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2.4 “Per far frezi et altri”: nuove ipotesi per Zaccolini e i compagn

L’unico modo per tentare di aggiungere qualche novità sul ruolo del giovane apparatore all’interno della grande festa del 1598 era quello di seguire la direzione tracciata dai pagamenti delle spese straordinarie, letti però con la consapevolezza del carattere interdisciplinare e della fisionomia corale della festa effimera218. L’idea di concedere nuova visibilità agli artisti rimasti

troppo tempo eclissati dietro al gruppo collettivo delle maestranze, avrebbe potuto far emergere per riflesso interessanti informazioni sul loro conto. Ma non solo. La rilettura dei pagamenti per le opere realizzate in onore della gloriosa entrata di papa Clemente VIII a Cesena ha consentito di precisare i termini e le condizioni di lavoro delle maestranze coinvolte in quest’occasione, fino a provare che Francesco Masini non era solamente il soprintendente generale del cantiere effimero cesenate, ma anche il diretto responsabile di una scelta squadra di artisti a cui era stata affida l’impresa più impegnativa: stiamo parlando del gruppo dei cosiddetti “compagni”, termine

215 Si riprende qui l’espressione utilizzata da Orozco Díaz nel capitolo “Sentimento di continuità spaziale ed enfasi espressiva nel teatro e nelle altre arti” del suo famoso libro intitolato Teatro e teatralità cit., pp. 45-54.

216 G.FERRARI, La scenografia. Cenni storici dall’Evo classico ai nostri giorni, Milano, Hoepli, 1902 p. 116. 217 Ibidem.

218 M.PIGOZZI (a cura di), In Forma di Festa. Apparatori, decoratori, scenografi, impresari in Reggio Emilia dal 1600 al 1857, Catalogo della mostra (Teatro Municipale Reggio Emilia, novembre-dicembre 1985), Reggio Emilia, Grafis Edizioni, 1985; M.FAGIOLO (a cura di), Il “Gran Teatro” del Barocco cit.

rintracciato nei pagamenti per designare la squadra messa insieme “p(er) Adoperar al palazzo del N(ostro) Governat(o)re p(er) far frezi et altri”219.

Dal 12 ottobre 1598, Francesco Masini inizia ad annotare i saldi per il lavoro svolto dalla squadra da lui nominata:

Mag(nifi)co et Ill(ust)re Sig(nor) Mario Pasolini Depos(itari)o sopra la venuta di n(ost)ro Sig(no)re V. S. pagherà a ms Piermaria Taipo scudi dieci d’oro a conti delle Pitture ch’egli e suoi Compagni hanno tolto a fare nel Palazzo del S. Governatore che saranno fatti buoni ne’ suoi Conti.

Dico s. 42

Francesco Masino220

Tra i documenti di natura contabile, il più importante è quello in cui vengono rivelati, seppur in forma abbreviata, i nomi dei fidati “compagni”:

Adì 7 dicembre 1598

Lista delli lavori fatta da ms. P(ier) Maria, ms. Ant(oni)o M(ari)a, ms. Mat(te)o et ms. Cesare visti et giudico da me Giulio Silvani ell(et)to dalli II(ustrissi)mi S(igno)ri Cons(ilie)ri p(er) la parte della Ill(ust)re Com(uni)tà Imp(rimia) p(er) hav(er) fatto nella anticamera di N.S. frezo cola soffitta scudi dieci

Imp(rimia) p(er) hav(er) fatto nella prima camera il frezo e la soffitta scudi quatordici Imp(rimia) p(er) hav(er) fatto la prospettiva nella sala scudi sidici

Imp(rimia) p(er) hav(er) fatto nella salla quattro armi scudi novi Giulio Silvani ell(ett)o

[verso]Adì 16 dicembre1598

E perché detta stima pare così effetto pocho perciò l’II(ust)ri S(ignor)i Cons(ilie)ri con il parere di ms. Fran(ces)co Masini ha determinato che si li dia scudi cinque di scudi

Giulio Silvani221

L’identificazione dei pittori coinvolti è precisata nei pagamenti successivi, dove vengono trascritti per esteso i nomi e cognomi. Come si legge, oltre a Pietro Maria Taipi, Antonio Maria Allegrini, Giuglio Cesare Magnani, compare anche Matteo Zaccolini.

Adì 23 di ottobre 1598

Ill(ustre) S(igno)r Mario Pasolini dep(ositari)o de’ depari da spendersi per la venuta di N.S. pagarete ag’infrascritti scudi dieci da sol ottantaquattro l’uno che tanto vi sarà fatti buoni ne’ vostri conti, dico s. 42 Tucio dal Corno detto

Ms. P(ietr)o Maria Taipo

219 ASCe, ASC, b. 582, Spese Straordinarie (1598-1599), cc. n.n. 220 Ibidem.

Ms. Matteo Zaccolini Ms. Ant(oni)o Maria Allegrini Ms. Giulio Cesare Magnani222

Questi documenti inediti smentiscono la dichiarata “assoluta mancanza di riferimenti archivistici”223 che sembrava lasciare nel silenzio il destino del fregio, opera considerata “l’unica

testimonianza”224 sopravvissuta del cantiere effimero cesenate. Ma dal momento che è l’eletto ai

pagamenti a parlare al plurale, non il fregio bensì i fregi che incorniciano le sale del terzo piano dell’attuale Municipio possono allora essere considerate le prime opere realizzate da Matteo Zaccolini in collaborazione con i ritrovati “compagni”.

Resta ora da capire quali parti dei frammentati e ridipinti “frezi”, scoperti intorno agli anni Sessanta in seguito alla demolizione del controsoffitto, siano opera della squadra messa insieme da Francesco Masini nel 1598. Per iniziare a tracciare qualche ipotesi, conviene cercare qualche valido sostegno nella relazione del restauro avviato nel 1985 sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena225. Come denuncia il documento, l’incauta rimozione del solaio, gli sventramenti

fatti per installare gli impianti di riscaldamento e le infiltrazioni d’acqua, aggravarono lo stato di conservazione già precario degli affreschi. I gravi dissesti del supporto murario provocarono numerosi distacchi dell’intonaco. Il precario stato di conservazione degli affreschi obbligò la Soprintendenza a programmare un urgente intervento di recupero e di restauro delle cornici parietali e del soffitto ligneo dipinto. Dopo il consolidamento dell’intonaco e il fissaggio della pellicola pittorica, i lavori proseguirono con il ritocco ad acquerello degli affreschi eseguiti con tecnica mista, cioè ad affresco con rifiniture a secco. Nonostante nella relazione si faccia riferimento unicamente al fregio del salone centrale, le fotografie allegate documentano le operazioni di pulitura e di consolidamento di un secondo fregio che corre lungo le pareti di un ambiente poco distante, affresco sostanzialmente ignorato dagli studiosi a causa delle pesanti ridipinture che ostacolano la sua lettura.

Gli inediti pagamenti saldati ai “compagni” della squadra Masini costituiscono, a quanto pare, i primi riscontri documentari dei fregi realizzati nel 1598 nel Palazzo del Governatore: oltre al

222 Ibidem.

223 G.SAVINI, Francesco Masini cit., p. 28.

224 P.G.PASINI,G.SAVINI, Eclettiche maniere cit., p. 60.

225 I dati relativi ai lavori di restauro eseguiti nel 1985 sono stati tratti dalla Relazione sullo stato di Conservazione e sul

restauro eseguito, redatta dalla dott.ssa Veltroni Giuliana della C. R. C. Cooperativa Restauro e Conservazione. Vorrei

ringraziare il responsabile dell’impresa, il prof. Fabio Bevilacqua, il quale mi ha fornito la documentazione e mi ha permesso di visionare le numerose fotografie scattate nel corso dell’intervento.

“frezo cola sofitta”226 dell’anticamera, viene commissionato il “frezo e la soffitta”227 della prima

camera e ancora “la prospettiva nella sala”228. Grazie ad una “nota dei legnami messe in opera nel

palacio”229 sappiamo che prima di avviare la decorazione di queste sale fu necessario “far

fortificar il solar”230.

Il progetto decorativo affidato ai compagni prevedeva pertanto la decorazione ex novo di fregi e prospettive, come pure il restauro delle pitture preesistenti. A questo proposito va specificato che, oltre ai pagamenti cumulativi trascritti nelle pagine precedenti, sono stati rinvenuti anche alcuni saldi individuali intestati a coloro che, pur non facendo parte della “squadra Masini”, come ad esempio il pittore Mercurio Sacchi, vennero pagati per aver “restaurato il frezzo della Camera di N(ostro) S(ignore)” 231.

Nonostante il contenuto dei pagamenti risulti piuttosto generico, sappiamo che, almeno in questa fase, le prospettive vennero realizzate per impreziosire scenograficamente le stanze che ospitarono papa Clemente VIII il suo corteo cardinalizio.

A questo punto i riferimenti archivistici possono essere integrati con le rare ma preziose informazioni desunte dagli annali e dalle cronache manoscritte. Tra le notizie raccolte in corrispondenza dell’anno 1598, si ricorda l’occasione in cui i pittori di questa città “dipinsero tutte le Stanze del Palazzo del Governo a oglio, con bellissimi Motti et Imprese”232. Con

“imprese” si fa ovviamente riferimento alla devoluzione di Ferrara e dei suoi domini alla Santa Sede. Del resto, i motti e le imprese, insieme alle “istorie, poesie, prospettive”233 e ancora alle

“provincie”234 erano considerate da Giovan Battista Armenini come le raffigurazioni più

appropriate nella “varietà de’ fregi”235. La presenza di rifiniture a secco rispondono invece a quei

“modi brevi e facili”236 che, ancora citando il trattatista originario della vicina Faenza, ben si

adattavano “nel far feste, scene, paesi, archi, trionfi, con altre tali rappresentazioni improvvise, le

226 ASCe, ASC, b. 582, Spese Straordinarie (1598-1599), cc. n.n. 227 Ibidem.

228 Ibidem.

229 ASCe, ASC, b. 582, Spese Straordinarie (1598-1599), cc. n.n.

230 ASCe, ASC, b. 581, Spese Straordinarie (1570-1598), cc. n.n. Il documento da cui è tratta la presente nota non è datato. Si può comunque presumere che la fortificazione del solaio sia stata completata tra il 1597 e il 1598 poiché la carta si trova tra i mandati di pagamento registrati proprio in questo arco temporale.

231 ASCe, ASC, b. 582, Spese Straordinarie (1598-1599), cc. n.n.

232 BCM, ms. 164.32 G, Annali della Città di Cesena cit., (anno 1598), cc. n.n.

233 G.B.ARMENINI, De’ veri precetti della pittura, (Ravenna 1586), ed. a cura di M.GORRERI, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1988, p. 211 (I riferimenti alle immagini da dipingere nei fregi ritrovati nel trattato di Armenini sono stati citati anche da Laura Testa analizzando gli affreschi del salone Mattei, Palazzo Caetani, cfr. L.TESTA, Il cardinale

Girolamo: la decorazione del salone, in F.CAPPELLETTI,L.TESTA (a cura di), Il trattenimento di virtuosi. Le collezioni secentesche

di quadri nei Palazzi Mattei di Roma, Roma, Argos edizioni, 1994, pp. 13-23).

234 Ibidem.

235 G.B.ARMENINI, De’ veri precetti cit., p. 209. 236 Ivi, p. 140.

quali gli accadono alle volte per compiacere ai loro signori, ed in quelle se ne spacciano con un modo libero ed espedito”237.

Ora che abbiamo rintracciato i documenti che attestano l’intervento di Matteo Zaccolini nella decorazione del Palazzo del Governatore, è il caso di iniziare a dare qualche risposta e, nel contempo, avanzare qualche ipotesi in margine agli studi fatti su Francesco Masini, dal momento che proprio a lui e a qualche “anonimo aiuto” è stato finora attribuito il fregio della sala centrale. Il punto da cui partire per approfondire la vicenda decorativa resta quindi la proposta di attribuzione avanzata nel 1979 da Orlando Piraccini238, sostenuta criticamente da Giampiero

Savini239 e, in tempi più recenti, da Davide Righini240, il quale analizzò il gusto ornamentale

dell’arte di Francesco Masini confrontando il fregio cesenate con alcuni esempi dell’arte figurativa bolognese e romana.

Pur limitandosi allo studio di questo primo fregio, Giampiero Savini trova la firma di Francesco Masini nel desiderio di “risolvere la composizione in chiave prettamente architettonica”241,

specificità questa che caratterizza l’intero partito decorativo. Il restauro ha confermato la presenza di almeno due mani diverse nella pittura del fregio, prova questa dell’intervento di alcuni collaboratori che, nel corso degli anni e delle “gloriose occasioni”, affiancarono Francesco Masini nella decorazione e nel restauro dei “frezi”. Il pittore cesenate fu il coordinatore e il supervisore dei progetti decorativi realizzati nel Palazzo del Governatore già all’epoca del trionfale ingresso in città di papa Gregorio XIII242. La datazione originaria del fregio è di fatto confermata dalla data

1584 (Fig. 5) apposta sulla finta lesena che incornicia, non a caso, lo stemma parzialmente danneggiato di papa Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585) nella parete ad ovest (Fig. 6). Ai forti e robusti telamoni, di chiara ispirazione michelangiolesca243, il compito di sollevare le

pesanti cortine per mostrare le armi araldiche, sormontate dalla tiara e dalle chiavi simbolo della chiesa. Nelle pareti nord e sud, in posizione decentrata rispetto alla lunghezza della stanza e direttamente contrapposti, ritroviamo gli stemmi di papa Paolo III Farnese (1534-1549) (Fig. 7) e di Clemente VII de’ Medici (1523-1534) (Fig. 8). Nonostante le pesanti cadute di intonaco, nella parete ad est, questa volta in posizione centrale, si intravede finalmente lo stemma di papa

237 Ibidem.

238 O.PIRACCINI, Repertorio degli artisti cesenati dal Quattrocento agli inizi del Novecento, in «Studi Romagnoli», XXX, 1979, p. 339.

239 G.SAVINI, Francesco Masini cit., pp. 28-29; P.G.PASINI,G.SAVINI, Eclettiche maniere cit., p. 60. 240 D.RIGHINI, Contributi alla conoscenza dell’artista cit., pp. 19-36.

241 G.SAVINI, Francesco Masini cit., p. 28.

242 P.G.PASINI,G.SAVINI, Eclettiche maniere cit., pp. 59-60.

243 G.SAVINI, Francesco Masini cit., p. 28. Per una lettura approfondita del fregio cesenate comparato con le soluzioni decorative adottate a Roma e a Bologna si veda D.RIGHINI, Contributi alla conoscenza dell’artista cit., pp. 19-36.

Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605) (Fig. 9), traccia evidente dell’intervento dei “compagni” nel 1598. Oltre ad “aggiornare” l’arma dipinta su questa parete, si presume che in questa occasione Matteo Zaccolini, insieme a Pietro Maria Taipi, Antonio Maria Allegrini e a Giuglio Cesare Magnani ridipinsero anche altri comparti fregio.

Figura 5: Francesco Masini e “Compagni”, Dettaglio della lesena dipinta, particolare iscrizione (1584), Cesena, Palazzo comunale, salone del terzo piano, parete ovest.

Figura 6: Francesco Masini e “Compagni”, Visione d’insieme del Fregio con stemma di Papa Gregorio XIII Boncompagni, Cesena, Palazzo comunale, salone del terzo piano, parete ovest.

Figura 7: Francesco Masini e “Compagni”, Visione d’insieme del Fregio con stemma di Papa Paolo III Farnese, Cesena, Palazzo comunale, salone del terzo piano, parete nord.

Figura 8: Francesco Masini e “Compagni”, Visione d’insieme del Fregio con stemma di Papa Clemente VII De’ Medici, Cesena, Palazzo comunale, salone del terzo piano, parete sud.

Figura 9: Francesco Masini e “Compagni”, Visione d’insieme del Fregio con stemma di Papa Clemente VIII Aldobrandini, Cesena, Palazzo comunale, salone del terzo piano, parete est.

Un architrave, sorretto da un sistema di mensole, divide orizzontalmente il partito decorativo in due ordini, mentre le finte lesene, profilate da cariatidi, scandiscono la lunghezza della parete. Il registro superiore del fregio è interrotto dai riquadri decorati a finto marmo che affiancano le figure a mezzo busto nei medaglioni ovali da cui dipartono i pesanti festoni lungo tutto il perimetro della sala.

Più articolata e movimentata l’impaginazione della fascia inferiore: l’intreccio dei corpi di uomini dalle “mascherate espressioni” tra figure alate e tra animali fantasiosi, tutti dipinti a monocromo su fondo blu, dà vita ad una sorta di “cornice nella cornice” attorno a quei profondissimi paesaggi che, per quanto danneggiati, rivelano la mano esperta di uno dei compagni nel declinare le varianti bruno-aranciate delle luce al tramonto (Fig. 10). A quanto pare, i dieci paesi erano tutti popolati nei primissimi piani da satiri, oggi appena percepibili a causa delle pesanti cadute dell’intonaco (Fig. 11): tra le figure seminude che abitano le vedute fluviali, si riconoscono comunque i ritratti barbuti delle divinità melanconicamente appoggiate all’anfora traboccante d’acqua. Queste figure sono in realtà personificazioni dei fiumi Savio e Rubicone. Ciò è stato dedotto grazie al confronto con il frontespizio che apre il volume “Cesena trionfante”, scritto da Simone Chiaramonti e stampato a Cesena nel 1661. La somiglianza delle divinità ritratte negli

angoli inferiori del frontespizio con ciò che resta dei volti che si intravedono nei riquadri del fregio cesenate suggerisce la possibile fonte di ispirazione dell’incisore. Il frontespizio diventa quindi un prezioso indizio per leggere i punti più danneggiati dei paesaggi fluviali ritratti nel fregio (Fig.12): l’incisione di Giovanni Battista Coriolano ci consente di leggere ancora le iscrizioni rivelatrici “Savis” e “Rubico” nei profili delle anfore (Fig. 13), dettagli che ci permettono di identificare anche i luoghi ritratti dai “compagni della squadra Masini” nel fregio cesenate.

Figura 10: Francesco Masini e “Compagni”, Paesaggio , particolare,Cesena, Palazzo comunale, salone del terzo piano, parete nord.

Figura 11: Francesco Masini e “Compagni”, Paesaggio con divinità fluviale, particolare, Cesena, Palazzo comunale,

Figura 12: Francesco Masini e “Compagni”, Paesaggio con divinità fluviale, particolare, Cesena, Palazzo comunale,

salone del terzo piano, parete est.

Figura 13: Giovanni Battista Coriolano, particolare del frontespizio del volume Cesena trionfante. Tenzone apologetica per le Contradizioni di Fortunio Liceti, del sig. Simone Chiaramonti cesenate, che difende la storia della sua patria veracemente descritta dal virtuosissimo sig. caualier Scipione suo padre, diuisa in due libri, In Cesena, per il Neri, 1661.

Gli alberi dalle fronde svettanti, illuminati in controluce dai piccoli tocchi di colore bianco, profilano gli argini del fiume e delle vallate rocciose. Il rapporto di proporzione tra le figure e gli elementi del paesaggio ritratti così in piccolo dietro alle loro spalle suggerisce la notevole distanza del paesaggio sullo sfondo in cui linee e colori sembrano sciogliere la rigidità architettonica del fregio.

C’è da chiedersi allora se al nome di Matteo Zaccolini, che da lì a qualche anno si farà conoscere a Roma oltre che per le sue prospettive, anche per i suoi sfondi e lontananze, si possano associare proprio questi piccoli fondali paesaggistici. Il cattivo stato di conservazione dei riquadri con paesi non consente di forzare i limiti di un’ipotesi suggerita comunque dalle note di pagamento. A

questo punto mi sembra significativo ricordare che Zaccolini, al quale certamente era stata affidata una parte rilevante nella pittura di questo fregio, dedicherà alcune pagine del suo De Colori per spiegare come ricreare l’illusione della lontananza dipingendo paesi nello sfondo. Come dirà lui stesso, per “dimostrar maggiori” i piani della pittura, questi si dovranno

interrompere con ornati edifirij di buona maniera d’architettura di Giardini, di Alberi con correnti d’Acqua, di peschieri, di fiumi, di laghi, di boschi, di spatij piani, e montuosi, di colline, di Montagne, e d’ogn’altra cosa simile, come Castelli, Città, Torre, e fortezze, et altri cose simili fin’ al pari dell’orizonte, conforme al decoro delle cose che ivi si haveranno da fare in Pittura […], per li quali la vista mossa da tal varietà d’obbietti di diversi colori di lumi e d’ombre intrattenendosi e pascendosi il senso del vedere sopra del piano fin’al pari dell’orizzonte si dimostrerà maggiore per li copiosi movimenti di quello che sarà estendendosi quasi all’infinito244.

Osservando le “più lontane parte del paese”245 il prospettico cesenate insegnerà a regolare la

mutevolezza delle apparenze cromatiche, lasciandoci intuire una certa esperienza nel dipingere in questo genere di cose.

2.4.1. Una decorazione tra “motti e imprese”. Il Fregio della prima camera (o