Oltre alla prima classificazione, sopra esposta e che possiamo definire concettualmente più complessa, esiste una seconda classificazione più analitica ed anche maggiormente conosciuta ed usata:
- costi variabili, fissi e semivariabili; - costi speciali e comuni;
- costi diretti e indiretti.
La prima classificazione è la più rilevante, nonché quella più comune, per la determinazione del rendimento del prodotto e del processo produttivo.
Si definiscono costi variabili quei costi che variano proporzionalmente con il variare del volume produttivo, e che quindi risultano direttamente correlati ai volumi di produzione/vendita; essi subiscono incrementi anche al variare di una singola unità di produzione. Al contrario, per costi fissi si intendono quei costi che non subiscono variazioni al modificarsi della produzione.
Riportiamo di seguito dei grafici a cui associare visivamente quanto appena definito (fig. 8).
Figura 9 - Rappresentazione dei costi variabili e fissi
Va comunque specificato che quanto appena definito è da ritenersi valido in un’ottica di breve periodo, ovvero in un arco temporale dove non è possibile modificare la capacità produttiva; ampliando invece al medio-lungo periodo entrambi le categorie assumono la caratteristica di variabilità. Le decisioni strategiche di pianificazione a lungo termine presuppongono che i costi connessi a tali piani siano esenti da vincoli, al contrario rappresentano un punto di forza per il
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lancio di nuovi prodotti, per l’acquisizione di nuovi clienti, ecc. e quindi tali costi possono subire delle variazioni, per un eventuale riassetto produttivo e/o organizzativo.
Avi, in merito alle definizioni date, chiarisce dicendo che “il costo variabile sia
complessivamente variabile ma unitariamente fisso mentre il costo fisso sia complessivamente fisso ma unitariamente variabile”; questo viene spiegato dal fatto che, benché aumentino i
volumi di produzione, il costo variabile di ogni singola unità prodotta è costante, mentre all’aumentare della produzione la quota-parte di costo fisso si riduce poiché viene imputata ad un maggior numero di unità. L’informazione di costo variabile unitario, spiega Agliati, “deve
essere costruita in modo che gli eventuali scostamenti rilevati da un periodo all’altro tra aziende diverse esprimano: differenti rendimenti e/o livelli di produttività […] differenze nei prezzi-costo di acquisizione dei fattori variabili”.
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Accanto a queste due categorie di costi se ne affianca una terza definita costi semi-variabili, che rappresentano una parte consistente di costi che un’impresa sostiene; è contraddistinta da una quota variabile e da una quota fissa, che vanno correttamente identificate per la successiva imputazione al prodotto (fig. 9).
Figura 10 - Rappresentazione dei costi semi-variabili
A sua volta esistono due categorie in base all’andamento che assume: nella prima è visibilmente distinguibile la quota di costi fissi da quelli variabili, mentre nella seconda assume un andamento “a gradini”, il che rende più difficile un’identificazione e separazione tra la quota fissa e quella variabile; questa operazione assume inevitabilmente un carattere soggettivo.
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La seconda classificazione, inizialmente presentata, riguarda i costi speciali (o specifici) e costi comuni; questa tipologia distingue gli elementi di costo in base al rispettivo “grado di attribuibilità”.
I costi speciali assumono tale connotazione qualora possano essere imputati in modo diretto ed oggettivo ad un determinato reparto, processo o prodotto; diventano costi comuni, al contrario, nel caso in cui forniscano le proprie utilità ad una pluralità di attività o prodotti, ai quali non è possibile esplicitare relazioni causali univoche e quindi la cui ripartizione può avvenire solo sulla base di criteri stabiliti.
Anche in questa situazione bisogna chiarire il perimetro di riferimento dell’analisi; considerando l’impresa nel complesso, tutti i costi risulteranno specifici, al contrario più il livello si abbassa nella struttura organizzativa, e maggiore sarà la quota di costi comuni rispetto a quelli specifici.
Una presenza consistente di costi comuni rende più problematico il processo di determinazione analitica delle informazioni di costo; tali informazioni poiché necessitano forzatamente di una “attribuibilità” ai prodotti o servizio dell’impresa in oggetto, dovranno essere ripartite ma non sulla base di criteri oggettivi, bensì secondo ipotesi interpretative delle modalità di svolgimento della gestione.
Per supportare e facilitare tale operazione possiamo distinguere i costi comuni, a loro volta, in controllabili e non controllabili, altresì definibili rispettivamente specializzabili e non specializzabili. Con la prima sotto-categoria si accolgono quei costi comuni che pur non avendo una connessione diretta con i prodotti/processi/reparti dell’impresa, possono essere imputati agli stessi seguendo dei criteri sufficientemente oggettivi; al contrario per i costi non specializzabili (o non controllabili) non esiste un criterio sufficientemente oggettivo che ne garantisca un’oggettiva ripartizione, poiché riguardano l’impresa nella sua interezza e globalità. Ad esempio, possiamo classificare come costo specializzabile l’energia, nel caso in cui si possa predisporre un contatore nel reparto che determini l’esatto consumo di corrente, mente per i costi non specializzabili lo stipendio del direttore generale, la polizza assicurativa, la pubblicità istituzionale, ecc.
L’ultima categoria da analizzare riguarda i costi diretti e i costi indiretti.
Con la prima categoria identifichiamo quei costi che possono essere attribuiti in maniera esclusiva e specifica ad un oggetto di costo; la loro attribuzione avviene in base all’effettivo consumo o all’assorbimento dei fattori produttivi e viene espressa attraverso una relazione
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numerica. I costi indiretti, al contrario, non essendo attribuibili direttamente all’oggetto di interesse, richiedono l’individuazione di criteri di ripartizione attraverso cui distribuirli.
Anche per questa classificazione incide quello che abbiamo definito “oggetto di costo”; modificando il soggetto di analisi, prodotto, processo, reparto, servizio che sia, si modificherà anche la natura di tutti i costi e pertanto è logico dedurre che tale individuazione andrà stabilita a priori e, nel caso venga modificata, richiederà una revisione di tutte le poste.
I costi diretti sono sempre di natura variabile, poiché “a una quantità predefinibile di fattore
corrisponde una unità di prodotto e la relazione che li lega è biunivoca” 22; i costi indiretti possono, invece, essere di natura variabile o fissa. Per la categoria indiretti variabili, significa che tra il prodotto/servizio e il fattore indiretto esiste un rapporto biunivoco simile a quello dei costi diretti variabili; ciò significa che non potendo essere riferibile in maniera oggettiva ad un prodotto, tale costo si modifica comunque in base alla quantità prodotta. Un costo indiretto è fisso, invece, qualora il loro ammontare non varia in funzione del volume di prodotti realizzati.
Riassumendo, possiamo dire che quanto maggiore è il peso assunto dai costi diretti, tanto più l’informazione di costo del prodotto/servizio sarà neutra e oggettiva.
22- Riferimento al cap.II nella sezione che affronta la classificazione dei costi; M.BERGAMIN BARBATO, “Programmazione e controllo in un’ottica strategica”, UTET, 1997.
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Figura 11 - Diagramma riepilogativo classificazione analitica di costo