81 Il termine “ricchezza” è fuorviante. Viene infatti, spesso, ripetuto che avere a disposizione tanti mezzi e tante risorse non può che essere positivo. Questa consapevolezza, che ci accompagna nel corso della vita, è presente non solo sul piano individuale, ma anche su quello più generico della socialità. Le Economie, da quelle più piccole e rurali fino a quelle odierne, così globali e digitali, hanno infatti da sempre agito secondo il principio dell’accumulazione e sfruttamento delle risorse in quanto metodo principale per crescere e unico paradigma possibile per sopravvivere. Il
sentiment della formica di Esopo ci ha quindi pervaso convincendoci che più si ha,
meglio è. Questa tesi è tanto inconfutabile quanto vaga e la vaghezza, purtroppo, deriva a sua volta dalla semplice constatazione che il mondo è pieno di risorse, potenziali o effettive, per cui è bene fare dei distinguo e procedere in un’analisi più approfondita.
Il primo – lapalissiano – passo è quindi riconoscere che come svariate sono le risorse allora altrettanto svariati e molteplici devono essere i loro effetti sull’economia. Mantenendo come perno dell’intero discorso la centralità della conoscenza e della tecnologia latu sensu, possiamo infatti pacificamente affermare che input diversi genereranno output diversi. In alcuni casi si potrà assistere a benefici immediati (si pensi a titolo d’esempio a cosa hanno significato nel corso dei secoli le scoperte di nuove fonti d’acqua o di nuove terre fertili), in altri casi i benefici saranno minori o più difficili da definire, poiché proiettati nel lungo termine, in altri casi infine sarà utile, forse necessario, fare un bilancio, ovvero rapportare i pro e i contro. Quest’ultimo può sembrare, a prima vista, un caso limite. Abituati infatti, come siamo, che l’abbondanza di risorse è sempre un bene, difficilmente ci poniamo la domanda se effettivamente sia solo così. Il secondo passo è dunque immaginare quanto contino, oggigiorno, le risorse produttive che hanno un effetto duplice, in parte positivo ed in parte negativo. Nonostante ciò, la storia ha dimostrato che nella gara ad accumulare, cercare e sfruttare risorse, qualcosa forse è andato perduto e che la comprensione della totalità degli effetti non abbia avuto una particolare rilevanza nelle scelte di politica economica. Queste infatti sono sempre caratterizzate
82 da valutazioni quantitative mentre le riflessioni sulla qualità degli output nazionali, e specificamente sulla salubrità degli ambienti di riferimento, sono al centro delle agende governative da non più di trent’anni. Qualcosa è cambiato e lo si evince giornalmente dalla quantità di informazioni, più o meno veritiere, che possono essere desunte dai media e dal web. Tutti oggi siamo mossi da una nuova spinta e nuovi vocaboli sono entrati nel linguaggio comune, come eco–sostenibilità, green– economy, risorse rinnovabili, etc… L’importanza dell’accumulazione internazionale di risorse produttive non è più quindi così immediata ma è frutto di analisi mirate e volte a capire e prevederne l’effetto; una problematica che inevitabilmente si complica quando tali risorse sono naturalmente disponibili sul proprio territorio e non è vi è necessità di sostenere costi particolarmente alti o di operare sul mercato internazionale, per poterne usufruire. Il terzo ed ultimo passo verso il fulcro di questa tesi riguarda perciò il rapporto tra le Economie e l’Endowment, ovvero tra i sistemi produttivi e la dotazione di capitale che si ha a prescindere dal commercio con l’estero. In questi casi la tentazione è forte, quasi irresistibile. Sfruttare le riserve, quelle che Madre Natura ci ha donato, sembra quasi un imperativo morale. Il nodo del problema è dunque questo. La sfida degli studiosi di economia di tutto il mondo riguarda, oggi più che mai, proprio il rapporto tra crescita ed ambiente, un rapporto che diventa incestuoso, opaco e complicato quando è lo stesso ambiente circostante a configurarsi come source degli input produttivi ma anche come sink degli effetti nocivi che, immancabili, giungono a seguito dei processi produttivi. Comprendere appieno l’importanza, nel bene e nel male, della dotazione di capitale è quindi una sfida che affonda le sue radici nell’Economia più classica ma che solamente nel corso del XX sec. è riuscita a definirne scientificamente e stimare la variabili principali che prendono parte a questo processo.
La letteratura mondiale in materia può suddividersi in tre grandi filoni o ambiti di studio. Il primo concentrato principalmente nella prima metà del secolo passato, ha avuto ad oggetto esclusivamente la dotazioni di fattori produttivi ed i percorsi di specializzazione economica che essi comportavano in base alla Teoria dei Vantaggi
83 Comparati54. Il secondo, che agli inizi degli anni ’90 ha raggiunto i risultati più rilevanti,
ha come proprio punto cardine invece l’ambiente e l’inquinamento. La terza corrente di studi e ricerche, infine, che è la più moderna, si concentra su tutte le possibili determinanti che prendono parte a questo processo, cercando di definire degli equilibri più generali e completi. Per quanto sarebbe stato possibile, e certamente più sintetico, saltare le prime due correnti di studio e concentrarsi sull’ultima, si è deciso invece di mostrare una panoramica più completa e ciò per almeno due buoni motivi: innanzitutto da un punto di vista meramente epistemologico, sembra opportuno ripercorrere l’intero iter della letteratura per poterne cogliere appieno gli snodi fondamentali e le teorie più influenti anche perché alcune di esse continuano ad essere trattate e dibattute, in secondo luogo il filone di studi più attuale è anche quello più incompleto, composto da teorie che per quanto simili nella forma tendono a scontrarsi le une con le altre, a creare sempre nuove domande e non portando quindi, fino ad ora, a conclusioni unanimi. Una volta esposti ed analizzati i contributi che hanno avuto, nel tempo, un peso ed un’influenza maggiore, verranno esposti i limiti e le problematiche che oggettivamente appaiono esserci ancora circa questo interessante tema sociale ed economico. Dopodiché, nel successivo paragrafo, verrà esposto il modello, in tutte le sue specificazioni, che è stato stimato, spiegando quali sono i risultati raggiunti e di quale novità si fa carico. Nelle riflessioni circa i risultati trovati, esposte nell’ultimo paragrafo, si tenta di ragionare su alcune intuizioni che potrebbero, veramente, cambiare il modo di concepire l’inquinamento e lo studio ad esso afferente.
54 David, Ricardo. "On the principles of political economy and taxation" Bohn's Economic Library (London: G. Bell & Sons, 1891), passim (1817).
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