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CENTRALE DEL LATTE TORINO

Nel documento Cronache Economiche. N.098, Febbraio 1951 (pagine 43-47)

N A N D O P A V I A

La Centrale del Latte della città di Torino entrerà in funzione — con tutta probabilità — entro il prossimo mese di novembre. Se non interverranno cause estranee a turbare il ritmo attuale dei lavori, nella prima metà di luglio i fab-bricati saranno quasi ultimati ed in' grado di accogliere i macchinari; nei quattro mesi successivi verranno completati gli impianti e le opere di rifinitura. La Centrale sarà la più grande e la più bella d'Italia, mentre i macchinari donati dall'Unicef sono suscettibili di variazioni successive per ag-giornarli continuamente secondo i dettami della tecnica più moderna. Con la sua entrata in funzione sarà risolto il pro-blema del regolare rifornimento alla città e, nello stesso tempo, sarà garantito ai consumatori un latte di ottima qualità ed in possesso di tutti i requisiti che i consumatori non hanno potuto fino ad ora apprezzare.

Il complesso di fabbricati, progettati dall'ing. Buffa, sorge nel grande quadrilatero (46 mila mq. di superficie) delimitato da via Filadelfia e dai corsi Sebastopoli. Siracusa, Orbassano ed occupa un'area di oltre 26 mila mq. Comprende un nucleo in cui ha sede la Centrale vera e propria e fabbricati acces-sori per i vari servizi. Eccone una breve descrizione.

La Centrale è costituita da un grande salone affiancato da due costruzioni più basse. L'insieme arieggia lo stile del pa-lazzo di « Torino-Esposizioni ». Infatti tutto lo spazio interno del salone è in ogni punto utilizzabile essendo privo di pila-strature intermedie poiché il soffitto è tenuto sospeso

all'al-tezza di m. 10,80 dal suolo per mezzo di funi d'acciaio traenti agganciate a dieci archi alti 25 metri. Nell'interno sono allo-gati i macchinari per la pastorizzazione, per la lavatura e la sterilizzazione delle bottiglie e dei cestelli e le imbottiglia-trici-tappatrici.

Gli altri fabbricati delimitano due grandi cortili. In quello a destra di chi entra nella Centrale si affacciano gli edifici destinati agli uffici degli amministratori, degli impiegati, al salone delle rappresentanze ed ai laboratori di controllo del latte sia in' arrivo che in partenza per le analisi qualitativa e batteriologica. Nel cortile a sinistra in costruzioni simili hanno sede i servizi per gli operai: docce, spogliatoi, barbieria, pronto soccorso, lavanderia, stireria, ecc. Da questi locali gli operai vanno ai loro posti di lavoro in Centrale percorrendo un corridoio coperto. Completano lo stabilimento: una cen-trale termica con due caldaie (a carbone e a nafta in attesa di poter funzionare anche a metano); un grande serbatoio di riserva d'acqua; un complesso frigorifero. Funzioneranno pure uno spaccio interno per il personale ed un « milk-bar » con giardino, aperto anche al pubblico.

Tutto il movimento (rifornimento, lavorazione e smista-mento del latte in città) è razionalmente organizzato in un senso unico: si svolge cioè da destra a sinistra in modo da assicurare la massima celerità ed il massimo ordine. I camions che portano il latte in Centrale vanno a sostare sul lato destro del fabbricato antistante al salone, scaricano i bidoni su

Progetto della Centrale.

stinte di rulli, vengono avviati alle macchine lava-steriliz-zatrici. Da queste le bottiglie proseguono verso le riempitrici-tappatrici e si ricongiungono alla linea dei cestelli in' cui vengono immesse già sigillate. I cestelli, pronti così per essere avviati alle latterie della città, sono conservati in una grande cella ricavata sul lato sinistro del salone e, da questa parte, sono prelevati e caricati sugli automezzi addetti alla distri-buzione.

Tutte le operazioni finora descritte si svolgono su un piano all'altezza di metri 1,20 dal suolo. Il procedimento di pasto-rizzazione avviene ad una altezza superiore per mezzo di due pastorizzatori situati sopra la grande cella, ed il latte pasto-rizzato scende da questo piano sopraelevato nelle imbotti-gliatrici situate nel salone. Il controllo del procedimento è effettuato, per mezzo di avvisatori automatici, da un locale vetrato.

E' previsto un approvvigionamento iniziale di 150 mila litri di latte al giorno; ma anche se il consumo dovesse aumentare la Centrale potrà farvi fronte fino a 200 mila litri semplice-mente aumentando il numero dei pastorizzatori e delle linee di imbottigliamento. Per consumi superiori che richiedereb-bero l'installazione di altre macchine, il salone verrà prolun-gato nella parte retrostante dove il terreno disponibile per-mette un largo sfogo.

Il complesso di edifici e di impianti determinerà una spesa di circa 750 milioni, compresi i 175 costituenti il valore dei macchinari donati dall'Unicef, organizzazione internazionale (di cui fa parte ora anche l'Italia), che ha per finalità l'assi-stenza ai fanciulli dei paesi colpiti dalla guerra. E' stato proprio questo dono a darei l'impulso decisivo alla costitu-zione della società per l'istitucostitu-zione della Centrale, di cui da anni si sentiva l'esigenza. L'unica clausola posta dall'Unicef è che per un certo numero di anni sia fornito gratuitamente ad istituti di beneficenza espressamente indicati un deter-minato quantitativo di latte corrispondente al valore del macchinario.

Abbiamo accennato, all'inizio, ai vantaggi che deriveranno dal funzionamento della Centrale; ì più importanti sono: sicu-rezza di un regolare rifornimento; garanzie igieniche assolute; conservazion'e del pieno potere nutritivo. Non ci soffermeremo ad analizzare le cause per cui oggi i consumatori si lamen-tano — ed a ragione — del funzionamento del Centro-latte comunale. Sono note per avere fornito materia a numerosi articoli sui quotidiani e, più volte, a vivaci discussioni al roulants che li portano presso le pese dalle quali il latte cade

in vasche di prima raccolta. Da queste è inviato, per mezzo di pompe, ai filtri, ai refrigeratori e quindi in vasche di sosta in attesa della pastorizzazione. I bidoni vuoti, invece, prose-guono la corsa su rulli diretti alle macchine che li lavano e li sterilizzano ed escono dalla parte opposta a quella in cui sono entrati dove frattanto sono andati a sostare, per ripren-derli, gli stessi camions che prima li avevano scaricati.

Gli automezzi che provengono dalla città con le bottiglie vuote si fermano, invece, sulla destra del salone. Qui scari-cano le bottiglie ed i cestelli che rimangono in un' locale da quello nettamente separato fino a quando, su due linee

Consiglio Comunale. Ricordiamo soltanto che l'origine di tutti gli inconvenienti sta negli squilibri fra disponibilità e consumo alimentare. Contro una produzione estiva di 110 mila litri giornalieri nella zona che gravita su Torino, si ha un consumo, in città, di 130 mila litri. D'estate si verifica; una sproporzione inversa ancora più accentuata e cioè: produzione di 160 mila litri e consumo di 90 mila. Le cifre indicate costi-tuiscono le punte massime e minime. La media annua è di 135 mila litri offerti contro 110 mila richiesti.

Tale situazione non può non turbare in modo grave l'an-damento dei prezzi che, a sua volta, si riflette sfavorevol-mente sul rifornimento come è accaduto — e accade — seb-bene la distribuzione del latte avvenga in regime di monopolio da parte del Comune. Con la Centrale si prevede di risolvere il problema raccogliendo nella campagna tutto il latte per non costringere i produttori a tenersi le quantità che non possono essere consumate a Torino. Nella stagione autunno-invernale verrebbero effettuate importazioni da altre zone. Un organismo preposto a tale reperimento in esclusiva per la Centrale avrebbe pure la funzione di manovrare il latte de-stinato al consumo cittadino e curerebbe il collocamento del quantitativo di supero su altre piazze alimentari e presso sta-bilimenti per la lavorazione industriale. Il funzionamento della Centrale, connesso all'attività di questo organismo, dovrebbe garantire una graduale ripresa della quota di consumo (che tino al 1940 era di circa 40 mila litri giornalieri superiore a quella attuale) ed un ulteriore progressivo miglioramento.

Questa speranza è fondata — oltreché nella potenza orga-nizzativa — sui vantaggi che il pubblico dovrebbe riscontrare nel consumo di latte pastorizzato racchiuso in bottiglie sigil-late che offrono la garanzia dell'impossibilità di manipola-zioni e di adulteramanipola-zioni. Il pubblico, d'altra parte, ha la possibilità di visitare in ogni momento la Centrale per assi-stere alle lavorazioni. Infatti è stato studiato un accesso in Centrale che gli permetta la visione complessiva del lavoro che vi si svolge; accesso che ha ingresso e percorso separato da quelli riservati al personale e al movimento di scarico e carico. Contro questi vantaggi vi sarà un aumento del prezzo che non1 potrà superare il 20-25 per cento di quello attuale. La Società della Centrale è stata costituita fra cinque enti: Comune, Filat (grossisti), F.P.L. (produttori), Latteria Mo-derna ed il signor Renzo Ramassotto (industriali), Felt (lat-tivendoli), ciascuno partecipante con una quota di 50 milioni. Il Comitato Esecutivo — organo al quale è affidata l'effettiva conduzione deli azienda — e così formato: presidente: mar-chese Palici di Suni; vice presidente (rappresentante del Comune): dott. Linneo Corti; due consiglieri delegati: com-mendator Mario Ramello (per i grossisti), dott. Cesare Arton

(per gli industriali); due consiglieri con deleghe speciali: dott. Gaetano Primatesta (per i produttori), prof. Alessandro Forchino (per i lattivendoli).

Con questa realizzazione Torino può giustamente vantare di avere risolto il problema dell'approvvigionamento del latte alla città con una visione veramente ampia. La stessa natura ed impostazione della società sono un segno indicativo pre-ciso che l'intendimento di soddisfare completamente le esi-genze dei consumatori verrà continuato nel tempo poiché si tratta di un complesso armonico di categorie che dalla pro-duzione al consumo sono rappresentate in proporzione pari-tetica. Ammirevole, quindi, anche la capacità di queste cate-gorie — che evidentemente hanno tendenziali contrasti di interessi — di aver trovato una comune formula attraverso la quale arrivare alla realizzazione di un'opera così imponente. Ad analizzare, infatti, quale poteva essere il punto di incontro per il quale le suddette categorie potessero ravvedere la convenienza economica di partecipare alla realizzazione della Centrale, è evidente che detto punto di incontro è rappre-sentato dalle considerazioni seguenti:

a) i produttori, che devono trovare il settore di proba-bile più notevole realizzo agli effetti dei bilanci aziendali, si trovano oggi, per condizione di mercati internazionali, a dover basare la principale attività nel settore zootecnico. In modo diverso da molte nazioni europee ed extra europee, il consumo del latte alimentare in Italia è estremamente basso; sicché i produttori devono soprattutto puntare su incrementi di consumo del latte alimentare stesso. Soltanto la Centrale,

Le opere di costruzione procedono rapidamente.

con la distribuzione di latte definitivamente migliore, può essere per i produttori la premessa per raggiungere detti incrementi di consumo;

b) per i grossisti la Centrale rappresenta una più pre-cisa affermazione della categoria, effettivamente necessaria per quella capacità che essi hanno di allontanare determinati quantitativi di latte in periodo di minor consumo e di con-vogliarne determinati quantitativi quando la produzione pro-vinciale non può far fronte a domande superiori;

c) gli industriali hanno l'ambizione di inserirsi nel pro-blema per dare finalmente origine a quell'attività di lavora-zioni industriali del latte nella nostra provincia che assolu-tamente oggi non esistono e che permetterebbero di determinare un incremento della produzione per. quella assoluta tranquillità che avrebbero i produttori (e indiretta-mente i grossisti) di vedere collocata tutta la produzione provinciale alle migliori condizioni possibili di mercato;

d) i lattivendoli ravvedono nella Centrale l'organismo che permette loro di soddisfare l'ambizione di presentare al pubblico un prodotto effettivamente migliore che permetta un incremento del consumo, e quindi un maggior vantaggio economico attraverso i margini di distribuzione ad essi riconosciuti;

e) il Comune di Torino evidentemente nel partecipare alla società ha ravveduto la possibilità di assicurare la tutela degli interessi dei consumatori sia dal punto di vista igienico che da quello economico.

La formula raggiunta a categorie pariteticamente presenti, rappresenta, quindi, da un punto di vista formale e sostan-ziale, un qualcosa di veramente nuovo ed originale se la si pone a confronto con le formule adottate da altre Provincie d'Italia.

gli investimenti si fanno, ma in proporzione scorretta rispetto alla loro produttività, e allora la domanda si rivelerà prima o poi carente rispetto all' accresciuta produzione, giu ngendo così per altra via alla crisi detta prima.

Naturalmente i totali sui quali è fondato questo ragionamento, estremamente sempli-ficato per ridurre l-a parte teorica all'indispen-sabile, sono generalissimi. Sicché ogni im-prenditore e ogni settore produttivo parteciperà all'incremento di produttività, all'incremento di reddito e al risparmio complessivo in pro-porzioni molto variabili e tutt'altro che uni-formi; questo non significa che la distribuzio-ne dette singole proporzioni avvenga a casaccio, al contrario invece, anche se questa parte dell'e-conomia è stata sinora pochissimo esplorata. In ogni modo, il conoscere tali relazioni, teoricamente può suggerire, quando vi si uni-sca il buon senso, ottimi investimenti in pra-tica; giacché è assai più difficile che un inve-stimento fallisca se fornisce un incremento di produttività conforme alle proporzioni sue-sposte, che non se avviene così, a lume di naso, per lo stimolo di un aumento dì domanda che può essere assolutamente momentaneo, mentre un investimento richiede spesso lunghi anni per essere ammortizzato. Si può anche far conto, per un aumento dì domanda, sugli inve-stimenti altrui che moltiplicano il reddito della collettività. Ma, affinchè funzioni il noto mol-tiplicatore del Keynes, è necessario che ad ogni passaggio vi sia un profitto, ossia un incre-mento di reddito; ed è assai incerto ottenerlo solo per via speculativa. Ad ogni passaggio di denaro gli imprenditori interessati dovranno contribuire a tale incremento di reddito, quindi di produttività, col loro ingegno innovativo e con la loro accortezza. Altrimenti la catena si interrompe e l'aumento di domanda è, per tutti, anche se in proporzioni variabili per ciascuno, inferiore alle previsioni e agli impegni, inolio spesso già presi. Piuttosto l'imprenditore, aven-do osservato le corrette proporzioni di produt-tività del proprio investimento, potrà far conto sull'iniziativa altrui per lo spiegamento del moltiplicatore, considerando però attentamente le abitudini dell'ambiente imprenditoriale che lo circonda. Si è sempre esclusa finora l'as-senza del moltiplicatore per piena occupazione dei lavoratori, giacche questo è un caso da escludere per l'Italia ancora per parecchi anni. Il moltiplicatore può essere indispensabile nel caso in cui l'innovazione faccia rispar-miare della mano d'opera che non possa essere riassorbita netta stessa azienda. Allora qui, accanto a problemi di adattamento e di attrito non piccoli, sorge la questione del collocamento di questa mano d'opera; giacché se essa non fosse presto riassorbita con una retribuzione almeno pari a quella perduta, la domanda non aumenterebbe quanto la produzione e l'in-cremento di reddito o non vi sarebbe, o sarebbe fittizio. Viceversa il moltiplicatore può, au-mentando l'occupazione, assorbire la mano d'opera lasciata disoccupata dall'innovazione. In realtà credo che questo sia più un problema di adattamento e di attrito per mestieri molto specializzati che una difficoltà economica di ordine generale, poiché quasi sempre a un in-cremento di produttività si accompagna un aumento di produzione capace di riassorbire la mano d'opera così resa libera e, abbastanza spesso, di occuparne della nuova. Le lacune potranno quasi sempre essere colmate dal moltiplicatore.

In un prossimo articolo verranno esaminati gli effetti della distribuzione dell'incremento di reddito e altre relazioni economiche conse-guenti all'innovazione.

I N V E S T I M E N T O

E I N N O V A Z I O N E

I T A L O M A R T I N A Z Z I LT eli'articolo precedente si è dato un esempio

V di forni

1NÌ di formula, di investimento per il macchi-nario di trasporto dei materiali e si è fatta anche uri avvertenza sui suoi limiti di im-piego.

Proprio per la mancanza di fondamento teorico tali limiti non sono segnati con precisione negli U.S.A., onde può accade-re di investiaccade-re troppo o troppo poco in un dato tipo di attrezzatura; in ogni caso, e in mancanza di meglio, tali formule costitui-scono un'eccellente guida per ogni uomo d'af-fari, giacché gli impediscono di tener l'azienda piena dì ferri vecchi e lo spingono a cercare il più alto incremento di produttività quando deve investire.

Vediamo ora questi limiti, cominciando dal primo: che la domanda segua fedelmente l'ac-cresciuta produzione senza variare di prezzo per tutta la durata dì h, cioè degli anni di vita utile dell'attrezzatura. In pratica non oc-corre essere così rigorosi: basterà che si man-tenga un certo parallelismo tra il variare del prezzo dei propri prodotti, quello del macchi-nario da ammortizzare e il suo costo d'im-piego. Tuttavìa vi è un altro aspetto del prezzo che ha valore assoluto e sul quale è fondato tutto l'investimento : la quantità domandata, che dipende in gran parte, anche per un mono-polista, dall'andamento del sistema economico in complesso. Ohi fa un investimento netto, cioè accresce il suo capitale investito, prevede neces-sariamente un aumento di produzione, quindi un aumento delle vendite, quindi un aumento della domanda del suo prodotto. Perchè? I motivi per il singolo imprenditore possono essere vari: una diminuzione del prezzo, un miglioramento del prodotto senza innalzare il prezzo, una più ampia pubblicità, il mutare del gusto dei consumatori, un accresciuto potere d'acquisto di questi per cause estranee all'im -prenditore, ecc. I pochi esempi fatti son tutti altrettanto validi: ma alcuni rappresentano un'azione diretta e meditata dell'imprenditore, costituiscono occasioni da lui stesso create; mentre gli altri sono opportunità casuali che vanno come son venute, senza che la volontà dell'interessato vi possa far nulla. Le une sono azioni, le altre speculazioni, pur senza attri-buire al termine altro significato che quello tecnico. Legittime le une e le altre economica-mente, ma le prime si possono ripetere a volontà, le seconde no. Le prime, nella loro continuità, costituiscono un'azienda; le se-conde soltanto una ricchezza occasionale.

Beninteso qui si considera soltanto il caso di investimento netto, tralasciando quello del-l'investimento di sostituzione, che, pur avendo anch'esso la sua complessità, presenta minor interesse del primo e suscita meno problemi. La formula dell'articolo precedente si applica a entrambi i casi.

Per tornare al primo esempio, come può il nostro imprenditore abbassare il prezzo di ven-dita del suo prodotto senza diminuire il suo

profitto, nemmeno percentualmente, forse, anzi, innalzandolo? In questo caso, evidentemente, abbassando il costo di produzione dei suoi pro-dotti; cioè, per gli esempi dati nell'articolo pre-cedente, investendo il suo denaro in moderno •macchinario di trasporto che faccia aumentare la produzione e diminuire i costi. Qual è, per la formula data in precedenza, l'incremento di produttività di quel macchinario? Esso è eguale alla somma dei risparmi meno il costo annuale dell' attrezzatura : (<S-|-T-|- U-E)X-Y,

cioè è eguale a V, il profitto. Poiché, a seconda dei casi, l'incremento di reddito conseguente all'innovazione (incremento di produttività) può essere espresso e distribuito socialmente in vari modi e parti, uno dei quali è normal-mente il profitto. Se non vi è un'opportunità esterna alla sua volontà, l'imprenditore dovrà sacrificare una parte del suo nuovo profitta per fare aumentare la domanda, o con una diminuzione di prezzo, o con un migliora-mento del prodotto o con un aumigliora-mento di pub-blicità, come s'è detto prima. Ma in ogni caso è stato l'investimento nell'innovazione che ha reso possibile una diminuzione di costo e un incremento di reddito che l'imprenditore distri-buisce secondo la sua convenienza. Se la som-ma I, qualunque essa sia, fosse stata spesa in macchinari non innovati, non vi sarebbe stato alcun incremento di produttività né di reddito, e il nostro imprenditore avrebbe dovuto attendere l'aumento di domanda, necessario per sostenere il suo investimento, dalle buone grazie della sorte, generalmente non benigna per gli imprevidenti.

Finora si è sempre parlato del singolo im-prenditore, ma se si allarga il quadro fino a comprendere un'economia nazionale, i ragio-namenti fatti prima divengono più imperativi

Nel documento Cronache Economiche. N.098, Febbraio 1951 (pagine 43-47)

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