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Centri ed iniziative per gli autori di violenza nel panorama italiano

L’attenzione che viene rivolta all’importanza del lavorare con gli uomini maltrattanti che si è sviluppata nel contesto internazionale si è allargata anche all’Italia, portando al- la creazione di alcuni centri che lavorano con l’uomo autore di violenza per poter con- trastare il fenomeno della violenza maschile contro le donne.

Alla fine degli anni Novanta nasce il “Cerchio degli Uomini” per condividere, come si legge in un loro documento, esperienze, vissuti ed emozioni su tematiche riguardo la questione maschile. Nel 2004 si è così creata l’Associazione Cerchio degli Uomini con le finalità di favorire lo sviluppo della comunicazione tra uomini, promuovere un atteg- giamento maschile consapevole, contribuire al passaggio da una mentalità patriarcale a una post-patriarcale, basata sulla consapevolezza e valorizzazione delle differenze e al riconoscimento delle pari opportunità tra uomini e donne, religioni e culture diverse.13 Il 25 novembre 2006, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza, vie- ne promossa in Italia per la prima volta la “Campagna del fiocco bianco” da parte dell’Associazione Artemisia di Firenze, in collaborazione con alcuni uomini di Maschi- le Plurale e operatrici della Casa delle Donne di Bologna. Nello stesso anno con la pubblicazione dell’ “Appello nazionale contro la violenza sulle donne” scritto da alcuni promotori e controfirmato da un migliaio di uomini da tutta Italia, inizia a farsi sentire la voce degli uomini, che diventa ancora più evidente con la nascita dell’Associazione Maschile Plurale nel 2007.13

In diverse città si sono sviluppati centri per i maltrattanti, basandosi sulle esperienze più concretizzate del panorama internazionale.

Ne vengono qui presentati due, per mostrare il panorama attuale di ciò che viene fatto in Italia per prevenire e contrastare la violenza domestica.

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Nasce da una riflessione teorica iniziata già dalla fine degli anni Novanta, a partire dall’iniziativa delle operatrici del Centro antiviolenza Artemisia di Firenze di coinvol- gere un gruppo di uomini per sensibilizzare i servizi socio-sanitari e allargare il numero di operatori uomini attenti al tema (psicologi, criminologi, psicoterapeuti) cercando di ottenere risposte anche dentro le istituzioni.13 Per quanto si è creato un linguaggio co- mune su questa tematica, non è avvenuto un vero “cambiamento” fino al 2006, quando il centro Artemisia ha presentato al CESVOT ( Centro Servizi Volontariato Toscana) un progetto sugli autori di violenza domestica, che venne accettato. Con questo finanzia- mento nacque quindi il Centro di ascolto per uomini maltrattanti (CAM) nel gennaio 2009 a Firenze come progetto sperimentale promosso dall’Associazione Artemisia in collaborazione con l’ASL n.10. Il CAM si propone come un luogo per gli uomini che agiscono violenza fisica, psicologica, economica o sessuale verso la partner attuale o precedente; intendono così rispondere anche alle richieste delle vittime di aiutare i “lo- ro” uomini. Vi lavora un’equipe multidisciplinare composta da educatori, psicologi, psi- coterapeuti e psichiatri, tutti con una formazione specifica sui temi della violenza dome- stica. L’obiettivo del lavoro con gli uomini maltrattanti è quello di eliminare la violenza maschile sulle donne attraverso la promozione di programmi di cambiamento rivolti ai maltrattanti, il miglioramento della sicurezza delle vittime di violenza, l’impegno nel promuovere il cambiamento sociale. Ritengono che il maltrattante per cambiare deve prima di tutto assumersi le responsabilità del proprio comportamento e “rendersi conto che agire la violenza è una scelta e un reato” che si basa sul controllo ed il potere. Il centro stabilisce anche rapporti di collaborazione con i centri antiviolenza operanti sul territorio per assicurare sostegno, informazione e accoglienza alle vittime, oltre ad una collaborazione con i servizi socio-sanitari, tribunali e questura.13

Il CAM è un’organizzazione orientata a rispondere agli obiettivi specifici alla base dell’Associazione, focalizzati sulla valutazione della motivazione al cambiamento dei maltrattanti, valutazione della situazione di rischio e pericolosità per la vittima, monito- raggio dei comportamenti degli uomini tramite il contatto con la partner e in collabora- zione con i servizi sociali, forze dell’ordine e Centri antiviolenza. Accoglie uomini che sono stati violenti e controllanti verso i membri della famiglia e ora vogliono cambiare, offrendo loro una possibilità di parlare, condividere informazioni, confrontarsi e soste- nersi a vicenda nel tentativo di migliorare13. È fondamentale un lavoro di rete con gli al- tri professionisti per inviare all’uomo violento un chiaro messaggio che la violenza è i- naccettabile e che, quando la usano, sono responsabili di questa loro scelta. I servizi of-

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ferti dal CAM sono diversi: sito Web, linea telefonica dedicata con operatori specializ- zati ai quali esporre il proprio problema restando anonimi, colloqui di valutazione indi- viduali, contatto con la partner, gruppi psico-educativi condotti da un uomo ed una don- na. Oltre a questi servizi di accoglienza ed ascolto, sono svolte attività di supervisione e formazione di base per operatori e operatrici che intendono lavorare con uomini violenti nelle relazioni affettive. Inoltre si pone come punto focale per dare informazioni, consu- lenze e sostegno per l’attivazione di centri di ascolto. Sono state redatte linee guida che si rifanno a documenti europei ed esperienze internazionali, per offrire uno strumento di informazione per gli attori nella lotta alla violenza di genere e definire la prospettiva in cui si colloca il CAM.13

L’equipe è composta da uno psichiatra, psicologi/e, psicoterapeuti/e, educatori/trici. Nelle fasi iniziali il contatto telefonico è tenuto da operatori uomini, come anche la va- lutazione. Le figure femminili si occupano del contatto con la partner e nel condurre in- sieme ad un collega i gruppi.

Con il maltrattante che decide di rivolgersi al CAM viene stipulato una sorta di contrat- to (impegno a non agire più comportamenti violenti durante il trattamento, adesione al ciclo di valutazione per l’inserimento nel gruppo; liberatoria per contattare altri servizi; liberatoria per contattare la partner; restrizione della privacy in caso di pericolo).13 Modello di intervento del CAM: 1) accoglienza telefonica; 2) primo colloquio e auto- rizzazione da parte del maltrattante a lavorare in rete; 3) entro i primi due-tre colloqui autorizzazione a contattare la partner; 4) contatto con la partner e/o eventuali servizi in- vianti; 5) ciclo di colloqui di valutazione individuale; 6) eventuale inserimento in grup- pi psico- educativi co-condotti da un uomo ed una donna (eventuale perché sono esclusi soggetti con alcolismo e tossicodipendenza, disagio psichiatrico, scarsa responsabilizza- zione e motivazione personale).

Il gruppo è aperto e composto da 8-12 partecipanti; è possibile così decostruire la vi- sione e i costrutti sociali relativi alla violenza domestica e ridurre i meccanismi di nega- zione e minimizzazione.

È adottata una metodologia cognitivo-comportamentale, esperienziale e narrativa. Il percorso dura un anno, la violenza fisica si riduce quasi subito, mentre il maltrattamento psicologico è più difficile da contrastare. Le finalità del gruppo sono l’assunzione di re- sponsabilità per i propri comportamenti e per il proprio malessere, individuazione di

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strategie di interruzione dei comportamenti violenti, esercizi di gestione delle emozioni negative e sviluppo di strategie per evitare violenza futura; costruzione di modelli alter- nativi di relazione con la partner; riflessione sui modelli genitoriali e sul loro possibile arricchimento; sviluppo di capacità empatiche, modifica delle convinzioni e valori sulla mascolinità.13

Bolzano e Rovereto. Il consultorio per gli uomini e gli interventi sulla vio- lenza di genere.

Il Consultorio per Uomini di Bolzano nasce nel 2000 perché diverse associazioni ave-

vano iniziato a discutere la problematica maschile. Viene aperto presso la Caritas, che ne è il gestore, ed è un servizio ad accesso gratuito, con l’anonimato del primo approc- cio. La sua nascita è dovuta alla sempre maggiore consapevolezza che si è sviluppata sulla mancanza di un centro che si occupasse dei maltrattanti e del fatto che occuparsi solo del soccorrere le donne non bastava.

Il gruppo è guidato da una coppia uomo-donna di terapeuti che, come riscontrato in altre realtà, può creare disordine e iniziali resistenze, ma è necessaria. Lo scopo è quello di insegnare ai partecipanti a riconoscere e gestire le proprie emozioni, soprattutto quelle che conducono a reazioni violente. Sono esclusi dalla partecipazione uomini con gravi problemi psichici o dipendenze da droghe.13

Modello di intervento: due colloqui iniziali individuali, poi avviene l’entrata nel gruppo che è aperto, dato che l’intervento si organizza in quattro moduli ripresi in continuazio- ne nel percorso e sono: 1) definizione della violenza; 2) assunzione di responsabilità; 3) gestione delle emozioni, soprattutto la rabbia; 4) apprendimento di tecniche per fronteg- giare la rabbia, violenza etc.

Il percorso dura circa sei mesi ed è organizzato in 28 sedute settimanali di gruppo della durata di due ore, gestite dalla coppia di conduttori. L’equipe è composta da quattro persone, due uomini e due donne che lavorano con due gruppi di uomini, uno in lingua italiana e uno in lingua tedesca.

In genere i partecipanti sono inviati dai servizi o tramite la procura o tribunale dei mino- ri nel caso di padri che scelgono questo percorso per poter ancora vedere i figli. Secon- do l’equipe di questi centri l’arrivo volontario non sempre è un fattore positivo, perché l’uomo rischia di auto- assolversi ritenendo di aver fatto qualcosa con questo solo gesto

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e si crea una falsa coscienza che gli permette di interrompere quando preferisce; invece coloro che sono inviati dal tribunale sono consapevoli che il programma è composto da 28 incontri a cui partecipare per ottenere una buona relazione che sarà inviata ai servizi sociali. Spesso si tratta di violenza a cui i figli hanno assistito ed i partecipanti sanno che se vogliono rivedere i figli devono sottoporsi al training antiviolenza offerto dal centro. La motivazione che questi uomini non hanno nel voler partecipare deve essere creata dai conduttori, ma spesso viene creata anche dagli altri uomini del gruppo, dalle loro parole nell’affrontare un problema comune e delicato quale è la violenza domesti- ca.13

39 CAPITOLO 4. LA RICERCA

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