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Materiali di riferimento

3.1. Inquadramento geografico e cronologico

3.2.2. Ceramiche del periodo classico

Al periodo compreso tra i IV secolo a.C. e il I secolo d.C. risalgono invece il gruppo di ceramiche qui definite “classiche”, connesse con il le fasi repubblicane e imperiali della storia romana.

Studio archeometrico di ceramiche 47 Capo Boeo (Marsala)

Al periodo compreso tra il IV e il II secolo a.C. risalgono i frammenti di ceramica rinvenuti nei pressi dell’area archeologica di Capo Boeo - Marsala. In quest’area sorgeva un’antica città punica, Lilibeo, fondata dai Moziesi scampati all’assedio di Dionisio di Siracusa (397 a.C.) e dai Cartaginesi, e poi conquistata dai Romani in seguito alla Battaglia delle Egadi (241 a.C.), che pose fine alla prima guerra punica.

La ceramica proveniente da questa area è stata recuperata da un sito prospiciente la costa ed è prevalentemente composta da ceramica da cucina (tegami) e frammenti di coppe e piatti a vernice nera (fig. 3.3).

Quest'ultima tipologia di ceramica, caratterizzata dalla presenza di un rivestimento argilloso molto fine di colore nero, deriva direttamente dalla più raffinata ceramica attica che, dalla Grecia, si diffonde nel Mediterraneo e in particolare in Italia intorno al IV secolo a.C. per scomparire gradualmente nel I a.C., sostituita dalla cosiddetta ceramica sigillata o aretina.

Centri produttivi di particolare importanza, durante il III secolo a.C., sono localizzati in Campania (Capua e Teano) e nell’area etrusco-laziale: in particolare, alla zona di Roma sembrerebbe attribuita la produzione dell’officina delle petites estampilles, caratterizzata dalla presenza di piccoli stampigli e di forme semplici, come la ciotola. A partire dalla fine del III secolo a.C. (nel periodo delle guerre puniche) si assiste invece alla fine delle precedenti produzioni più raffinate e al rapido diffondersi di produzioni maggiormente standardizzate come la Campana A, prodotta a Napoli, la Campana B, prodotta a partire dal I secolo a.C. e localizzabile in Etruria, e la Campana C della zona di Siracusa, databile tra 150 e il 50 a.C. circa (Guerrini & Mancini, 2007).

Relitto di Punta Romana presso Capo Ferrato (CA)

Sempre databili tra il IV ed il II secolo a.C. sono i frammenti di anfore greco-italiche (fig. 3.3) rinvenute nel relitto di Punta Romana (Sardegna).

Studio archeometrico di ceramiche 48

Campione MPG5 di piatto in ceramica a vernice nera da Capo Boeo – Marsala.

Campione MPG15 di pentola in ceramica da Capo Boeo – Marsala.

Campione PR1 di anfora greco italica dal relitto di Punta Romana.

Campione PR6 di anfora greco italica dal relitto di Punta Romana.

Campione MNJ1 di ceramica Omayyade da Monte Nebo (Giordania).

Campione MNJ7 di ceramica Omayyade da Monte Nebo (Giordania).

Figura 3.3. I campioni di ceramica classica e del periodo di transizione analizzati.

Questo tipo di anfora si configura praticamente come il primo contenitore romano da trasporto e può essere considerato un indicatore della situazione economica

Studio archeometrico di ceramiche 49 nell’Italia centro-meridionale tra il IV ed II secolo a. C. (Olcese, 2007). Una visione d’insieme delle problematiche legate a questa tipologia di materiale è fornita d G.

Olcese (2004), tuttavia ancora oggetto di discussione è la localizzazione delle aree di origine di questi materiali: alcuni autori ritengono che le prime anfore di questo tipo siano state prodotte in Grecia (Will, 1982) e poi diffuse nell’Italia meridionale, altri che siano un prodotto della Magna Grecia. Ad ogni modo, allo stato attuale, sono state localizzate le fornaci di Ischia, della baia di Napoli, e in generale della Campania, nonché quelle pertinenti alla Sicilia e alla Magna Grecia.

Lo studio di questi particolari contenitori risale già agli anni ’50 del secolo scorso, quando Fernand Benoit descrive per la prima volta con l’appellativo “greco-italiche” un gruppo di 400 anfore trovate in un sito subacqueo nella zona di Marsiglia (Will, 1982). E’ proprio, infatti, con l’evoluzione dell’archeologia subacquea che si punta l’attenzione sullo studio delle greco-italiche, ma anche dei materiali anforici in generale, rinvenuti sempre più spesso nei carichi dei relitti.

Relitto delle Antefisse

Appartenenti a questa tipologia di materiali, nel presente lavoro vengono presi in considerazione altri frammenti ceramici, databili all’epoca romana, che provengono dal relitto delle Antefisse (Sardegna): tra i materiali recuperati e oggetto di studio si annoverano resti di materiale fittile, quali antefisse, coppi ed embrici, e di anfore, tra cui frammenti di Dressel 21.

Embrici e coppi sembrerebbero costituire la parte più importante del carico, forse destinata alla costruzione di un tetto di un edificio: parte degli embrici presenta inoltre una decorazione ad antefissa, da cui prende il nome il relitto (Salvi, 1994).

I laterizi non presentano bolli, quindi la datazione del relitto è stata supposta sulla base dei ritrovamenti anforici compresi nel suo carico, in particolare quello di anfore Dressel 21.

Studio archeometrico di ceramiche 50 Questa tipologia di anfore, databile tra il I e il III secolo d.C. è stata per lungo tempo ritenuta atta al trasporto di frutta in Lazio e Campania, ma nuovi studi propongono una differente area di produzione e una funzione connessa col trasporto di pesce presumibilmente salato, come il tonno (Botte, 2009a; Botte, 2009b).

Sempre dallo stesso relitto provengono inoltre resti di pentolame in ceramica, nonché di altre tipologie anforiche, identificabili come Pascual 1 e Peacock &

Williams 662, entrambe databili intorno al I secolo d.C., anno in cui si attesta con buona probabilità la datazione del relitto.

I centri produttivi della Pascual 1 sembrerebbero localizzati in Spagna (Miró, 1988;

Revilla, 1993; 1995), nella costa Catalana nord-orientale, e in Francia (Laubenheimer, 1989; Meffre & Meffre, 1992): queste anfore si sarebbero poi diffuse in tutto il Mediterraneo grazie alla loro funzione di trasporto, probabilmente di vino, dal momento che questo era uno dei prodotti più famosi dell’ Hispania Tarraconensis (Tchernia, 1986).

Per quanto riguarda i frammenti di anfora Peacock & Williams 66, la cui identificazione rimane ancora incerta, questa tipologia di contenitore sarebbe ascrivibile a una produzione di Beirut o dell’area nord palestinese, poi diffusa in ritrovamenti lungo tutto il Mediterraneo.

Villa delle Colonnacce di Castel di Guido (RM)

La villa romana delle Colonnacce presso Castel di Guido (RM) è databile tra il II e il III secolo d.C. ed ospitava, oltre all’area residenziale imperiale, anche due ambienti per la lavorazione del vino e dell’olio.

Scavata soltanto in parte nel secolo scorso e famosa soprattutto per le pitture murali, oggi conservate presso il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo

2 Per il riconoscimento delle tipologie ceramiche delle anfore si veda Roman Amphorae: a digital resource, University of Southampton, 2005.

http://archaeologydataservice.ac.uk/archives/view/amphora_ahrb_2005/index.cfm

Studio archeometrico di ceramiche 51 (Roma), attualmente la villa è oggetto di nuovi scavi da parte del Gruppo Archeologico Romano.

Dalla campagna di scavo 2014-2015 proviene un frammento di quella che sembrerebbe un’anforetta di origine orientale contenente al suo interno uno spesso residuo di colore nero, che sarà indagato nel presente lavoro al fine di identificarne la natura.