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4 Cfr anche Cronaca: 35.

Nel documento ISLL Papers Vol. 4 / 2011 (pagine 195-200)

Angela Vicario

È la promessa e poi sposa di Bayardo, obbligata a un matrimonio di interesse dai genitori, interessati alle condizioni economiche dell’uomo e della sua famiglia, più che alla felicità della figlia. Prima dello scandalo è agli occhi di tutti una “ragazza onorata”:

Angela Vicario era la figlia minore di una famiglia di scarse risorse. Suo padre, Poncio Vicario, era orefice dei poveri, e la vista gli si era consumata dal tanto ricamare gioielli d’oro per mantenere l’onore della casa. Purisima del Carmen, sua madre, era stata maestra elementare fino a quando si era sposata per sempre. Il suo aspetto mansueto e alquanto afflitto dissimulava assai bene la fermezza del suo carattere. “Sembrava una monaca” ricorda Mercedes. Si era consacrata con tanto spirito di sacrificio alle cure del marito e all’educazione dei figli, che a volte ci si dimenticava della sua esistenza. (…) Le sorelle erano state educate per essere mogli. Sapevano ricamare al telaio, cucire a macchina, tessere merletti al tombolo, lavare e stirare, fare fiori artificiali e dolci di fantasia, e disegnare biglietti di partecipazione e d’invito. A differenza dalle ragazze dell’epoca che avevano trascurato il culto della morte, le quattro sorelle Vicario erano maestre nella scienza antica di vegliare gli infermi, confortare i moribondi e avvolgere i morti nel sudario. (…) Angela Vicario era la più bella delle quattro, e mia madre diceva che era nata come le grandi regine della storia, con il cordone ombelicale attorcigliato al collo. Ma aveva un’aria disarmata e una povertà di spirito che le predicevano un avvenire incerto. Io tornavo a vederla di anno in anno, durante le mie vacanze natalizie, e ogni volta mi pareva più derelitta là alla finestra di casa sua, dove si sedeva nel pomeriggio a cucire fiori di pezza e a cantare valzer da zitelle con le sue vicine. “Quell’oca di tua cugina” mi diceva Santiago Nasar “ormai non se la piglia più nessuno.” (Cronaca: 23- 24)

Troppo debole per disubbidire ai genitori, e così disperata da pensare più volte al suicidio.

Nel tempo, tuttavia, Angela muta temperamento. E la persona che il narratore ritrova ventisette anni dopo è totalmente differente: “nuova”, decisa ed innamorata di Bayardo.

Mi trattò come sempre mi aveva trattato, come un cugino remoto, e rispose alle mie domande con molta assennatezza e con senso dell’ironia. Era così matura e dotata d’ingegno che a malapena si riusciva a credere che fosse la stessa persona. Ciò che più mi sorprese fu il modo in cui aveva finito per interpretare la propria vita. (Cronaca: 66)

Padrona per la prima volta del proprio destino, Angela Vicario scoprì allora che l’odio e l’amore sono passioni reciproche. Tante più lettere spediva, tanto più s’accendevano le braci della sua febbre, ma ancor più si riscaldava nel contempo il rancore felice che sentiva contro sua madre. “Mi si rivoltava lo stomaco solo a vederla” mi disse, “ma non potevo vederla senza ricordarmi di lui”. (…) Divenne lucida, imperiosa, padrona della propria volontà, e tornò a essere vergine solo per lui, e non riconobbe altra autorità che la propria né altra schiavitù che quella della sua ossessione. (Cronaca: 69-70)

13 Pedro e Pablo Vicario

Sono i fratelli gemelli di Angela, persone “perbene”. Dopo aver obbligato la sorella a confessare il suo “autore” (Santiago) decidono di vendicare l’onore della famiglia.

Erano gemelli: Pedro e Pablo Vicario. Avevano ventiquattro anni, e s’assomigliavano tanto che era difficile distinguerli. “Erano di taglia massiccia ma di buona indole” diceva l’istruttoria. Io, che li conoscevo dalla scuola elementare, avrei scritto la stessa cosa. Quella mattina portavano ancora i vestiti di panno scuro delle nozze, troppo pesanti e formali per i Caraibi, e avevano l’aria devastata da tante ore di stravizi, eppure avevano eseguito il rito quotidiano di radersi. Anche se non avevano smesso di bere fin dalla vigilia della festa, non erano ancora ubriachi al termine delle tre giornate, ma sembravano dei sonnambuli in stato di veglia. (Cronaca: 11-12)

Dopo avere ammazzato Santiago corrono in chiesa e confessano immediatamente, precisando di aver eseguito il delitto a mente lucida, consapevoli e convinti di ciò che stavano facendo.

In attesa del processo, non potendo pagare la cauzione di libertà vigilata, trascorrono tre anni in carcere e a processo concluso vengono assolti, giudicati innocenti in quanto l’omicidio si ritiene essere stato compiuto per legittima difesa dell’onore.

2. La vicenda.

La vicenda si svolge in un paese costiero della Colombia e si snoda principalmente nella piazza e per le strade del paese. La descrizione dell’autore non è diretta e dettagliata, ma si possono cogliere alcune informazioni durante l’intera narrazione. Il dato che sembra prevalere è l’intenzione dell’Autore di raffigurare l’episodio “privato” della vendetta nel cuore della comunità: la piazza per l’appunto.

Questa viene descritta nel giorno successivo alle nozze, ancora ornata di ghirlande e in subbuglio dopo i festeggiamenti dei paesani:

Erano suonate le sei ed erano ancora accese le luci dei lampioni nelle strade. Sui rami dei mandorli, e su alcuni balconi, c’erano ancora le ghirlande colorate delle nozze, e si sarebbe potuto pensare che le avessero messe lì in quel momento in onore del vescovo. Ma la piazza, selciata di mattoni fino all’atrio della chiesa, dove sorgeva il palco della banda musicale, sembrava un letamaio di bottiglie vuote e di ogni genere di rifiuti della baldoria pubblica. (Cronaca: 11)

L’unica architettura privata che viene descritta dettagliatamente è quella dell’abitazione di Santiago Nasar, ed è evidente che non potrebbe essere diversamente visto che si tratta di un luogo fondamentale per contestualizzare la dinamica dei fatti:

La casa era un antico magazzino a due piani, con pareti di rozzi tavoloni e un tetto di zinco a due spioventi, dal quale i corvi spiavano i rifiuti del porto. (…) Ibrahim Nasar lo comprò a poco prezzo per avviare un’agenzia d’importazioni che non avviò mai, e solo quando stava per sposarsi lo trasformò in una casa. Al pianoterra aprì una sala

nella sala fu una scala a chiocciola recuperata da qualche naufragio. Al secondo piano, dove prima c’erano gli uffici della dogana, ricavò due vaste stanze da letto e cinque camerette per i molti figli che pensava d’avere, e costruì un balcone di legno sopra i mandorli della piazza, dove Placida Linero si sedeva nei pomeriggi di marzo per consolarsi della propria solitudine. Sulla facciata conservò la porta principale e le fece accanto due portefinestre con balaustre di legno tornito. Conservò anche la porta posteriore, facendola solo un po’ più alta per passarci a cavallo, e mantenne in servizio parte dell’antico molo. (Cronaca: 8-9)

Il giorno che l’avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5 e 30 del mattino... (Cronaca: 3).

Il romanzo ha inizio con il giorno del matrimonio tra Bayardo San Romàn e Angela Vicario; unione che viene celebrata infatti con una festa che si protrae per tutto il giorno e a cui partecipa l’intero paese, proprio come una ricorrenza patronale celebrata dall’intera comunità; l’istituzione del matrimonio è presentata come qualcosa di pubblico, non c’è niente di privato, neanche i sentimenti.

Nel momento in cui Bayardo scopre che la sua sposa non è illibata come dovrebbe essere, la ripudia riportandola a casa da sua madre: non chiede nessuna spiegazione alla diretta interessata, ma preferisce rivolgersi a chi ha combinato il matrimonio, proprio come un consumatore riporta indietro la merce guasta. Anche in questo caso il problema viene affrontato in pubblico: tutti devono sapere.

Il fatto sconvolge l’intero paese. La famiglia Vicario, screditata, deve rivendicare il proprio onore rivalendosi sul colpevole: se Angela non ha più la sua verginità c’è sicuramente qualcuno che gliel’ha portata via. Ma soltanto lei può fare il nome del responsabile. Così le viene estorto dai fratelli Pedro e Pablo quello di Santiago, senza che il romanzo riveli mai se l’“autore” di Angela Vicario sia stato davvero il giovane Nasar. Trent'anni dopo questo delitto, Bayardo San Romàn e Angela Vicario tornano a vivere insieme. Nessuno sarà mai completamente sicuro della colpevolezza di Santiago Nasar.

Più della verità e della giustizia conta quindi la vendetta. I due fratelli decidono di uccidere il responsabile, dichiarando apertamente le proprie intenzioni, e la necessità che li spinge.

La vendetta terrorizza tutti, sin dai suoi esecutori materiali, che in fondo sperano che qualcuno li riesca a fermare in tempo, fino alla gente del paese, che però non avvisa Santiago di ciò che gli sta per accadere, quasi paralizzata nell’attesa che la vendetta si compia.

Si potrebbe parlare di ineluttabilità del destino – nessuno può opporsi al disegno che è stato prestabilito – ma è forse piuttosto l’impossibilità di cambiare l’ordine normativo di una comunità ancora fondata su una cultura della vergogna. Santiago deve morire e quindi morirà.

Attraverso un delitto viene ricomposta la stabilità, l’omicidio non è punibile perché ha salvato l’onore di una famiglia, non importa se la colpevolezza della vittima sia accertata o no, non c’è niente di oggettivo nella sentenza che viene emessa nei confronti dei fratelli Vicario. Il giudice è incapace di intervenire in un sistema di valori che appartiene all’ordine

15 giuridico tradizionale, dove le famiglie si fanno giustizia autonomamente, vendicandosi con spargimenti di sangue.

Il lettore è chiamato quindi ad attraversare una commistione di ordini: vecchio e nuovo, privato e pubblico, femminile e maschile; contrapposizioni queste che vengono presentate tutte nei punti salienti del romanzo.

Nessuno, nemmeno per un momento, si chiede se Angela sia stata privata della sua verginità contro la sua volontà, non è importante, ciò che conta agli occhi della gente è l’onore della famiglia, la dimensione dal dramma è solo pubblica, gli aspetti privati non sembrano avere alcuna rilevanza.

Angela non ha pensieri, è soltanto un corpo che appartiene a suo padre e ai suoi fratelli prima, poi al marito. L’unica parola che deve proferire è il nome del colpevole. Eppure nella ragazza si addensa quella dimensione femminile che si muove in maniera sotterranea, silenziosa, fino a raggiungere i suoi scopi. Non a caso Angela resterà l’unica custode del segreto sulla verità dei fatti. Ma non solo, proprio attraverso il ripudio, in fondo riuscirà a condurre un’esistenza indipendente dal dominio maschile, fino a ricongiungersi con il marito che si accorgerà di aver cominciato ad amare anche se soltanto a partire da quella prima unica notte di nozze.

Sul versante della vendetta, si osserva invece la contrapposizione tra la dimensione comunitaria e lo Stato che vorrebbe richiamare gli attori della vicenda all’ordine sociale attraverso l’uso del diritto.

L’autore rende evidente la difficoltà per il paese di agire secondo la legge. Basti pensare alle testimonianze utilizzate per ricostruire i fatti… Non c’è una versione che concordi con le altre; ognuno ricorda aspetti diversi senza che nessuno riesca testimoniare sugli aspetti fondamentali della questione. Più di tutto l’inefficienza dell’autorità pubblica; la farraginosità della procedura e il chiaro messaggio dell’improbabilità della giustizia nel consueto alluvionarsi della sede del tribunale.

Il corpo di Santiago non sarà oggetto neppure di una reale autopsia: non sarà infatti un medico ad analizzare il cadavere ma un prete:

Gli scempi delle coltellate furono appena un preludio dell’autopsia inclemente che padre Carmen Amador si vide costretto a compiere in assenza del dottor Dionisio Iguaran. “Fu come se avessimo ricominciato a ucciderlo dopo morto” mi disse il nostro vecchio parroco nel suo ritiro di Calafell. “Ma era un ordine dell’alcalde, e gli ordini di quell’animale, per quanto stupidi, bisognava eseguirli”. (Cronaca: 54) Fu un massacro, consumato nel locale della scuola pubblica con l’aiuto del farmacista, che stese gli appunti, e di uno studente del primo anno di medicina che era là in vacanza. Avevano a disposizione soltanto alcuni strumenti di chirurgia minore, e il resto fu fatto con ferri artigianali. Ma a parte gli scempi operati sul corpo, la relazione di padre Amador sembrava corretta, e il giudice la inserì nell’istruttoria come un elemento utile. (Cronaca: 56)

Il giudice che si occupa del processo è un giovane alle prime armi, appena laureato, e non riesce a trovare alcun elemento per poter affermare l’innocenza di Santiago.

Dodici giorni dopo il delitto, il giudice istruttore si trovò davanti a tutto un paese con le ferite aperte. (…) Si era da poco laureato e indossava ancora il vestito di panno nero della scuola di giurisprudenza, e l’anello d’oro con l’emblema del suo

Non c’è alcuna testimonianza che possa provare l’effettiva responsabilità di Santiago Nasar, anzi, sono molti i riferimenti che possiamo trovare nel romanzo che fanno pensare all’impossibilità di un rapporto intimo tra lui e Angela Vicario.

Si pensa piuttosto che Angela abbia fatto il suo nome per coprire qualcun altro, nella speranza che i suoi fratelli non avrebbero avuto il coraggio di sfidare una persona di una classe sociale più alta della loro, evidentemente di fronte ad una questione d’onore niente può fermare la sete di vendetta.

Era tale la perplessità del giudice istruttore di fronte alla mancanza di prove contro Santiago Nasar, che il suo buon lavoro sembrava a tratti alterato dalla delusione. Nel foglio 416, di suo pugno con l’inchiostro rosso del farmacista, scrisse una nota a margine: “Datemi un pregiudizio e solleverò il mondo”. Sotto questa perifrasi di sconforto, con un tratto felice dello stesso inchiostro di sangue, disegnò un cuore attraversato da una freccia. Per lui, come per gli amici più prossimi di Santiago Nasar, lo stesso comportamento della vittima nelle ultime ore fu una prova schiacciante della sua innocenza. (Cronaca: 75)

Descrivendo lo stato d’animo del giudice istruttore, Marquez introduce un’ulteriore riflessione sul rapporto tra assenza di prove e pregiudizio. Santiago era un giovane ragazzo di origini arabe, sicuramente molto attraente e aveva la passione di corteggiare le belle ragazze, ed è ciò che basta per renderlo sospettabile. Lo sconforto del giudice è emblematico nel significare la ricorrenza deludente di uno scambio tra pregiudizio e verità della giustizia.

La palude degli atti giudiziari in cui annega la ricostruzione dei fatti è l’ulteriore riprova dell’insuccesso della legge cittadina e della sua possibilità di gestire la violenza.

La mattina della sua morte, in effetti, Santiago Nasar non aveva avuto un istante di dubbio, anche se sapeva benissimo quale sarebbe stato il prezzo dell’offesa che gli imputavano. Conosceva l’indole bacchettona del suo mondo, e doveva sapere che la natura primitiva dei gemelli non era capace di resistere allo scontro. (…) Inoltre, quando seppe alla fine, all’ultimo istante, che i fratelli Vicario lo stavano aspettando per ucciderlo, la sua reazione non fu di panico, come tanto si è detto, ma fu piuttosto lo sconcerto dell’innocenza. (Cronaca: 75)

Il tempo è fermo, non c’è un progredire, il paese resta imprigionato nei suoi codici, e non c’è riscatto, il dramma non riesce a cambiare l’ordine sociale: la vendetta è un ciclo che ritorna al punto di partenza, e a confermarlo è il ricongiungimento dei due sposi, Bayardo e Angela.

3. Tutti innocenti o tutti colpevoli.

I fratelli Vicario informano l’intero paese della loro intenzione di uccidere Santiago Nasar, per quale motivo nessuno riesce ad impedire questo delitto? Si può realmente ricondurre tutto alla fatalità o ci sono altri fattori che subentrano?

Nel documento ISLL Papers Vol. 4 / 2011 (pagine 195-200)

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