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La chemioterapia intraperitoneale (Intraoperatory Hyperthermic intraperitoneal chemiotherapy, HIPEC) consiste nell’infondere farmaco all’interno della cavità peritoneale a temperature elevate (41,5°C); in particolare Cisplatino, Topotecan e Paclitaxel. 79 Essendo il peritoneo la sede principale di metastasi nel carcinoma ovarico epiteliale, la chemioterapia intraperitoneale è una soluzione che offre la possibilità di avere grosse dosi di farmaco nella sede in cui è presente il tumore, con un vantaggio farmacocinetico rispetto alla classica somministrazione endovenosa. Gli studi effettuati dimostrano vantaggi in termini di sopravvivenza globale e libera da malattia specialmnte in pazienti con malattia residua subottimale, ma i numerosi effetti collaterali associati a questa procedura (infezioni, emorragie, perforazioni intestinali non hanno permesso l’affermazione di questo regime terapeutico nella pratica clinica.6970

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PARP inibitori

I PARP inibitori hanno come target le vie implicate nella ricombinazione omologa, fondamentale nella riparazione del double strand breaks (DSB). Tale sistema di riparazione risulta alterato, non solo nelle pazienti con mutazioni germinali, o somatiche, di BRCA 1 e 2, ma anche in circa la metà dei casi HGSC.

I PARP inibitori agiscono inibendo gli enzimi PARP (poly-ADP- ribosio-polimerasi), fondamentali nella riparazione dei danni a carico del DNA in caso di perdita della funzione della ricombinazione omologa; la cellula, non riuscendo a riparare il DNA, va incontro ad apoptosi. Gli enzimi PARP funzionano come sensori di discontinuità (nick-sensor) nella catena del DNA e giocano un ruolo fondamentale nella riparazione per escissione di base (BER). Sono necessari per riparare efficientemente le rotture dei singoli filamenti di DNA. Un aspetto importante della riparazione indotta dalla PARP è che, in seguito alla modificazione della cromatina, la PARP stessa si auto- modifichi e si dissoci dal DNA per facilitare l’accesso agli enzimi di riparazione per escissione di base (BER). L’inibizione della PARP impedisce la scissione della PARP stessa dal DNA e la “intrappola” sul DNA, bloccando in tale modo il processo di riparazione. Nelle cellule in replicazione, questo determina rotture dei doppi filamenti di DNA quando le forche di replicazione incontrano l’addotto PARP-DNA. Nelle cellule normali, la riparazione per ricombinazione omologa, che richiede i geni BRCA 1 e 2 funzionali, è efficace nel riparare queste rotture dei doppi filamenti di DNA. In assenza di BRCA1 o 2 funzionali, le DSBs di DNA non possono essere riparate tramite ricombinazione omologa. Per contro, vengono attivate vie alternative soggette ad errori, determinando una maggiore instabilità genomica. Dopo diversi cicli di replicazione l’instabilità genomica può raggiungere livelli insostenibili e causare la morte delle cellule tumorali che hanno maggiori danni al DNA rispetto a quelle sane.

Olaparib è stato approvato in commercio in Italia nell’Aprile 2016. Attualmente è indicato in monoterapia per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con recidiva platino-sensibile di carcinoma ovarico epiteliale sieroso di alto grado, BRCA-mutato (mutazione nella linea germinale e/o mutazione somatica), che rispondono (risposta completa o risposta parziale) alla chemioterapia a base di platino. Le pazienti devono avere conferma di una mutazione del gene BRCA (mutazione nella linea germinale e/o mutazione somatica), prima di iniziare il trattamento con Olaparib. La valutazione dello stato di mutazione di BRCA deve essere effettuata in un laboratorio specializzato che utilizzi un

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metodo di analisi validato.

La dose raccomandata di Olaparib è di 400 mg (8 capsule) da assumere due volte al giorno, equivalenti a una dose giornaliera totale di 800 mg. Le pazienti devono iniziare il trattamento entro 8 settimane dall’assunzione dell’ultima dose del regime terapeutico contenente platino. Il trattamento va proseguito fino a progressione o comparsa di tossicità al farmaco.

Un trial clinico di fase II (Studio19) ha valutato l’efficacia e la sicurezza dell’Olaparib confrontato con placebo, in pazienti con carcinoma ovarico sieroso di alto grado, recidivante e platino sensibile. Lo studio ha dimostrato che la terapia di mantenimento con Olaparib aumentava significativamente la sopravvivenza libera da progressione rispetto al placebo, nelle pazienti con carcinoma ovarico con mutazione del gene BRCA (HR=0,18; 95%CI=0.10-0.31, p<0.0001). 71-73

SOLO-1, studio di fase III multicentrico randomizzato prospettico ha dimostrato che donne con carcinoma ovarico avanzato BRCA mutato trattate in prima linea con una terapia di mantenimento a base di Olaparib mostrano un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo nella sopravvivenza libera da progressione rispetto a quelle trattate con placebo. Il profilo di sicurezza e tollerabilità di Olaparib sono risultati coerenti con i precedenti studi.

Nel trial SOLO-2, studio randomizzato prospettico multicentrico di fase III, la terapia di mantenimento con Olaparib oltre ad avere allungato la sopravvivenza libera da progressione, ha mostrato di preservare la qualità di vita delle pazienti con tumore ovarico platino-sensibile sieroso recidivante con mutazione germinale di BRCA.

Sono ancora in corso gli studi SOLO-3 e PAOLA-1.

Niraparib è attualmente approvato solo dalla Food and Drug Administration (FDA). Lo studio NOVA, di fase III multicentrico prospettico condotto in doppio cieco ha

confrontato il Niraparib versus placebo in pazienti con carcinoma ovarico sieroso di alto

grado, recidivante, platino sensibile in risposta parziale o completa, dividendo le pazienti a

seconda del loro stato di mutazione germinale BRCA. In entrambi i gruppi, il braccio

Niraparib ha mostrato una sopravvivenza libera da malattia significativamente migliore rispetto al placebo.

Sembra promettente anche il Il Veliparib che sembra potenziare l’attività citotossica del Temozolomide, del Cisplatino, del Carboplatino, del Ciclofosfamide e della terapia

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radiante.

Sono in corso di studio ulteriori PARP inibitori (es Talazoparib) e sono stati avviati dei traial con la finalità di indagare l’efficacia dell’utilizzo dei PARP inibitori in combinazione con altri farmaci, come anti-angiogenetici, inibitori del PI3K, inibitori del check-point immunologico. 74, 75

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Follow up

Il follow up post-trattamento ha come obiettivi identificare precocemente eventuali recidive e valutare eventuali complicanze dei trattamenti.

Nonostante molte pazienti risultino clinicamente libere da malattia dopo la terapia di prima linea, la recidiva si verifica in circa l’80% degli stadi avanzati e nel 20% degli stadi iniziali, soprattutto nei primi due anni. La ripresa della malattia si localizza prevalentemente a livello pelvico o addominale, interessando soprattutto la sierosa peritoneale; più rare sono le recidive a distanza. In un numero limitato di casi si può avere recidiva a livello dei linfonodi retroperitoneali. Il programma periodico di follow up comprende:

• Visita di controllo con esame della pelvi ogni 3 mesi per i primi due anni, ogni 4 mesi durante il terzo anno e ogni 6 mesi per i successivi due anni fino alla comparsa di recidiva;

• Dosaggio del Ca 125 ad ogni visita di controllo, se inizialmente elevato, ma dosaggio anche del Ca 19.9 e del CEA nelle forme mucinose;

• TAC addome/pelvi se clinicamente indicata;

• Radiografia del torace ogni 6 mesi per i primi due anni e successivamente ogni anno.

Un aumento del Ca 125 durante il follow up, nelle pazienti che hanno avuto una normalizzazione di questo valore dopo chemioterapia, è indicativo di comparsa di una recidiva con una sensibilità dell’86% ed una specificità del 91%. L’innalzamento del Ca125 anticipa di 4 mesi la recidiva sintomatica, ma nel 50% dei casi la recidiva non si accompagna ad un innalzamento del Ca125 rendendo più difficile la sua identificazione precoce.

Uno studio EORTC ha arruolato 527 pazienti in remissione clinica e biochimica completa al termine del trattamento chemioterapico di prima linea, dividendole in due gruppi: un gruppo veniva sottoposto a chemioterapia precocemente al momento dell’ esclusivo incremento del Ca125, il secondo gruppo veniva trattato solo dopo un’evidenza clinica e strumentale di recidiva.I risultati ottenuti hanno dimostrato che non c’erano vantaggi significativi in termini di sopravvivenza globale con il ritrattamento precoce; anzi

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vi era un peggioramento della qualità della vita delle pazienti. Pertanto, ad oggi, il solo incremento dei livelli sierici del Ca125 non giustifica l’inizio di un’ulteriore linea terapeutica, ma può indicare la necessità di sottoporre le pazienti a controlli più intensivi. Il follow up con il dosaggio del Ca125 rimane comunque importante per selezionare le pazienti da sottoporre a indagini diagnostiche che potranno mettere in evidenza la malattia precocemente.

TC e RMN, hanno una scarsa specificità, e una sensibilità del 40-93%, nell’individuare le recidive. Le pazienti, durante il follow-up, vengono sottoposte ad una TC addomino- pelvica ad intervalli annuali a meno che non ci sia sospetto clinico, sierologico o ecografico, di recidiva.

La PET/TC, grazie all’ elevata sensibilità per la diagnosi di recidiva di carcinoma ovarico viene utilizzata nelle pazienti con incremento del Ca125, asintomatiche, con lo scopo di identificare lesioni neoplastiche eventualmente non rilevate alla TC e può essere utile in aggiunta alla TC addomino-pelvica in caso caso di risultati dubbi o per rivalutare pazienti candidati a eveutale chirurgia citoriduttiva secondaria.76

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