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L’investimento del Paese nella statistica ufficiale

Presidente dell’Istituto nazionale di statistica

5. L’investimento del Paese nella statistica ufficiale

Tutti sembrano concordare sull’importanza della statistica ufficiale, ma in Italia non si investe a sufficienza in questa risorsa strategica.

I costi di gestione e di mantenimento di un adeguato sistema statistico sono alti e per garantire l’efficienza di tutto il sistema è quindi indispensabile un’analisi costi-benefici dell’informazione statistica pubblica. In questa direzione vanno le stime dei costi di attuazione del Psn sollecitate dal Cipe che abbiamo approntato. Deve però essere esplicitamente riconosciuto il costo della funzione statistica, non-ché previsti e valutati i relativi finanziamenti a tutti i livelli, chiamando il governo centrale, i governi locali e le imprese ad investire nelle statistiche ufficiali in rela-zione ai benefici che ne ottengono.

Il finanziamento della statistica italiana è assolutamente insufficiente. Il trasfe-rimento di fondi all’Istat da parte dello Stato è molto inferiore al fabbisogno, ampia-mente documentato, necessario per rispondere alle esigenze di informazioni statisti-che statisti-che derivano da adempimenti comunitari, da normative nazionali e dalle richie-ste degli utenti pubblici e privati.

Le risorse umane e la spesa destinata alla produzione statistica ufficiale nel nostro Paese sono drasticamente insufficienti, come peraltro riconosciuto dal Cipe, dalla Corte dei conti e dalle Commissioni parlamentari bilancio e finanze. Inoltre, la carenza di risorse emerge in tutta evidenza dai confronti con gli altri paesi europei: come accertato da Eurostat, l’Italia nel 2002 era all’ultimo posto della graduatoria in termini di risorse umane e finanziarie per abitante e in rapporto al Pil. Nel 2005 le cose non sono cambiate. A fronte di un trasferimento dello Stato all’Istat, pari a 156,8 milioni di euro, i finanziamenti all’Insee francese, all’Ine spagnolo e al Cbs olande-se sono stati rispettivamente pari a 453 milioni di euro, 210 milioni di euro e 173 milioni di euro!

Purtroppo in Italia i tagli della spesa della pubblica amministrazione avvengo-no in misura quasi pressoché indiscriminata, avvengo-non tenendo conto del ruolo e della funzione assegnata alle singole amministrazioni e indipendentemente dal loro livel-lo di efficienza.

Per la statistica ufficiale questa politica dei tagli è devastante. Riduzioni trop-po consistenti costringerebbero l’Istituto ad interrompere le rilevazioni più costose che sono poi quelle più importanti, come l’indagine sulle forze di lavoro e le inda-gini sui prezzi al consumo, creando un inammissibile vuoto di informazione

stati-stica rispetto all’Europa e un deficit di democrazia, nonché costi sociali elevati per l’impossibilità di rinnovare i molti contratti a tempo determinato e di collaborazio-ne per la rete di rilevaziocollaborazio-ne delle forze di lavoro.

Per la verità, si tratta di problemi che si presentano spesso, tanto che gli orga-ni di vertice dell’Istituto sono stati più volte costretti ad interveorga-nire richiamando, con grida di allarme, l’attenzione del governo, del Parlamento e dell’opinione pub-blica. È un rischio che stiamo correndo ancora oggi per i recenti tagli previsti dal disegno di legge finanziaria per il 2007.

Dopo i colloqui avuti con i rappresentanti del governo, siamo fiduciosi che nel-l’immediato, e soprattutto in prospettiva, il Paese investa di più per la statistica pub-blica. È quanto meno curioso rilevare che nel secondo dopoguerra la statistica uffi-ciale aveva tutt’altra considerazione. Si deve riconoscere che il ruolo attribuito in quegli anni all’informazione statistica e, più in generale, alla documentazione quan-titativa ci appare ancora oggi sorprendentemente moderno. Ad esempio, la discipli-na del piano Idiscipli-na-Casa consentiva al Comitato di attuazione di richiedere a tutte le pubbliche amministrazioni dati e assistenza in tanti settori.

Ancora più interessante, anche in relazione al dibattito corrente, è il ruolo svol-to dal Parlamensvol-to (più che dall’Esecutivo) nell’orientare la domanda di informazio-ne statistica pubblica: informazio-nella prima legislatura furono attivate alla Camera dei depu-tati due commissioni d’inchiesta, una sulla disoccupazione e l’altra sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla. Entrambe le commissioni svolsero una funzione importante per lo sviluppo della statistica pubblica in Italia: la prima condusse l’Istat alla realizzazione – nel settembre del 1952 – della prima rilevazione a carat-tere nazionale sulle forze di lavoro, che assunse caratcarat-tere corrente soltanto nel 1959, la seconda costrinse l’Istituto (che oppose qualche resistenza) a realizzare due rile-vazioni, sulle condizioni di vita della popolazione e sui bilanci delle famiglie pove-re, i cui risultati furono pubblicati nel 1953. La vita delle due commissioni parla-mentari fu piuttosto travagliata: al loro interno si scontravano, infatti, l’anima soli-daristica democristiana, quella riformistica socialdemocratica e quella radicale comunista. È interessante notare, però, come esse si rivolgessero alla statistica uffi-ciale al fine di svolgere il dibattito sulla base di una documentazione obiettiva e condivisa, e non con l’intento – come sempre più spesso accade ora – di utilizzare un’interpretazione di parte del dato statistico come arma nella contesa.

Ci auguriamo che l’insegnamento dei Costituenti sia ripreso e faccia maturare in senso statistico la politica e i politici attuali. La partecipazione a questa Conferenza delle due più alte cariche dello Stato, il presidente della Repubblica e il presidente del Senato, ci fa ben sperare.

Presentazione: Antonio Golini, Università di Roma La Sapienza

Relazione: Achille Chiappetti, Presidente della Commissione per la garanzia dell’informazione statistica

Università di Roma La Sapienza

Diamo inizio ai lavori di questa sessione plenaria in cui riferirà il presidente della Commissione per la garanzia dell’informazione statistica. In qualità di ex pre-sidente della Commissione e di persona coinvolta nelle questioni della statistica ufficiale da decenni, vorrei fare qualche considerazione introduttiva, che potrei inti-tolare “Una schizofrenia multilaterale”.

Questa schizofrenia multilaterale riguarda la contrapposizione che c’è tra l’esi-genza di nuova informazione statistica, il comportamento del governo, il comporta-mento dei cittadini e quello delle imprese.

Parto quindi dall’esigenza di nuove informazioni e conoscenze che derivano da una società in continuo movimento: esigenza del governo, esigenza della pubblica amministrazione, delle imprese, dei cittadini o in generale, come si dice attualmen-te, degli stakeholders.

Due sono i principali elementi di questo continuo mutamento: l’innovazione tecnologica da un lato e la globalizzazione dall’altro. Tutto spinge verso modifica-zioni delle attitudini e dei comportamenti sociali, economici, produttivi, tanto degli individui, quanto delle famiglie e delle imprese. Mai una società è stata così dina-mica, multiforme e informale e tanto più multiforme e informale diventa, tanto più difficile diventa misurarla “statisticamente”. Non si ha più, come un tempo, una sola famiglia nella vita, un solo lavoro nella vita, una sola residenza nella vita, una grande migrazione nella vita e così via; e la molteplicità degli eventi si ha sia sin-cronicamente – ad esempio più lavori contemporaneamente – sia diasin-cronicamente, più lavori nel corso della vita.

A fronte di questa situazione così dinamica c’è la necessità di nuovi prodotti statistici e di nuove forme di produzione statistica, di nuovi strumenti metodologi-ci e di forti miglioramenti dell’analisi e quindi anche della ricerca. E ancora, c’è la necessità di nuovi e diversi collegamenti verso il basso, cioè verso il locale – il comune, oppure più minutamente una sezione di censimento, un caseggiato – e

verso l’alto, cioè verso il multinazionale, l’Unione europea e verso l’internaziona-le, il mondo intero.

E non c’è chi non avverte l’esigenza di essere informato compiutamente, ana-liticamente e tempestivamente. La televisione, con le sue cronache in tempo reale, Internet, con le ricerche fatte in tempo reale, i super telefonini hanno trasmesso a tutti la frenesia della conoscenza e l’onnipotenza della diretta. E anche così si vor-rebbe che fossero le statistiche ma, di fronte a queste esigenze, si hanno contempo-raneamente limitazioni o blocchi di conoscenza. Ecco perché la schizofrenia.

Il primo elemento della schizofrenia deriva dalla progressiva limitazione di finan-ziamenti alla statistica in Italia come nel resto d’Europa, e poi anche dalla tentazione di soluzioni dirigistiche irragionevoli come la proposta di un controllo della smisura-ta produzione ssmisura-tatistica fatsmisura-ta da un gruppo di cinque persone e da venti persone di ssmisura-taff. Il secondo elemento della schizofrenia è la “banalizzazione” della statistica che chiamerei la sindrome di Trilussa e che diventa sempre più frequente. Tutti quelli che stanno in questa sala ricordano certamente il famoso sonetto di Trilussa e da qui la sindrome di Trilussa.

Il terzo elemento della schizofrenia è “un malinteso senso della riservatezza” che impedisce alcune rilevazioni, che ostacola alcune analisi, che diffonde una rea-zione negativa alla statistica da parte delle persone e delle Istituzioni.

Una grande operazione culturale è quindi richiesta per uscire da questa situa-zione schizofrenica perché, come dice il titolo di questa Conferenza, da un lato si abbia una statistica a misura del Paese e perché dall’altro si trovi nel sito internet informazione statistica seria, attendibile, completa e tempestiva; cioè vogliamo, come dice una felice formula di un opuscolo contenuto nella borsa qui distribuita, che sia davvero “cliccate e vi sarà aperto”.

Fatta questa breve introduzione, vi ringrazio dell’attenzione e cedo la paro-la al presidente delparo-la Commissione per paro-la garanzia dell’informazione statistica, il professor Achille Chiappetti.

LA COGIS PER LO SVILUPPO DELLA STATISTICA