• Non ci sono risultati.

Celebrazione dei 90 anni dell’Istat

Nel documento ATTIRoma, 22-24 giugno 2016 (pagine 39-61)

Introduzione

Giorgio Alleva

Presidente Istat

Tra tecnica e politica: la statistica uffi ciale italiana nel contesto internazionale

Giovanni Favero

Università Ca’ Foscari, Venezia

Shaping Statistical Reason

Theodore Porter

University of California, Los Angeles

Sessione plenaria

Cerimonia di apertura

Celebrazione dei 90 anni dell’Istat

Vorrei dare il benvenuto ai colleghi che hanno accettato oggi di essere presenti a que-sto primo evento della Conferenza dedicato alla celebrazione dei novant’anni dalla fondazione dell’Istat con il quale vogliamo rileggere alcuni temi significativi della storia dell’Istituto in un quadro globale di pensiero, di ricerca e di pratica dentro la statistica e attorno ad essa.

Mi onora particolarmente il fatto di avere qui con noi il professore Theodore Porter dell’Università della California e il professor Giovanni Favero dell’Università Ca’ Fosca-ri di Venezia. Due profondi conoscitoFosca-ri della stoFosca-ria della statistica – fin dalle sue oFosca-rigini ottocentesche – e delle prime pionieristiche esperienze che hanno accompagnato la costruzione dello stato e dell’amministrazione moderna in tutti i paesi, a tutti i livelli. L’interesse per questi temi si intreccia anche con la mia personale esperienza, ho avuto infatti l’onore, con il compianto amico Enzo Lombardo, di curare oltre vent’anni fa l’edizione italiana dell’opera del professor Porter Le origini del moderno pensiero

statistico (1820-1900).

Sulla linea di quell’opera che disegna esattamente lo spazio statistico tra tecnica e po-litica, oggi il professor Porter ci proporrà una riflessione sullo sviluppo degli strumenti statistici in uno stretto rapporto di alleanza con i propri campi applicativi. La statistica come metodo di studio che si è sviluppato trovando il modo di dare risposte ad esi-genze concrete poste dalle discipline più diverse, a partire dalla constatazione che la statistica nasce come scienza dello Stato e della società e che essa non può mai essere meramente tecnica. In una democrazia ben funzionante i numeri vengono usati sia per informare il potere sia per sfidarlo.

Il professor Favero, al quale dobbiamo un lavoro paziente e prezioso di indagine stori-ca e documentale sul ruolo svolto in Italia dalla statististori-ca come strumento di costru-zione nazionale di amministracostru-zione moderna, di memoria delle città, ci parlerà oggi del rapporto tra la statistica ufficiale italiana e il contesto internazionale, dall’Unità d’Italia fino agli anni più recenti. La sua relazione ripercorrerà le diverse fasi di aper-tura e chiusura del nostro Paese verso il dibattito scientifico, nel loro incrocio con i cambiamenti che hanno investito la funzione e la natura degli organismi interna-zionali dall’Ottocento a oggi. Elemento cruciale in tali vicende nella lettura di Favero è il rapporto complesso tra le domande che provengono dalle istituzioni politiche e le soluzioni tecniche individuate per costruire risposte adeguate, ma inevitabilmente segnate dal regime politico e dall’impostazione metodologica prevalente in ambito scientifico.

Oggi ci troviamo in una fase caratterizzata da un rinnovamento nel modo di produrre statistiche che sta prendendo corpo anche nel nostro Istituto, attraverso un program-ma di modernizzazione che stiamo attuando con impegno ed entusiasmo. Proprio per questo abbiamo voluto cogliere l’occasione del nostro 90º anniversario, oltre che per celebrare la storia e i risultati conseguiti dall’Istat, anche per guardare al nostro futuro.

sessione plenaria

Giorgio Alleva

sessione plenaria

Abbiamo scelto di fare questa strada insieme a molti interlocutori diversi perché l’azio-ne dell’Istat coinvolge una pluralità di stakeholder e utilizzatori e per questo abbiamo programmato una serie di iniziative ricche e articolate che comprendono attività di carattere storico, documentale, celebrativo, con le quali vogliamo valorizzare e pro-muovere l’evoluzione della statistica ufficiale e il patrimonio conoscitivo e storico dell’Istituto. Eventi di carattere scientifico per promuovere insieme al mondo della ricerca una riflessione sulle trasformazioni del Paese declinate nei diversi approcci tematici e metodologici, partendo dall’analisi dell’informazione statistica ufficiale. Infine, iniziative di carattere divulgativo che ci consentano di far conoscere sull’intero territorio nazionale il ruolo dell’istituto nel corso della storia e le sfide future che si è prefisso, nonché di promuoverne il valore quale infrastruttura informativa del Paese. Una fonte cruciale di riferimento per le iniziative è costituito dalle serie storiche Istat, autentiche memorie viventi del nostro Paese, che abbiamo voluto aggiornare e rendere disponibili con la massima diffusione.

Oltre a questa sessione, la Conferenza ospita domani alle 11.00 anche una sessione che racconterà la storia della statistica ufficiale e una tappa del ciclo di eventi scientifici per il 90º dedicata alle trasformazioni delle città e dei luoghi del vivere e del produrre, sempre domani alle 14.30. Questi appuntamenti sono stati e saranno curati da gruppi di esperti interni ed esterni all’Istituto, costituendo un’opportunità straordinaria per fornire valutazioni documentate su come il Paese sia cambiato nel lungo periodo e offrendo prospettive e scenari di ampio respiro. Gli eventi, inoltre, saranno anche uno spazio per condividere le metodologie e gli approcci di ricerca implementati dall’Isti-tuto in questi anni.

I temi scelti dagli esperti contribuiscono a descrivere con efficacia i profondi muta-menti che hanno caratterizzato la società italiana in questi nove decenni, a partire dalle trasformazioni demografiche, dalle quali ci è sembrato importante prendere le mosse lo scorso mese di maggio, a quelle sociali; dai cambiamenti del mondo produtti-vo del laprodutti-voro a quelli del sistema educatiprodutti-vo e delle competenze; dalle modificazioni che hanno attraversato la cultura, a quelle che hanno coinvolto l’ambiente e il territorio. La storia italiana è accompagnata con continuità nel suo divenire dalla statistica uf-ficiale con letture sistematiche dettagliate e d’insieme. Con questa sessione ci siamo proposti di mettere in evidenza le premesse teoriche ed epistemologiche che hanno creato le condizioni per la nascita del nostro Istituto nel suo duplice rapporto con il mondo delle scienze sociali e con quello della gestione politica della cosa pubblica, sottolineando il valore primario dell’informazione statistica nella conoscenza delle dinamiche demografiche e della struttura dell’economia per la comprensione dello sviluppo socioeconomico di tutta la collettività.

La dimensione internazionale di quest’evoluzione e di questa tensione fra politica e tecnica, sempre stata presente nella nostra disciplina anche nel lontano passato nono-stante le chiusure autarchiche e i conflitti, nel mondo di oggi è divenuta indispensabi-le. La dimensione internazionale, infatti, ci permette di disegnare gli scenari futuri ai quale occorrerà rispondere in termini di governo e di policy, anche globali.

Le metodologie adottate per la misurazione di questi fenomeni hanno anch’esse su-bito grandi e importanti cambiamenti che la riunione di oggi, con il contributo dei colleghi, ci permetterà di apprezzare nella loro evoluzione. Mi riferisco a statistiche demografiche e censimenti, uso degli archivi e dei big data sui quali, come dicevo, il nostro Istituto ha avviato un programma di modernizzazione, revisione e adeguamen-to alle mutate condizioni dei nostri giorni e alle sfide che pongono all’informazione statistica.

sessione plenaria

La globalizzazione e i rapporti fra le generazioni, la mobilità geografica e sociale, i nuovi cittadini, la salute, il benessere, le trasformazioni culturali e dell’ambiente sono solo alcuni dei fenomeni che l’Istat è impegnato a rilevare, interpretare e diffondere con attendibilità, autorevolezza, in un quadro di costante e crescente integrazione con il Sistema statistico europeo, e attraverso un’interlocuzione continua con gli ammini-stratori e con i decisori, le cui scelte richiedono sempre più frequentemente una base nell’evidenza e una misurazione rigorosa di impatti e risultati.

In questa prospettiva sono convinto che l’appuntamento di oggi, grazie al contributo dei nostri illustri relatori, possa essere una valida occasione per rileggere e compren-dere, alla luce del pensiero e della pratica internazionale, non solo la storia dell’Istat ma anche il ruolo essenziale della statistica ufficiale in Italia.

Do la parola a Giovanni Favero, professore di storia economica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Ringrazio il Presidente e l’organizzazione della Conferenza nazionale di statistica per avermi invitato. Il mio intervento, come diceva il professor Alleva, prende in esame il rapporto tra la statistica ufficiale italiana e il contesto internazionale, inteso sia dal punto di vista scientifico che istituzionale, a partire dall’Unità d’Italia fino agli anni più recenti. In questo senso si presterà attenzione sia al contesto in cui si venne a si-tuare la nascita e lo sviluppo della statistica ufficiale italiana e dell’Istat in particolare, nonché al ruolo che quella e questo ebbero nell’evoluzione del contesto scientifico, accademico e istituzionale a livello internazionale. La relazione tra statistica italiana e sviluppi internazionali delle indagini e dei metodi quantitativi assume infatti carattere biunivoco: se determinante è stata l’influenza esercitata dagli organismi internaziona-li sulla statistica itainternaziona-liana, tutt’altro che trascurabile è stato in alcune fasi il ruolo deginternaziona-li statistici italiani nell’influenzare la crescita di quelli.

Uno studio di come muta nel tempo il rapporto tra la statistica italiana e il contesto internazionale può consentire quindi di gettare luce sia sulle diverse fasi di apertura e chiusura del nostro paese verso il dibattito scientifico esterno, sia sui cambiamenti che hanno caratterizzato la funzione e la natura degli organismi internazionali tra Ottocento e Novecento.

In questa prospettiva, cruciale appare il rapporto dinamico e mutevole tra le domande che provengono dalla politica e dalle istituzioni, da un lato, e dall’altro le soluzioni

tecniche individuate per costruire risposte adeguate, ma inevitabilmente segnate dalla

situazione contingente sia dal punto di vista del regime politico che dell’impostazione metodologica prevalente in ambito scientifico.

In questa vicenda, possono essere individuate tre principali periodi, per ciascuno dei quali si tenteranno di descrivere nel dettaglio i meccanismi di interazione tra politica e statistica a livello nazionale e internazionale attraverso lo studio di una vicenda specifica.

1 Dall’unità fino al primo Novecento, il confronto internazionale passa soprattutto

attraverso i Congressi internazionali e poi dell’Istituto internazionale di statistica, che per un ventennio ha la propria segreteria a Roma, presso la Direzione di sta-tistica (Dirstat). Si tratta della fase in cui la Dirstat è impegnata nella costruzione di “convenzioni di equivalenza” (così definite dal compianto Alain Desrosières) indispensabili per misurare nuovi fenomeni economici e sociali legati allo svi-luppo industriale del Paese. L’adozione del metodo di indagine monografico come strumento privilegiato per comprendere le variabili in gioco spiega il ruolo

deter-Giovanni Favero

sessione plenaria

minante giocato in questa fase da alcuni referenti esterni (industriali, notabili, uomini politici) nel definire criteri di misura che diverranno gradualmente più stringenti, ma anche le ragioni profonde dell’opposizione degli statistici italiani ai primi tentativi di campionamento.

2 Nella prima metà del Novecento, si fa invece via via più forte il ruolo di nuove

istituzioni internazionali, che svolgono funzioni sia scientifiche che di indirizzo politico (dall’International Union for the Scientific Study of Population all’Ufficio

internazionale del lavoro, fino alla stessa Società delle Nazioni), rispetto alle

quali l’Italia fascista assume atteggiamenti diversi, alternando una partecipazio-ne che assume caratteristiche istituzionali (diplomatiche) a una aperta posizio-ne conflittuale, che si accentua verso la fiposizio-ne degli anni trenta. In questa fase la statistica ufficiale è chiamata a fornire risposte alle esigenze di informazione di un regime che da autoritario diviene, almeno nelle intenzioni, totalitario. L’Istat, fondato nel 1926 dal fascismo, resiste ai più grossolani tentativi di manipolazione e strumentalizzazione, ma si fa anche garante di soluzioni tecniche utili a garan-tire il consenso da parte di potenti categorie e gruppi di interesse (Confindustria in particolare) alle politiche del regime.

3 Infine, dopo la seconda guerra mondiale, l’appartenenza dell’Italia al blocco

oc-cidentale e poi alle comunità europee porta la statistica italiana a coordinare le proprie procedure d’indagine alle esigenze delle istituzioni sovra-nazionali di cui entra a far parte, dalla North Atlantic Treaty Organization (NATO) all’Organizza-zione per la cooperaall’Organizza-zione economica europea, poi Organizzaall’Organizza-zione per la coopera-zione e lo sviluppo economico (OCSE), fino a Eurostat, passando per le comunità europee. In questo contesto, la dialettica fra il tentativo di adeguare i criteri di misura non solo alle esigenze della comparazione internazionale, ma anche agli obiettivi di convergenza, ha generato talora cortocircuiti con la percezione dei fenomeni studiati da parte dell’opinione pubblica. Le risposte degli statistici al dibattito innescato da tali contraddizioni appaiono particolarmente interessanti, perché rivelano la presenza di concezioni diverse, più o meno “ingenue” del ruolo dei saperi tecnici.

Ma entriamo ora nel merito del problema che qui ci si propone di prendere in esame, a partire da una rapida panoramica sulle modalità di relazione fra scienziati a livello internazionale così come si vennero configurando e modificando nel corso degli ultimi quattro secoli.

Gli strumenti con cui gli studiosi europei comunicavano fra loro nel passato hanno conosciuto una ben precisa evoluzione a partire dall’età moderna: alla netta preva-lenza nel seicento di una corrispondenza scientifica fatta di lettere circolari e di sfide epistolari, soprattutto in ambito matematico, si sostituì con l’Illuminismo il ruolo cru-ciale delle società scientifiche, che monopolizzarono gli scambi scientifici e crearono le condizioni perché in età napoleonica potesse svilupparsi un sistema internazionale di premi accademici. Nell’Ottocento, chiusasi l’esperienza napoleonica, permaneva l’ideale, spoliticizzato, di una comunità internazionale di scienziati, che si concretizzò nei congressi degli scienziati, che in Italia si tennero annualmente dal 1839 al 1847. La rivoluzione del 1848 e la successiva restaurazione pose fine a quest’esperienza. Gli incontri internazionali ripresero in forma più specializzata nella seconda metà del secolo, incoraggiati dal successo delle prime esposizioni universali: fu in seguito a quella di Londra del 1851 che l’astronomo e statistico belga Adolphe Quetelet propose nel 1852 l’idea di un Congresso internazionale di statistica, da riunire periodica-mente in una capitale europea per far incontrare e discutere non tanto e non soltanto

sessione plenaria

i cultori di statistica, ma soprattutto i direttori delle amministrazioni statistiche nazio-nali, o in ogni caso dei rappresentanti ufficialmente nominati dai governi nazionazio-nali, allo scopo di favorire l’applicazione effettiva nelle statistiche ufficiali degli accordi volti a favorire l’uniformità nelle procedure di raccolta, classificazione, elaborazione e pubblicazione dei dati.

I primi contatti internazionali degli statistici italiani con l’esterno (e fra loro, al di fuo-ri dei confini degli Stati regionali) ebbero luogo in quel contesto, a partire dal decen-nio precedente l’unificazione del paese. L’interesse per l’iniziativa appare inizialmente concentrato nel Piemonte sabaudo, che partecipò con ben nove rappresentanti (contro un toscano e un napoletano) al primo congresso generale di Bruxelles nel 1853. A una partecipazione più diversificata degli italiani alla sessione di Parigi del 1855 fece se-guito l’assenza (tutta politica) dei piemontesi nel 1857 a Vienna, dove il congresso era stato organizzato in seguito al rifiuto da parte del Granducato di Toscana di ospitarlo se prima non si fosse svolto nella capitale dell’Impero asburgico. Significativa appare poi la presenza nel 1860 a Londra, mentre la spedizione dei Mille era in corso, del solo Pietro Maestri, ancora privo di alcun incarico ufficiale, che propose la pubblicazione di un annuario statistico internazionale, mai realizzato. A Berlino nel 1863 Pietro Maestri, posto a capo della Dirstat, presentò invece un rapporto sulla situazione della statistica ufficiale nel nuovo Regno d’Italia, e accettò a nome del suo governo di ospi-tare il successivo incontro, infine organizzato a Firenze nel 1867.

Il congresso internazionale di statistica del 1867 fu infine l’occasione per la classe dirigente del nuovo Stato per ottenere un riconoscimento internazionale da parte di studiosi e funzionari giunti in rappresentanza della statistica ufficiale di quasi tutti i paesi europei, ma era anche un pretesto per celebrare il recente spostamento della capitale a Firenze, dove i partecipanti stranieri ed italiani poterono riunirsi nelle sale degli Uffizi, allora sede del Senato del Regno. L’organizzazione del congresso fu affi-data a una giunta organizzatrice, presieduta da Maestri. Le principali novità riguar-darono l’attenzione specifica dedicata alla statistica comunale (Favero 2001, 97-114) e la pubblicazione degli atti in formato economico, così da favorirne la diffusione. Il numero dei partecipanti segnò il massimo nella storia dei congressi internazionali di statistica, grazie soprattutto alla foltissima partecipazione italiana (717 partecipanti, di cui 85 stranieri).

I congressi successivi videro la partecipazione di un gruppo ristretto di statistici italia-ni, selezionati tra i membri della Giunta (poi Consiglio) superiore di statistica e tra i funzionari della Dirstat.

Nel 1869, a L’Aja, Maestri partecipò attivamente al dibattito sulla costruzione di stati-stiche internazionali del reddito. La misurazione dei fatti economici appassionò anche Luigi Bodio, che gli successe a capo della Dirstat dopo la sua morte nel 1871: nel 1876, a Budapest, Bodio accettò per la Dirstat il compito di occuparsi della compilazione di una statistica internazionale delle Casse di risparmio, che all’interno della Dirstat venne poi affidata a Bonaldo Stringher.

Nel frattempo, in occasione della sessione tenutasi nel 1872 a San Pietroburgo, era emer-sa chiaramente la necessità di dotare il congresso di una struttura permanente, in grado di controllare le dimensioni pletoriche che veniva assumendo, soprattutto dal punto di vista del materiale da pubblicare negli atti, e i crescenti conflitti tra scienziati di diverse nazionalità, in particolare tra francesi e tedeschi dopo la guerra franco-prussiana del

1870. La commissione permanente istituita nel 1872 si riunì a Vienna nel 1873 e a

Stoc-colma nel 1874, quindi a Budapest in corrispondenza dell’ultimo congresso del 1876 e per l’ultima volta a Parigi nel 1878, in occasione dell’esposizione universale.

sessione plenaria

Molti dei partecipanti si trovavano allora a Parigi anche per presenziare al Congresso internazionale di demografia, lì riunitosi per la prima volta su iniziativa di Jacques Bertillon, Arthur Chervin ed Émile Levasseur. Questa iniziativa rispondeva alla necessi-tà, avvertita da parecchi studiosi di statistica, di emancipare le riunioni scientifiche dai vincoli legati alla rappresentanza governativa dei delegati. Tuttavia le difficoltà econo-miche conseguenti a questa scelta costrinsero gli organizzatori ad appoggiarsi nelle successive riunioni al congresso internazionale di igiene, che si era tenuto per la prima volta a Bruxelles nel 1876: nel 1880 a Torino si tenne così il primo congresso interna-zionale congiunto di igiene e demografia, che si riunì regolarmente fino al 1912, de-dicando una sezione specifica alle questioni concernenti la scienza della popolazione. Il contrasto tra il carattere internazionale delle riunioni e la forte influenza esercitata dai governi degli Stati organizzatori rese impossibile continuare l’esperienza del Con-gresso internazionale di statistica dopo la sessione di Budapest del 1876, ma lo spazio riservato alla statistica all’interno dei Congressi internazionali di igiene e demografia appariva troppo ristretto.

Ne conseguì, in occasione del cinquantenario della Royal Statistical Society, celebrato a Londra nel 1885 alla presenza dei rappresentanti dei paesi che avevano partecipato alle sessioni del Congresso internazionale fino al 1876, la proposta di fondare un Isti-tuto internazionale di statistica (Isi).

Questo prese la forma di un’associazione privata tra scienziati ma che, coinvolgendo di fatto i direttori degli uffici statistici nazionali, continuò a perseguire un

coordi-namento internazionale delle indagini e degli studi statistici in vista di renderne

omogenei i criteri ed i metodi.

La scelta del presidente (l’inglese Rawson W. Rawson) e dei vice-presidenti (il francese Émile Levasseur e l’austriaco Franz-Xavier von Neumann-Spallart) fu dettata da con-siderazioni legate alla necessità di mantenere un equilibrio fra le diverse nazionalità. Queste esigenze giustificarono in parte, assieme all’attiva partecipazione della Dirstat al Congresso nel decennio precedente, la nomina di Luigi Bodio a segretario generale dell’Isi, come bene spiega Marco Soresina nella sua biografia di Bodio. Quest’ultimo mantenne la carica fino al 1905, ben oltre il suo incarico alla direzione della Dirstat: di conseguenza per vent’anni la sede operativa dell’Isi fu stabilita a Roma, dove si tenne nel 1887 la prima riunione (rinviata nel 1886 a causa di un’epidemia di colera). Il contributo degli statistici italiani, e in particolare di coloro che lavoravano all’interno della Dirstat, ai primi dieci volumi del Bollettino dell’Isi appare estremamente rilevan-te, in tutti i diversi campi di applicazione della statistica.

Nel documento ATTIRoma, 22-24 giugno 2016 (pagine 39-61)