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Nel 1778 Giovanni Battista Borsieri fu nominato archiatro dell’arciduca Ferdinando e si allontanò sempre più dal suo impegno come docente, pur mantenendo la cattedra pavese. Le lezioni furono allora affidate a Carlo

88Cfr. la lettera di Borsieri a Firmian, 10 febbraio 1772, in ASMi, Studi, p.a., cart. 375. Borsieri

si oppose alle pretese del collega Michele Rosa che nel ruolo degli insegnamenti dell’anno 1771 pretese per sé una cattedra di medicina pratica-teoretica lasciando al collega solo un insegnamento di pratica clinica. L’anno successivo Rosa si trasferì a Modena e così Borsieri ottenne entrambi gli insegnamenti insieme a quelli di materia medica e chimica. Cfr. A. Corradi), Memorie e documenti per la storia dell’Università di Pavia e degli uomini più illustri che vi insegnarono, I, Pavia, 1878, cit., p. 211.

89 In particolare Teodoro Meda, veciministro dell’ospedale, non condivise le migliorie

progettate da Francesco Sartirana, colpevole di aver «ecceduto nell’esercizio della sua autorità». Meda fu scettico anche per quanto riguarda l’insegnamento della clinica in ospedale, ulteriore elemento di aggravio delle spese a bilancio. Cfr. ASMi, Luoghi pii, p.a. cart. 453.

Lomeno Gallarati, un medico pavese appartenente al collegio cittadino che non si era mai particolarmente distinto per i suoi meriti scientifici90.

Nel 1781 Giuseppe II chiamò a Pavia Samuel Auguste Tissot, celebre autore del trattato L’Onanisme (1760) e dell’Avis au peuple sur sa santé (1761)91. In un momento in cui il neo imperatore era fortemente deciso a rilanciare la stagione delle riforme, il nome del medico svizzero sembrò il più adatto a portare una forte ventata di rinnovamento nella didattica e nella pratica clinica. Tissot aveva studiato a Montpellier ed aveva acquisito un’ottima reputazione grazie alle sue posizioni innovative in campo medico: deciso sostenitore dell’inoculazione del vaiolo, aveva pubblicato un’opera di taglio divulgativo sull’argomento. La sua sensibilità verso le malattie sociali, legate alle condizioni di vita della popolazione, lo aveva spesso spinto a dare alle stampe opere destinate a un pubblico generico e il successo del suo Avis gli aveva procurato anche la stima di Rousseau, consacrandolo definitivamente sull’altare delle menti illuminate.

Era dunque un nome di forte richiamo quello che il 26 novembre 1781 lesse la prolusione al corso di clinica dell’ateneo pavese. Nella lezione inaugurale92, Tissot pose la chiave di volta che avrebbe dovuto sorreggere il

90 Cfr. P. Mazzarello, Storia della medicina pavese, cit. p. 382.

91 Per un profilo biografico di Tissot si veda A. Emch- Dériaz, Tissot, Physician of the

Enlightenment, P. Lang, New York, 1992. Per l’Avis si veda L. Benaroyo (ed.), L'avis au peuple sur sa santé de Samuel-Auguste Tissot (1728-1797): la voie vers une médecine éclairée, Juris Druck Verlag, Zurich, 1988.

92 Nel suo Essai sur les moyens de perfectionner les études de médecine, Tissot dichiara di tradurre

«presque litteralement» il suo piano di insegnamento nella clinica, enunciato nella lezione inaugurale del 26 novembre 1781. Cfr. S. A. Tissot, Essai sur les moyens de perfectionner les études de médecine, Lausanne, 1785, p. 114. Per le citazioni successive si userà la traduzione italiana, pubblicata nello stesso anno della prima versione francese. Come ricordato dall’autore nella prefazione, l’Essai era stato originariamente composto per soddisfare le richieste del ministro Firmian, che aveva chiesto al medico di stendere un piano per la clinica e l’ospedale pavese. Joseph Frank nelle sue memorie ricorda che il padre Johann Peter aveva proseguito il lavoro già intrapreso Tissot per la redazione del nuovo piano di studi per la Facoltà medica. Egli riporta che «Arrivato a Napoli, Tissot aveva trovato il suo piano sul tavolo del celebre Cotugno, il quale gli confidò di averlo ricevuto dal governo di Milano con la richiesta di un suo giudizio in merito. Offesto da questa mancanza di fiducia, Tissot aveva chiesto al governo di restituirgli il suo piano […]». Cfr. J. Frank, Memorie I, cit., p. 183. Non sappiamo quanto il racconto di Frank corrisponda al vero: nella prefazione al suo Saggio, Tissot spiega infatti che aveva dovuto interrompere il suo lavoro per il sopraggiungere della morte di Firmian e che solo qualche anno più tardi si era deciso a concludere e quindi pubblicare le proprie riflessioni.

nuovo insegnamento: il professore si disse «persuaso che la gioventù s’instruirebbe molto meglio col trattar gli ammalati ella medesima, che nel vederli a trattare»93. Il ‘teatro nosologico’ avrebbe dovuto dunque fare definitivamente largo ad una nuova autonomia di azione riservata agli studenti che, con ogni probabilità, avrebbero prestato «più attenzione con gli ammalati curati da’ loro condiscepoli, che con quelli che curerebbe il professore»94. Tissot spiegò che, così come a Vienna si era prescritto di affidare la cura di qualche ammalato agli studenti, era sua intenzione «confidar loro la cura di tutti»95: ciascun paziente quindi sarebbe stato affidato a due studenti, uno in qualità di capo e l’altro come assistente. Il professore «non è che un semplice spettatore»96 che deve limitare il proprio intervento ai casi più difficili e soprattutto deve aiutare e incoraggiare i «soggetti di natura timidissimi»97. L’attenzione posta sull’istruzione pratica dei nuovi medici non doveva però scontrarsi con i bisogni del paziente, la cui guarigione avrebbe sempre prevalso sugli interessi della didattica. Il professore spiega che:

Lo studente incaricato dell’ammalato, posto unitamente al suo assistente alla sua dritta, essendo il professore a sinistra, l’ interrogherà, e l’esaminerà con decenza, con dolcezza, e con quella bontà, che è sì consolante per questi poveri sfortunati, troppo avvezzi a pensare, che si prende poca cura di essi, e cotanto propria ad inspirar loro la confidenza98.

L’attenzione al malato è un tratto distintivo del programma di Tissot che insistette a più riprese sulla necessità di limitare le visite inutili, troppo spesso fonte di disagio per i pazienti sofferenti. Il discorso clinico si concentra poi sull’importanza di una buona anamnesi: lo studente avrebbe dovuto necessariamente interrogare il paziente sulla sua provenienza, sulle malattie avute in precedenza e, nel caso si trattasse di una donna, sui «mestrui, la gravidanza, i parti, il latte». Si dovevano avere informazioni

93 Cfr. S. A. Tissot, Saggio sui mezzi di perfezionare gli studi di medicina, Napoli, 1785, p. 85. 94 Ibidem.

95 Ibidem. 96 Ivi, p. 90. 97 Ivi, p. 91. 98 Ivi, p. 87.

circa l’inizio dei disturbi e i rimedi adottati, per procedere poi all’esame delle «funzioni vitali» tramite la respirazione, il polso, il «grado delle forze» e la temperatura. A ciò si univa l’esame delle «funzioni naturali» (lo stato della bocca, il gusto, il senso di sete, nausea, appetito, funzioni intestinali) e di quelle «animali» (i sensi esterni ed interni, le facoltà della persona, il suo volto e gli occhi in modo speciale, il sonno e i dolori), calibrando le domande in base ai sintomi riportati.

Tissot definì con precisione le modalità di redazione del diario clinico, uno strumento che egli riteneva utile sia per la preparazione che per la valutazione dello studente. Chi redigeva la «storia della malattia» doveva

[…] seguire non solo la storia di quelli che hanno in cura, ma ancora di alcuni altri, cominciando da uno o due, e progredendo a un più gran numero […] Quegli, che è incaricato della storia di una malattia, dee nel tempo stesso leggere le migliori opere su tal malattia, e farsene un picciolo trattato per suo uso99.

Questo esercizio avrebbe avuto anche lo scopo di aiutare i giovani ad affrontare con più sicurezza le malattie mai trattate in precedenza evitando così l’imbarazzo in cui si trovano coloro i quali

[…] non avendo che veduto, senza digerire e senza paragonare le loro osservazioni, si trovano imbarazzati non solo al presentarsi di una nuova malattia, ma ancora alla visita d’un nuovo ammalato, che abbia la stessa malattia100.

Dal discorso di Tissot emerge una certa attenzione al contatto con il paziente e all’esame fisico concentrato più sul malato che sulla malattia, entrambi segnali incontrovertibili dell’affermazione di un approccio anatomolocalista alla malattia101. Del resto, già Borsieri aveva utilizzato e insegnato ai propri allievi il metodo della percussione toracica messo a punto da Auenbegger102. A ciò si affianca l’approccio all’esame autoptico che ogni studente doveva condurre, o in prima persona o supervisionando i chirurghi dell’ospedale, in caso di morte del proprio paziente. Ogni autopsia

99

Ivi, p. 96.

100 Ibidem.

101 O. Keel, L'avènement de la médecine, cit. pp. 181-182. 102 Ivi, p. 196.

Sarà sempre incominciata da una corta storia della malattia preceduta; indicherà le parti che debbono essere esaminate, farà marcare ciò che si trova di vizioso, e distinguerà i vizi che sembrano essere stati la causa della malattia da quelli che ne sono un effetto. Farà perciò benissimo di legger sempre avanti la dimostrazione ciò che il sig. Morgagni ha scritto sulle sezioni de’ cadaveri, morti da una simile malattia.

L’adesione al metodo anatomo-patologico sembra dunque lampante, considerata anche l’esplicita citazione al testo di Morgagni103. Tissot specifica quali parti dell’anatomia generalmente trascurate sono in realtà essenziali: in primo luogo giudica essenziale l’insegnamento dell’«arte di incidere» per poter sezionare o far sezionare un cadavere senza danneggiare le parti da esaminare, poi spiega l’importanza per la medicina pratica e la legale di «avvezzarsi a giudicare della corrispondenza, che evvi tra le parti esterne, e le interne» per individuare correttamente la causa della malattia. A ciò deve seguire l’insegnamento dell’arte d’ «ingettare» e «macerare» per ottenere dei buoni preparati e un corso di anatomia comparata, tenuto dal professore di anatomia.

Tissot dedica molta attenzione al corso di anatomia che deve essere ben ripartito tra le lezioni tenute dall’incisore anatomico e quelle del professore. Il docente deve indicare dei testi di riferimento tendendo sempre presente che il corso deve essere «alla portata di tutti per la semplicità dell’esposizione»104. Nel testo si specifica che in mancanza di un corso specifico per i chirurghi, le lezioni devono essere tenute in lingua volgare, perché tutto sia compreso al meglio anche dagli studenti meno colti; solo dopo un eccellente preparazione anatomica gli studenti potranno seguire quello di fisiologia «che è della più grande importanza, poiché se non è fatto benissimo, tutto il restante degli studi ne soffre»105. Tissot lamenta però la mancanza di un anfiteatro idoneo per le dissezioni, motivo per cui non

103 Othmar Keel prende Tissot come rappresentante della medicina della seconda metà del

XVII secolo e conclude che la sua attenzione all’esame fisico del malato confuta ogni dubbio circa la medicina dell’epoca che non può più essere definita come une «médecine des symptomes et non des lésions, des patients et non de leurs organes». Cfr. O. Keel, L'avènement de la médecine, cit., p. 196.

104 Ivi, p. 23. 105 Ivi, p. 24.

vennero eseguite così bene come avrebbe desiderato106. I limiti dell’ospedale pavese vengono più volte sottolineati nel saggio, che è in parte dedicato proprio alla costruzione di una nuova clinica107. Tissot ricorda come, durante le riforme dell’Università di Pavia, si fosse deciso di installare uno «spedale clinico, ma il locale fu assai trascurato» e la mancanza di ambienti adatti ostacolò la messa in pratica del progetto d’insegnamento:

Nel primo anno, perché le cliniche erano sì anguste, e di una costruzione seviziosa, che io non vi tratteneva gli studenti, se non quel tempo che è necessario per esaminare attentamente gli ammalati, giudicare del loro stato, e prescrivere ciò che loro era necessario: nel secondo, perché quantunque le cliniche fossero state trasportate in camere più vaste e più ariose, nondimeno la loro contiguità alla gran sala vi occasionava uno strepito troppo incomodo; perché l’istruzione potesse esser tale, quale io l’averei desiderata, e come lo sarebbe divenuta nelle nuove cliniche, ove tutto avrebbe concorso a favorirla108.

In effetti, durante il primo anno del suo insegnamento, Tissot denunciò a più riprese al ministro Firmian le precarie condizioni in cui versava l’ospedale. In una lettera del novembre 1781, poco tempo prima dell’inaugurazione del proprio corso, il professore lamentò le pessime condizione della clinica femminile le cui stanze si trovavano in una posizione troppo bassa, umida, mal areata e dunque decisamente insalubre. Anche la clinica maschile risultava piccola, con pochi letti, troppo vicini, senza lenzuola e spesso condivisi tra più malati109. Qualche mese più tardi, Tissot ritornò sul problema auspicando l’ingrandimento della clinica con l’acquisizione degli edifici vicini e il risanamento di quelli esistenti110. Qualche miglioramento fu poi messo a punto dalla ristrutturazione compiuta dall’architetto Leopoldo

106 Scrive Tissot: «[…] è necessario d’incidere ogni anno un cadavere di donna, come pure

qualche fanciullo morto nel venire alla luce […]. È impossibile senza la cognizione dell’Anatomia delle donne, e de’ bambini, di farsi una giusta idea delle loro malattie». Cfr. S. A. Tissot, Saggio sui mezzi, cit. p. 19.

107 Cfr. la Memoria sulla costruzione di uno Spedale di Clinica, in S. A. Tissot, Saggio sui mezzi, cit.,

pp. 97-108.

108 Cfr. S. A. Tissot, Saggio sui mezzi, cit., p. 56.

109 Cfr. la lettera di Tissot a Firmian, 8 novembre 1781, in ASMi, Luoghi pii, p.a., cart. 465

citata anche in A. Scotti, L’Ospedale San Matteo, cit., p. 202.

110 Cfr. la lettera di Tissot a Firmian, 11 marzo 1782, in ASMi, Luoghi pii, p.a., cart. 465 citata

Pollack, che aveva provveduto ad adattare un nuovo locale per la clinica al primo piano dell’ospedale, all’angolo con il palazzo universitario111.

I miglioramenti apportati non furono però sufficienti a soddisfare le esigenze di un insegnamento seguito da una folta schiera di studenti, spesso anche stranieri, attirati a Pavia dalla fama del clinico svizzero. Gli spazi ristretti a disposizione e il gran numero di allievi spiegano le preoccupazione del professore che incaricò gli studenti più anziani di supervisionare gli ‘assistenti’ più giovani. Il fatto che Tissot esercitasse un forte potere attrattivo sulla popolazione studentesca è confermato anche dall’aumento delle iscrizioni nell’anno 1782 e dagli stessi racconti del professore e dei colleghi che a più riprese testimoniarono il successo riscosso da Tissot112. Nel 1783, al momento della sua partenza, determinata principalmente da motivi personali113, alcuni studenti vollero rendere omaggio al maestro pubblicando una raccolta di componimenti in suo onore114.

La breve esperienza pavese di Tissot non si esaurì con la sua partenza: la capacità di coniugare il neoippocratismo con le nuove conoscenze

111 Cfr. O. Mangili, L'Ospedale S.Matteo di Pavia. Origini, vicende ed episodi in cinque secoli di

vita. 1449-1949, La Bodoniana, Pavia, 1949, pp. 257-258.

112 Nel 1782 il ministro Firmian attribuì l’aumento di studenti stranieri a Pavia al prestigio

che l’Università stava acquisendo anche grazie ai suoi professori. Cfr. ASMi, Studi, p.a, cart. 384. Come risulta dai registri degli studenti, alla partenza di Tissot si registrò un calo sensibile delle iscrizioni; cfr. ASPv, Università, Registri, 814. Nel 1781, lo stesso professore aveva raccontato alla moglie che alla lezione inaugurale del corso avevano partecipato più di cinquecento persone. Cfr. A. Emch-Dériaz, L'enseignement clinique au XVIIIe siècle : l'exemple de Tissot, in «Canadian bulletin of medical history», 4, (1987), p. 155.

113 Molto probabilmente la decisione fu determinata dalla decisione di seguire in Svizzera il

nipote appena laureato. Cfr. A. Emch-Dériaz, L'enseignement clinique, cit., p. 160. In una lettera indirizzata a Johann Peter Frank, Tissot scrisse: «La mia partenza non è dipesa dal fatto che mi trovassi a disagio; avevo deciso di lasciare il mio paese per occuparmi personalmente dell’educazione di mio nipote che ho cresciuto come un figlio. Una volta terminato questo impegno, non avevo motivo per rimanere lontano dal mio paese, dove avevo lasciato mia moglie, dei parenti prossimi e un gruppo di amici che frequentavo da trent’anni, ampi possedimenti agricoli dove posso trascorrere comodamente i mesi estivi senza interrompere le mie occupazioni, oltre ai nove decimi della mia biblioteca. […] A Pavia ho trovato molti giovani geniali, competitivi, disposti a obbedire; in generale, sono molto soddisfatto degli studenti.»; cfr. J. Frank, Memorie I, cit., p. 138.

114 Si veda Sentimenti d’affetto, e di riconoscenza degli studenti di medicina verso il loro Immortale

Precettore il Signor S.A.D. Tissot, Pavia, 1783. Il volume contiene una lunga lista di allievi di Tissot fra i quali si notano alcuni stranieri provenienti ad esempio dalla Grecia o dall’Austria.

fisiologiche e patologiche cambiò definitivamente il concetto di clinica, come dimostrato anche dalle citazioni dell’esperienza pavese fatte da Philippe Pinel nel 1793115.