma anche di contratti weekend, di flexi-time, cioè di flessibilità e di ricomposizione dell’orario nell’arco della settimana, del mese o dell’anno (…), di turni di lavoro che sempre più coinvolgono i lavoratori nei giorni di festa e in orari notturni.”
L’azienda post-fordista persegue una flessibilità maggiore e per fare questo si snellisce e si disloca sul territorio globale. Il passaggio dal fordismo al postfordismo costituisce un cambiamento che interessa molte dimensioni del lavoro: l’avvento del post-fordismo coincide con un passaggio dalla standardizzazione alla de-standardizzazione, sia dei prodotti che dei processi di produzione e si traduce in un aumento della complessità organizzativa.
Uno degli aspetti principali di questo cambiamento è quello che riguarda la nuova dimensione in- ternazionale del lavoro. Esso infatti è andato distribuendosi sul territorio locale così come a livello internazionale, generando una divisione fra luoghi e paesi specializzati in determinate produzioni ed altri in altre.
I sistemi di produzione si sono progressivamente riorganizzati per adeguarsi alla struttura più flessibile del mercato del lavoro e dei processi lavorativi. Questi processi “hanno dato vita ad una modularizzazione delle attività, che significa scomposizione dei processi lavorativi, un tempo uniti e spesso collocati in un unico luogo, in tanti moduli diversi e integrati fra loro, anche se spesso dislocati in aree diverse di un paese o del mondo. Il risultato di questi processi è stato il passaggio dall’integrazione organizzativa verticale tipica del fordismo, che vedeva appunto una scala gerar- chica verticale tenere assieme tutte le componenti dell’organizzazione entro uno stesso luogo, ad una forma di integrazione orizzontali, che prevede la connessione delle componenti dell’organiz- zazione sparse nel territorio o nel mondo93”. La delocalizzazione delle imprese deriva dall’ oppor- tunità di abbassare il costo del lavoro, dando vita ad una tendenza che crea fenomeni di “concen- trazione senza centralizzazione” ovvero la centralizzazione del controllo dei processi di lavoro e il decentramento delle attività di produzione.