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Sistemi colturali e irrigazione

Nel documento Il sito della ricerca in agricoltura (pagine 37-46)

Dipartimento di Produzione Vegetale Università degli Studi di Milano Via Celoria, 2 - Milano e-mail: stefano.bocchi@unimi.it

Sistemi colturali e irrigazione 45 Stefano Bocchi

L’acqua, che per sette decimi copre la terra tanto da conferirle l’aspetto di pianeta az-zurro, nonostante l’apparente abbondanza (il 97% dell’acqua è marina e salata, più del 2 % costituisce i ghiacci delle calotte polari), in realtà è una risorsa che, in molte aree, ri-sulta fortemente insufficiente. Siamo entrati in una fase storica caratterizzata dalle caren-ze e da usi conflittuali della risorsa, con enormi implicazioni di food ed environmental security (sicurezza alimentare e ambientale), salvaguardia degli ambienti acquatici, sta-bilità sociale e politica. Nella seconda metà del ventesimo secolo, la domanda di acqua è più che triplicata, con maggiore richiesta a scopi irrigui per la produzione di derrate ali-mentari. Nello stesso periodo, la fortissima crescita del numero di grandi dighe (da 5000 a 45 000) è risultata la causa maggiore di alterazione di sistemi idrologici fluviali e la fun-zionalità di ecosistemi. Molte economie stanno affrontando queste problematiche, cercan-do di aumentare l’efficienza d’uso, di individuare migliori sistemi irrigui e di riutilizza-zione dell’ acqua (recycling of waste water).

Anche nella UE, ove l’agricoltura irrigua risulta tuttora il maggiore consumatore di acqua, con punte elevate nei paesi Mediterranei (88 % in Grecia, 72 % in Spagna, 59 % in Portogallo), risulta strategico definire politiche di intervento a supporto dei diversi utenti che operano alle diverse scale. Conviene individuare interventi locali (sistema col-turale, sistema aziendale agrario) inserendoli all’interno di logiche pianificatorie territo-riali di più vasto respiro, in grado di superare le separazioni tra i settori (produttivi, in-sediativi, ricreativi) e i relativi conflitti. Una recente rassegna bibliografica di Sander-Zwart e Bastinaanssen sottolinea la necessità di rinnovare le ricerche sulla produttività dell’ac-qua, che presenta una elevata variabilità sia tra le specie coltivate, sia all’interno dei

si-L’’evoluzione dei sistemi colturali in Lombardia, sotto la spinta di esi-genze mutevoli nel corso dei secoli, ha da sempre richiesto una continua revisione del-le tecniche di irrigazione. L’azienda agraria di oggi, senza poter dimenticare l’eredi-tà del passato, deve seguire strategie innovative di gestione dell’acqua, in modo da mi-gliorarne l’efficienza d’uso all’interno dei moderni sistemi colturali, rispondendo sia a logiche di mercato sia a esigenze di sostenibilità ambientale, all’interno di un qua-dro normativo europeo che la stimola a cogliere numerose opportunità nella tutela delle risorse naturali.

In questo panorama, risulta opportuno non solo allargare e approfondire le conoscen-ze, ma anche mettere a punto nuovi strumenti per l’elaborazione dei dati, la loro in-tegrazione, la rappresentazione cartografica, il monitoraggio ed offrire all’azienda servizi ad elevato livello qualitativo.

A b s t r a c t

stemi colturali. La Produttività Idrica Colturale (Crop Water Productivity o CWP riferita in bibliografia anche come Water Use Efficiency, efficienza d’uso dell’acqua, viene espres-sa in termini di kg di biomasespres-sa utile/m3di acqua evapotraspirata), risulta pari a 1,09 kg /m3per il frumento e per il riso, 0,65 kg/m3per il cotone, 1,80 kg/m3per il mais. Zwart e Bastiaanseen fanno osservare la grande variabilità di risposta delle specie coltivate: per il frumento i valori sono compresi nell’intervallo 0,6 – 1,7 kg/m3; per il riso 0,6 – 1,6 kg/m3; per il cotone 0,41 – 0,95 kg/m3; per il mais 1,1 – 2,7 kg/m3). Tale variabilità è ri-conducibile non solo alle caratteristiche meteorologiche, ma anche ai sistemi di gestio-ne dell’acqua irrigua, del terreno (lavorazioni) delle colture (fertilizzaziogestio-ne ecc). Con una migliore efficienza d’uso dell’acqua, in condizioni di agricoltura intensiva, si riduco-no i feriduco-nomeni di erosione e di inquinamento delle falde.

L’area geografica corrispondente al territorio Lombardo è caratterizzata da una diffu-sa disponibilità di acqua, dovuta sia al regime pluviometrico sia alla presenza di corsi d’acqua superficiali e di risorgive, in particolare nelle zone di pianura. In queste ultime, quasi il 92 % della superficie risulta oggi irrigua (circa 700000 ha) sia grazie alle deriva-zioni dirette dai corsi d’acqua (89 %) sia grazie a derivaderiva-zioni dalla falda (11 %). Carlo Cattaneo descriveva le trasformazioni effettuate dall’uomo nella pianura Lombarda in questo modo: “ Noi possiamo mostrare agli stranieri la nostra pianura tutta smossa e quasi rifatta dalle nostre mani …. Abbiamo preso le acque dagli alvei profondi dei fiu-mi e dagli avvallamenti palustri e le abbiamo diffuse sulle aride lande … una parte del piano, per arte ch’è tutta nostra, verdeggia anche nel verno, quando all’intorno ogni cosa è neve e gelo. Le terre più uliginose sono mutate in risaje; onde, sotto la stessa lati-tudine della Vandea, della Svizzera, della Tauride, abbiamo stabilito una coltivazione indiana”. (Notizie naturali e civili su la Lombardia, VI congresso degli scienziati italiani).

La pianura irrigua, che si mostrava agli osservatori della metà del XIX secolo “tutta smos-sa e quasi rifatta dalle nostre mani” avrebbe subito nei decenni successivi, ulteriori for-ti trasformazioni. Nelle frasi di Cattaneo si colgono due concetfor-ti: a) l’agricoltura, nel cor-so dei secoli, è stata una formidabile fonte di trasformazione dell’ambiente, ha “rifatto”

la pianura, b) tale trasformazione si è compiuta nell’ambito di un intimo rapporto uomo-risorse naturali, l’espressione “rifatta con le nostre mani” indica un processo fino ad al-lora interno al mondo agricolo, fedele a logiche di relazione non mediata e non in con-traddizione con quelle del settore primario. Del resto, come osservato da Giovanni Haus-samann, i valori etici della civiltà contadina per la società della città, risultano (o sareb-bero risultati) letteralmente astratti, separati dalle loro radici e destinati ad essere rapida-mente schiacciati da quello che, sempre Haussmann, definisce “scienza urbana” (Haus-smann G., 1992).

Gli equilibri strutturali raggiunti e mantenuti dall’azienda agraria fino alla fine de-gli anni ‘50, sembrano quindi disarticolarsi dal dopoguerra ad oggi sotto la spinta del-la “scienza urbana” che trascina l’azienda agraria con ritmi e logiche ad essa non sem-pre congeniali. In Figura 1 vengono riportate immagini di aree rurali degli anni 1955-56 (colonna sinistra) confrontate alle stesse aree negli anni 2000 (colonna destra).

Da queste immagini, si colgono immediatamente le trasformazioni dei sistemi col-turali e del paesaggio avvenute nell’azienda agraria di pianura irrigua lombarda negli ultimi 50 anni (Bocchi et al. 2003, Pileri et al. 2005).

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Immagini a sinistra (azien-da agraria degli anni ‘50, collocata in due aree a di-verso sviluppo) canali) in grado di far pro-durre il prato anche in in-verno, grazie alla tempera-tura dell’acqua superiore a 10 °C (al prato erano desti-nati indicativamente 600 – 700 mm/anno).

2) Gli appezzamenti sono di li-mitata superficie (anche inferiore all’ettaro), delimitati in modo da razionalizzare il la-voro dell’uomo e ottimizzare gli interventi irrigui (recenti studi di agricoltura di preci-sione hanno dimostrato che gli appezzamenti avevano una forte omogeneità tessitura-le interna rispetto agli attuali nei quali l’eterogeneità è fonte di sprechi, inquinamenti, instabilità produttiva);

3) Le rotazioni potevano includere la coltura da rinnovo (mais da granella cui erano de-stinati 200 mm/ciclo produttivo), una cerealicola vernina (frumento cui erano destina-ti circa 100 – 200 mm/ciclo produtdestina-tivo) e tre anni di prato avvicendato (cui erano de-stinati circa 500 – 600 mm/anno; il sistema colturale trae origine da studi del XV- XVI secolo di agronomi lombardi come Agostino Gallo e Tarello da Lonato);

4) L’azienda gestisce un sistema di siepi e filari ai bordi dei campi (il sistema conferisce all’insieme l’aspetto di cosiddetto bocage all’italiana di origine etrusca, evoluzione ro-mana e perfezionamento rinascimentale), sistema che era in grado di svolgere nume-rose funzioni e influire positivamente sui bilanci idrici delle colture.

1a 1b

2a 2b

Anno 1955 Anno 2000

Figura 1 - Foto IGM del 1955 (colonna sinistra) e immagini LANDSAT 2000 (destra) di due aree in provincia di Milano (in verde è evidenziato il sistema siepe/filare molto sviluppato negli anni ‘50 ed estremamente ridotto nel 2000)

Immagini a destra (azienda agraria attuale)

1) Molte aziende agrarie (caso 1b) possono essere considerate ormai sistemi relitti margi-nalizzati o inglobati in aree di espansione urbana, industriale e infrastrutturale ove lo sviluppo post-bellico ha ridotto fortemente la SAU, impermeabilizzato gran parte delle superfici, frazionato i terreni coltivati, compromesso l’armonia dell’azienda agraria, in-fluendo fortemente sui flussi idrici dell’intera area;

2) Le aziende agrarie (caso 2b), seguendo processi di intensificazione (negli anni ’60 –’70 – ’80 la pressione d’offerta da parte dell’industria di mezzi tecnici per l’agricoltura co-me diserbanti, antiparassitari, concimi ternari e semplici, macchine operatrici è forte e crescente) specializzazione, semplificazione hanno cambiato la forma e la dimensione dei terreni. Gli appezzamenti, a seguito di interventi di accorpamento, hanno assunto una dimensione superiore all’ettaro (a volte diversi ettari), forme regolari funzionali ad un elevato livello di meccanizzazione del cereale estivo (mais o riso); nei terreni, la-vorati spesso eccessivamente, diminuisce progressivamente la percentuale di sostanza organica ed aumenta invece – a volte eccessivamente – il contenuto di macroelementi (in particolare fosforo). L’irrigazione è ancora effettuata con metodi a scorrimento, po-co efficienti, po-con turni anpo-cora legati al passato (anpo-cora funzionali alla gestione del pra-to). Le nuove tecniche, sviluppate a partire da studi degli anni ’70 e ’80 e in grado di valorizzare i dati spazializzati oggi disponibili di pedologia, meteorologia, caratteri col-turali, si diffondono con difficoltà.

3) Le rotazioni sono semplificate, con casi di monosuccessione. Il mais viene spesso col-tivato come coltura principale sia per produrre granella, sia per produrre trinciato in-tegrale. Le aziende con allevamento bovino da latte trovano conveniente sostituire gli erbai intercalari dopo frumento con l’erbaio di mais per la produzione di trinciato in-tegrale. Con gli anni ’80 e con l’avvento delle attrezzature in grado di gestire il cosid-detto unifeed (piatto unico) in molte aziende vengono definitivamente abbandonati i prati polititi (il fieno è considerato qualitativamente troppo eterogeneo e poco conve-niente rispetto a quello ottenuto con erbaio di loglio italico); si abbandona definitiva-mente il ladinaio (non adatto alla fienagione). Il sistema più indicato di irrigazione per tali colture sarebbe quello per aspersione a domanda i cui tempi e volumi dovrebbero essere stabiliti in base a bilanci idrici per singolo appezzamento (compaiono i sistemi irrigui a Pivot, Ranger o, più diffusamente, a rotolo autoavvolgente)

4) L’azienda ha ridotto, frammentato, disarticolato il reticolo agroecologico rappresenta-to dalle siepi e filari, non riconoscendone più l’utilità delle funzioni di confine, di fon-te di legname, di fasciame, di piccoli frutti, rifugio per la selvaggina, frangivento, fa-scia tampone ecotonale, filtro naturale a livello atmosferico e tellurico, fonte di biodi-versità per flora e fauna, struttura paesaggistica.

Oggi l’azienda agraria, che deve affrontare nuove regole di mercato e quindi svilup-pare i caratteri di imprenditorialità comuni alle imprese di altri settori produttivi, è chia-mata ad assumere il ruolo di centro di elaborazione di strategie locali per la difesa delle risorse ambientali, con particolare riferimento al suolo e all’acqua. Tutto ciò emerge in modo chiarissimo dalla direttiva quadro sulle acque (2000/60) e dalla nuova Politica Agri-cola Comunitaria (PAC).

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La direttiva quadro sulle ac-que, elaborata in sede comunita-ria europea, promuove un nuovo approccio intersettoriale e nuovi strumenti di intervento per mi-gliorare la qualità non solo delle risorse idriche, ma anche dell’am-biente in generale, presupponen-do un forte coinvolgimento del settore primario, in tutte le sue componenti. Essa contiene im-portanti novità quali, ad esem-pio, a) la richiesta di piani integra-ti di gesintegra-tione delle acque a scala

di bacino con attenzione alle fonti di inquinamento puntiforme e diffuso, alle forme di estrazione, all’uso del suolo; b) l’introduzione di un obiettivo comune europeo di “buo-no stato ecologico” di tutte le acque di superficie e sotterranee; c) l’introduzione di stime dei costi sociali dell’uso dell’acqua; d) l’introduzione delle stime di costi e benefici eco-nomici dei piani di gestione del bacino.

In questa direttiva è esplicito e forte il richiamo a concetti di pianificazione integrata del territorio, di analisi dei sistemi e di applicazione dei dettami della scienza ecologica.

Ogni settore è chiamato a rispondere, in modo appropriato, a questi stimoli agendo almeno su due direzioni: i) di interazione e integrazione con gli altri settori adottando stru-menti comuni di analisi, di ricerca, di rappresentazione delle conoscenze e di progettazio-ne; ii) di ricorso sempre più maturo all’approccio sistemico e interdisciplinare sia in sede di studio sia in sede di intervento.

Quanto più la tecnologia permette l’analisi integrata del dato, la accurata simulazio-ne, la sintesi efficiente, l’efficace e semplificata rappresentazione delle realtà, la rapida cat-tura dell’informazione su vasti territori, tanto più è utile nell’impresa della gestione con-sapevole e della salvaguardia delle risorse.

Del resto emerge anche dalla nuova PAC (Politica Agricola Comunitaria) una chiara esi-genza di integrazione di tecniche di monitoraggio dei sistemi colturali per meglio gestire le risorse naturali su cui si basa l’agricoltura, per assicurare consulenza tecnica all’agricol-tore. A fronte dei contributi che riceve, egli deve dimostrare in modo oggettivo quali so-no le ricadute positive sull’ambiente.

In questo quadro è quindi opportuno rivolgersi alle tecniche che, in termini di moni-toraggio, elaborazione dati, restituzione dell’informazione, assicurano efficacia e rapidi-tà, oltre ad una auspicabile semplicirapidi-tà, in modo da poter essere condivise non solo dai ri-cercatori (molti studi sull’acqua rimangono in ambito accademico a causa della comples-sità nell’approccio e della mancanza della fase di traduzione nella pratica agronomica) ma da tutti gli operatori del settore.

A tal proposito è opportuno, anche in questo settore, su un quadro analitico di taglio agroecologico aziendale e territoriale, individuare indici o indicatori sintetici, in grado di trasmettere l’informazione in modo efficace e rapido. Ad esempio, la CWP viene, come

det-to, utilizzato per esprimere sinteticamente l’efficienza d’uso della risorsa; l’attenzione vie-ne posta sul sistema colturale vie-nel suo insieme, allo scopo di individuare le migliori agro-tecniche e gli assetti agroecologici aziendali che aumentano tale indice; una buona effi-cienza d’uso dell’acqua ha ricadute positive sull’economia e sull’ambiente, in quanto so-no ridotte le perdite o le uscite istantanee dal sistema, soso-no ridotti gli inquinamenti e gli impatti dell’attività agricola. Il cosiddetto paradosso di Monteith (le piante non “usano” l’ac-qua, la sprecano, considerando che un ettaro di mais al massimo di attività assimila 1 metro cubo di acqua al giorno, ma ne traspira circa 80) può essere facilmente superato se si considera che l’acqua non è solo un componente importante della fitomassa, ma è un potente meccanismo di termoregolazione dei sistemi colturali.

Studi bibliografici sull’argomento dimostrano che a) la variabilità delle condizioni nel tempo e nello spazio è altissima; b) è una combinazione di fattori colturali che incide su CWP; c) è possibile aumentare CWP dal 25 al 40 % attraverso un miglioramento delle pratiche agronomiche con particolare riferimento al tipo di gestione del terreno e dei mez-zi tecnici di produmez-zione (lavoramez-zioni, fertilizzamez-zioni).

Vi sono, infatti, numerose modificazioni della superficie del terreno, ottenute con in-terventi di diverso tipo, in grado di influire positivamente sul bilancio idrico, grazie al-l’aumentata capacità del terreno di immagazzinare acqua per renderla disponibile alla col-tura. Le lavorazioni che smuovono strati di terreno e lasciano la superficie irregolare e ru-gosa possono essere causa di maggiori processi di evaporazione rispetto ad una situazio-ne di terreno la cui superficie viesituazio-ne lasciata indisturbata e coperta dai residui colturali.

Nella maggioranza delle ricerche effettuate sulla pratica della non lavorazione si sono ri-portati risultati positivi di aumento di CWP, correlati con una generale aumentata capaci-tà del terreno di trattenere acqua. La non lavorazione associata con la presenza dei resi-dui colturali sulla superficie del terreno non solo riduce i fenomeni di evaporazione, ma può limitare l’erosione superficiale o l’infiltrazione troppo rapida dell’acqua.

La superficie dei terreni sui quali vengono mantenuti i residui colturali è più fresca di quella dei terreni lavorati. Ciò può rallentare la crescita delle piante nelle prime fasi e quindi non è pratica consigliabile nelle aree più fredde o nelle semine precoci.

Una equilibrata presenza nel terreno di elementi nutritivi può influire sulla CWP in quanto una coltura con sufficiente approvvigionamento di nutrienti (con particolare rife-rimento ad azoto e fosforo) è in grado di approfondire maggiormente il proprio appara-to radicale e, quindi, di sfruttare meglio le riserve idriche.

Del resto, numerosissime ricerche dimostrato come l’aggiunta di sostanza organica può determinare un significativo aumento di CWP grazie alle migliorate caratteristiche fi-siche (struttura, equilibrio micro/macroporosità), chimiche e biologiche del terreno.

Le tecniche per aumentare l’efficienza d’suo dell’acqua sono quindi molte, di diversa ti-pologia e attuabili a scala di pianta (incremento dell’harvest index, miglioramento della re-sistenza alla siccità e salinità) a scala di appezzamento (applicazione delle strategie di low input o deficit irrigation, scelta di cv. precoci, modifica delle epoche di semina, lavorazio-ni del terreno in grado di ridurre l’evaporazione e aumentare l’infiltrazione e l’intercettazio-ne dell’acqua, particolare cura delle fertilizzazioni, ecc.) e a scala agro-ecologica territoriale (sistemi di ricircolo dell’acqua, rimpinguamento artificiale controllato delle falde freatiche, ana-lisi spazializzata delle richieste e dei consumi, costituzione e mantenimento di una rete

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logica o sistema siepi/filari in grado di influire su ET e intercettazione dell’acqua).

Recenti studi dimostrano che è possibile raggiungere forti miglioramenti di CWP sia per i sistemi colturali che utilizzano l’irrigazione per sommersione (diffusi sostanzialmen-te nella zona collocata a sud-ovest della pianura), sia per quelli che utilizzano metodi per scorrimento (area centro-meridionale), sia per quelli irrigati con metodi per aspersione (area sud- orientale) che ricorrono a impianti meccanizzati ad ali traslanti o imperniate con ugelli a diversa tipologia, o ancora, per quelli a microportata.

Questa complessità ci induce a pensare che sia possibile raggiungere l’ambizioso obiet-tivo di un migliore e più consapevole uso dell’acqua, solo con uno sforzo diretto da un lato a diffondere un atteggiamento di maggiore rispetto per le risorse naturali e dall’altro a migliorare gli strumenti per il monitoraggio e la consulenza tecnica all’azienda (come pre-visto dalla nuova PAC). Per questi ultimi aspetti appaiono di particolare interesse i risul-tati ottenuti nel campo della modellistica, del telerilevamento e, più recentemente, della geomatica per l’agricoltura e l’ambiente.

Lo studio e il monitoraggio delle colture e dei sistemi colturali, sviluppati negli anni

‘70 con forte impegno di mezzi e di tempo per effettuare osservazioni o misure dirette e spesso distruttive, ha trovato negli anni ‘90 nei modelli di simulazione della crescita e svi-luppo delle colture uno strumento potente e innovativo.

Questi modelli, che affondano le proprie radici nella cibernetica, nella fisiologia del-la produzione, neldel-la climatologia applicata, neldel-la pedologia, nell’agronomia, nelle scien-ze sistemiche, nell’ecologia agraria, grazie agli sviluppo dell’informatica (sia hardware sia software) sono oggi in grado di utilizzare dati relativi alle variabili meteorologiche, pedo-logiche, agronomiche, idropedo-logiche, fisiologiche per simulare il comportamento della col-tura agraria, riproducendone la crescita in biomassa, l’andamento fenologico, le richieste di acqua irrigua e di nutrienti, la produzione. Questi strumenti sono oggi utilizzabili alle diverse scale: quella di singolo appezzamento, quella aziendale e quella territoriale.

Nel mondo esistono interessanti applicazioni di questa tecnologia che integra effica-cemente a) sistemi di acquisizione, organizzazione ed elaborazione cartografica del dato per la spazializzazione con tecniche geostatistiche (es. CropSyst e GIS come nel caso ela-borato da Bechini, Bocchi, Maggiore 2003); b) sistemi per il monitoraggio diretto della col-tura per calcolare in tempo reale il fabbisogno idrico (es. modello ENWATBAL con stru-menti di TDR come ad esempio nel caso del sistema Texano descritto da Lascano (2000).

I cosiddetti Irrigation Advisory Services (AIS) utilizzano in modo integrato tecniche di modellistica, di Geographic Information System (GIS), di Remote Sensing (RS) potenziate da strumenti di Information Technology (IT) all’interno di sistemi che giornalmente pos-sono fornire agli agricoltori prodotti di facile e immediata interpretazione (tabelle di pa-rametri o mappe di deficit) utili per razionalizzare l’irrigazione delle colture. L’innovazio-ne risiede proprio L’innovazio-nel doppio passaggio di a) utilizzazioL’innovazio-ne integrata di tecniche di RS che consentono di superare l’attuale metodica basata sulla stima di deficit idrici delle coltu-re sulla base di modelli agrometeorologici e osservazioni di campo; b) utilizzazione di IT

I cosiddetti Irrigation Advisory Services (AIS) utilizzano in modo integrato tecniche di modellistica, di Geographic Information System (GIS), di Remote Sensing (RS) potenziate da strumenti di Information Technology (IT) all’interno di sistemi che giornalmente pos-sono fornire agli agricoltori prodotti di facile e immediata interpretazione (tabelle di pa-rametri o mappe di deficit) utili per razionalizzare l’irrigazione delle colture. L’innovazio-ne risiede proprio L’innovazio-nel doppio passaggio di a) utilizzazioL’innovazio-ne integrata di tecniche di RS che consentono di superare l’attuale metodica basata sulla stima di deficit idrici delle coltu-re sulla base di modelli agrometeorologici e osservazioni di campo; b) utilizzazione di IT

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