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La chirurgia citoriduttiva della malattia in stadio iniziale, ovvero stadi I e II della classificazione FIGO, si avvale di una incisione mediana pubo-sovraombelicale o pubo- xifoidea. L’approccio laparoscopico non è raccomandabile; anzi, alcuni autori hanno riscontrato un peggioramento della prognosi per le donne trattate in via laparoscopica, verosimilmente legato ad una maggiore incidenza di rottura delle cisti neoplastiche. 44

In una paziente con neoplasia apparentemente confinata alla gonade si procede secondo steps ben codificati eseguendo: esame citologico del liquido ascitico (minimo 250 mL) o lavaggio peritoneale, ispezione sistematica e palpazione degli organi peritoneali e retro- peritoneali, esplorazione della pelvi e del peritoneo pelvico e addominale, valutazione dell’estensione della neoplasia e asportazione della neoformazione, che verrà sottoposta a diagnosi istopatologica estemporanea, evitandone la rottura o lo spillage.

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I successivi tempi chirurgici della stadiazione prevedono: omentectomia, isterectomia totale extrafasciale, ovaro-salpingectomia bilaterale con asportazione del legamento infundibolo-pelvico all’origine dei vasi ovarici, appendicectomia, biopsie multiple di ogni area sospetta e delle aree a maggior rischio di micro-metastasi (peritoneo pelvico e diaframmatico, docce parieto-coliche, radice del mesentere) e linfoadenectomia pelvica e lombo-aortica sistematica per ampliare la ricerca della diffusione di malattia; tuttavia questa procedura non sembra aumentare la sopravvivenza libera da progressione né la sopravvivenza globale. L'eventuale positività di questi linfonodi colloca il tumore nello stadio IIIC FIGO.

Per questi pazienti, trattate tradizionalmente con interventi radicali, l'infertilità è un effetto collaterale drammatico e frequente. Inoltre, questa complicanza grave viene spesso sottovalutata e risulta incidere pesantemente sulla qualità di vita delle pazienti. Per questo motivo, nel caso di pazienti giovani (il 12% ha meno di 45 anni) e desiderose di prole, è possibile prendere in considerazione un trattamento conservativo della fertilità (fertility

sparing surgery, FSS) che permette di integrare il miglior trattamento oncologico possibile con la discussione delle strategie disponibili per evitare l'infertilità. Questa procedura prevede l'annessiectomia mono-laterale, il curettage endometriale, il washing e le biopsie peritoneali, la linfoadenectomia (almeno monolaterale) delle stazioni pelviche e lombo- aortiche. Benefici, rischi e la sicurezza di queste procedure devono essere sempre equilibrati e discussi in centri di riferimento appropriati.45

Secondo le linee guida della European Society for Medical Oncology (ESMO) il trattamento FSS può essere riservato alle pazienti che presentano uno stadio di malattia IA o IB con grado G1-G2 e disposte a sottoporsi a visite di controllo ravvicinate nel tempo. 50

Studi recenti condotti dal gruppo – Gynecologic Cancer Study Group of the Japan Clinical Oncology Group – hanno dimostrato che pazienti stadiate IC o pazienti con istologia maligna (es. clear cells) possono beneficiare dal trattamento conservativo. 46 Uno studio

italiano su 36 pazienti condotto nel 2014 da Ditto et al. ha dimostrato che riservare la FSS a pazienti con Epithelial Ovarian Cancer (EOC) in stadio iniziale poteva essere considerata oncologicamente sicura, comparabilmente alla chirurgia radicale.46, 47

La chirurgia citoriduttiva nella malattia avanzata (stadio III e IV FIGO) si propone di ridurre il numero di cellule tumorali ad un livello tale da consentire alla chemioterapia la massima possibilità di cura. La chirurgia dovrebbe asportare tutta la malattia

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macroscopicamente visibile o per lo meno tutte le lesioni di dimensioni superiori a 1 cm (debulking), con lo scopo di eliminare i noduli tumorali di maggiori dimensioni, caratterizzati, al loro interno, dalla presenza di zone ipovascolarizzate e quindi meno aggredibili da parte dell’agente chemioterapico, dunque possibile causa di chemioresistenza. Inoltre la rimozione della maggior parte della massa neoplastica costituisce uno stimolo alla proliferazione delle cellule microscopiche che possono restare in loco dopo la chirurgia: sono proprio queste ultime cellule a rispondere meglio ai farmaci citotossici in quanto l’indice di proliferazione cellulare diminuisce con l’aumento di volume della massa tumorale. L’inefficacia del chemioterapico nelle lesioni di maggiori dimensioni è spiegata dalla presenza di numerose cellule in fase silente G0. 48

L’entità della citoriduzione influenza in maniera importante sia la sopravvivenza globale sia quella libera da malattia: ad ogni aumento del 10% nella citoriduzione è associato un incremento del 5.5% della mediana di sopravvivenza. É possibile, inoltre, riscontrare un miglioramento di alcuni sintomi associati con gli stadi avanzati del carcinoma, come distensione e dolore addominale. Se la citoriduzione riesce ad eliminare macroscopicamente la malattia, la sopravvivenza a 5 anni è del 60%, altresì con una citoriduzione subottimale scende al 18%.49

Per raggiungere questi obiettivi, spesso, bisogna ricorrere a procedure chirurgiche invasive; se la neoplasia infiltra il setto rettovaginale e/o il cavo del Douglas si determina un quadro di congelamento pelvico dove l’utero e le masse ovariche sono fissate saldamente alle strutture circostanti ed è necessario effettuare un’isterectomia retrograda secondo la modalità descritta da Hudson-Delle Piane. Questa tecnica, eseguita con un approccio retroperitoneale, consente l’asportazione in blocco di utero, annessi, peritoneo del Douglas e retto, qualora fosse infiltrato, riducendo il rischio di lesioni alla vescica e agli ureteri.50 In base alla localizzazione della malattia, possono inoltre essere necessarie

esecuzioni di splenectomia, resezione epatica, resezione della porzione distale del pancreas, resezione gastrica, resezioni ileali, emicolectomia destra o sinistra e omentectomia radicale gastrocolica. Il coinvolgimento del diaframma può richiedere resezione diaframmatica, con un rischio di complicanze post-operatorie notevoli; è proprio per questo motivo che si rende necessario valutare con attenzione i rischi e benefici dell’intervento chirurgico.

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intraparenchimali epatiche o l’infiltrazione dell’ilo epatico, oltre che al basso performance status o all’elevato ASA score del paziente possono ostacolare il raggiungimento di una citoriduzione ottimale.

Per quanto riguarda i linfonodi, negli stadi avanzati l’incidenza di metastasi linfonodali è del 13%, nei soli linfonodi pelvici, del 17%, nei soli linfonodi aortici e del 35%, in entrambe le sedi. 51 L’approccio terapeutico da adottare nei confronti dei linfonodi,

durante l’intervento di chirurgia citoriduttiva, è stato a lungo oggetto di ricerca. Uno studio del 2005, condotto su pazienti in stadio IIIB-C FIGO sottoposte ad intervento di citoriduzione, ha dimostrato che le pazienti sottoposte a linfoadenectomia pelvica e lombo- aortica sistematica, rispetto a quelle che hanno subito sampling linfonodale, avevano una sopravvivenza libera da malattia superiore (fino 7 mesi), tuttavia non veniva rilevata una differenza statisticamente significativa in termini di sopravvivenza globale. Le donne sottoposte a linfoadenectomia sistematica, inoltre, avevano una più alta incidenza di complicanze post-operatorie, quali linfocisti e linfedema. Il limite di questo studio era rappresentato dal fatto di non prendere in considerazione la sopravvivenza nel sottogruppo di pazienti con malattia residua macroscopicamente assente. Uno studio successivo ha dimostrato, infatti, che era vantaggioso, in termini di sopravvivenza globale, eseguire una linfoadenectomia sistematica se la malattia residua era ≤ 1 cm, e non se la malattia residua era di dimensioni maggiori.52

Nel 2009 è stato condotto uno studio su pazienti in stadio IIIC FIGO con metastasi a livello dei linfonodi retroperitoneali (pelvici e/o aortici) e sottoposte a chirurgia citoriduttiva. Lo studio metteva in evidenza come la resezione dei singoli linfonodi metastatici fosse associata a una miglior sopravvivenza globale, al contrario della linfoadenectomia di tipo sistematico che non produceva lo stesso effetto.53

Recentissimamente all’ ASCO Annual meeting 2017 sono stati presentati i risultati di uno studio molto atteso, il Gynecologic Cancer Intergroup’s LION trial. Questo studio multicentrico internazionale prospettico randomizzato ha avuto lo scopo di chiarire l’efficacia terapeutica della linfoadenectomia pelvica e lomboaortica sistematica in pazienti senza residuo macroscopico di malattia e linfonodi clinicamente negativi. Per partecipare allo studio i centri dovevano dimostrare competenze chirurgiche adeguate. Lo studio ha incluso 647 pazienti con diagnosi di carcinoma ovarico avanzato in stadio IIB-IV FIGO, con linfonodi negativi sia all’ imaging preoperatoria che alla clinica intraoperatoria. A livello

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intraoperatorio venivano eseguita la randomizzazione linfoadenectomia versus non linfoadenectomia. In base ai risultati ottenuti, gli autori hanno concluso che per questo gruppo di pazienti la linfoadenectomia pelvica e lomboaortica sistematica non migliora la sopravvivenza libera da malattia né la sopravvivenza globale nonostante permetta l’individuazione e la rimozione di metastasi subcliniche linfonodali retroperitoneali nel 56% dei pazienti. Questi dati indicano quindi che questo tempo chirurgico dovrebbe essere omesso per ridurre la morbidità e mortalità post-operatorie. 54

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