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I centri della repressione

L’apparato repressivo tedesco nell’OZAK

3.4 I centri della repressione

Il sistema repressivo organizzato dalle forze di occupazione tedesche nell’OZAK comprendeva anche diversi «centri di repressione partigiana» affidati a unità tedesche o a unità collaborazioniste, ma tutte dipendenti dall’apparato di sicurezza della polizia. Ricostruirne un quadro completo risulta difficile per la mancanza di documentazione, ma alcuni brevi cenni possono essere utili nel dare un’idea complessiva dell’apparato repressivo tedesco, delle tecniche e metodologie adottate contro i partigiani.

Nel tentativo di soffocare il movimento di liberazione furono creati diversi «Comandi di repressione»: quello per il Friuli orientale con sede a Pradamano, nella villa Giacomelli; quello del Friuli centrale a Udine, in via Carioli, direttamente nella

152 BA-MA RW 4/689, cit. Il testo viene citato in parte anche da S. Di Giusto, Operationszone

Adriatisches Küstenland cit., p. 302.

sede del comando della Sipo/SD; quello dell’alto Friuli a Tolmezzo; quello della destra Tagliamento a Pordenone, sede di una feroce banda antipartigiana capeggiata dai brigatisti neri Vetturini e Leschiutta. Per la bassa friulana il centro fu la caserma «Piave» di Palmanova; a Trieste il Comando si insediò nella Villa Triste, dove operava l’Ispettorato di Pubblica Sicurezza della Venezia Giulia e la tristemente famosa Banda Collotti154. Ma presso ogni carcere, presso ogni comando di polizia tedesca si nascondevano delle celle, delle zona di detenzione e di «tortura», ove assidua era la ricerca di informazioni da utilizzare nella lotta contro le bande partigiane. Tutti questi centri, piccoli o grandi che fossero, furono parte integrante del «sistema» di controllo e difesa del territorio creato dalle forze naziste. Tali luoghi non devono essere considerati quali corpi estranei o lontani dalle numerose azioni di rastrellamento compiute nel territorio di occupazione, ma un anello della catena di violenze, repressione e sterminio ideato e creato dalle forze dell’Ufficio di sicurezza. I comandi nazisti non fecero altro che riproporre un sistema già collaudato negli altri paesi occupati. Oltre ai citati centri non si può dimenticare il piazzale delle milizie del Castello di Gorizia, utilizzato per le fucilazioni dei condannati a morte dal Tribunale Speciale, la caserma “Principe Umberto” di viale Udine, a Cividale, presidio tedesco e luogo di numerose fucilazioni di prigionieri, e soprattutto il Polizeihaftlager della Risiera di San Sabba, che diverrà il simbolo più tragico di questa pagina di storia.

3.4.1 La prigione di Udine

La prigione di via Spalato a Udine divenne presto uno dei centri di detenzione più grandi della provincia friulana, tristemente famoso soprattutto per essere stato usato da serbatoio per ostaggi da fucilare nelle rappresaglie decise dalle autorità tedesche. Dalle celle di via Spalato furono prelevati il 25 maggio del 1944 26 ostaggi per essere impiccati, 13 a Premariacco e 13 a San Giovanni al Natisone, come

154 Sull’apparato italiano cfr.: AA.VV., Dallo squadrismo fascista alle stragi della Risiera.

rappresaglia per la morte di alcuni soldati tedeschi155. Il 15 gennaio del 1945 alle 6 del mattino furono prelevati altri 16 prigionieri che vennero eliminati a gruppi in una zona periferica nelle vicinanze della città156.

Uno dei più famosi episodi legati alla storia del carcere di Udine è sicuramente l’assalto sferrato all’edificio la sera del 7 febbraio del 1945. Erano le 18.30 quando una unità partigiana denominata «furie rosse» riuscì a penetrare nel carcere inscenando un finto arresto e a liberare numerosi prigionieri157: settantatre partigiani, per lo più persone condannate a morte, due sacerdoti e tre prigionieri inglesi. L’autorità tedesca prese subito in mano le direzione delle indagini e per rappresaglia, la mattina dell’11 febbraio 1945, 23 prigionieri delle carceri furono giustiziati. La fucilazione avvenne a ridosso del muro di cinta del cimitero di Udine158. A comandare il plotone composto da militi fascisti collaborazionisti un ufficiale delle SS.

Altro tragico episodio nel carcere di Udine si ebbe negli ultimi giorni di guerra, il 9 aprile del 1945, quando altri 29 prigionieri furono fucilati nel cortile interno delle carceri. Si trattava per lo più di partigiani rastrellati nelle operazioni antipartigiane:

Alle 6 del 9 aprile 1945, senza che niente lo facesse prevedere, alcuni marescialli e soldati tedeschi erano improvvisamente entrati nelle celle. Chiamati i partigiani ne formarono tre gruppi che, uno alla volta, spinsero nel cortile. Tutto il carcere si era destato e tutti attendevano il rumore del camion che si avviasse. Invece di botto un grido […] Seguirono immediatamente le raffiche di mitra.159

A gruppi di dieci alla volta furono fucilati sul muro del carcere.

155 Su tale vicenda si veda la parte II, capitolo terzo del presente lavoro. 156 Su tale fatto cfr.: A. Colonnello, Guerra di Liberazione cit., p. 79. 157 Ivi, p. 140-143.

158 Sul luogo dell’eccidio vi è stata posta una lapide in ricordo delle vittime: «Contro questo

muro – la sanguinosa ferocia nazifascista – sprezzante delle eterne leggi della giustizia – ostaggi tratti dal carcere - all’alba dell’11 febbraio 1945 – per selvaggia rappresaglia spense».

3.4.2 Il comando di Cividale

A partire dal 14 settembre 1944 i tedeschi presero il controllo militare e civile della città di Cividale. Il presidio tedesco (Ortskommandantur) insediatosi da subito nella caserma “Principe Umberto” di viale Udine fu comandato dal capitano Karl Offschany160. Il 15 settembre del 1943 in tutta la cittadina apparve il primo comunicato della nuova autorità:

Ho preso oggi il Comando della Zona di Cividale. Passano alle mie dipendenze per il mantenimento dell’ordine pubblico i RR. CC, la M.V.S.N., la Guardia di Finanza e la P.S. Chi mi obbedisce sarà protetto. Chi non obbedisce sarà passato per le armi. La popolazione si mantenga calma per ottenere una buona collaborazione161.

Cividale e la Valle del Natisone (zona del Collio) furono una delle zone più difficili da controllare da parte delle truppe tedesche di occupazione. Nella documentazione dei comandi militari la zona viene ripetutamente considerata tra le più pericolose per le truppe. L’intensa attività partigiana destava una forte preoccupazione proprio per la posizione centrale che ricopriva il territorio di Cividale nell’OZAK. I diversi rapporti tedeschi registrarono continue incursioni di «bande» verso le principali vie di comunicazione in direzione di Udine e di Gorizia. Qui gli occupanti si trovarono a contrastare sin dal settembre del 1943 una dura resistenza, costituita dai gruppi partigiani italiani, affiancati dai partigiani sloveni più preparati

160 Si tratta del Hauptmann Karl Offschany comandante dell’11. Kp./Pi.Btl. 171 della 71 Inf.

Div. Ufficiale decorato con la croce di ferro morirà durante una operazione antipartigiana presso Gorizia il 4 ottobre del 1944. Dalla fine di ottobre 1943 sino al febbraio del 1944 al Comando di presidio vengono collocate unità della 162. (turk) Inf. Div. Col febbraio del 1944 a sostituire queste unità giungono reparti della 188 Res.Geb.Div. (I. Btl./Res.Geb.Jg.Rgt.. 137). Dal luglio del 1944 si registra in città la presenza di due unità della 24. Waffen-Gebirgs (Karstjäger) – Division der SS: si trattò della Ersatz-Kp. (l’unità incaricata a fornire i rimpiazzi) e dell’unica unità corazzata della Divisione la Panzer-Kompanie. Nell’inverno del 1944 stazionarono anche unità cosacche (Kosaken- Reiter-Rgt.). A Cividale si instaurarono anche unità italiane collaborazioniste: dal 24 aprile del 1944 si trasferì il comando del Rgt. Alpini Tagliamento; il II Btg. Del 5. Rgt. della Milizia Difesa Territoriale stazionò a lungo nella zona.

161 Il testo firmato dal Comandante Offschany si trova in G. Jacolutti, Fosse del Natisone, Udine,

e organizzati. La difficile situazione in cui si trovavano le truppe tedesche nella zona è resa molto chiaramente dalla testimonianza di Don Giuseppe, parroco a Cividale:

Sembra un sogno eppure è una realtà: i tedeschi sono a Cividale, nel Friuli in Italia. Fanno da padroni. “La popolazione di Cividale è sotto la nostra protezione” dice un avviso murale rosso esposto un mese fa. Invece sembra che Cividale protegga i tedeschi, giacché essi si sono ben provvisti di reticolati, Borgo Brossano, Borgo dei Ponti ed altre borgate sono fuori dei reticolati per proteggere i tedeschi. Noi, di Borgo Brossana, di notte siamo la vera Italia libera ed indipendente, perché il territorio è incontrollato dai tedeschi e dai partigiani162.

Nel territorio, considerato «zona di bande», le forze tedesche organizzarono continue operazioni di rastrellamento, durante le quali la maggior parte dei rastrellati veniva concentrato presso la caserma “Principe Umberto” di Cividale, divenuta oramai struttura centrale dell’azione repressiva tedesca sul territorio. Dopo lunghi interrogatori molti venivano «giustiziati» sul posto, altri invece venivano spostati in altri carceri o deportati. Le fucilazioni avvenivano sulla sponda destra del Natisone, proprio dietro la caserma:

A sud della caserma allora recintata in modo diverso dall’attuale, oltre le sue mura, sulla sponda destra del fiume Natisone dove il terreno a tratti pianeggiante forma terrazzi che gradatamente scendono verso il fiume, si coltivano ortaggi in «campicelli di guerra» ideati dal regime fascista sulla spinta autarchica del momento prebellico e per sopperire alla fame dei ceti non privilegiati. In questo contesto agreste prevale la coltura della verza, tant’è che il luogo, divenuto in seguito così triste, viene denominato in gergo popolare: campo delle verze.

I corpi venivano sepolti in fosse comuni nello stesso luogo, vicino alle sponde del fiume. Dalle testimonianze raccolte da Giuseppe Jacolutti per il Comune di Cividale la prima fucilazione si ebbe il 2 ottobre del 1943, ad essere ucciso fu Antonio Rieppi, operaio di 24 anni, e l’ultima il primo maggio 1945, il militare A. Zorzi di 22 anni. Le testimonianze raccolte dalla storico, soprattutto tra gli abitanti del Borgo di San Giorgio che si trova davanti alla caserma, parlano di esecuzioni

162 AORF, P1-14, Cividale, Doc. XVI – O – 54, Diario di Don Giuseppe Quaiattini, 21.9.1943.

Si tratta del parroco delle parrocchia di S. Biagio di Cividale dal 1934. Rettore poi della Chiesa stessa di S. Biagio dal 1940.

giornaliere, di urla provenire dalla caserma: «Ogni giorno, nel campo delle verze fucilavano qualcuno e più di qualcuno; li legavano ai pali sotto il muretto dietro la caserma, con gli occhi bendati»; «Tutti a Cividale sapevano delle fucilazioni che quasi quotidianamente venivano effettuate nelle sponde del Fiume: io stesso [dott. Giovanni del Basso sindaco di Cividale nel 1978] ricordo di averne sentito parlare in casa mia dal decano arciprete di allora, mons. Liva, che si accingeva a recarsi in Caserma per chiedere di poter dare ai morituri i conforti della religione»163. Scrive il 27 dicembre del 1943 nel suo diario Don Giuseppe:

Ho saputo da Dina Stoppato che abita al di là del Natisone di fronte alla Caserma Umberto I° che i tedeschi fanno scavare la fossa ai morituri, poi li freddano e li coprono con terra che viene calpestata dalla cavalleria mongola. Il tribunale tedesco di Cividale in caserma ha proceduto in questi mesi a molti arresti e pronunciate molte sentenze di morte. Si può dire che non c’è paese del circondario che non abbia avuto i suoi morti164.

Che cosa intendesse per Tribunale di Cividale lo chiarisce la testimonianza, raccolta sempre da Jacolutti, rilasciata da Luigi Rizzo, italiano di origine tedesca che prestò servizio presso il Presidio tedesco di Cividale:

Furono fucilati i condannati a morte per rappresaglia, per prove di collaborazionismo coi partigiani, perché ritrovati in possesso di armi e per diserzione. […] Tutti hanno subito un processo senza possibilità di appello. A Cividale non è esistito un tribunale tedesco ma un Comando di Polizia […] Gli ufficiali si costituivano in tribunale eseguendo gli ordini del Gauleiter Rainer165.

Si dovrebbe trattare quindi di una sorta di Tribunale Speciale locale, la cui documentazione a dire del Rizzo fu completamente distrutta dai tedeschi prima di abbandonare la cittadina. La presenza e soprattutto l’uso di tale tribunale potrebbe risultare molto importante per capire come la riforma della Giustizia, introdotta dal Supremo Commissario, fu recepita e poi applicata nel territorio. La presenza di altri tribunali locali come questo porterebbero a pensare, contrariamente a quanto si è fatto sino ad ora, che il sistema di giustizia ideato da Rainer non fosse utilizzato

163 Le citazioni sono tutte prese da G. Jacolutti, Fosse del Natisone cit., p. 13 e p. 7. 164 AORF, P1-14, Cividale, Doc. XVI – O – 54 cit., 27.12.44.

unicamente quale facciata per nascondere le violenze della repressione, ma che si volesse veramente «garantire» una giustizia sul territorio e sull’operato degli stessi comandi locali.

Dopo la guerra furono eseguite diverse esumazioni: la prima il 4 maggio del 1945, a pochi giorni dalla liberazione, quando vennero recuperate 37 salme, collocate poi nel Cimitero maggiore di Cividale166. Il 7 maggio del 1947 ci fu una seconda riesumazione che portò alla luce altri 27 corpi167. Una terza operazione di recupero infine, risale al 10 settembre del 1947 con 40 salme, quasi tutte non identificate. Alla fine i dati ufficiali riportano 105 salme recuperate di cui soltanto 29 identificate.

La zona delle esecuzioni è rimasta impressa nella memoria locale come le «Fosse del Natisone».

3.4.3 Il centro di repressione di Palmanova

La cittadina di Palmanova, importante nodo stradale e ferroviario e base per il controllo della pianura friulana, fu da sempre considerata un centro strategico all’interno dello scacchiere dell’OZAK.. Il movimento di liberazione andò infatti sviluppandosi anche nella Bassa friulana. In questo tipo di territorio non potendo consolidare gruppi armati si preferì creare nuclei di sabotaggio e sostegno per le formazioni delle montagne; nacquero così i GAP (Gruppi di Azione Partigiana) nei quali numerosi furono i giovani contadini e operai della Bassa. I GAP, sorti dopo l’8 settembre, si articolarono rapidamente, disarmando presidi della Guardia Civica, attaccando le vie di comunicazioni, eliminando spie e seviziatori fascisti, smistando viveri e munizioni in montagna, infiltrandosi nei reparti della Difesa Territoriale. Il movimento locale andò sviluppandosi durante tutto l’inverno e la primavera del 1944

166 I dati si possono recuperare presso il registro del Cimitero di Cividale.

167 Di questo fatto è stato reperito il Verbale di Ricognizione di salme dell’ufficio sanitario del

comune di Cividale. Nel documento si specifica che 1 salma appartiene a una giovane donna «che si ritiene di nazionalità russa», 19 sono le salme appartenenti a militari calmucchi (soldati della 162 (turk) Inf. Div. passati nelle file partigiane), 1 è la salma di E. C. mentre le altre 6 sono rimaste sconosciute. Il documento è riprodotto in G. Jacolutti, Fosse del Natisone cit., pp. 52-55.

costituendo l’«Intendenza Montes»168 una delle più grandi di tutta Italia. L’estate del 1944 segnò la massima espansione del movimento di liberazione anche nella pianura friulana, facilitato dall’istituzione del comando unico della 2.a zona Garibaldi- Osoppo, voluto dai comandi partigiani per una migliore organizzazione dei diversi gruppi che si erano costituiti169. Il centro di repressione nacque col compito preciso di stroncare proprio questo movimento resistenziale che si era così sviluppato.

Inizialmente a Palmanova fu costituito un presidio di camice nere, uomini della 55. e 63. Legione che dopo l’8 settembre costituirono diversi presidi in molte località della provincia di Udine per il mantenimento dell’ordine pubblico. A partire dalla primavera del 1944 il raggruppamento fu inserito nel 5. Rgt. MDT (63. Legione) «Friuli» del colonnello Attilio De Lorenzi170, da poco costituito171. È con l’inizio dell’estate che il distaccamento di Palmanova viene rinforzato da unità tedesche sino

168 L’«Intendenza Montes» venne costituita a Redipuglia nell’ottobre del 1943. Il fondatore fu

Silvio Marcuzzi («Montes»), che dopo i duri rastrellamenti dell’ottobre del 1943 pensò che ai partigiani servisse un supporto continuo di materiale e rifornimenti per poter resistere alla potenza delle truppe tedesche. Fu così che Montes, questo il suo nome di battaglia, si mise ad organizzare una rete di "intendenze partigiane", che avevano il compito di assicurare armi e vettovagliamenti alle formazioni operanti sulle Alpi Giulie e Carniche. Grazie a Marcuzzi sorsero così decine e decine di comitati di villaggio e di zona, nacquero squadre di gappisti per scortare i rifornimenti da far pervenire ai partigiani, si organizzarono gruppi per la raccolta d’ingenti somme di denaro. Montes riuscì persino a costituire due battaglioni mobili – il "Latisana" e il "Livenza"- che avevano come compito principale quello di "proteggere l’intendenza". Naturale, quindi, che il CLN del Friuli nominasse Marcuzzi comandante dei servizi di rifornimento e dei GAP di tutta la pianura friulana. Alla sua organizzazione facevano capo, per rifornirsi, le Brigate "Garibaldi", le "Osoppo" e pure l’intero IX Korpus dell’Armata di liberazione jugoslava, nella quale operavano anche formazioni di "garibaldini" italiani. Tra la primavera e l’estate del 1944 l’Intendenza ricopriva tutta la pianura dal Livenza sino all’Isonzo. Il 29 ottobre del 1944 «Montes» fu catturato dai militi fascisti e incarcerato presso la caserma Piave di Palmanova, dove morì il 2 novembre. Nonostante le perdite e gli arresti l’Intendenza continuò il suo operato sino alla fine della guerra.

169 Sulle formazioni della bassa Friulana cfr.: B. Steffè, La lotta antifascista nel Basso Friuli e

nell’Isontino, Milano, 1975.

170 De Lorenzi fu comandante prima della 55. e poi anche della 63. Legione. Sulla Milizia di

Difesa Territoriale cfr.: S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland cit.; G. Fogar, Trieste in Guerra cit.; N. Arena, Soli contro tutti cit.

171 La data ufficiale della costituzione del Reggimento non è nota, Di Giusto parla del mese di

a diventare un Sicherungsbereich172. A guidare il comando di polizia locale fu incaricato l’SS Hauptsturmführer Pakebusch. Nel settembre del 1944 fu inviato nelle cittadina come rinforzo una unità della Waffen-Gebirgs (Karstjäger)-Brigade der SS, il Reiter-Zug (plotone a cavallo) composto da SS italiane e tedesche al comando del Waffen-Obersturmführer der SS Odorico Borsatti173. Più tardi, nell’autunno del 1944 si insediò un altro reparto italiano, la 2. compagnia del I Btg.174 sempre del 5. Rgt. MDT (63. Legione) «Friuli» del Capitano Ernesto Ruggero, di Napoli, a cui si era aggregato il sergente della X MAS Remigio Rebez di Trieste. Anche questa unità si mise agli ordini del locale comando di polizia tedesco per la lotta contro le bande locali. Nell’autunno del 1944 iniziò la massiccia e spietata reazione contro il movimento partigiano e fu a partire da questo momento che entrò in funzione, preso la caserma di cavalleria «Piave» del Waffen-Obersturmführer der SS Odorico Borsatti, il «Centro di repressione delle forze partigiane». Con gli arresti, le esecuzioni, le deportazioni dell’inverno 1944-45 le formazioni gappiste furono duramente colpite; molti comandanti partigiani caddero nelle mani dei nazisti e delle unità collaborazioniste.

Il quadro degli avvenimenti accaduti nel centro di repressione di Palmanova si è potuto ricostruire grazie ai due processi celebrati nel dopo guerra contro i responsabili delle violenze perpetrate nella caserma e in tutta la zona di competenza175. Il primo dei processi si tenne il 5 maggio del 1945, presso il Tribunale del popolo di Udine presieduto dal magistrato cav. dott. Mario Boschian, contro Odorico Borsatti. Grazie a questo processo, conclusosi con una condanna a morte poi eseguita, per la prima volta furono rese pubbliche le violenze e le torture del «Centro». Il secondo processo fu celebrato dalla Corte straordinaria di Assise di Udine nell’ottobre del 1946 per collaborazionismo e sevizie contro il Capitano

172 Settore di Sicurezza, si veda capitolo sulla struttura delle forze di polizia nell’OZAK. 173 Nato a Pola nel 1921.

174 L’unità era composta per lo più da militi provenienti dalla 63. Legione.

175 Gli atti dei processi sono conservati presso l’Archivio dell’Istituto Regionale per la Storia del

Movimento di Liberazione di Trieste, IRSML-TS, fondo Friuli, CXIII, fascicoli 4594-4643; sul processo e le vicende del Centro di Repressione cfr.: D. Virgili, La fossa di Palmanova, Udine, 1970; G.A. Colonnello, Guerra di Liberazione cit., pp. 337-339.

Ruggero e la sua unità, ribattezzata da tempo la «Banda Ruggero»176. Si legge nella sentenza della Corte d’Assise:

Il primo novembre 1944 fu mandato a Palmanova un reparto della milizia fascista, composto da una cinquantina di uomini, comandato dal Capitano Ruggiero Ernesto per coadiuvare il Capitano Pakibusch nella lotta antipartigiana. Il reparto stette a Palmanova, nella caserma “Piave” fino al 19 aprile 1945 e ad esso si aggregò il sergente Rebez Remigio della X Mas il quale era stato lasciato dai suoi superiori nella stessa caserma per combattere i partigiani. Durante tale periodo, innumerevoli e feroci delitti furono commessi nel territorio dei mandamenti di Palmanova, Udine, Codroipo, Latisana, Cervignano, Monfalcone e Gradisca dal reparto che meglio potrebbe denominarsi, come in seguito l’ha denominato la popolazione della zona, «Banda Ruggiero». Furono arrestate e

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