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Claudio Smiraglia Guglielmina Diolaiuti

Nel documento Il sito della ricerca in agricoltura (pagine 46-55)

Dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio”

Università degli Studi di Milano Via Mangiagalli, 34 - 20133 Milano

e-mail: [email protected]

Introduzione

Da tempo le ricerche scientifiche hanno messo in evidenza sia a livello locale sia a li-vello globale le relazioni fra l’evoluzione in atto nella criosfera e le tendenze climati-che. In particolare è emerso come i ghiacciai rispondano in misura ben avvertibile al-le variazioni climatiche anche di lieve entità e di breve durata. Questi sistemi naturali possono quindi essere considerati attendibili indicatori ambientali, funzione che si uni-sce a quella ben nota di importanti modificatori del paesaggio (è appena il caso di ri-cordare che durante le glaciazioni pleistoceniche i ghiacciai hanno lasciato tracce ben evidenti su un terzo delle terre emerse) (Smiraglia, 1992; Benn & Evans, 1998; Oerle-mans, 2002; Smiraglia & Diolaiuti, 2005). Attualmente si sta sempre più evidenziando l’importanza dei ghiacciai sia come attrazione a livello turistico, sia come riserva di ac-qua per l’irrigazione e la produzione di energia. Si tratta in pratica di una risorsa eco-nomica preziosa che è opportuno conoscere per quantificarla e per ottenere informa-zioni sulla sua evoluzione.

I parametri fondamentali da determinare sono sicuramente quelli riguardanti le super-fici, gli spessori (e i volumi) e le loro variazioni. Sono dati disponibili a diverse scale tem-porali e con diverse precisioni. Le serie più lunghe di dati di variazioni glaciali riguarda-no le variazioni di lunghezza misurate da caposaldi esterni ai ghiacciai (misure frontali), raccolte a cura del Comitato Glaciologico Italiano a partire dalla fine del XIX secolo. Lo stesso ente ha realizzato un primo catasto dei ghiacciai italiani nel 1959-1962, seguito da

I ghiacciai rappresentano non solo dei sensibili indicatori delle varia-zioni climatiche, ma costituiscono anche un’importante risorsa idrica. È quindi op-portuno valutarne dimensioni ed evoluzione. In Lombardia i ghiacciai coprono una superficie di poco più di 100 km2e racchiudono una riserva di acqua stimata in circa 4,6 miliardi di m3concentrati prevalentemente nei gruppi montuosi del Bernina-Di-sgrazia, dell’Ortles-Cevedale e dell’Adamello. Elaborando i dati sulle variazioni fronta-li raccolti a cura del Comitato Glaciologico Itafronta-liano sin dall’inizio del XX secolo, si con-stata che i ghiacciai lombardi sono in netto regresso con valori che oscillano da pochi metri a quasi 20 m all’anno. Questo regresso è stato interrotto solo da una breve ripre-sa fra gli Anni Settanta e Ottanta del XX secolo. Un’analisi sull’omogeneità della rispo-sta dei ghiacciai ai fattori forzanti del clima ha evidenziato che sono i ghiacciai valli-vi con le fronti alle quote più basse, e normalmente presentano maggiore lunghezza e più ampie superfici, a risentire in misura maggiore dell’incremento termico in atto. Il loro regresso è quindi la risposta ad una variazione nel delicato equilibrio fra ablazio-ne e accumulo. L’accelerazioablazio-ne del regresso all’inizio del XXI secolo sembra indicare che questo processo non abbia ancora raggiunto un nuovo equilibrio.

A b s t r a c t

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un aggiornamento nel 1989. In Lombardia la situazione appare favorevole in quanto è sta-to realizzasta-to nel 1992 un altro catassta-to ad opera del Servizio Glaciologico Lombardo, se-guito nel 2005 da un ulteriore catasto commissionato dalla Regione Lombardia e realizza-to dal Dipartimenrealizza-to di Scienze della Terra dell’Università di Milano. Da segnalare infine altri data base, in particolare quello del CESI, riguardante le variazioni di tutti i ghiacciai italiani, e la recente ricerca della Fondazione Lombardia per l’Ambiente nell’ambito del Progetto Kyoto.

I ghiacciai lombardi come risorsa idrica

Secondo il catasto del Servizio Glaciologico Lombardo all’inizio degli Anni Novanta del XX secolo i ghiacciai in Lombardia erano circa 300 con una superficie totale di poco più di 118 km2. La quantificazione della superficie dei ghiacciai viene effettuata utilizzando car-te topografiche a grande scala, foto aeree, immagini da sacar-tellicar-te, rilievi di car-terreno, e forni-sce dati sufficientemente attendibili, soprattutto quando i vari metodi siano usati in modo integrato. La determinazione di spessori e volumi, da cui ricavare l’equivalente in acqua è invece molto più complessa. Le perforazioni sono logisticamente molto complesse, so-no dispendiose dal punto di vista ecoso-nomico e forniscoso-no solo dati puntuali. Più diffusi sono i rilievi geofisici (oggi in particolare mediante RES, Radio Echo Sounding), realizza-ti per quanto riguarda le Alpi Lombarde su meno di una decina di ghiacciai (fra i quali i Forni, il Dosdè, la Sforzellina, l’Adamello) (Merlanti et al, 1995; Pavan et al, 200; Frassoni et al, 2001). Anche con questo metodo non è tuttavia possibile ricavare informazioni al di là delle situazioni locali. Si preferisce quindi applicare metodi indiretti che partano da pa-rametri già disponibili, presenti nei catasti. Fra questi trova applicazione l’algoritmo pro-posto da Haeberli & Hoelzle (1995), che, utilizzando il dislivello fra quota media e quota minima di un ghiacciaio, la sua lunghezza e la sua inclinazione e applicando le leggi del-la reologia gdel-laciale, permette di stimare lo spessore medio di un apparato e di ricavarne il volume di ghiaccio. Applicando a questo dato il valore medio di densità del ghiaccio, si ottiene una stima dell’equivalente in acqua (per un’applicazione ai ghiacciai del Ceve-dale si veda Smiraglia et al, 1998).

Nella Tabella 1 vengono presentati alcuni dati sulle caratteristiche dei ghiacciai lom-bardi ricavate da elaborazioni del Catasto SGL del 1992. Oltre ai principali parametri

mor-Tabella 1. Caratteristiche dimensionali dei ghiacciai lombardi divisi per gruppi montuosi GRUPPO MONTUOSO media della Media della superficie media del media dello VOLUME VOLUME

QUOTA minima LUNGHEZZA massima TOTALE DISLIVELLO SPESSORE TOTALE TOTALE we

m m km2 m m m3 m3

SPLUGA E VAL DI LEI 2645 564 3.44 254 10 54407609 49510924

BERNINA E DISGRAZIA 2716 678 40.22 296 8 1509047025 1373232793

CAMPO E LIVIGNO 2764 534 7.65 260 7 145267457 132193386

ORTLES-CEVEDALE 2872 956 38.60 381 9 1485403304 1351717006

ADAMELLO2782 2782 582 26.36 249 12 1897586453 1726803673

OROBIE 2405 2405 386 1.47 215 7 17069188 15532961

2697 617 118 276 9 5108781037 4648990743

fologici e dimensionali (quota minima, lunghezza, superficie, dislivello), sono indicati anche spessori medi, volumi totali e volumi di acqua equivalente, we), ricavati con gli algoritmi sopra descritti (per gli approfondimenti metodologici si rimanda alla biblio-grafia citata). I dati sono valori medi o totali suddivisi nei sei gruppi montuosi della Lombardia.

Come appare dalla tabella, i gruppi maggiormente glacializzati sono quelli del Ber-nina-Disgrazia e dell’Ortles-Cevedale, seguiti dall’Adamello. Colpisce l’esiguità degli spessori medi sia a livello regionale sia a livello dei singoli gruppi, che sottolinea ulte-riormente la fragilità della “risorsa ghiacciai”. La maggior parte dei ghiacciai lombardi è infatti caratterizzata da superfici e spessori esigui. Spiccano in ogni caso apparati di dimensioni relativamente grandi, fra i quali il vasto Ghiacciaio dell’Adamello, il mag-giore delle Alpi Italiane (18,13 km2di superficie; 91,9 m di spessore medio; 1,7 milio-ni di m3 di ghiaccio) e il Ghiacciaio dei Formilio-ni in alta Valtellina (rispettivamente 12,90 km2; 58,7 m; 0,7 milioni di m3).

L’insieme dei ghiacciai lombardi costituisce tuttavia una risorsa idrica non trascurabi-le di quasi 5 miliardi di m3di acqua, di interesse strategico, che si rivela particolarmente utile e talora determinante nei periodi siccitosi come l’estate 2003. Per avere un termine di raffronto si ricordi che il più grande dei bacini artificiali lombardi, quello di Cancano in alta Valtellina, ospita 123 milioni di m3di acqua, mentre altri di grandi dimensioni, co-me quello di S. Giacomo e di Campo Moro, contengono rispettivaco-mente 64 e 10,7 milio-ni di m3di acqua.

Appare dunque di evidente importanza di delineare lo “stato di salute” dei ghiacciai lombardi” e individuare l’evoluzione in atto.

L’evoluzione in atto dei ghiacciai lombardi

I parametri glaciologici utili all’identificazione della dinamica recente dei ghiacciai sono le misure di variazione frontale e i bilanci di massa. Per quanto riguarda la loro significativi-tà è ormai noto a livello teorico che questi due parametri sono raccordabili alle dinami-che climatidinami-che con due modalità diverse, ma complementari.

Le variazioni frontali costituiscono, infatti, l’ultimo anello di una catena di eventi che, partendo da una perturbazione climatica globale, si concretizza in una perturbazione cli-matica locale, seguita da uno squilibrio nel bilancio di massa del ghiacciaio, da una tra-smissione di massa per raggiungere un nuovo equilibrio e infine dalla risposta della fron-te. Questa sequenza può avvenire in tempi di diversa estensione (a livello alpino da qual-che anno a qualqual-che decennio), qual-che dipendono fondamentalmente dalle caratteristiqual-che geo-topografiche, morfologiche e geometriche proprie di ciascun ghiacciaio. La misura eseguita alla fronte è quindi il risultato finale (limitatamente al momento in cui viene ef-fettuata la misurazione) di una catena di eventi che può prolungarsi nel tempo e non es-sere immediatamente correlabile con gli eventi meteorologici registrati nel periodo imme-diatamente precedente la misura.

Il bilancio di massa, diversamente, rappresenta la somma algebrica delle variazioni di massa (perdite e/o guadagni) avvenute nel corso di un anno idrologico (dal primo di Ot-tobre di un anno alla fine di Settembre di quello successivo), e fornisce pertanto un dato

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immediatamente correlabile con i parametri meteorologici di quell’anno.

Le due metodologie richiedono inoltre tecniche di misura e raccolta dei dati molto di-verse come competenza degli operatori, disponibilità strumentale, impegno logistico. Que-sto fatto, unito ovviamente al progresso teorico e applicato della ricerca in campo glacio-logico, ha fatto sì che, mentre le misure di variazione frontale sono iniziate sulle Alpi Ita-liane e in particolare Lombarde nel 1895 (si dispone quindi di alcune serie ultracinquan-tennali), i bilanci di massa siano iniziati sulle Alpi Italiane nel 1966 e sulle Alpi Lombarde nel 1986 (le serie disponibili in Lombardia sfiorano il ventennio di dati).

I dati sulle variazioni frontali, i quali unicamente si farà riferimento in questo lavo-ro, sono stati raccolti dalle pubblicazioni del Comitato Glaciologico Italiano “Bollettino del Comitato Glaciologico Italiano” dal 1914 al 1977 e “Geografia Fisica e Dinamica Qua-ternaria” dal 1978 al 2005. La loro elaborazione ha permesso per 20 ghiacciai di allesti-re le curve tempo-distanza, esplicative in modo sintetico della loro dinamica frontale. In particolare è stato possibile realizzare 9 serie storiche di variazioni ultracinquantennali (da 50 a più di 50 anni); 3 serie di variazioni ultratrentennali (da 30 a 39 anni); 3 serie di variazioni an-nuali dei quali 57 rilevati

di-rettamente sul terreno e 41 fino al 1864, seppur con so-lo una misura. Nella tabella 2 sono riportati i dati di va-riazione frontale dei ghiac-ciai con le serie storiche più lunghe, mentre nella fig. 1 vengono riportate le curve

Tabella 2. Variazioni frontali cumulate e variazioni me-die annue di un campione di ghiacciai lombardi con serie storiche ultracinquantennali

Ghiacciaio Periodo di misura Variazione totale (m) Variazione media annua (m) Caspoggio 1926-2004 -1365 -17,5 Castelli Est 1925-2004 -438 -5,5 Dosegù 1951-2004 -371 -7 Forni 1864-2004 -2614 -18,7

Scalino 1924-2004 -705 -8,8

Sforzellina 1925-2004 -281 -3,5

Tresero 1950-2004 -300 -5,5

Venerocolo 1952-2004 -229 -4,4

Ventina 1923-2004 -1108 -13,7 Figura 1 - Variazioni frontali cumulate di alcuni ghiacciai lombardi

dall’ inizio del XX secolo

tempo-distanza dei ghiacciai dei Forni, del Ventina, della Sforzellina e del Venerocolo.

Dalla tabella 2 appare chiaro che tutti i ghiacciai campione della Lombardia siano in netto arretramento, pur nelle diverse scale temporali; i valori medi annui di regresso sfiorano i 20 m. Spicca il Ghiacciaio dei Forni che dalla metà del XIX secolo ad oggi è arretrato di oltre 2,5 km con un ritiro annuale di quasi 20 m. Dalle curve della fig. 1 si osserva però che questa fase di regresso non è stata uniforme, ma è stata interrotta ne-gli anni Settanta-Ottanta del XX secolo da una breve ripresa del glacialismo che ha por-tato le fronti glaciali ad avanzare di qualche decina di metri, legata ad una riduzione della temperatura globale di qualche decimo di grado. Si può constatare che per il Ve-nerocolo questa fase di ripresa non è evidente; questo ghiacciaio, situato nel gruppo dell’Adamello, è infatti un debris covered glacier, un apparato la cui lingua di ablazio-ne è ricoperta di morenico con spessori variabili da pochi millimetri a qualche decime-tro. Questa copertura modifica gli scambi energetici fra ghiaccio e atmosfera e, se supe-riore a qualche centimetro, riduce l’ablazione, rendendo il ghiacciaio meno sensibile ai fattori forzanti climatici.

Può essere poi utile per quanto riguarda il tempo di risposta dei ghiacciai e quindi la persistenza della loro riserva idrica, verificare la contemporaneità del segnale climatico da loro registrato e quindi il loro comportamento più o meno in fase. L’utilizzo di matrici che hanno correlato fra di loro le variazioni frontali dei ghiacciai lombardi ha messo in evi-denza comportamenti omogenei e in fase a vari livelli e su vari periodi. Come primo ri-sultato si può osservare che le correlazioni più significative sono risultate quelle riguar-danti le variazioni frontali fra gli Anni Settanta e Ottanta del XX secolo avvenute durante la piccola fase fredda della seconda metà del Novecento. Ciò fa ritenere che durante una fase di espansione glaciale, anche se di limitate dimensioni e durata come quella citata, la reazione delle fronti glaciali sia più omogenea che non durante le fasi di intenso ritiro. In questo secondo caso sulla dinamica frontale dovrebbero avere notevole influenza, oltre ai fattori climatici responsabili di accumulo e ablazione, anche quelli geografici, morfolo-gici e dimensionali.

Per meglio comprendere il significato di queste correlazioni si sono presi in consi-derazione vari parametri legati alle caratteristiche geografiche, dimensionali e morfolo-giche dei ghiacciai analizzati, desunti dal catasto regionale più recente (Regione Lom-bardia, 2004).

Il primo fattore esaminato per interpretare le maggiori o minori correlazioni tra le se-rie di dati di variazione frontale è stata la distanza reciproca tra i ghiacciai analizzati. Già in letteratura è noto che, mentre fra le serie di bilanci di massa di ghiacciai situati relati-vamente vicini gli uni agli altri sono ben correlati (Reynaud et al., 1984; Diolaiuti et al., 2002), la tendenza delle serie di variazioni frontali non è influenzata dalla prossimità geo-grafica. L’elaborazione dei dati dei ghiacciai lombardi conferma quanto noto in letteratu-ra: le serie di variazione frontale non hanno mostrato correlazioni significative in funzio-ne della distanza reciproca degli apparati analizzati. Apparati distanti tra loro anche pa-recchie decine di km sono risultati spesso correlati più significativamente di ghiacciai adia-centi. Uniche eccezioni sono risultati gli intervalli 1953-1989 e 1931-1943 dove si è riscon-trata una seppur lieve corrispondenza tra minore distanza e migliore correlazione dei da-ti di variazione frontale.

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Il passo successivo è consistito nell’analisi dell’influenza dei fattori morfologici e di-mensionali sulle correlazioni tra apparati.

Una leggera influenza nel produrre su ghiacciai anche distanti variazioni frontali in fase sembra essere l’inclinazione media degli apparati (ricordiamo che l’inclinazione me-dia di un ghiacciaio ne influenza lo sforzo di taglio basale e di conseguenza la velocità di sliding, che nella maggior parte dei ghiacciai temperati è la componente principale del movimento e quindi uno dei fattori regolanti l’intensità delle variazione frontale).

Più significativi sono stati i risultati ottenuti utilizzando i valori medi delle varia-zioni frontali dell’ultimo cinquantennio (Tab. 3), risultati sempre negativi per tutti i ghiacciai esaminati e pari in media a –7 m/a. Questi valori sono stati correlati alla lunghezza massima, tipo di analisi, che è tra l’al-tro indipendente dal

Figura 2 - Relazione tra variazione frontale media e lunghezza dei ghiacciai

Figura 3 - Relazione tra variazione frontale media e area dei ghiacciai

Conclusioni un secolo, pur con un lieve rallentamento nella seconda metà del XX secolo, e che ha portato le fronti ad arre-trare da qualche centinaia di

più estesi o più lunghi presentano variazioni medie annue più elevate, mentre ghiacciai di minore estensione areale e/o più corti hanno subito variazioni frontali medie annue più li-mitate. Sono quindi i ghiacciai vallivi che hanno le fronti alle quote più basse, e normalmen-te presentano maggiore lunghezza e più ampie superfici, a risentire in misura maggiore dell’incremento termico in atto. Il loro regresso è quindi la risposta ad una variazione nel delicato equilibrio fra ablazione e accumulo; la reazione si concretizza nel ricollocare le pro-prie fronti ad una quota superiore in condizioni climatiche che permettano di recuperare quel-l’equilibrio. L’accelerazione del regresso all’inizio del XXI secolo sembra indicare che que-sto processo non abbia portato finora al raggiungimento di un nuovo equilibrio.

Figura 4 - Relazione tra variazione frontale media e dislivello del ghiacciai

Tabella 3. Parametri morfometrici e variazioni frontali di un campione di ghiacciai lombardi. La correlazione tra la variazione frontale media e i diversi parametri è risultata rispettivamente di 0,6; 0,6 e 0,7

Nome Ghiacciaio Lunghezza (m) Area (mq) Dislivello (m) variazione frontale media annua (2004-1953)

FORNI 4698 12334298 1170 -14,1

VENTINA 3330 2140711 1300 -12,9

PIZZO SCALINO 2062 1816995 600 -8,1

SFORZELLINA 994 352354 352 -1,7

CASTELLI EST 746 34436 310 -4,2

CASPOGGIO 1042 476733 435 -11,4

TRESERO 1041 656476 390 -5,3

DOSEGÙ 2656 2308455 645 -5,6

VENEROCOLO 2122 1342583 640 -4,4

ZEBRÙ 2128 1210257 710 -2,2

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