• Non ci sono risultati.

“Certificazione della qualità dell'informazione statistica e accesso ai dati”

Vittoria Buratta:

La questione che affrontiamo in questa tavola rotonda è di quelle fondamenta-li per la statistica ufficiale e va sotto il nome di “quafondamenta-lità”. Al suo interno includia-mo anche la questione dell’accesso e dell’accessibilità perché, come viene riporta-to nel documenriporta-to distribuiriporta-to con i materiali della conferenza, parlare oggi di quali-tà per gli istituti nazionali di statistica significa mettere al centro l’esigenza degli utenti. La questione dell’accessibilità non è, dunque, affatto una questione seconda-ria, ma è diventata di ordine primario quando si parla di qualità.

Nel documento distribuito sono sinteticamente ricordate alcune tappe fonda-mentali di quello che è un percorso della qualità perché, come si ritrova nella rela-zione di apertura, il problema della qualità è nato con l’allora Istituto centrale di sta-tistica, ora Istituto nazionale di stasta-tistica, e non è questione che si pone adesso.

In questo percorso ci sono delle tappe. Nel documento vengono ricordate quel-le più recenti e vengono presentate quel-le nostre strategie per il breve e medio termine. Questo è molto importante perché, in occasione di una conferenza come questa, bisogna certamente guardare a quello che è accaduto, ma bisogna avere anche molta attenzione a quello che accadrà. Nel nostro istituto tradizionalmente c’è stata una forte attenzione alla qualità dei processi.

Oggi parliamo di una “visione di sistema”. In questo passaggio, naturalmente, diventano in primo luogo essenziali gli strumenti per diffondere i principi, le linee guida e gli strumenti per la qualità. A questo fine abbiamo predisposto e stiamo ulte-riormente predisponendo strumenti generalizzati. Alcuni di questi sono stati messi a disposizione anche del Sistema statistico nazionale, sebbene ci sia ancora molto da lavorare in questo senso. In secondo luogo, ci stiamo concentrando in maniera sempre più decisa su come comunicare la qualità, ossia sui percorsi, i metodi, gli strumenti, gli approcci e i linguaggi per comunicare la qualità.

Nel documento trovate alcune proposte, in parte già realizzate, come per esem-pio il sistema di documentazione della qualità, che si chiama Siqual, nel quale sono rappresentati tutti i processi dell’Istituto, sia quelli tradizionali sia quelli più inno-vativi, sia le rilevazioni, sia alcune delle principali elaborazioni. Progressivamente il sistema andrà arricchendosi, con i sistemi di classificazione, di definizione, i que-stionari di base utilizzati, la documentazione di processo. La prossima tappa sarà ovviamente quella del rilascio di alcuni indicatori di qualità per gli utilizzatori. Questo sistema è già operativo sul sito web. Il prossimo passo sarà quello di

pro-durre una versione in inglese. Accanto a questo, naturalmente, sono stati già realiz-zati degli strumenti, come la check-list per la qualità.

Questo è il percorso che si svilupperà. Abbiamo degli obiettivi per il prossimo anno e per il medio periodo. Uno di questi, fondamentale, è quello di sottoporre a verifica i processi. A questo scopo è stata costituita una struttura dedicata all’audit dei processi e delle metodologie adottate dall’Istituto nazionale di statistica. L’insieme dei meccanismi messi in atto non solo per promuovere, non solo per dif-fondere, ma anche per verificare i livelli di qualità si sta arricchendo.

Ci muoviamo con uno spirito che è quello degli istituti nazionali di statistica avanzati e in costante rapporto con gli organismi internazionali che sono il nostro riferimento primario. Ci muoviamo, per questo, in una visione condivisa. Abbiamo adottato il sistema e la cosiddetta dichiarazione di qualità di Eurostat, al cui interno, come ricordavo prima, una delle dimensioni considerate è senz’altro quella dell’accessibilità. Sull’accessibilità e sull’accesso in generale trovate, in questo documento, ciò che è già operativo e disponibile presso l’Istituto naziona-le di statistica. Siamo in una platea, diciamo per così dire, di addetti ai lavori, quindi molti di voi sanno quali sono i nostri servizi per l’utenza sul web: dispo-nibilità di tutte le pubblicazioni on line, sistemi informativi, sistemi di documen-tazione e strumenti di comunicazione con i rispondenti e con gli utenti. Stiamo peraltro lavorando ad una nuova infrastruttura unitaria per l’accesso a tutti i dati dell’Istituto su web.

Naturalmente abbiamo anche i nostri centri sul territorio, i centri per l’informa-zione statistica che noi chiamiamo Cis. I Cis sono operativi presso i nostri uffici regionali, quindi è chiaro che questa è un’offerta più distribuita sul territorio, più flessibile e vicina alle esigenze degli utilizzatori, tuttavia limitata ad alcune realtà. Poi ci sono tutte le altre forme di divulgazione, tra cui l’accesso ai microdati e le richieste di elaborazione personalizzate, pensate per la comunità scientifica oppure per utenti che abbiano necessità di approfondire.

Su questo piano, come illustrato nel documento, pensiamo d’introdurre innova-zioni importanti. Proprio da pochi giorni è stata approvata dal nostro Consiglio una strategia di potenziamento.

Nel documento, come vedete, sono indicate alcune di queste iniziative: in primo luogo ci sarà un Contact Center unico che riguarderà non solo l’accesso ai dati, ma anche l’accesso ai servizi dell’Istituto. In secondo luogo ci saranno dei file di micro-dati differenziati perché diverse sono le tipologie di utenza, un’esigenza che nel corso degli anni abbiamo compreso essere importante. Ci sarà l’accesso on line ai file di uso pubblico con procedure molto “leggere” sotto il profilo amministrativo in senso stret-to: sapete che agiamo all’interno di una normativa che comunque detta dei vincoli. Quindi, l’accesso non può essere libero tout court, ma deve avvenire su richiesta. Queste richieste, che vanno formalizzate, potranno essere inoltrate mediante una cedura molto leggera. I file per la ricerca saranno più ricchi d’informazione. Le

pro-cedure saranno più protette, ma gestibili via web con evidenti vantaggi per gli utenti. Questo si potrà tradurre, come ultima prospettiva, in un accesso remoto ai microdati; nel rilasciare file di microdati, che l’utente poi gestisce per proprio conto e che avranno comunque delle limitazioni. Avremo quindi la possibilità di un acces-so remoto controllato.

Ho sintetizzato veramente in poche parole quello che è un percorso molto com-plesso e molto elaborato, su cui c’è stata molta attenzione da parte dell’opinione pubblica e della comunità scientifica. Credo che i relatori che abbiamo qui oggi pos-sano veramente rappresentare diversi tipi di esigenze. Ad ognuno di loro porremo, quindi, problemi in qualche modo specifici. Comincerei dalla professoressa Giannini, che è docente di scienze delle finanze e collaboratrice de lavoce.info, una testata che ha avuto molta attenzione alle questioni della qualità dell’informazione statistica, anche nei momenti più caldi di dibattito quali quelli degli anni passati, e sulla questione dell’accessibilità ai dati.

Farò a tutti i relatori, cominciando da lei, alcune domande. Penso che avremo due giri di tavolo: un giro mirato sulla questione politica della qualità e un secondo giro concentrato sull’accesso. In linea di massima direi di tenerci entro i 15 minuti: pensavo a dieci più cinque, ma i relatori, se vogliono, potranno dividere il loro tempo diversamente.

Chiederei innanzitutto a Silvia Giannini, considerata l’attenzione che ha dimo-strato in merito, se condivide la strategia che nel documento abbiamo illudimo-strato e, in particolare, quali sono le esigenze di una comunità di utenti “non specializzati” rispetto alla qualità, che è una delle nostre preoccupazioni fondamentali.

Silvia Giannini:

Grazie, provo nel breve tempo a disposizione a rispondere alle domande. La strategia seguita dall’Istat per migliorare la qualità, di prodotto e processo, dell’in-formazione statistica è senza dubbio apprezzabile e condivisibile. Va valutato posi-tivamente l’allineamento alle Guidelines definite in ambito europeo, e adottate, oltre che da Eurostat, dagli istituti nazionali di statistica più avanzati. Con riferimento alla qualità dell’output statistico, i principi di base riguardano, come è noto: la rilevanza dei dati rispetto alle esigenze degli utilizzatori, che non a caso è il punto di parten-za per definire la qualità delle statistiche; l’accuratezparten-za e l’affidabilità rispetto alla realtà che rappresentano; la tempestività e la puntualità con cui le informazioni ven-gono rese disponibili; la coerenza interna e nel tempo; la confrontabilità con altre fonti; la chiarezza e l’accessibilità da parte degli utenti. Questi aspetti della qualità sono essenziali non solo per un pubblico esperto, di ricercatori e analisti, ma anche per la più ampia comunità di utenti “non specializzati”. Sono diverse le esigenze di questi ultimi utenti, che non sono quelle di analisi e di ricerca, ma di utilizzo delle informazioni di base, o di quelle, a loro volta, elaborate da utilizzatori esperti, a fini

di conoscenza e interpretazione della realtà economica, sociale e civile.

Informazioni statistiche dettagliate, accurate e tempestive sono elementi essen-ziali, ad esempio, per la comprensione degli effetti delle politiche pubbliche adotta-te o per il confronto sui conadotta-tenuti di equità ed efficienza di proposadotta-te di inadotta-tervento alternative. Il dibattito su questi e altri temi economici è spesso viziato in Italia da posizioni preconcette, che fanno emergere contrapposizioni anche quando, sulla base di una buona informazione statistica, i fatti sarebbero incontrovertibili o comunque molto più chiari. Ma i dati spesso non vengono citati o vengono utiliz-zati in modo fuorviante. Si pensi, solo per fare un esempio molto semplice, a tante inutili polemiche che sentiamo di tanto in tanto sulla pressione fiscale e sul fatto che sia molto più elevata in Italia, rispetto ad altri paesi, senza esplicitare i dati, gli indi-catori di riferimento, o la loro origine e confrontabilità, nel tempo e fra paesi.

Vi è una elevata domanda da parte del pubblico di non addetti ai lavori di infor-mazioni chiare e di qualità. Per soddisfare questa domanda, che consentirebbe con-fronti più meditati e una più consapevole partecipazione dei cittadini, sono fattori cruciali la strategia e le modalità di comunicazione.

Posto che sono chiamata in causa, non solo come docente e studiosa di scien-za delle finanze, ma anche per la mia esperienscien-za maturata all’interno della redazio-ne de lavoce.info, ricordo che uno degli obiettivi principali di questa iniziativa è stato ed è quello di fornire analisi accurate e approfondite, su temi economici spes-so al centro del dibattito di policy, corredate da analisi o dati empirici, in modo da consentire anche ai lettori meno esperti di avere le informazioni necessarie per for-mulare giudizi autonomi e circostanziati. Per fare questo sono indispensabili infor-mazioni di base che abbiano tutti i requisiti di qualità di cui si è detto. Servono anche utenti esperti che siano capaci di utilizzare ed elaborare, in modo metodolo-gicamente corretto, le informazioni statistiche di base. Occorre poi trasmetterne i risultati in modo accessibile a un pubblico più ampio. Il linguaggio utilizzato (accu-rato, ma senza tecnicismi) e le modalità espositive (chiare e facilmente fruibili), sono fattori cruciali per poter dialogare in modo costruttivo e confrontare posizioni diverse, pur partendo da differenti livelli di competenze e capacità di analisi.

Entrambi, utenti esperti o meno esperti, devono anche disporre, di nuovo a diversi livelli in funzione delle loro esigenze, delle informazioni necessarie per poter verificare e avere fiducia della qualità e dell’affidabilità dell’informazione statistica.

Anche in questo caso la strategia di comunicazione è un aspetto molto impor-tante. Ho guardato nel sito dell’Istat ciò che è ora disponibile e oltre a ciò, leggen-do il leggen-documento predisposto per questa tavola rotonda, ho visto che vi sono molti progetti che vanno nella direzione di un miglioramento anche nella comunicazione della qualità. Penso, però, che il tipo di strumentazione utilizzata non sia quello più adatto a un pubblico di “non esperti”, quanto meno non sia sufficiente, nel senso che l’importante è riuscire a trasmettere il concetto di qualità dell’informazione

facen-do comprendere, sulla base, per esempio, di casi concreti o di fatti, quale è il valo-re interpvalo-retativo che quella informazione contiene. Accanto alla descrizione del contenuto del dato, e della metodologia con cui è costruito, andrebbe valorizzato l’utilizzo che se ne può fare, il suo potere informativo e andrebbero esplicitati i limi-ti che inevitabilmente porta con sé.

Provo soltanto a fare un esempio che sicuramente richiama a tutti cose note: le polemiche che ci furono sull’inflazione “effettiva” e quella “percepita” alla soglia del 2003, alimentate anche dalla contrapposizione fra il dato Istat e quello fornito da indagini Eurispes, senza che un normale cittadino potesse ben comprendere (a meno di non andare a leggere le rispettive metodologie di rilevazione) la radicale differenza nell’affidabilità delle due indagini. Effettivamente è stato difficile, in quel momento, complici tv e stampa, convincere della bontà dei dati che l’Istituto offriva e far capire alle persone che i fatti statistici sono diversi dalle percezioni, smontando luoghi comuni. Con una serie di articoli su lavoce.info abbiamo cercato di fornire un contributo per fare chiarezza su questo punto.

Il problema nasce anche da una scarsa cultura statistica, che andrebbe invece potenziata, con azioni educative e informative mirate, da esercitare a vari livelli, a partire da quello scolastico.

Anche per quanto riguarda l’accessibilità dei dati vi sono esigenze diverse fra utenti con livelli di esperienza e bisogni conoscitivi diversi. Sulle esigenze specifi-che di chi utilizza l’informazione statistica a fini di ricerca tornerò dopo. Qui mi limito a ricordare che una facile reperibilità dei dati più immediatamente utili e informativi, congiuntamente a spiegazioni comprensibili sui loro contenuti e la loro fonte, sono di primaria importanza anche per un pubblico meno esperto. Sarebbe utile se, assieme ai dati statistici, venissero anche forniti, in modo integrato e mira-to, i metadati necessari per la loro interpretazione. Si potrebbe andare per approfon-dimenti successivi, in funzione dei bisogni degli utenti, utilizzando le flessibilità e opportunità consentite dalle nuove tecnologie. Basterebbero a volte interventi molto semplici, ma non per questo di poco rilievo. Ad esempio, ai dati sui bilanci delle amministrazioni pubbliche sarebbe utile che fossero associate le spiegazioni sul significato e sul contenuto delle singole voci (quali specifiche imposte sono com-prese fra le imposte dirette o indirette, o fra quelle in conto capitale, quali differen-ze vi sono con i dati amministrativi, e così via), con approfondimenti e link via via successivi per chi fosse interessato a saperne di più.

Vittoria Buratta:

Grazie. Passerei a Paolo Sestito, che è ora tornato in Banca d’Italia, dopo tanti anni presso il Ministero del lavoro. È stato anche membro di Comstat, per la verità ancora in via di sostituzione e, quindi, conosce bene le problematiche di sistema, oltre quelle specifiche di produzione. Chiederei a Sestito: quali sono gli approcci

migliori per diffondere l’uso delle buone pratiche e per farle diventare un vero patri-monio? Noi abbiamo alcune esperienze, cito per esempio la check-list, che è stata già predisposta, ma dal predisporla al farne uno strumento di sistema ce ne corre. Cosa ne pensi?

Paolo Sestito:

Grazie. In effetti nelle mie risposte mi baserò soprattutto sulle esperienze matu-rate in questi anni al Ministero del lavoro, senza però voler coinvolgere in quanto dirò né quel Ministero, ove peraltro non opero più, né la Banca d’Italia.

Prima di rispondere specificamente alla tua domanda, fammi fare una brevissi-ma premessa nel senso che il comune riferimento dei diversi strumenti che l’Istat sta cercando di utilizzare e di diffondere è nel Codice europeo. Credo che sia impor-tante ricordare come il Codice europeo contiene non solo una serie di parametri, indicatori, punti di riferimento eccetera, da tenere in conto nel valutare la qualità raggiunta e nel darsi degli obiettivi da raggiungere, ma anche un importante invito ad un approccio multidimensionale. Il Codice cerca infatti di considerare non solo la qualità dei singoli prodotti e dei singoli processi, ma fa riferimento al come è organizzata la produzione statistica nel suo complesso, considerando se le risorse sono sufficienti e se sono orientate ad una mission ben definita. È all’interno di que-sto frame che poi si considera più nel dettaglio come sono organizzati i processi di produzione, le metodologie e quindi la qualità dei singoli prodotti. Il concetto di qualità ricomprende non solo la qualità intrinseca del singolo dato, ma anche la sua pertinenza (rispetto alle domande poste dall’utenza), la sua tempestività eccetera. Non ho naturalmente il tempo e non voglio qui entrare nel dettaglio dei criteri. Mi limito soltanto a sottolineare la multidimensionalità dell’approccio e il fatto che si parte dalle esigenze dell’utenza e che, passando per i processi di produzione delle singole statistiche, si chiude con le condizioni di accesso ai dati e alle statistiche da parte di quella stessa utenza, una utenza di cui è da sottolineare la natura differen-ziata e non omogenea (soprattutto la natura non univocamente statuale-governativa, a dispetto dell’origine etimologica del termine statistica!).

Rispetto a questo approccio multidimensionale alla questione, i molti passi avanti che l’Istat ha fatto sono ancora fondamentalmente centrati, da un lato, sul tentativo di guardare ai processi, dall’altro sul monitorare e comunicare quelli che sono gli attributi rilevanti dei dati che vengono costruiti (i metadati). Monitorare al fine di migliorare la qualità dei dati e dei loro attributi, nel senso, ad esempio, di ridurre gli errori campionari; comunicare al fine di rendere più chiari e più fruibili, per tutti, i dati medesimi. Questo perché, ovviamente, ci saranno sempre degli erro-ri campionaerro-ri, delle revisioni nelle stime eccetera: limitare queste cose, ma anche documentarle, è estremamente importante per migliorare la qualità e la fruibilità delle statistiche.

Questa premessa mi è utile per rispondere alla tua domanda, perché credo che bisogna riflettere sul cosa manca in questo approccio alla qualità, soprattutto se si guarda al sistema e non al solo Istat. Non basta infatti diffondere le buone pratiche che già esistono.

Da questo punto di vista a me sembra che una grave carenza nel sistema attua-le sia, se mi permettete questo gioco di paroattua-le, nella scarsa integrazione di sistema. Sappiamo tutti che, in via di principio, il momento più alto e più unitario del siste-ma si sostanzia nel Programsiste-ma statistico nazionale (Psn), che per l’appunto dovreb-be guidare il sistema e dargli unitarietà. Nella realtà concreta però il Psn continua a mantenere una natura bottom-up. Beninteso, non voglio qui perorare un approccio dirigistico e centralistico che è ben lontano dalle mie convinzioni. L’osservazione critica è piuttosto che nel Psn attuale si raccoglie quel che c’è, ma si programma ben poco quel che ci dovrebbe essere per venire incontro alle esigenze dell’utenza. Manca in sostanza l’aspetto programmatico così come quello di ricognizione della domanda, l’esercizio rischiando di divenire una sommatoria degli orientamenti autoreferenziali da parte dei diversi soggetti. Avendo a mente una visione integrata e multidimensionale della qualità, questa mi sembra essere una carenza. L’approccio alla qualità dovrebbe andare ben oltre il perseguimento, ovviamente essenziale, di certi standard metodologici in sede di effettuazione d’una singola rile-vazione o della completezza della documentazione su attributi e caratteristiche dei dati tratti da quella singola rilevazione. Altrettanto importante sarebbe definire per tempo indagini statistiche che siano pertinenti, nel senso di rispondere, in maniera tempestiva, alle richieste dell’utenza, riuscendo a cogliere le esigenze di un’utenza sempre più variegata.

Qui vi è ancora molto da fare, soprattutto in un’ottica di sistema, perché occor-rerebbe un rafforzamento della programmazione, un rafforzamento che sia al tempo stesso sistemico e strategico. Sistemico, nel mettere assieme informazioni diverse, strategico nel farlo per tempo, nel programmarlo, ché in molti casi si tratta non solo di migliorare l’uso delle fonti esistenti, ma anche di capire quali siano le fonti che potranno servire domani, programmandone la costituzione e/o l’utilizzo.

Pensare in termini di programmazione sistemica e strategica significa andare oltre la pur meritoria costruzione di sistemi informativi, portata avanti su determi-nate materie assemblando le fonti esistenti. Nelle esperienze principali i sistemi