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La politica dell’Oberste Kommissar

La nomina a Supremo Commissario, avvenuta mediante l’ordinanza del Führer del 10 settembre, che garantiva al Gauleiter della Carinzia i pieni poteri civili avvenne formalmente solamente il 29 settembre 1943 con la consegna del comando da parte dell’amministrazione militare allora vigente56. L’Heeresgruppe B ordinò quindi che tutte le questioni amministrative del comandante militare diventassero competenza del Supremo Commissario, al comandante militare dovevano rimanere unicamente i compiti strettamente militari57. Rainer cercò da subito di sfruttare la circostanza del «distacco dall’Italia» a proprio favore cercando di realizzare quanto prima i suoi progetti politici e porre in questo modo le basi di un futuro di questo territorio nel Reich tedesco.

1.2.2 La scissione dall’Italia

L’opera del Gauleiter fu, sin dai primi giorni, proprio quella di rescindere i legami psicologici e politici che legavano ancora le province orientali con la madrepatria. Un tentativo che si rivelò più semplice per quando riguarda le zone

55 Sulla questione razziale argomentano E. Apih, L’occupazione nazista della Venezia Giulia,

nella «Rassegna del Lazio», a XII, n. speciale 1965, p. 97; E. Collotti, Il Litorale cit.; di protettorato ne parla K. Stuhlpfarrer, Le zone d’operazione cit., p. 8 ss.

56 La carica per il momento era solo formale in quanto il passaggio del potere avverrà soltanto a

operazioni anti-partigiane concluse, per motivi di sicurezza.

prevalentemente slave, più difficile da realizzarsi nelle province italiane e che venne attuato da una parte con una serie di norme e nuove figure amministrative, dall’altra attraverso una intensa campagna denigratoria del fascismo e dell’Italia stessa. Della politica antiitaliana si parlerà successivamente, importante risulta una breve panoramica sui decreti più significativi che il Gauleiter attuò nei diversi ambiti delle vita sociale, economica e amministrativa del territorio.

In ambito amministrativo tutta la struttura di governo fu in breve tempo radicalmente ristrutturata e nuove gerarchie andarono a crearsi all’interno dell’OZAK. La struttura stessa del nuovo apparato centrale di potere del Supremo Commissario risultò un dato importante delle spinte annessionistiche e isolazioniste perseguite dal Supremo Commissario.

Nella zona d’operazione, la suprema autorità si articolava in dieci sezioni presiedute da un referente generale (General-Referat), al quale era preposto il sostituto dello stesso Rainer58.

58 Rispettivamente:

ƒ Supremo Commissario: dott. Friedrich Rainer ƒ Sostituto generale: governatore Wolsegger ƒ Relatore generale: Hierzegger

ƒ Suo sostituto: dott. Maierschütz SEZIONI:

I Interni: Hierzegger;

II Propaganda, stampa e cultura: dott. Lapper III Finanze: dott. Zojer

IV Giustizia: Avv. Dott. Messiner V Scienza e istruzione: dott. Scheide VI Agricoltura e foreste: Huber VII Economia: Klare

VIII Lavoro: Kohlhase

IX Edilizia: Baurat e Lobmayr X Pianificazione territoriale: Schlegel

Su quest’ultima sezione, la X denominata Sezione di Pianificazione territoriale, in tedesco Abteilung Raumordnung, molto interessante risulta il saggio di A. Walzl, La sezione «Raumordnung» del Supremo Commissario a Trieste. 1943-45, in «Storia contemporanea in Friuli», a.XVII, n.18, 1987, pp. 157-166. La sezione aveva come incarico ufficiale quello di analizzare la struttura economica del paese, raccogliere informazioni e sistemare materiale statistico. La sezione fu utilizzata nel lavoro di saccheggio delle risorse economiche del territorio, tra cui i beni degli ebrei di Trieste.

Il dottore Johannes curava l’ufficio collegamenti con la Wehrmacht, mentre il dottore Michels manteneva i contatti con il ministro degli esteri e il Delegato del Reich59. La nuova struttura amministrativa ideata da Rainer con le sue sezioni che andavano a coprire in modo capillare tutti i diversi ambiti della vita sociale ed economica, dimostrano che l’intento delle autorità tedesche locali era il controllo politico «totale» del territorio, all’interno del quale non vi era posto per alcuna autorità italiana. L’amministrazione tedesca si sostituì in tutto e per tutto all’autorità italiana annullando ogni potere decisionale autonomo delle sue figure locali.

I posti chiave della nuova amministrazione furono assegnati ad impiegati fatti venire dalla Carinzia, in tutto circa duecento persone, affiancate successivamente da altri duecento impiegati italiani60. Si trattava per lo più di membri legati alla vecchia amministrazione asburgica, ma di provata fede nazista, che furono utilizzati quali mediatori all’interno del territorio durante il difficile passaggio dall’amministrazione italiana a quella tedesca. Come è emerso precedentemente, la mobilitazione di questi elementi di stampo imperiale austriaco fu un fatto puramente strumentale per semplificare l’affermazione nazista sul territorio61. Non si deve scordare che tutta l’amministrazione dipendeva in ultima analisi da Berlino, in quanto i Supremi

Interessante il ritrovamento tra le carte della sezione di piani catastali di settori della città di Trieste destinati a massicci insediamenti di nuovi abitanti, molto probabilmente elementi tedeschi provenienti dal Reich. Ciò indicherebbe un progetto di germanizzazione futura della città di Trieste nei piani di Rainer. Dato interessante fu che la sezione fu impiegata in Carniola nell’individuazione di terreni adatti all’insediamento di elementi tedeschi.

59 L’elenco specifico si trova in K. Stuhlpfarrer, Le zone d’operazione cit., p. 98. Per

approfondire la struttura dell’amministrazione tedesca nell’OZAK si veda anche: A. Walzl, L'organizzazione dell'Amministrazione civile nella zona d'Operazioni "Litorale adriatico", Storia contemporanea in Friuli, a.XXIII, n.24, 1993, pp. 9-42; M. Wedekind, Nationalsozialistische Besatzung cit.

60 Questo fatto creò non pochi problemi negli uffici carinziani, dai quali gli impiegati erano stati

prelevati, in più si dovette organizzare un servizio di autobus per collegare la Carinzia con Trieste sede politica dell’Adriatisces Küstenland. Interessante è rilevare il fatto che tutti i funzionari pubblici furono esentati dal giuramento alla Repubblica di Salò, questione che destò molto nervosismo tra le fila dei fascisti locali.

61 Sede dell’amministrazione civile tedesca era il palazzo di Giustizia. La residenza di Rainer fu

Commissari dipendevano direttamente dalla Cancelleria del Reich e a loro spettavano tutte le nomine locali, in primis quella dei prefetti.

All’interno del sistema centralistico italiano il Prefetto (figura mantenuta dai tedeschi all’interno della zona d’operazioni) rappresentò da sempre la figura cardine della gestione e del controllo del territorio da parte del Governo statale; la concreta presenza del potere unitario, il punto di contatto tra lo Stato e le sue periferie. Risulta chiaro che chi nominava i prefetti aveva realmente il controllo politico del territorio. Nelle zone d’operazione non solo non dipendevano dal Ministero degli Interni della Repubblica di Salò, ma in più furono affiancati da Deutsche Berater (Consiglieri tedeschi) che valutavano il loro operato. L’Ordinanza di Rainer chiarisce ulteriormente il ruolo di queste nuove figure introdotte all’interno delle province:

essi dovevano insistere particolarmente sull’esecuzione degli ordini del Supremo Commissario: controllare che i provvedimenti deliberati dai Prefetti fossero omogenei all’interno della zona d’operazione ed assicurarsi che le istituzioni delle province fossero equiparate a quelle del Supremo Commissario62.

I Consiglieri tedeschi avevano il diritto di emanare ordini ai prefetti; senza il loro consenso nessuna ordinanza prefettizia poteva essere resa pubblica. In questo sistema l’amministrazione tedesca si garantiva il totale controllo non solo dell’operato dei prefetti ma di tutta la vita civile del territorio.

La scelta ricadde quindi su persone di fiducia e soprattutto disposte a collaborare con le forze di occupazione: Bruno Coceani63 fu nominato prefetto della

62 K. Stuhlpfarrer, Le zone d’operazione cit., p. 97.

63 Bruno Coceani nacque a Monfalcone il 17 dicembre 1893, fu una delle figure principali del

nazionalismo conservatore triestino. Frequentò il ginnasio di Trieste e successivamente l’Università di Vienna, poi l’Istituto di Studi Superiori di Firenze e nel gennaio del 1917 si laureò in lettere all’Università di Padova. Prima dello scoppio della prima guerra mondiale militò nel movimento irredentista locale, svolgendo per lo più attività di propaganda per la causa. Fuggì dalla sua terra nel 1914 per evitare di essere reclutato nell’esercito austriaco e nel 1915 si arruolò volontario e partì con il grado di capitano, per il fronte dove prese parte a numerose operazioni militari sull’Altopiano di Asiago e sul Carso. Per meriti eccezionali fu promosso Maggiore, insignito della croce di guerra, della medaglia per i quattro anni di guerra e della medaglia di volontario. A guerra conclusa rientrò a Trieste dove nel 1919 costituì assieme a Fulvio Suvich la sezione triestina dell’Associazione Nazionalista della quale resse la presidenza dal 1920 al 1923. Sostenitore dell’impresa di Fiume fu

provincia di Trieste; il conte Marino Pace per la provincia di Gorizia; Riccardo de Beden per la provincia di Udine, Alessandro Spalatin per Fiume, Ludovico Artusi per l’Istria e lo sloveno Leo Rupnik64 per la provincia di Lubiana.

Sempre in ambito amministrativo una successiva sovrapposizione alle istituzioni italiane, allo scopo di ridurne ogni ingerenza, fu la riforma della giustizia con l’espulsione della Corte di Cassazione e l’attribuzione a Rainer di pieni poteri nelle decisioni riguardo alla grazia e alla facoltà di demandare i singoli casi giudiziari. Di questa riforma si parlerà approfonditamente nel prossimo capitolo.

Per realizzare l’intento di isolare il territorio dal resto d’Italia si rese necessario anche un controllo più efficace sul movimento demografico proveniente dall’Italia, ma anche di quello interno, per non rischiare di pregiudicare tutto lo sforzo politico. Si voleva limitare il più possibile ogni tipo di contatto con la madrepatria e cercare di evitare che la Repubblica di Salò potesse introdurre elementi perturbatori.

Sin dall’autunno del 1943 si cercò quindi di individuare delle limitazioni al libero soggiorno di italiani non appartenenti all’OZAK, senza incrinare troppo i

pure tra i dirigenti dei comitati antibolscevichi sorti a Trieste in quel periodo. Nel 1929 fu nominato dalla Confederazione Generale dell’Industria Italiana Commissario straordinario della Federazione Nazionale dell’Industria, per poi diventare vicepresidente dell’Unione degli Industriali della provincia. Nel 1937 assunse la Presidenza della sezione di Trieste dell’Istituto di Cultura Fascista, carica che abbandonò nel 1940. Nel 1939 venne nominato Consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Richiamato alle armi nel 1939, partì volontario per l’Albania. Sotto l’occupazione tedesca di Trieste, dal 23 ottobre del 1943 al 30 aprile del 1945, divenne prefetto della Provincia di Trieste. Dopo la liberazione di Trieste fu arrestato e condannato, nel 1946, in contumacia per collaborazionismo con il nemico: venne poi assolto nel 1947 dalla Corte d’Assise di Trieste. Dal 1955 assunse la carica di Direttore Amministrativo del quotidiano «Il Sole» e quella di Consigliere delegato della Stampa Commerciale di Milano, dove si trasferì dal 1963 a 1965, anno in cui tornò a Trieste dedicandosi agli studi storici. Morì il 16 dicembre del 1978.

64 Rupnik fu generale dell’ex esercito jugoslavo, fervente anticomunista sloveno fu uno dei

principali esponenti dei circoli conservatori di Lubiana e amico personale dell’arcivescovo Rossman. Nel settembre del 1943 nella confusione del crollo dell’amministrazione italiana, costituì una unità di difesa territoriale (Slovensko Domobranstvo) nel tentativo di arginare l’improvviso incremento delle bande comuniste. Grazie ad alcune vittorie sul campo riuscì in breve tempo a conquistarsi la stima delle autorità tedesche e soprattutto di Rainer. Divenne ispettore dei Domobranci e perno dell’autonomia amministrativa della provincia di Lubiana. Finita la guerra fu arrestato e rinchiuso in carcere dove mori in data imprecisata.

rapporti con il gruppo etnico italiano locale, tentativi che culminarono nell’ordinanza numero 29 del 10 marzo 1944:

Tutte le persone provenienti da altre province italiane e che intendono soggiornare nel territorio della Zona di Operazioni “Litorale Adriatico” per oltre 7 giorni, devono ottenere apposita autorizzazione dal Prefetto della Provincia nella quale intendono soggiornare. Coloro che, provenienti da altre province italiane, hanno preso dimora nel territorio della Zona d’Operazioni dal 1 luglio 1943 devono chiedere l’autorizzazione di soggiorno entro il termine di una settimana dalla pubblicazione della presente65.

La domanda doveva contenere lo scopo e la presumibile durata di permanenza; non si poteva in alcun modo entrare nella zona d’operazione senza essere muniti dell’autorizzazione già al momento dell’entrata. La pena per i trasgressori, o per chi offriva loro alloggio, andava da un ammenda di 20 mila lire sino a tre mesi di detenzione. Esenti da tale obbligo erano unicamente gli appartenenti alla Wehrmacht, i dipendenti di Uffici o Enti Germanici o qualsiasi altro cittadino del Reich con incarichi o permessi di viaggio di Enti germanici. Tali misure miravano da una parte all’isolamento dell’OZAK rispetto al resto d’Italia – impedire la libera circolazione di persone e di idee – dall’altra a favorire i contatti e gli scambi con il mondo tedesco.

In ambito militare le cose non andarono certo meglio per le autorità di Salò: il Supremo Commissario fece in modo di impedire che si formassero le formazioni militari fasciste della Repubblica di Salò nella zona d’operazioni. Venne proibita inoltre la costituzione della Guardia Nazionale Repubblicana, costringendo così Graziani a rinunciare a due dei suoi sette Comandi militari regionali. A tal proposito il Kriegstagebuch des OKW riporta una dura affermazione di Rainer in merito agli uffici militari italiani nella zona d’operazione:

Il Gauleiter Rainer propone di allontanare dal suo territorio gli uffici della difesa territoriale italiana, affinché lo spionaggio italiano non possa ottenere un appoggio per la riaffermazione dell’autorità fascista. Dal punto di vista etnico c’è lo svantaggio che il numero degli italiani di questa

65 IRSML-TS, Fondo Venezia Giulia, Busta C XIII, fasc. III, Ordinanza concernente il

soggiorno nella Zona d’Operazioni del Litorale Adriatico. Stesse disposizioni furono prese anche nella Zona d’Operazioni Prealpi dal Supremo Commissario Hofer.

zona, che sarà sicuramente accresciuto dagli scansafatiche, crescerà ancora. Si dovrebbe richiamare alle armi questi italiani o almeno spingerli a trasferirsi66.

Le coscrizioni obbligatorie da parte delle autorità italiane, come del resto qualsiasi altra attività degli uffici militari italiani, furono completamente proibite dopo la decisione del Führer del 19 novembre 1943 in entrambe le zone d’operazioni; le autorità che trasgredivano questo divieto potevano essere espulse dal territorio67.

L’arruolamento nelle unità delle RSI poteva avvenire solamente in forma volontaria. In base all’«Ordinanza sul servizio militare obbligatorio»68 del 29 novembre 1943, il servizio militare divenne obbligatorio, ma la scelta del tipo di servizio che si voleva compiere era volontario: le unità locali di difesa territoriale, l’organizzazione Todt, le unità tedesche (Wehrmacht, SS o Polizia) oppure le formazioni della RSI. Le autorità tedesche cercarono di ostacolare l’adesione all’esercito della Repubblica di Salò facendo pressioni affinché i giovani entrassero nelle varie formazioni armate dipendenti dalla polizia tedesca69. In realtà le persone

preferirono arruolarsi nelle unità locali per non rischiare di dover lasciare il territorio ed essere costretti ad operare contro i partigiani nella penisola.

Decisi tentativi di limitare l’ingerenza italiana nel territorio furono fatti anche nel settore economico e finanziario. In questo campo Rainer svolse una attività molto

66 KTB III/2, 22.11.43, p. 1299. Collotti cita questa affermazione sostenendo che il timore di

Rainer era un afflusso di persone italiane che scappano dall’Italia settentrionale per sottrarsi agli obblighi militari imposti da Salò.

67 K. Stuhlpfarrer, Le zone d’operazione cit., p. 148.

68 BA-MA RW 4/689, relazione di viaggio Cartellieri, Verordnung über die Kriegsdienstpflicht

in der Operationszone Adriatisches Küstenland, Anlage 12, 29.11.43.

69 In una relazione di fonte fascista sulla situazione del territorio ad un anno dalla creazione

dell’amministrazione tedesca, inviata al Duce il 31 dicembre del 1944, riguardo all’arruolamento si dice: «In una circolare segreta a parte egli [Rainer] ordina , agli organi attinenti la ripartizione delle forze affluenti attraverso i bandi di leva, stabilendo che su 35 avviati alle organizzazioni germaniche, 10 vanno alla Difesa Territoriale, 2 alle formazioni dell’Esercito Repubblicano; il che tradotto in percentuale, porta ai seguenti risultati: 73% alle forze germaniche, 22% alla Difesa Territoriale e 5% all’esercito repubblicano». in Un anno di amministrazione cit., p. 73. Cfr. anche T. Ferenc, La polizia tedesca nella zona d’operazioni “Litorale adriatico” 1943-1945, in «Storia contemporanea in Friuli» n. 10, a. IX, 1979, pp. 13-98.

intensa usando come pretesto la salvaguardia della regione dalla forte inflazione in cui era caduta l’Italia. L’amministrazione tedesca decise di puntare alla creazione di una vera e propria «barriera» nei confronti delle politiche economiche della Repubblica di Salò che Rainer e il suo staff non condividevano affatto. Egli stesso così si espresse ad una riunione con i maggiori industriali della zona: «La politica economica eseguita nelle altre province d’Italia è da considerarsi deleteria ed io sono convinto che, se continuerà di questo passo, alla catastrofe militare e politica dell’Italia seguirà in breve anche quella economica»70. Non vennero applicati gli aumenti di salari concessi da Mussolini; fu bloccata la socializzazione delle aziende; tutta la legislazione sindacale fascista non venne più applicata e le organizzazioni sindacali furono pian piano esautorate di ogni potere rappresentativo, per qualsiasi controversia si dovette contrattare direttamente con i datori di lavoro attraverso le commissioni interne di fabbrica. Scelte politiche autonome furono prese anche per quanto riguardava il controllo dei prezzi ed il razionamento. A riprova della radicalità degli interventi di Rainer in materia economica, la proposta, poi abbandonata per motivi tecnici, di introdurre nel territorio una unità monetaria autonoma, la Adria-Krone, anche questa con lo scopo di riavvicinarsi ai tempi passati austriaci. L’attività delle grandi aziende assicurative italiane quali le Generali e l’Adriatica fu posta sotto il controllo diretto del Supremo Commissario e di fatto sottratte all’autorità della Repubblica di Salò. In gioco vi era soprattutto la gestione delle proprietà degli ebrei, che faceva gola ad entrambe le amministrazioni.

1.2.3 Gli obiettivi della Zivilverwaltung

Valutare l’operato dell’amministrazione politica è determinante se si vuole capire sino in fondo i modi e gli obiettivi dell’occupazione tedesca nel Litorale Adriatico. Non ci si deve scordare che in questa zona le autorità tedesche si mossero in un regime di amministrazione civile e non come nel resto d’Italia occupata in semplice regime di amministrazione militare. L’elemento politico risultò alla fine prevalentemente dominante rispetto a quello strategico-militare, almeno sino a

70 Un anno di amministrazione cit., p. 76.

quando le sorti del conflitto furono favorevoli alle forze germaniche. Con la l’inizio dell’esteate del 1944 le cose cambiano in favore delle forze militari e di polizia.

L’amministrazione di Rainer non si impegnò unicamente nella semplice gestione amministrativa a sostegno delle forze militari o nell’intento di isolare la zona dall’Italia, il suo progetto politico andava ben oltre questi primi scopi. Nel suo Telegramma del 9 settembre 1943 il Gauleiter della Carinzia aveva espresso chiaramente quali dovessero essere i principali compiti della sua amministrazione nel territorio. Egli stesso concentrò questa azione politica in tre punti principali: la pacificazione delle problematiche nazionali; la difesa contro il bolscevismo; la mobilitazione del potenziale economico.

Tra le priorità Rainer indicava oltre che la pacificazione del territorio dalla lotta partigiana quella dei conflitti tra i diversi gruppi nazionali. Si può sostenere che gran parte della politica del Gauleiter ruotò attorno a componenti di carattere etnico presenti nel territorio, e la nuova amministrazione tedesca intendeva presentarsi alla popolazione locale come l’unica via possibile per una pacificazione definitiva dei contrasti nazionali che da tempo soffocavano il Litorale Adriatico. L’immagine che la documentazione tedesca offre del territorio risulta spesso esageratamente a proprio vantaggio; la propaganda tedesca descrive la zona come uno di quei territori «eternamente inquieti», «pochi altri territori in Europa presentano tanti contrasti geografici, politici e nazionali come il Litorale Adriatico»71 come campo di tensione continuo dove «chi lo percorre deve indossare stivali di quella solida specie delle nostre scarpe da montagna, se non vuole bruciarsi le scarpe»72. Gli «stivali» giusti erano sempre stati quelli delle autorità germaniche che per circa un secolo aveva assunto il ruolo di «forza ordinatrice» e che attraverso le sue politiche aveva «promosso lo sviluppo economico e amministrativo del paese»73. Il III Reich hitleriano raccoglieva ora questo difficile ruolo politico quale arbitro dei conflitti nazionali.

71 A. Sema (a cura di), Bandenkampf. Resistenza e controguerriglia al confine orientale,

Gorizia, p.79.

72 E. Collotti, Il Litorale adriatico cit., p. 44, l’autore si rifà ad articoli apparsi sull’Adria

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