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Il caso di Giulia

CAPITOLO 6: Osservazione e valutazione di alcuni casi: progetti “Spazio Neutro”

6.3 Il caso di Giulia

Giulia è una bambina di otto anni perspicace ed intelligente, abile nel linguaggio, curiosa ed interessata ad ogni iniziativa di apprendimento. È educata e composta nel portamento ed attenta alla propria immagine.

Giulia non incontra regolarmente il padre, a causa delle forti ostilità tra i genitori, nonostante le abitazioni siano adiacenti (il padre abita nel piano terra della stessa casa, divisa da una porta interna).

coniugi ed il conseguente rifiuto da parte della madre di far incontrare la figlia al padre, in quanto considerato dalla signora, persona pericolosa, che può indurre la bambina in condizioni di rischio e pregiudizio.

Storia del nucleo familiare

La storia familiare è segnata da una serie di gravi scontri e battaglie tra gli ex coniugi, che sono perdurate per anni ed hanno duramente coinvolto e strumentalizzato la bambina in queste dinamiche irrazionali e pericolose.

La continua campagna di denigrazione di un genitore nei confronti dell’altro, le espressioni di continuo disprezzo hanno determinato in Giulia una confusione e disordine nell’idea della propria famiglia, trovandosi continuamente combattuta nelle continue pretese di prendere le parti di uno, piuttosto che dell’altro genitore.

I genitori si sono, più volte, accusati vicendevolmente, presentando anche una serie di denuncie, tra le quali, la più grave è stata quella della madre nell’accusare il padre di presunte molestie sessuali nei confronti della figlia.

Dopo la separazione gli ex coniugi, si sono divisi l’abitazione: la madre è andata a vivere nel piano superiore con la figlia, il padre si è sistemato in alcune stanze del piano inferiore. Entrambi hanno predisposto entrate differenti, ma è rimasta una comunicazione interna degli alloggi.

Il Tribunale dei Minorenni ha disposto gli incontri Spazio Neutro, definendo una cadenza quindicinale.

Incontri Spazio Neutro

Il padre si è presentato sempre puntuale agli appuntamenti previsti, la madre talvolta è arrivata in ritardo, giustificandosi di aver avuto dei contrattempi.

Inizialmente Giulia appariva molto polemica e contraria ad ogni proposta di gioco o di attività che il padre suggeriva, adottando comportamenti avversi e provocatori (“Non so se mi

piacciono...vediamo....secondo me non sono interessanti”, “tu non sei capace di proporre cose interessanti…” “tu non sei intelligente, non riesci a fare nulla di coinvolgente”). La

considerazione che la bambina aveva nei confronti del padre era pressoché negativa e squalificante, adoperava termini di disprezzo quasi con compiacimento ed utilizzava parole o situazioni nel descrivere le negligenze del genitore, con un linguaggio generalmente non conosciuto da una bambino di quell’età.

della figlia (“non ti ascolto....tu non sei capace..”) tendeva a reagire con altrettanti comportamenti di sfida (“vediamo se anche tu sei capace, come me, a fare questo...”tu non

sei stata in grado di superarmi…vedi che il papà è bravo”).

A conferma di ciò, infatti, i giochi iniziali proposti dal padre erano principalmente giochi in scatola i quali prevedevano una sfida tra giocatori (dama, trea...): ciò aumentava fortemente il sentimento di competizione tra padre e figlia (“ho vinto io...tu hai perso...” ) rinforzando nel padre atteggiamenti di confronto e giudizio (“vediamo se sei capace di fare

questo”....”vediamo chi vince tra me e te...”). L’operatrice ha consigliato di predisporre

giochi che prevedono di fare qualcosa insieme (puzzle, costruire, disegno condiviso...) eventualmente utilizzando anche quelli presenti nella stanza.

Con il tempo, le difficoltà di relazione e le modalità di sfida e rivalsa si erano attenuate, anche se, talvolta, continuavano ancora a persistere.

La madre ha adottato atteggiamenti consoni al contesto, dimostrando una certa sicurezza nell’alleanza con la figlia e rivelando una personalità forte e determinata. Ha sempre accompagnato Giulia senza mai polemizzare apertamente il proprio disappunto, manifestando però, una certa freddezza negli atteggiamenti. Solo in sede di colloquio, ha riportato la propria contrarietà rispetto agli incontri Spazio Neutro, descrivendo l’ex compagno quale persona pericolosa, inaffidabile ed imprudente. Ha segnalato agli operatori tutta una serie di inadempienze e scorrettezze che il padre di Giulia ha avuto nel corso degli anni, portando a conoscenza della denuncia pronunciata a seguito di sospetti abusi sessuali nei confronti della bambina, episodi, tra l’altro, confermati dalla stessa Giulia durante i primi momenti di conoscenza degli operatori.

In parallelo con l’attività Spazio Neutro, è stato previsto dell’équipe di riferimento, un percorso di supporto psicologico alla minore, al fine di aiutare la bambina nella personale rielaborazione dei periodi condivisi anche con il padre, favorendo meccanismi di introiezione e proiezione del proprio vissuto. Questo perché, nel vortice di una forte conflittualità tra genitori, Giulia può aver idealizzato la figura materna sulla base dell’esperienza diretta: il genitore convivente è quello su cui vengono riversati sentimenti di gratitudine e bisogni di affetto e di accudimento. Spesso si instaura una relazione diadica di complicità e di alleanza, che può sfociare in un rapporto fusionale, che mette a rischio lo sviluppo psichico del bambino stesso.

Nel corso dell’intervento di sostegno psicologico, Giulia ha riconosciuto che le vicende raccontate, che riportavano eventi negativi del padre, sono state frutto di un’invenzione in una sorta di complicità con la madre (“io ho detto così perché comunque la mamma diceva che il

papà è disonesto e cattivo…”).

L’attività Spazio Neutro ha avuto un decorso di circa sei mesi, successivi ai quali sono stati previsti dall’Autorità Giudiziaria modalità programmate ed autonome di affidamento condiviso.

Osservazioni personali

Il percorso di ricostruzione delle relazioni, in questa situazione, è stata un’esperienza di separazione-individuazione, attraverso il quale Giulia ha potuto riconoscere il suo legame biologico da entrambi i genitori. Si sono poste le basi per una conoscenza migliore della propria storia e delle proprie radici, a partire dalla considerazione che spesso, in queste situazioni i figli diventano parte del conflitto e non riescono a pensarsi come frutto di incontro d’amore, sia pure finito.

Tutti gli operatori coinvolti, in una sorta di sinergia produttiva, si sono focalizzati sull’ascolto di Giulia, nel tentativo di dare voce alla sua sofferenza, ai suoi timori, alle sue ansie, ai suoi desideri, nelle forme in cui riusciva ad esprimersi: la parola, il gioco, il disegno, la favola. In questo modo la bambina ha scoperto che può affrontare le sue vicende, attribuire il nome appropriato agli avvenimenti, ripercorrere il senso della sua storia personale e familiare, senza tradire coloro che ama.

Il riemergere di Giulia come soggetto attivo ha potuto aprire la strada alla relazione con il genitore lontano.

Il lavoro di cooperazione e collaborazione tra Servizi ha permesso dai dare buon esito a questo caso e consentire a Giulia di ascoltare le proprie emozioni, di esprimere i propri sentimenti liberamente, senza sensi di colpa o rimorsi, anche se, siamo consapevoli che certe ferite non si rimarginano e rimarranno parte della singola personalità.