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La PDS seguita da chemioterapia a base di platino e taxolo rappresenta il trattamento standard del carcinoma ovarico avanzato, mentre la NACT seguita da IDS è indicata per donne ad alto rischio perioperatorio o con bassa probabilità di raggiungere una citoriduzione ottimale.79 Diversi studi hanno valutato l’importanza prognostica della

quantità della RD dopo chirurgia, dimostrando che l’ outcome clinico migliore si ottiene nelle pazienti nelle quali è stato asportato tutto il tumore macroscopicamente visibile.

80-82Gli attuali regimi sono in grado di ottenere una risposta clinica completa in circa il

50% dei casi, una PFS mediana di 15,5-22 mesi ed una OS mediana di 31-44 mesi.83-88È

stato stimato che circa 75-80% dei pazienti con carcinoma ovarico avanzato in risposta clinica completa ricadano dopo un intervallo di circa 18-24 mesi. Il successivo trattamento chemioterapico viene deciso in base al PFI e alle tossicità persistenti.76 In

caso di malattia platino-resistente o refrattaria vengono somministrati singoli agenti come Taxolo settimanale, Doxorubicina liposomiale peghilata (PLD) o Gemcitabina (GEM).89 CBCDA in combinazione con TXL, GEM o PLD è utilizzato in caso di malattia

platino-sensibile89, mentre PLD e Trabectedina è un’opzione interessante per le pazienti

con malattia parzialmente platino-sensibile o per coloro che hanno malattia platino- sensibile ma non possono essere riesposte al platino.90Tuttavia i risultati non

soddisfacenti che si ottengono con le terapie di salvataggio attualmente in uso hanno sollecitato la ricerca di agenti biologici capaci di raggiungere miglior controllo di malattia in subset di pazienti che possano trarre beneficio da tali trattamenti specifici.91

Due studi clinici randomizzati di fase III (GOG 218 ed ICON 7) hanno dimostrato come l’aggiunta dell’antiangiogenetico Bevacizumab al regime chemioterapico a base di CBDC e PTX, sia durante il trattamento di prima linea che durante quello di consolidamento, migliori significativamente la PFS, senza però fornire alcun vantaggio in termini di OS.62, 63

In questa tesi sono state analizzate retrospettivamente 143 pazienti affette da carcinoma ovarico in stadio FIGO III-IV, di alto grado, sottoposte a PDS seguita da chemioterapia a base di CBDCA e PTX. Le percentuali di citoriduzione ottimale e completa (23,1% e 58,7%) sono sovrapponibili a quelle riportate nei lavori dei Centri Oncologici di

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riferimento internazionali. Le percentuali di risposte cliniche complete (81,8%), la PFS a 5 anni (25,6%) e la OS a 5 anni (65,1%) sono in accordo con i dati della letteratura. La RD dopo chirurgia e la risposta clinica al trattamento di prima linea correlano significativamente sia con la PFS sia con la OS.

Per quanto riguarda l’utilizzo del Bevacizumab in prima linea in aggiunta al regime CBDC e PTX, le percentuali di risposta completa al trattamento primario sono maggiori nelle pazienti che hanno ricevuto questo farmaco rispetto a quelle che non lo hanno ricevuto e le percentuali di ripresa di malattia nelle complete responders sono più basse in chi ha ricevuto l’antiangiogenetico rispetto a chi non lo ha ricevuto. Tuttavia, nelle complete responders andate incontro a ripresa di malattia, abbiamo osservato una peggior sopravvivenza post-recidiva nelle pazienti trattate con il Bevacizumab in prima linea rispetto a quelle non trattate(p<0.001).

Confrontando le 71 pazienti sottoposte a terapia di prima linea con Bevacizumab e le 72 che non hanno ricevuto l’antiangiogenico, abbiamo osservato un trend a una migliore PFS a 2 anni (si versus no: 65,0% versus 46,5%, p=0,074) che viene successivamente perso a 5 anni (si versus no: 17,7% versus 27,4%, p=0,396), senza alcun vantaggio in termini di OS, in accordo con i dati della letteratura. 62, 63

Ulteriori studi sono necessari per verificare se il comportamento biologico della ripresa di malattia è diverso nelle pazienti trattate con il Bevacizumab rispetto a quelle non trattate con questo anticorpo monoclonale e se questo può, almeno in parte, spiegare l’apparente assenza di beneficio in termini di OS dell’aggiunta del Bevacizumab alla chemioterapia.

Recenti studi clinici hanno indagato il ruolo di gBRCAm nelle pazienti affette da carcinoma ovarico. É noto che tale mutazione provochi la sindrome del carcinoma ereditario della mammella e dell’ovaio, caratterizzata da un incremento del rischio di sviluppare tali tumori lungo il corso della vita.92È stata stimata una prevalenza gBRCAm

nella popolazione generale di affette da carcinoma ovarico del circa il 10%,93ma tale

valore sembra essere piuttosto sottostimato soprattutto nel sottogruppo di pazienti carcinoma ovarico sieroso di alto grado.93-98 Il quadro clinico clinico dei carcinomi ovarici

associati a gBRCAm è caratterizzato da una più giovane età alla diagnosi, una maggiore incidenza di istologia sierosa di alto grado, uno stadio più avanzato al momento della diagnosi, una più ampia distribuzione viscerale di malattia, più alte percentuali di risposta

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al platino sia in prima linea che in ulteriori linee di trattamento ed infine un outcome clinico migliore.95-103

Il BRCA rappresenta quindi un fattore prognostico dell’outcome clinico, ma è anche biomarker predittivo di sensibilità al trattamento con i PARP inibitori, il secondo gruppo di nuovi agenti a bersaglio molecolare recentemente sviluppati e approvati per l’utilizzo terapeutico nel carcinoma ovarico. Tali agenti infatti sono specificatamente attivi in cellule con alterazione del meccanismo di riparazione del DNA mediante riparazione omologa.104

Le linee guida National Comprehensive Cancer Network (NCCN) e Society of

Gynecologic Oncology (SGO) consigliano un counseling genetico con test BRCA per tutte

le donne affette da carcinoma ovarico, incluse il carcinoma tubarico e il carcinoma peritoneale primitivo, in modo da poter disporre di informazioni utili per il management terapeutico, in caso di eventuale ricaduta di malattia. 37 Nel nostro centro l’uso

sistematico del test è stato introdotto solo recentemente e, per questo motivo, i numeri a disposizione non ci consentono ancora di raggiungere la significatività statistica nello studio dei dati clinici. Tuttavia, dall’analisi delle 99 pazienti per le quali era disponibile il risultato del gBRCA, sono emersi dati coerenti con il comportamento biologico descritto in letteratura. gBRCAm erano presenti nel 30% dei casi analizzati. Anche se le percentuali di risposta completa e le percentuali di ripresa di malattia nelle complete responders non correlano con gBRCA, le pazienti gBRCAm vanno incontro a sviluppo di platino-resistenza (27% versus 30%) dopo un più lungo intervallo di tempo (46 mesi versus 32mesi, p=0,8123) rispetto a quelle BRCAwt. Analizzando le complete responders andate incontro a ripresa di malattia, abbiamo riscontrato un trend ad una miglior sopravvivenza dopo la recidiva nelle pazienti gBRCm rispetto a quelle gBRCwt.

Per quanto riguarda l’utilizzo clinico dei PARP inibitori, l’European Medicines Agency (EMA) ha recentemente approvato l’utilizzo di Olaparib come terapia di mantenimento in pazienti con carcinoma ovarico sieroso di alto grado con recidiva platino-sensibile con mutazioni BRCA germinali o somatiche. L’Olaparib è il primo è più studiato PARP inibitore orale ed è stato sottoposto a studi clinici di fase I-III, come singolo agente comparato con e in aggiunta alla chemioterapia standard, e come terapia di mantenimento successiva alla chemioterapia. I risultati migliori in termini di PFS si sono avuti come terapia di mantenimento in pazienti gBRCAm con carcinoma ovarico sieroso di alto grado con

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recidiva platino-sensibile. Buone risposte si sono avute anche con l‘utilizzo dell’Olaparib come singolo agente in pazienti gBRCAm con carcinoma ovarico recidivante sottoposte a tre linee di chemioterapia. 104-106

Un altro recente studio di fase III ha mostrato che in pazienti con recidiva platino- sensibile, indipendentemente da gBRCA, l’utilizzo del Niraparib si traduceva in una migliore PFS. 107 Altri PARP inibitori che sono attualmente in corso di studio sono il

Rucaparib, Veliparib e il Talazoparib.74Sono in corso studi clinici randomizzati per

verificare la rilevanza clinica dell’aggiunta dei PARP inibitori come singoli agenti o in associazione ad altri farmaci biologici (Bevacizumab e inibitori dei check point immunitari) nel trattamento di prima e di seconda linea del carcinoma ovarico (SOLO-1, PAOLA-1, Imagyn 050). Nel nostro centro invece è attualmente in corso uno studio in collaborazione coi colleghi dell’Anatomia Patologica e del Laboratorio di Genetica Medica per la valutazione del BRCA somatico nei tessuti tumorali di carcinoma ovarico.

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