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Cesena: teatro di scenografie, Lyceum di prospettiva

anticamera) al tempo della Devoluzione di Ferrara

3. Cesena: teatro di scenografie, Lyceum di prospettiva

“esuberanza di fantasia si univa a sapienza di calcolo, quando architettura, decorazione teatrale e meccanica scenica si fondevano in un solo artista, non di rado ancora elegante pittore di figura, di architettura e di paesaggio”295. (GIULIO FERRARI, La scenografia. Cenni storici dall’Evo classico ai nostri giorni, 1902)

Gli studi condotti da Maurizio Fagiolo dell’Arco hanno fornito agli storici dell’arte la chiave di lettura per “comprendere la vastità del campo e delle tecniche dell’effimero”296 dimostrando

nel contempo la portata sperimentale di questi spettacoli sull’arte barocca297. Le fonti manoscritte

e archivistiche diventano quindi strumenti indispensabili per recuperare quei dati che, solo nella contestualità culturale e storica, recuperano il loro significato, permettendo così di ampliare le nostre prospettive di ricerca. Conviene insomma setacciare le carte d’archivio, cercando tra i preziosi riferimenti, spesso legati alla tradizione e alla cultura materiale, la strada per ricomporre la fisionomia effimera della festa impressa dalle maestranze locali. Sulla scia di questi orientamenti metodologici, si tenterà di ricostruire il contesto entro cui Matteo Zaccolini e i ritrovati allievi di prospettiva del Lyceum Chiaramonti debuttarono nel cantiere effimero cesenate tra Cinque e Seicento.

La ricerca sulla prima attività di Matteo Zaccolini, tracciata sulla base della lettura dei volumi Spese

Straordinarie, dimostra chiaramente come la costruzione dei grandi apparati effimeri nasca dalla

forte collaborazione di artisti di diversi livelli e specializzazioni. Tra i pittori, architetti, scultori, decoratori, falegnami, emerge il pittore-prospettico, figura di raccordo tra decorazione effimera e scenografia teatrale. La natura illusoria, che connota di per sé l’apparato effimero, richiede e nel contempo enfatizza la sensibilità e la capacità prospettica del pittore a cui si chiede in primis di mantenere intatto l’artificio illusionistico tra la struttura architettonica e quella effimera298. I

progetti decorativi commissionati a Cesena nel 1598 non prevedono nessuna alterazione

295 G.FERRARI, La scenografia. Cenni storici cit., p. 270.

296 M. FAGIOLO DELL’ARCO, Corpus delle Feste a Roma. La festa barocca, Roma, De Luca, 1997, p. 13:“Lo storico dell’arte deve quindi, con altra profondità di quanto fino a oggi non abbia fatto, la ricostruzione di quegli eventi che videro all’opera architetti, pittori e scultori, ma anche un esercito di capomastri e stuccatori, argentieri e ingegneri, “fuocaroli” e tecnici dell’acqua, inventori di “imprese” e allegoristi, maestri d’arme, e pasticcieri, ebanisti e fabbri, sarti e ricamatori. Deve comprendere la vastità del campo e delle tecniche dell’effimero…”.

297 Oltre ai contributi raccolti nell’Atlante tematico del Barocco in Italia curato da Marcello Fagiolo (M.FAGIOLO (a cura di), Il “Gran Teatro” del Barocco cit.), si segnala l’interessante libro di A.JARRAD, Architecture as performance in seventeenth- century Europe: court ritual in Modena, Rome and Paris, New York, Cambridge University Press, 2003.

dell’impianto architettonico strutturale, ma tutto viene finto dall’arte che mette alla prova la bizzarria e il tecnicismo dei pittori coinvolti nelle squadre di lavoro.

Matteo Zaccolini inizia a sperimentare gli effetti dei fenomeni legati alla percezione studiando il potere illusionistico degli apparati che rimangono il punto imprescindibile del suo tirocinio. Necessario, in questo campo, lo studio degli inganni della luce che, alterando la percezione dei colori nei riflessi delle dorature dei metalli dipinti o nei finti marmi e stucchi, donano consistenza materica e fisica agli elementi nello spazio dell’illusione. Il successo di Matteo Zaccolini nell’ambito della prospettiva deriva proprio dalla sua spiccata sensibilità per gli effetti della distanza e, soprattutto, per la resa prospettica del colore e per gli inganni della luce, questioni che trovano una certa assonanza nella pratica dell’effimero, dove l’artista ricrea la metamorfosi apparente delle impressioni visive.

Riportare quindi il nome del pittore nel contesto culturale e artistico in cui si formò, come avvertiva Giovanni Baglione, equivale a chiedersi in che misura il carattere teatrale dell’operazione effimera abbia influenzato l’approccio artistico e la teoria prospettica del giovane apparatore. D’altronde non si può certo dimenticare l’importanza dell’“interazione tra apparati effimeri, decorazione pittorica illusionistica, scultura, architettura”299 che contraddistingue la scuola

emiliana, dove “pratica dell’effimero e della decorazione illusionistica è anticipazione succinta dell’architettura stabile”300. L’affermazione e il successo dell’illusionismo pittorico è direttamente

proporzionale al progresso raggiunto dalla disciplina prospettica che, nelle scenografie effimere, trova terreno fertile per nuovi sviluppi.

La quadratura permette ai pittori prospettici di recidere i limiti imposti dallo spazio architettonico ed è a loro che ci si rivolge per ricostruire l’illusione di nuovi spazi e nuove distanze. Le campagne decorative destinate alla realizzazione degli apparati effimeri e degli allestimenti scenografici evidenziano lo stretto legame con l’architettura illusiva: la diffusione del trompe-l’œil permetteva di fissare, di “concretizzare” le invenzioni scenografiche tipiche delle arti effimere, poiché gli effetti illusionistici, riprodotti nelle volte delle chiese, nelle pareti dei palazzi o nei teatri, sono gli stessi: cambiano gli spazi, ma la base teorica con cui si applicano i principi della prospettiva lineare e della prospettiva colorata è sempre la stessa301. Il rapporto tra pittura e

l’architettura è sottinteso e si sorregge proprio sulla base della prospettiva che consente di riportare correttamente architetture e ritrarre ambientazioni naturalistiche nelle grandi pareti, nelle

299 M.PIGOZZI, Bologna e le città d’Emilia cit., pp. 12-13. 300 Ibidem.

301 M. C.GLOTON, Trompe-l’oeil et décor plafonnant dans les églises romaines de l’âge Baroque, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1965, pp. 30-31.

scenografie teatrali e ancora nei complessi apparati effimeri che adornavano le feste cittadine302. Il

pittore prospettico inizia così ad interrogare l’effetto spaziale della scena da rappresentare nel piano bidimensionale del dipinto. Questo approccio porterà Matteo Zaccolini ad interpretare i fenomeni ottici servendosi delle regole matematiche e geometriche apprese sotto la guida di Scipione Chiaramonti. Ecco quindi che per sfondare illusionisticamente lo spazio fisico si utilizza proprio l’immagine di paesaggi lontani o ritagli di cielo, soggetti centralissimi nella discussione teorico-prospettica di Matteo Zaccolini. I fondali, secondo la brillante definizione di Anna Stanzani,

hanno un modello di funzionamento percettivo-spaziale basato sul cannocchiale prospettico che inizia dalla strada, fuori dal palazzo, varca il portone, s’insinua nell’androne, percorre il cortile d’onore e a volte anche il cortile di servizio o il giardino e arrivato al muro di cinta abbandona, grazie all’inganno illusionistico, lo spazio reale per tuffarsi nello spazio virtuale dell’illusione quadraturistica, con maestose scenografie di palazzi, di atri magnifici, di nobili porticati oppure di giardini, di paesaggi, di visioni di città. Anche attraverso questo motivo illusionistico, […] l’architettura dell’inganno denuncia i suoi legami con la decorazione effimera e la scenografia teatrale303 .

La prospettiva, intesa come dispositivo illusionistico dello spazio, definisce quindi il complesso legame tra la quadratura e la scenografia teatrale. Filippo Camerota spiega infatti come “nel periodo barocco la pratica scenica conoscerà gloriosi sviluppi, sovrapponendosi spesso alla pratica del quadraturismo e interessando perfino lo spazio architettonico”304. Prova di tale

“sovrapposizione” è ben dimostrata dal rapporto tra “l’area di edizione dei più diffusi trattati di prospettiva e pratica teatrale – Pesaro per Guidobaldo, Ravenna per Sabbatini, Cesena per Chiaramonti, Bologna per Troilli – e l’area di affermazione della pratica della quadratura è innegabile”305, un legame che, come già suggeriva Ezia Gavazza, “va approfondito”306.

Lo studio dedicato a Matteo Zaccolini diventa allora l’occasione più adatta per approfondire il senso di tale corrispondenza, almeno nel territorio cesenate. Tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII secolo, Cesena rappresenta infatti un vivace laboratorio di sperimentazione della disciplina prospettica. Le tecniche scenografiche applicate agli apparati effimeri e alle

302 F.CAMEROTA, Il teatro delle idee: prospettive e scienze matematiche nel Seicento, in R.BÖSEL,L.SALVUCCI INSOLERA (a cura di), Mirabili Disinganni. Andrea Pozzo (Trento 1642-Vienna 1709). Pittore e Architetto Gesuita, Catalogo della mostra (Roma, 5 marzo-2 maggio 2010), Istituto Nazionale per la Grafica, Roma, 2010, p. 30.

303 A.STANZANI, Per una catalogazione dei grandi complessi decorativi, in F. Farneti (a cura di), L’architettura dell’inganno cit., pp. 133-145. A questo proposito si segnala l’interessante libro di I.DI LIDDO, L’arte della quadratura. Grandi decorazioni

barocche in Puglia, Centro ricerche di Storia Religiosa in Puglia, Fasano di Brindisi, Schiena editore, 2010, p. 28.

304 F.CAMEROTA, La scena teatrale, in ID. (a cura di), Nel segno di Masaccio. L’invenzione della Prospettiva, Catalogo della mostra (Firenze, Galleria degli Uffizi 16 ottobre 2001-20 gennaio 2002), Firenze, Giunti, 2001. p. 153.

305 E. GAVAZZA,A.SIGHIZZI,La pratica della quadratura cit., p. 115. 306 Ibidem.

rappresentazioni teatrali, così come gli studi di prospettiva promossi da Scipione Chiaramonti e dai suoi migliori allievi, confermano senza dubbio il dinamismo scientifico e artistico di una città in periferia307. Le testimonianze ritrovate indagando intorno al nome di Chiaramonti parlano di

una realtà pronta a confrontarsi con le esperienze maturate nei maggiori centri artistici italiani ed europei. In sostanza vale la pena di riflettere sull’eredità teorica lasciata da Scipione Chiaramonti e su tutto ciò che questa significò per i giovani pittori e decoratori della sua città. Grazie ad una lunga e approfondita ricerca attraverso le fonti d’archivio e le fonti manoscritte, è stato possibile riconoscere il ruolo di Scipione Chiaramonti come maestro di prospettiva non solo di un celebre quadraturista quale, fu Matteo Zaccolini, ma anche di due scenografi dilettanti, protagonisti della festa effimera cesenate. Dal tessuto culturale di questa città affiorano originali tracce del legame che la prospettiva intesse tra pittura e teatro.

3.1. Prospettive e cambi di scena negli intermezzi cesenati. Vincenzo Masini e Silla