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Cecilia: viaggiatrice e scrittrice

Nel testo la scrittrice mescola abilmente dati reali e tratti di invenzione letteraria, rispondendo così contemporaneamente all’esigenza descrittiva e all’istanza narrativa21.

In particolare, il riferimento preciso alla data della partenza e al vapore su cui la famiglia si imbarca, il Maria Cristina, nome realmente presente nelle fonti storiche dell’epoca, rappresentano «elementi di veridicità». Frutto d’invenzione è invece lo status del marito, che da marchese acquista il titolo di barone, e il nome del figlio Carlo, per nascondere quello reale di Camillo.

Tuttavia, tali modificazioni potrebbero derivare dalla volontà della scrittrice di tutelare la propria privacy e la propria identità, da ciò deriverebbe anche la decisione di pubblicare il testo anonimo nella prima edizione.

Il viaggio, comunque, corrisponde ad un’esperienza realmente vissuta dalla “signora siciliana”, e ciò è dimostrato dalle dettagliate descrizioni dei luoghi visitati, dal riferimento alle persone incontrate e ai mezzi di trasporto di volta in volta utilizzati.

Cecilia si rivela una viaggiatrice erudita, curiosa e dotata di un grande spirito di osservazione, che le consente di cogliere i particolari e le varie sfaccettature delle realtà incontrate.

Nonostante il suo ruolo di accompagnatrice, la visitatrice non occupa una posizione subalterna, infatti partecipa in maniera attiva alle escursioni e alle visite culturali, collaborando sovente all’organizzazione dell’itinerario, ed esprimendo apertamente, nel suo resoconto, giudizi e riflessioni sui luoghi visitati e sulle figure con cui viene a contatto durante il soggiorno napoletano.

20 Ivi, p. 67.

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Nello specifico, già dalle prime pagine, emerge la diffidenza che Cecilia nutre verso un «magistrato d’alta rinomanza», il quale mostrava «l’austerità di un Catone, ed a quarantesei anni sembrava già vecchio; godeva della piena fiducia delle madri più scrupolose; era da tutti lodato qual uomo dabbene, e narravansi di lui molti tratti di beneficenza»22.

In realtà è proprio questo atteggiamento esasperato, dietro cui si cela un finto perbenismo, ad insospettire l’accorta viaggiatrice, che dimostra una particolare capacità di intuizione, ma anche una certa abilità narrativa.

L’allusione alla negativa impressione che tale “grottesca” figura suscita nell’animo di Cecilia, costituisce infatti un’anticipazione dell’episodio, riportato nelle pagine seguenti, in cui la rispettabile “signora siciliana” è vittima delle

avances e del tentativo di seduzione, proprio da parte di quel tanto “virtuoso”

magistrato, che, togliendo la maschera dell’ipocrisia, rivela tutto il suo animo depravato.

Da tale episodio emergono due aspetti importanti, che consentono di mettere in luce la posizione assunta da Cecilia nel suo ruolo di viaggiatrice, e allo stesso tempo di scrittrice: innanzitutto il fatto che il marito decida di ritornare a casa con il figlioletto, lasciando la moglie a giocare a dama con un semi-sconosciuto, fino a tarda sera, dimostra che la viaggatrice gode di una certa libertà e mobilità, configurandosi come una «donna consapevole di sé e dei propri spazi»23; a ciò si aggiunge la sua volontà di assumere non solo il ruolo di voce narrante, ma anche la veste di personaggio, che esprime le proprie impressioni ed emozioni, e proietta sul mondo circostante «la propria carica sentimentale in termini di benevolenza, di arguzia, di malinconia»24.

È proprio questo accavallarsi e fluire di stati d’animo diversi, che si riflette sul mondo esterno, a stabilire un rapporto nuovo e mutevole con le realtà visitate. Grazie ad esso è di volta in volta l’aneddoto, la scenetta fortuita, l’incontro casuale a balzare in primo piano, e con essi il personaggio del narratore itinerante, la sua fabulazione e il suo romanzo di idee e di sensazioni 25.

22

C. STAZZONE DE GREGORIO, op. cit., pp. 55-56. 23Cfr. R. RICORDA, op. cit., p. 88.

24 A. BRILLI, Quando viaggiare era un’arte, op. cit., p. 40. 25 Ivi, p. 41.

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Un esempio emblematico al riguardo è rappresentato dalla triste visita alla tomba della sorella, che la scrittrice descrive con tono intimistico, servendosi del “linguaggio dell’anima”, e rendendo in maniera vivida l’emozione e la sofferenza provata, che sembra riverberarsi nell’immagine cupa del cielo, che lasciando cadere improvvisamente una pioggia fitta sembra unirsi al suo dolore.

Cecilia, inoltre, sembra stabilire con la sua cara congiunta una «corrispondenza di amorosi sensi», per riprendere un’espressione cara a Foscolo, come emerge dalle parole cariche di commozione riportate all’inizio del resoconto: «Se la sorte - mi diceva io - non mi concesse, o mia diletta, di rivederti tra i viventi, mi sarà dato almeno di spargere una lagrima sulle tue ceneri, e tu l’accoglierai di lassù amorosa»26.

A questi brani più improntati all’emotività, si affiancano passi caratterizzati da un linguaggio scorrevole e semplice, ma abbastanza controllato.

Circa una quarantina d’anni dopo, la scrittrice decide di rivedere questo suo primo scritto, dando alle stampe nel 1884 una seconda edizione, che acquista però una dimensione più romanzesca. La protagonista del racconto diviene, infatti, Ida, una giovane donna appena sposata e senza figli, che rappresenta una sorta di alter ego della scrittrice. Il marito costretto a fuggire da Palermo, perché coinvolto nell’organizzazione di moti insurrezionali, incita la giovane donna a compiere un viaggio in Italia per distrarsi, e le chiede di recarsi a Venezia, dove si sarebbero poi incontrati.

Anche in questa edizione fondamentale risulta l’appoggio e l’accoglienza di parenti e amici fidati, ma cambia lo scopo del viaggio, che è fatto coincidere interamente con la volontà del marito e anche la data della partenza, posticipata al dicembre 1847, restano tuttavia invariati il titolo del libro e l’itinerario del viaggio27.

26 C. STAZZONE DE GREGORIO, op. cit., p. 55. 27 Cfr. R. RICORDA, op. cit., pp. 117-118.

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CAPITOLO 6

IL REPORTAGE DI CATERINA PIGORINI BERI SULLA

CALABRIA DI FINE OTTOCENTO.

6.1 Caterina: educatrice e studiosa delle tradizioni popolari.

Caterina Pigorini Beri nata a Fontanellato di Parma nel 1845, e morta a Roma nel 1924, è sorella dell’illustre paleontologo Luigi Pigorini.

Dopo aver insegnato a Parma nelle scuole femminili, si trasferisce nelle Marche, dove sposa il sindaco di Camerino, l’avvocato Antonio Beri, e ottiene incarichi importanti in ambito scolastico, diviene, infatti, direttrice della Regia Scuola Normale e del Convitto Femminile della suddetta città marchigiana.

La sua vocazione pedagogica la porta ad occuparsi di questioni istituzionali, pubblica, infatti, nel 1889, le «lettere aperte» Sull’istruzione femminile indirizzate al ministro della Pubblica Istruzione Ferdinando Martini, e a scrivere manuali di comportamento, ricordiamo Il libro dell’operaia (1870) e Le buone maniere.

Libro per tutti (1893)1.

Sostanzialmente ignorata tra le scrittrici italiane del secondo Ottocento, Pigorini rappresenta una vera e propria antesignana degli studi demologici in Italia, è inoltre la prima donna in assoluto ad ottenere grandi risultati nell’ambito delle ricerche sulle tradizioni popolari italiane2.

La studiosa dedica, tra il 1876 e il 1881, numerosi articoli alle usanze e ai costumi delle Marche, raccolti poi nel 1889 nel volume Costumi e superstizioni

dell’Appennino marchigiano. Pubblica, inoltre, nel 1890 Le superstizioni e i pregiudizii delle Marche Appennine. Per rispondere all’inchiesta della Società antropologica italiana, opera premiata dalla Società, sopraindicata, fondata da

Paolo Mantegazza.

L’interesse per il folklore di Pigorini è testimoniato anche dal suo reportage sulla Calabria, dapprima pubblicato in sei puntate nella rivista «Nuova Antologia», tra il luglio 1883 e il gennaio 1884, e poi in volume, nel 1892, con il titolo In

1

Cfr. L. CLERICI, Scrittori italiani di viaggio, op. cit., p. 127.

2 L. M. REALE, Voci di glossario da “Costumi e Superstizioni dell’Appennino Marchigiano” di

Caterina Pigorini Beri, in Banca Dati Nuovo Rinascimento, www.nuovorinascimento.org/n-

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Calabria. Il vallone di Rovito – Gli Albanesi – Sila – Stregonerie – Fra i due mari – Dal Jonio al Tirreno.