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La creazione di reti di comunicazione globale e la loro pervasività nelle aree urbane hanno modificato e accelerato i processi che strutturano la città. I nuovi mezzi per la produzione e lo scambio dell’informazione e l’instaurarsi di sistemi ad un alto grado di connessione determinano nuove possibilità di azione e interazione nello spazio urbano, ampliando le possibilità di manipo-

lazione da parte di tutti gli utenti. Nella città delle iperconnessioni l’assetto

socio-economico è caratterizzato da funzioni ad alto contenuto intellettuale, in cui la conoscenza possiede un ruolo centrale; nascono nuove forme di collaborazione, espressione di pensieri collettivi e maggiormente condivisi; l’innovazione e la ricerca di nuovi assetti sono necessarie per la sopravvivenza e la vitalità dei sistemi urbani. L’iperconnessione agisce inoltre sull’efficienza del sistema, coordinando le azioni ed il loro grado di proattività ed intensi- ficando le possibilità di percezione del contesto localmente e globalmente. William Mitchell (1996, 2003) ha affrontato approfonditamente le trasformazioni che hanno caratterizzato la città nell’era delle iperconnessioni e osservato le modalità attraverso cui i nuovi strumenti di comunicazione modificano l’assetto della città. In City of Bits (1996) egli descrive i cambiamenti avve- nuti nello spazio urbano a seguito della nascita e della costante espansione dello spazio digitale. Quest’ultimo diventa un luogo che può essere visitato, vissuto, condiviso proprio come lo spazio fisico della città e le architetture che lo conformano. Lo spazio digitale ha una forte influenza sulle attività e i processi che si attuano nella città; molte delle azioni che un tempo erano esclusivamente ascrivibili allo spazio reale oggi possono essere svolte nello

spazio digitale. Tuttavia la concettualizzazione di due spazi completamente

separati, lo spazio reale e lo spazio digitale, nonostante sia utile per com- prendere le modalità con cui i processi e le funzioni della città sono cambiate a seguito dell’intensificarsi e dell’espandersi dei sistemi di informazione e comunicazione che hanno decontestualizzato molte delle attività che si compiono nella città, può essere limitante nella comprensione delle relazioni create dalla crescente pervasività di tali infrastrutture di connessione. In Me++� The cyborg self an the networked city (2003) Mitchell esprime la necessità di superare la dicotomia tra spazio reale e spazio digitale affinché possano introdursi concetti che sottolineano come i dispositivi computa- zionali e la rete infrastrutturale che li connette siano parte integrante della realtà urbana. Mitchell, sulla base delle numerose ricerche nel campo dell’in- tegrazione delle macchine negli ambienti di vita (Negroponte, 1965, 1970;

William Mitchell

Weiser, 1991; Ishii e Ullmer, 1997) osserva che le tecnologie che permettono lo scambio di bits sono sempre più piccole e interconnesse e facilitano la percezione dell’informazione come un attributo dello spazio fisico. La loro pervasività permette la creazione di ambienti interconnessi, dove gli eventi e le trasformazioni dello spazio sono guidate da una complessa rete di rela- zioni generante un denso scambio di informazioni sensoriali e digitali. I bits facilitano il coordinamento di eventi e offrono nuove possibilità di espres- sione degli intenti e di conversione degli stessi in azioni che modificano gli assetti urbani. Il flusso delle informazioni, accelerato dalla densificazione delle relazioni e dallo sviluppo di strutture reticolari sempre più complesse, si manifesta all’interno di apparati e domini di influenza diversi:

«The archetypal structure of the network, with its accumulation and habitation sites, links, dynamic flow patterns, interdependencies, and control points, is now repeated at every scale from that of neural networks (neurons, axons, synapse) and digital circuitry (registers, electron pathways, switches) to that of global transportation networks (warehouses, shipping and air routes, ports of entry)»�

(MItchell, 2003)

Mitchell, allacciandosi alle considerazioni di Marshall McLuhan (1964) sulle tecnologie elettriche quale mezzo che estende le capacità del sistema ner- voso, sottolinea che gli abitanti della città possiedono capacità cognitive e sensoriali espanse, poiché sono collegati elettricamente a un numero sempre più ampio di reti che dilatano i confini delle possibilità di azione e interazione. L’accesso alle reti avviene attraverso molteplici e differenti interfacce, che gli avanzamenti tecnologici disegnano come elementi costituenti sempre più un naturale prolungamento del corpo e della mente. In passato il telegrafo e il telefono hanno costituito le interfacce per dilatare le capacità di interazio- ne in uno spazio più ampio rispetto a quello a cui si accedeva attraverso il solo uso della propria voce e coprendo intervalli di tempo più brevi rispetto a quelli necessari per lo spostamento attraverso le reti della mobilità. Essi hanno costituito il nodo di accesso ad una rete geograficamente ampia che ha modificato l’assetto spazio - temporale intorno al quale si svolgevano e coordinavano le azioni. Attualmente l’evoluzione tecnologica ha permesso che i dispositivi per la comunicazione siano dotati di numerose componenti abilitanti l’accesso a reti differenti che moltiplicano le capacità sensoriali e cognitive degli individui. In questo modo, nei sistemi urbani iperconnessi si intensificano sia le interazioni de-localizzate, sia la capacità di comprensione e interpretazione del contesto locale.

Marshall McLuhan

«My augmented nervous system [���] has immeasurably transcended the disposition of my flesh� It has extended itself electronically by means of copper wires, fiber-optic cables and wireless channels that connect my brain to electronic memory, processing points, sensors, and actuators distributed throughout the world and even in outer space»�

(Mitchell, 2003)

Per chiarire i concetti introdotti, Mitchell descrive l’evoluzione dei dispositivi per la telefonia mobile, disegnati sempre di più come degli oggetti dotati di alta portabilità, piccoli e leggeri, che tuttavia permettono di accedere ad un numero crescente di reti globali e locali. Essi sono conformati alla fisionomia umana, esplicitando in modo più marcato la connotazione di appendice del corpo umano. Lo stesso processo ha modificato altri tipi di tecnologie: le fotocamere digitali, gli scanners, le videocamere digitali e i sistemi di video conferenza che cambiano costantemente la propria forma, diventando al- trettanto chiaramente delle estensioni delle capacità visive dell’uomo; anche l’automobile e la casa rafforzano la funzione di appendice del corpo umano integrando nuove tecnologie di informazione e comunicazione. Nel processo di trasformazione ed evoluzione della città verso configurazioni che facili- tano uno stato di perpetua e profonda iperconnessione Mitchell individua il concretizzarsi della metafora tra corpo e città:

«Now the body/city metaphors have turned concrete and literal� Embedded within a vast structure of nested boundaries and ramifying networks, my muscular and skeletal, physiological, and nervous systems have been artificially augmented and expanded� My reach extends indefinitely and interacts with the similarly extended reaches of others to produce a global system of transfer, actuation, sensing, and control�»�

(Mitchell, 2003)

L’aumentata capacità di lettura del contesto urbano e delle dinamiche che lo attraversano, localmente e all’interno di processi alla scala globale, in- sieme all’ampliarsi delle reti e delle interfacce di accesso, permette che si sviluppino fenomeni estremamente differenti e che si auto-contraddicono. Da un lato, può generare sistemi in cui organizzazioni potenti e privilegiate esercitano un forte controllo sulle componenti più deboli, generando reazio- ni che comprendono episodi di infiltrazione, sovversione e attacco violento dei sistemi di controllo. Dall’altro, è un catalizzatore di nuove opportunità di cooperazione e aggregazione sociale, che facilitano la creazione di nuove formazioni civiche, secondo la logica delle reti di interconnessione etica. Il

sistema reticolare delle iperconnessioni genera nuovi legami di reciprocità capaci di coinvolgere un vasto numero di persone e di abilitarle alla genera- zione di ambienti di convivenza pacifica e produttiva.

Una visione fortemente fiduciosa nelle possibilità delle infrastrutture di in- formazione e comunicazione di creare nuove forme civiche e di facilitare la collaborazione alla scala globale è offerta da Pierre Lévy (1994) che intravede nel sistema di iperconnessione caratterizzante la società contemporanea un elemento determinante nella realizzazione dell’intelligenza collettiva. Secondo Levy l’estensione globale delle reti informatiche ha dato vita al cyberspazio che offre la possibilità di scambiare informazioni e comunicare indipendentemente dalle coordinate spaziali e temporali. Tale fenomeno ha un alto potenziale di civilizzazione e offre l’infrastruttura necessaria alla creazione di sensibilità, intelligenze e coordinamenti di tipo collettivo. Levy individua nello Spazio

del sapere la nuova dimensione della città contemporanea, al cui interno

confluiscono le conoscenze e le capacità nell’organizzarle affinché possano proliferare i collettivi intelligenti, soggetti cognitivi aperti, capaci d’iniziativa,

d’immaginazione e di reazione rapida (Levy, 1994, p.23). Egli descrive lo Spazio del sapere come caratterizzato da tre peculiarità: la velocità, che si

esprime attraverso la rapidità con cui si susseguono i cambiamenti e che stimola il costante assetto di mutamento e innovazione; la massa, ovvero il coinvolgimento di tutti gli appartenenti alla società nel processo di scambio e produzione dell’informazione; gli strumenti, che comprendono sia le infra- strutture di informazione e comunicazione sia gli strumenti che permettono di filtrare, interpretare e selezionare l’infinita quantità di informazioni che si muove sui numerosi canali di trasmissione. In questo senso nello Spazio

del sapere i collettivi intelligenti sono supportati da una avanzata rete di

collegamento informatico e comunicativo che deve essere sostenuta da le- gami sociali improntati alla cooperazione e all’apprendimento reciproco, alla messa a sistema delle energie e delle competenze affinché si creino azioni sinergiche. Levy fornisce una definizione specifica dell’intelligenza collettiva:

«È un’intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle conoscenze»�

(Levy, 1994, p. 34)

Ciò implica che l’intelligenza e la conoscenza non siano degli attributi esclusivi di determinati gruppi, ma siano presenti in ogni essere umano. L’intelligenza distribuita, grazie al processo di valorizzazione, coordinazione e messa a sistema all’interno di progetti coerenti e innovativi, diventa un mezzo effica- ce per lo sviluppo di società civilmente avanzate. Nei collettivi intelligenti è Pierre Levy

Intelligenza collettiva

quindi importante che siano salvaguardate le identità soggettive: l’azione di connessione e sistematizzazione delle diverse qualità e conoscenze presenti nei diversi soggetti dei collettivi intelligenti è definita da Levy con il termine di ingegneria del legame, che sottolinea la primaria importanza dei legami sociali nelle reti di connessione. Mettere a sistema le singole capacità e qua- lità degli individui significa facilitare la valorizzazione delle abilità individuali e al contempo creare un rapporto sinergico tra le diverse identità. Questo approccio, secondo la definizione di Levy, si realizza nell’utilizzo di tecniche molecolari.

«Come la nanotecnologia costruisce le proprie molecole atomo per atomo, la nanopolitica coltiva le proprie ipercorteccie comunitarie nel modo più preciso, più fine, più individualizzato possibile, favorendo la delicata connessione delle capacità cognitive, delle fragili fonti d’iniziativa e di immaginazione, qualità per qualità, in modo da evitare qualsiasi spreco di risorsa umana� Come i messaggi del cyberspazio interagiscono e si chiamano da un capo all’altro di una superficie continua deterritorializzata, i membri dei collettivi molecolari comunicano trasversalmente, reciprocamente, al di là delle categorie, senza passare per una forma gerarchica, piegando e ripiegando, cucendo e ricucendo, complicando a piacere il grande tessuto metaforico delle città pacifiche»�

(Levy, 1994, p. 68)

Secondo Levy, un tale approccio garantisce alla città una nuova forma di democrazia che, attraverso l’iperconnessione, è capace di amplificare il ruolo centrale dei cittadini, permettendo che questi abbiano maggiori possibilità di accedere e manipolare le informazioni, accrescere le proprie potenzialità e crescere in un contesto più civile ed egualitario. Egli descrive questa nuova forma di democrazia come un gioco collettivo, che educa alla cooperazione e alla produttività, e che nel cyberspazio avrebbe la forma di una urbanitas computerizzata, o ancora di una electronic agorà (Mitchell, 1993 p. 8).