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CLITORIA TERNATEA (L.)

1 Introduzione

1.7 SPECIE AD ATTIVITA’ BIOCIDA OGGETTO DELLA RICERCA

1.7.1 FAMIGLIA FABACEAE

1.7.1.2 CLITORIA TERNATEA (L.)

Conosciuta anche come Clitoria albiflora (Mattei), Clitoria bracteata (Poir.),

Clitoria meamsii (De Wild), Clitoria tanganicensis (Micheli), Clitoria

zanzibarensis (Vatke), C.. ternatea L. appartiene alla Sottoclasse Rosidae,

Ordine Fabales, Famiglia Leguminosae (Fabaceae), Tribù Phaseoleae, Subtribù Clitorinae; numero cromosomico diploide 2n=16.

Comunemente conosciuta come ‘Butterfly pea’, è stata usata per centinaia di anni nella medicina popolare, come agente calmante, ansiolitico,

antidepressivo, anticonvulsivo, tranquillante, sedativo e per aumentare la memoria.

E’ chiamata anche “conch flore” o “shankapushpi” e, nella medicina tradizionale indiana, è conosciuta come “aparajit” (Hindi), “aparajita” (Bengali), e “kakkattan” (Tamil).

Da essa è stata isolata un'ampia gamma di metaboliti secondari, fra cui triterpenoidi, glicosidi flavonoidi, antocianine e steroidi. Gli estratti possiedono molte proprietà farmacologiche, antimicrobiche, antipiretiche antinfiammatorie, analgesiche, diuretiche, anestetiche, antidiabetiche, insetticide, inibitrici dell'aggregazione piastrinica e rilassanti della muscolatura liscia. Trova largo uso nella medicina tradizionale aiurvedica, per la sua capacità di curare molte malattie e gli studi scientifici lo hanno confermato.

Sembra essere nativa dei Caraibi, dell'America Centrale e del Messico. Subito dopo la conquista spagnola si estese al Subcontinente indiano, dove ha trovato uso nella medicina tradizionale, specialmente in quella aiurvedica. Le radici, i semi e le foglie erano usate come tonico per la mente, in quanto si credeva che sviluppassero la memoria e l'intelligenza.

L'approccio aiuverdico alla prevenzione delle malattie e alla salute prende in considerazione l'intero organismo, la mente e lo spirito; il mantenimento o il ristabilimento della salute e la considerazione degli alimenti sono affrontati con un approccio olistico, sempre più diffuso ed accettato in molte parti del mondo.

“Medhya rasayana” è uno dei maggiori aspetti della farmacopea aiurvedica, che attribuisce lo sviluppo dell'intelletto alle piante medicinali, fra cui troviamo

Clitoria ternatea, Celastrus panniculatus, Acorus calamus, Centella asiatica, e

Withania somnifera.

Con il progredire della ricerca scientifica, sono state studiate molte specie di piante usate nella tradizione aiurvedica, per valutarne le potenzialità terapeutiche ed isolarne i principi attivi. Si è costatato che C. ternatea presenta proprietà farmacologiche e tossicologiche benefiche nel trattamento di disordini neurologici e come ricostituente per la mente. Un numero di metaboliti secondari, attivi a livello biologico e farmaceutico, la rende diffusa per usi etnobotanici ed etnomedici, trasmessi nella farmacopea tradizionale in forma orale o scritta.

Gli estratti alcolici e metanolici delle radici e delle parti aeree hanno attività nootropica, ansiolitica, antidepressiva, tranquillante, sedativa, anticonvulsiva, antistress, antipiretica, antiinfiammatoria ed analgesica. Le antocianine dei fiori (Ternatin A1, A2, B1, B2, D1 e D2) hanno attività antiaggregante piastrinica del sangue e rilassante sulla muscolatura liscia.

Nei semi è stata isolata la già ricordataa proteina, denominata inotin, ad attività antimicrobica, fungicida ed insetticida. Nella frazione solubile dell’etil acetato sono stati individuati flavonoidi glicosidi.

Caratteristiche botaniche ed esigenze ambientali

C. ternatea è una pianta erbacea, ornamentale, esile, rampicante, che può

giungere a 2-3 m di altezza, cresce allo stato spontaneo ed è coltivata nei giardini per i suoi bei fiori bianchi o blu, somiglianti ad una strombo-conchiglia.

Di origine presumibilmente americana, oggi è coltivata e naturalizzata nella fascia umida tropicale del vecchio e del nuovo mondo, fino a 1600 m di altitudine. Si trova in India, nelle Filippine, nei paesi dell’Asia tropicale, nel Sud e nel Centro America, ai Caraibi e nel Madagascar. Negli USA spazia dalla Florida al Texas, dal New Jersey al Kentuchy e l’Arkansas; è largamente diffusa inl Messico, alle Bahamas, Cuba, Repubblica Domenicana, Haiti, Giamaica, Porto Rico ed in Sud America, dal Paraguay all’Argentina (Mukherjee P.K. et

al., 2008). Butterfly pea (o blue o kordofan pea) è diffusa allo stato spontaneo

nelle pianure tropicali dell’Africa, dell’Asia e dell’ America centrale. In Africa cresce nelle praterie, spesso sulle terre nere stagionalmente umide e in terreni sfruttati. In Sudan è coltivata come foraggio, pascolo o sovescio, perché ben si adatta ai suoli argillosi (Kelemu S. et al., 2004).

E’ considerata una buona coltura di copertura, in consociazione con

Sorghum bicolor e Crotalaria juncea. Nelle Barbados con Pennisetum

purpureum, Panicum maximum, Cynodon dactylon, Chloris gayana e Leucaena spp, negli USA è considerata pianta ornamentale (Morris B.J., 2009).

Il sistema radicale di C. ternatea consiste di una profonda radice fittonante, abbastanza robusta, con poche ramificazioni e molte radici secondarie sottili. Le grosse radici orizzontali, che possono svilupparsi per oltre due metri di lunghezza, sostengono da uno a diversi steli consistenti, violacei. La radice fresca è leggermente amara e di sapore acidulo.

La sezione trasversale mostra il floema esterno, composto da una parete di 12-25 file di cellule allungate longitudinalmente, alcune delle quali sono compresse e sfaldate. Il fellogeno ha un solo strato, il felloderma ne ha due o tre, alcune cellule contengono cristalli romboidali di ossalato di calcio. La corteccia è composta da una parete di 10 o 12 strati di cellule, quasi poligonali o allungate longitudinalmente, ricche di granuli di amido. Alcune cellule corticali contengono cristalli romboidali di ossalato di calcio, il nucleo centrale consta di elementi vascolari. Le fibre del floema sono in gruppi di due oppure otto, o solitarie, alcune cellule del parenchima floematico contengono granuli di amido ed altre cristalli di ossalato di calcio.

Gli elementi del legno formano la parte centrale e più importante della radice e consistono di vasi, di parenchima legnoso, fibre legnose e raggi midollari, di solito uniseriati o triseriati, le cui cellule sono tutte piene di granuli di amido, solo alcune contengono cristalli di ossalato di calcio.

La pianta, erbacea perenne, vigorosa, molto resistente, scarsamente pubescente, possiede steli procombenti, suberetti alla base, da 0,5 a 3 m di lunghezza. Le foglie, imparipennate, di 6-13 cm di lunghezza, sono composte da 5-7 foglioline, con stipole persistenti di 1-6 mm di lunghezza, triangolari, con

tre nervature prominenti; il rachide è lungo da 1 a 7 cm, con stipole filiformi, di 2 mm di lunghezza. Le foglioline sono picciolate, ovali, ellittiche o quasi orbicolari, subcoriacee, lunghe 1,5-5 cm e larghe 0,3-3 cm, con apice acuto o arrotondato, spesso a spatola, a base cuneiforme o arrotondata.

Su ambedue le pagine fogliari, scarsamente pubescenti e strettamente appiattite verso il basso, sono presenti stomi rossicci, tricomi pluricellulari, con le due cellule basali più piccole di quelle terminali. La sezione trasversale della foglia mostra una struttura dorsoventrale, le cellule dell’epidermide inferiore della nervatura centrale sono papillose, mentre quelle della lamina non lo sono così evidentemente. Lungo le nervature sono presenti cristalli prismatici di ossalato di calcio; il numero di venature terminali per areola (vein islet number) è 7.5 e la quota del palizzata 6.0.

La pianta porta fiori ascellari, solitari o accoppiati, con peduncoli lunghi 4-9 mm, ruotati di 180 gradi, cosicché i vessilli risultano invertiti. Sono papilionacei, bianchi o azzurri con il centro di colore giallo pallido o arancio, con bratteole persistenti, ovali o arrotondate, di lunghezza pari a 4-12 mm. Il calice, lungo 1,7-2,2 cm, con pochi peli sottili, è un tubo campanulato di 0,8-1,2 cm di lunghezza, con lobi triangolari o oblunghi di 0,7-1 cm, acuti o acuminati. Il vessillo è obovato, sagomato ad imbuto, di 2-5.5 cm di lunghezza, 2-4 cm di larghezza, inciso o arrotondato all’apice.

I baccelli sono lunghi 4-13 cm, larghi 0.8-1.2 cm, appiattiti, duri, lisci, ricurvi, scarsamente pubescenti, di colore marrone pallido, deiscenti a maturità in ambiente secco, contengono 6-11 semi, oblunghi o oblungo-reniformi, di colore giallo-bruno o nerastro, lucidi, spesso screziati, un po’ schiacciati, lunghi 4.5-7 mm, larghi 3-4 mm.

La pianta è autoimpollinante, anche se in alcune popolazioni avviene naturalmente un’impollinazione incrociata, favorita anche artificialmente tramite emasculazioni con l’uso di pinzette. Sono stati identificati genotipi omozigoti per il carattere fiore blu e bianco ed eterozigoti per quello blu. (Hall T.J. et al. 1992). Sono stati inoltre identificati genotipi segreganti, che stanno ad indicare la probabile esistenza di parziali outcrossing tra individui di una popolazione il cui grado di parentela è più basso della media della popolazione stessa (Morris J.B., 2009).

Caratteristiche agronomiche

C. ternatea si adatta a terreni con tessitura argillosa. E' la leguminosa piu'

resistente e produttiva nella stagione asciutta sulle terre grigie nelle zone tropicali del nord Queensland (Australia). Ha dato buoni risultati in diversi tipi di suolo, compresi i litosuoli, le terre gialle, le terre rosse sabbiose, le terre rosse con alta percentuale di argilla; mal si adatta ai suoli sabbiosi non fertili delle aree soggette a frequenti gelate o inondazioni.

La maggior parte dello sviluppo delle piante perenni avviene dall’apice dello stelo principale e dalle branche ascellari, con lo sviluppo di pochi nuovi ricacci.

Questo spiega la scarsa sopravvivenza sotto frequenti tagli o come pascolo libero durante la crescita. C. ternatea sopravvive nel pascolo controllato nella stagione delle pogge e in quello libero durante la stagione asciutta, gli steli rimasti rappresentano punti di ricaccio per la crescita estiva.

L’accrescimento e la fioritura avvengono in primavera, se c’è umidità nel sottosuolo. A giugno, la concentrazione di sostanze nutritive nelle sole foglie ed in tutta la pianta è rispettivamente: 3.05 e 1.49% N, 0.22 e 0.28% P, 0.22 e 0.13% S, 14 e 20 µg/g Zn. Nei terreni argillosi nella stessa epoca, a Normanton, i risultati sono: 2.22% N, 0.32% P, 0.20% S e 20 µg/g Zn in tutta la pianta.

I fiori si possono sviluppare in 4-6 settimane dalla semina e possono passare l’anno, se le condizioni di temperatura e umidità del suolo sono adeguate, in coincidenza della stagione asciutta nelle regioni tropicali.

I semi freschi hanno i tegumenti duri e impermeabili, non germinano o non si imbibiscono d’acqua, ma quando vengono conservati per 6 mesi si può ottenere una germinazione del 15-20%, che può essere aumentata attraverso scarificazione meccanica, acqua calda, acido solforico e KOH. Con la scarificazione meccanica si passa dal 60% al 30% di semi duri.

Nelle zone tropicali, la produzione di seme è ottenuta trattando delle file di piante come se fossero annuali, giungendo a 700 Kg/ha di seme. La maturazione scalare dei baccelli incide sul tempo di raccolta dei semi stessi, fatta non appena i legumi sono giunti a maturità piena, mentre possono essere ancora presenti fiori e semi verdi.

Attività biologica ed impieghi

La specie in esame, oltre che come foraggio fresco o affienato, sovescio, inerbimento, coltura da giardino, può essere utilizzata anche per il suo olio, di alta qualità e come colorante per i cibi (per il colore relativamente stabile del fiore) (Hall T.J., 1992). I fiori raccolti sono usati nelle insalate, i fitochimici, che contribuiscono attivamente alla regolazione dei sistemi vitali dell’organismo, possono essere estratti e commercializzati come nutraceutici, dalle foglie delle piante coltivate possono essere estratti flavonoidi (Morris J.B., 2009).

Dai semi di questa foraggera tropicale è stata isolata e purificata, tramite omogeneizzazione e ultrafiltrazione, una proteina a breve catena, altamente basica, identificata tramite isoelettrofocalizzazione (IEF). Una singola banda proteica è stata ottenuta attraverso elettroforesi su gel di poliacrillammide, in presenza di sodio dodecilsolfato (PAGE-SDS).

La proteina, denominata Finotin, ha un largo spettro d’azione, inibendo lo sviluppo di vari ed importanti funghi patogeni delle piante, quali Rhizoctonia

solani, Fusarium solani, Colletotrichum lindemuthianum, Lasiodiplodia

theobromae, Pyricularia grisea, Bipolaris oryzae e Colletotrichum

gloeosporioides. Inibisce anche il batterio Xanthomonas axonopodis phaseoli e

i Coleotteri Bruchidi Zabrotes subfasciatus (Boheman) e Acanthoscelides

In prove su semi artificiali, preparati con farina di fagiolo comune (cv. ICA Pijao) resa suscettibile, la mortalità dei due Bruchidi è stata inferiore al 3%. Arricchendo i semi artificiali con dosi crescenti della proteina-test, il massimo livello di mortalità larvale (100%) è stato raggiunto alla dose del 5% per Z.

subfasciatus e 1% per A. obtectus.

Il valore del 50% di concentrazione letale (LC 50) può essere considerato basso (meno del 2%): 0.36% per A. obtectus, quattro volte più basso che per Z.

subfasciatus (1.21%). La proteina è più tossica per A. obtectus e altamente

tossica per i primi stadi larvali di entrambe le specie di Bruchidi.

Sezioni di semi infestati hanno mostrato che più del 75% di larve non giunge al secondo stadio. La risposta alle diverse concentrazioni di finotin, come giorni per la comparsa degli adulti, ha dimostrato che i tempi di sviluppo dei pochi adulti sopravvissuti crescono all’aumentare delle concentrazioni della proteina stessa.

Il suo’ampio raggio di azione contro lo sviluppo di funghi, batteri ed insetti, suggerisce che sia un importante componente del meccanismo di difesa naturale di C. ternatea. Il rilascio di finotin, preferibilmente durante la germinazione o la rottura del tegumento del seme, potrebbe contribuire a proteggere la plantula dai patogeni presenti nel seme e nel suolo, aumentandone la possibilità di sopravvivenza in un ambiente altrimenti ostile.

E’ molto interessante notare che, durante stress idrici in prove condotte in serra, questa proteina si manifesta, oltre che nei semi quando il tegumento viene danneggiato, anche in altre parti della pianta, come le radici. Comunque, non è ancora chiaro se giochi un ruolo nella resistenza alla siccità, caratteristica che C. ternatea presenta in modo particolare (Kelemu S. et al., 2004).

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