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L’insegnamento clinico di S Maria Nuova a Firenze

Come già menzionato nel capitolo precedente, l’ospedale di S. Maria Nuova a Firenze fu oggetto nel XVIII secolo di un processo di profonda metamorfosi, come si evince dai nuovi regolamenti emanati e dalla crescente importanza che l’istituto assunse nel panorama intellettuale e scientifico europeo. La Deputazione sopra gli Spedali e i Luoghi Pii di Firenze, attiva tra il 1778 e il 1781, s’inseriva all’interno del medesimo percorso di secolarizzazione delle istituzioni sanitarie che si adottò in Lombardia sotto la guida di Giuseppe II. Nel 1782 il senatore Marco Covoni Girolami fu nominato commissario di S. Maria Nuova e l’anno successivo firmò il nuovo Regolamento per l’ospedale152. Alla razionalizzazione del patrimonio ospedaliero e alla nuova gestione ‘laica’ si affiancò il riassetto del personale e la sistemazione delle ‘scuole’, ossia dei corsi, per i medici e chirurghi. Il Regolamento aveva stabilito che

l’oggetto delle scuole in S. Maria Nuova sarà d’aggiungere ad un medico clinico quelle necessarie istruzioni teoriche e pratiche, le quali non può avere ordinariamente apprese in una pubblica Università, e il formare interamente un abile chirurgo, non meno che un esperto, ed illuminato speziale153.

È dunque chiaramente esplicitato che l’ospedale si sarebbe fatto carico della formazione clinica per i medici oltre che dell’intera formazione di chirurghi e

151 Cfr. R. Pasta, L’Ospedale e la città, cit., p. 93. Per una panoramica sull’ospedalizzazione

della Toscana nel Settecento, Cfr. A. Contini, Le Deputazioni sopra gli Ospedali e Luoghi Pii del XVIII secolo in Toscana: fonti e contesti, in «Popolazione e Storia», I, 2000, pp. 219-244.

152 Con l’accorpamento a S. Maria Nuova dell’ospedale di S. Bonifazio, deputato alla cura

delle malattie mentali e di quelle cutanee, diretto da Vincenzo Chiarugi, fu emanato un nuovo Regolamento dei Regi Spedali di S. Maria Nuova e di Bonifazio (1789). Sull’impegno innovatore di Chiarugi nell’ospedalizzazione e le cure per i malati mentali si veda L. Stroppiana, La riforma degli ospedali psichiatrici di Chiarugi nel quadro del riformismo toscano ed europeo, in «Rivista di storia della medicina», XX, 2 (1976), pp. 168-179; P.L. Cabras, E. Campanini et al., Uno psichiatra prima della psichiatria: Vincenzio Chiarugi ed il trattato Della pazzia in genere, e in specie (1793-1794), Scientific press, Firenze, 1993.

153 Cfr. M. Covoni Girolami, Regolamento dei Regi Spedali di Santa Maria Nuova e di Bonifazio,

speziali. La scuola chirurgica di S. Maria Nuova era certamente nota ed apprezzata da tempo non solo in Toscana: chirurghi di primo piano come Tommaso Alghisi e Antonio Cocchi avevano contribuito a formare giovani esperti anche nelle operazioni più difficili come la litotomia o le operazioni di cataratta ed erniotomia154. Mentre l’ospedale era tradizionalmente il luogo di formazione per eccellenza per i chirurghi, fu l’attenzione alla formazione clinica del medico a qualificare S. Maria Nuova come centro d’insegnamento anche per i medici fisici155. Il nuovo Regolamento aveva previsto l’istituzione delle cattedre «di medicina pratica, d’anatomia, d’istituzioni chirurgiche, di casi pratici di chirurgia, e di operazioni chirurgiche sul cadavere, d’ostetricia, di botanica e materia medica, di chimica, e farmacia, con tutti gli annessi, comodi, ed istrumenti relativi»156. Gli insegnamenti di Botanica, materia medica, chimica e farmacia furono concepiti in stretta correlazione con la pratica clinica e dunque imprescindibili per la formazione dei medici157. La cattedra di medica teorica «dovrà principalmente consistere nell’iniziare i giovani medici praticanti, e i medici astanti dello spedale nelle osservazioni e nell’esame delle malattie, nella cognizione delle loro differenze secondo le diverse stagioni, e nell’applicazione delle teorie alle osservazioni già fatte»158. Si trattava di un insegnamento clinico sia teorico che pratico. Il lettore aveva a disposizione dieci letti nel reparto maschile e altrettanti in quello

154 Cfr. R. Pasta, L’ospedale e la città, cit., p. 90; G. Prontera, Medici, medicina e riforme nella

Firenze dellaseconda metà del Settecento, in «Società e storia», 6, 1984, p. 806. Si veda anche J. Brau, La professionnalisation de la santé dans la Toscane des lumières, «Revue d’histoire moderneet contemporaine», 41, 1994, fasc. 3, pp. 418-439; Ead., La politique sanitaire à l'époque des Lumières: la Toscane et la France à la fin du XVIIIe siècle, in F.O. Touati (éd.), Maladies, médecines et sociétés: Approches historiques pour le present, II, L'Harmattan, Paris, 1993, pp. 154- 163.

155 «[…]Per l’ammissione dei praticanti di medicina si esigerà l’attestato della laurea

dottorale in qualche università. […] quando si tratterà di passaggio, o di promozione dei rispettivi giovani convittori da un uffizio o posto di spedale inferiore ad un grado superiore, si esigerà per i detti giovani concorrenti un complesso di attestati […] quindi si esigerà parimente un esame da farsi loro avanti il presidente agli studi e commissario pro tempore dai rispettivi lettori di anatomia, d’istituzioni chirurgiche, di casi pratici, di operazioni, e di ostetricia». Cfr. Regolamento, cit., p. 218.

156 Cfr. Regolamento, cit., p. 218.

157 Questi insegnamenti non erano obbligatori per i chirurghi per potevano però frequentarli

liberamente. Cfr. R. Pasta, L’ospedale e la città, cit., p. 90.

femminile; i malati erano scelti tra i casi più complicati dal Soprintendente alle infermerie. Il professore aveva il compito di notare «i sintomi e i periodi delle malattie», insegnare «le ricerche da farsi all’infermo, o a chi l’assiste per apprendere la natura, e gli accidenti anco straordinari delle malattie suddette, onde formarne la più giusta possibile indicazione» e, infine interrogare gli studenti «sopra l’idee, che formerebbero di quella tal malattia, e sul metodo che terrebbero per curarla». Gli allievi erano tenuti a stendere le «storie delle malattie più notabili» relazionando con precisione i sintomi presentati, il decorso della malattia e, in caso di morte, l’esito dell’autopsia159. Le dissezioni si tenevano settimanalmente, il giovedì per un’ora, nel teatro anatomico160. Le lezioni di anatomia riguardavano sia i chirurghi che i medici e si configurava come un insegnamento sia teorico che pratico, basato in parte ancora sulla dettatura ma anche sulla spiegazione e la dimostrazione pratica161.

159 Ivi, p. 223.

160 «Due mesi per stagione saranno il tempo prefisso per simile istruzione, cioè il gennaio, e il

febbraio, aprile e maggio, luglio e agosto, ottobre, e novembre. In questi mesi parimente, alla riserva dei mesi di agosto, e ottobre, si faranno, e si detteranno dal medesimo lettore le lezioni in cattedra nel giovedì di ciascheduna settimana dalle ore dieci, alle ore undici della mattina, onde adattare le teorie alle osservazioni». Ibidem.

161 «[Il lettore di anatomia] Darà la storia chiara e precisa di tutte le parti componenti il corpo

umano, secondo quel sistema, che crederà il migliore, e il più proficuo per li scolari, siccome pure farà loro presenti gli autori, che hanno illustrato, e aumentato le cognizioni anatomiche, dettando il tutto, spiegando, dimostrando, ed applicando per il maggior profitto, ed istruzione dei suoi scolari […]»161 Cfr. Regolamento, cit., p. 224. Il settore anatomico aveva a

disposizione tutti i cadaveri dell’ospedale ed aveva il compito di somministrarli «ai giovani studenti cui si spetta per fare le preparazioni richieste dai lettori, e dai professori curanti dello spedale, tanto di medicina, che di chirurgia». Egli aveva anche il compito di vigilare sul corretto comportamento degli studenti nella stanza del taglio affinché «dai Giovani medesimi, e da chiunque altro abbia l’accesso alla detta stanza, non si parli indecentemente, né si manchi al debito rispetto, modestia, e pulizia, per rapporto specialmente ai detti cadaveri, e che non abbia ivi ingresso se non se chi vi ha un diritto o come studente dello spedale, o come autorizzato con espressa licenza del superiore». Ivi, p. 229. Si specificava poi che «non potrà il dissettore somministrare cadaveri né in tutto, né in parte a veruno estraneo, alla riserva del regio gabinetto, ed in quest’ultimo caso procurerà, che gli occorrenti trasporti si facciano ad ore convenienti, o sulla sera, o di buonissim’ora colla debita decenza, e riguardo, e senza la menoma vistosità. Si asterrà il dissettore dal fare le macerazioni nel recinto, stanza, orti, o cortili dello spedale, prevalendosi piuttosto nel caso del camposanto […] per allontanare ogni sospetto di cattivo odore, e di ambiente insalubre prossimo al detto spedale, ed all’abitato».

Erano previsti esami e prove di profitto anche prima della fine del corso. Al termine dell’anno scolastico il lettore di medicina pratica era tenuto a consegnare al Presidente le storie cliniche e il registro degli scolari con le relative idoneità «poste in ordine di merito, incominciando dal più degno, e venendo fino al meno idoneo». I giovani dovevano poi sostenere prove orali e stendere delle dissertazioni valutate con un voto specifico.

Tra il 1781 e il 1783, com’era successo anche a Pavia con la donazione fatta da Giovanni Alessandro Brambilla, la biblioteca dell’ospedale si era arricchita di nuovi volumi, vendendo i volumi non di argomento medico e permutando i manoscritti antichi con testi più aggiornati162. L’attenzione posta sull’istruzione anche teorica dei chirurghi è certamente uno dei segni che attestano l’avvicinamento tra la professione medica e quella chirurgica, e il parziale omogeneizzarsi delle loro rispettive competenze.

Nella prefazione al Regolamento si descriveva il nuovo assetto di S. Maria Nuova «come patrimonio, come spedale, come scuola, e come famiglia». La sua struttura era stata immaginata come «una specie d’albero, che facesse vedere a colpo d’occhio, come dall’unità di un solo tronco ne derivassero le diverse ramificazioni, colla distinzione degli attacchi, connessioni, e derivazioni rispettive; dal che ne risultava il simboleggiato complesso degli attacchi, connessioni, e derivazioni dei diversi impieghi, e impiegati dello spedale».

Nel 1788, il Regolamento generale per le scuole pubbliche estese la normativa vigente per S. Maria Nuova anche alle Università di Pisa e Siena. Come ha sottolineato Renato Pasta, in Toscana in effetti «l’ospedale precede l’Università»163 nella formazione del medico-chirurgo, un modello di

162 Cfr. R. Pasta, L’ospedale e la città, cit., p. 91. Nel 1785 il Granduca Pietro Leopoldo aveva

donato all'Arcispedale una preziosa raccolta di cassette chirurgiche che Giovanni Alessandro Brambilla aveva fatto realizzare al coltellinaio Malliard o Maliar, dello stesso tipo di quella inviata a Pavia per l’ospedale S. Matteo. Si veda G. Belloni, Lo strumentario chirurgico di Giovanni Alessandro Brambilla: dopo il ripristino dai danni dell'alluvione del 4 novembre 1966, Istituto e Museo di storia della scienza, Firenze, 1971.

163 Ivi, p. 93. L’ospedale di S. Maria nuova aveva da sempre impartito i propri insegnamenti

in sostanziale concorrenza con l’ateneo pisano, spesso anticipandone le innovazioni. A Pisa si instaurò una cattedra di chirurgia solo nel 1766 con l’affidamento dell’insegnamento a Francesco Vaccà Berlinghieri. In precedenza gli studenti frequentavano l’insegnamento chirurgico di Santa Maria Nuova da maggio ad ottobre, mesi di chiusura dell’ateneo pisano.

insegnamento che sarà apprezzato anche all’estero come si evince da una relazione presentata nel 1792 da Nicolas René Desgenettes, uno dei capi del sevizio sanitario dell’esercito di Napoleone. Nelle sue Observations sur l’einsegnement de la médecine dans les hopitaux de la Toscane, lues à la Societé royale de médecine de Paris dans sa séance du 15 mai 1792 egli precisò infatti che oltre ai medelli delle grandi cliniche come Leida, Edimburgo, Vienna, Gottinga, Milano, Pavia, Erlangue e Genova:

Il existe encore d’autres institututions qui, quoique parfaitement bien dirigées, sont beaucoup moins connues; tels sont par exemple, les principaux hopitaux de la Toscane, où l’on enseigne les différentes branches de l’art de guérir, d’une manière théorique et pratique164.

Cfr. E. Panicucci, Dall’avvento dei Lorena, cit., p. 89. Per disposizione granducale nel 1783 si stabilì che presso l’ospedale S.Chiara di Pisa fossero messi a disposizione del lettore di medicina pratica, Francesco Torrigiani, alcuni letti per illustrare i casi pratici agli studenti. L’istituzione di una vera e propria cattedra clinica a Pisa risale al 1786. Cfr. C. Fedeli, La clinica medica della Università di Pisa (1778-1921), Officina Folchetto, Pisa, 1921, p.6; A. Dini, La medicina, in Storia dell’Università di Pisa, vol. 2/II, Edizioni Plus, Pisa, 2000, pp. 663-697.

Capitolo 3

Tra filosofia e medicina. Gli esami e le tesi della