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FAMIGLIA ASCLEPIADACEAE

1 Introduzione

1.7 SPECIE AD ATTIVITA’ BIOCIDA OGGETTO DELLA RICERCA

1.7.4 FAMIGLIA ASCLEPIADACEAE

Classificazione sistematica APG II: (USDA: GRIN Taxonomy for Plants, 2006): Cladus: Eukaryota Regnum: Plantae Cladus: Angiospermae Cladus: Eudicoti Cladus: core eudicoti Cladus: Asteridae Cladus: Euasteridae Ordo:

Gentianales Familia: Apocynaceae Subfamilia: Asclepiadoideae Tribus:

Asclepiadeae-Ceropegieae-Fockeeae- Marsdenieae

1.7.4.1 CALOTROPIS PROCERA (AIT.)

Appartenente alla subtribù Asclepiadinae, C. procera è conosciuta anche come Asclepias procera Ait., Giant Milkweed, Apple Sodoma, Calotrope, Small crown, algodón de seda, Bomba (spagnolo), cotton-France, arbre de soie, e bois canon, comunemente nota come 'arka' in India.

Il Genere, comprendente 6 specie, deve il nome alla bellezza (kalòs) di una parte del fiore.

Nativa dell'Africa occidentale, C: procera si spinge a sud, fin Angola, a nord e ad est, in Madagascar, nella Penisola Arabica, nell’ Asia meridionale, in Indocina e in Malesia. La specie è ormai naturalizzata in Australia, in molte isole del Pacifico, in Messico, nel Centro e nel Sud America e nei Caraibi.

Caratteristiche botaniche

C: procera è un arbusto diffuso nelle Regioni tropicali, perenne,

sempreverde, presenta poche ramificazioni e relativamente poche foglie, per lo più concentrate vicino al punto di crescita. Una copiosa linfa bianca fuoriesce dai tagli praticati su foglie o steli. Ha una robusta radice fittonante, molto profonda, che giunge fino a 3m in terreni sabbiosi, con poche radici laterali in prossimità della superficie. La corteccia è suberosa; le foglie, ricoperte da una spessa cuticola, sono opposte, obovate e quasi orbicolari, con un picciolo molto breve, la superficie va dal verde chiaro al verde scuro, con venature quasi bianche, da 7 a 18 cm di lunghezza e 5-13 cm di larghezza. I fiori sono riuniti in grappoli umbelliformi, in prossimità o alla fine dei ramoscelli, campanulati con cinque sepali, lunghi da 4 a 5 mm, carnosi e di colore dal bianco al rosa, spesso screziato di viola. I frutti sono globosi, follicolari, ovoidali, verdi, lunghi 8-12 cm, contenenti semi di colore marrone, avvolti da una massa fibrosa sericea.

Predilige spazi aperti, dove ci sia poca competizione, come i pascoli degradati; si trova comunemente sulle spiagge, sulle dune, lungo i bordi delle strade, cresce in habitat asciutto (da 150 a 1000 mm di pioggia) e, talvolta, in terreni drenati, in aree con precipitazioni annue maggiori di 2000 mm; in India si trova fino a 1.000 m di altitudine. A causa delle radici, raramente cresce in terreni poco profondi e rocciosi, ma tollera tutti i tipi di tessitura, come i terreni ricchi di sodio, e l’ aerosol marino. Entra in competizione con gli arbusti alti, indebolisce la flora esistente e presto la elimina.

Fiorisce e fruttifica durante tutto l'anno, producendo centinaia di migliaia di semi per pianta, dispersi dal vento a parecchie centinaia di metri, ma pochi restano vitali. La germinazione è del 90% circa dopo 7-64 gg.

Utilizzando le riserve del suo fittone di grandi dimensioni, la pianta può ricacciare anno dopo anno, qualora sia bruciata o tagliata. Di solito raggiunge altezze di circa 2 m, ma può arrivare fino a 5 m, con un diametro di 25 cm. A Puerto Rico, la crescita è di circa 1 m il primo anno dopo la germinazione. Il disseccamento dei singoli steli avviene in circa 5 anni, ma anche dopo per le piante che ricacciano. Si trovano individui isolati, che possono essere infestanti dei pascoli, soprattutto di quelli troppo sfruttati. Si può adattare a climi meno aridi e torridi di quelli originari, ma, soprattutto in serra, è attaccata dagli afidi. Si propaga per seme o per talea semilegnosa in primavera-estate.

Attività biologica ed impieghi

In passato dal fusto e dai frutti si ottenevano fibre, dalle radici si ricavava una sostanza usata contro il mal di denti e il latice era impiegato nella medicina popolare. In effetti contiene calotropina e uscaridina, cardiotonici da usare a basse dosi, oltre a calactina, tutte sostanze velenose. In particolare, la corteccia della radice veniva usata per trattare una grande varietà di malattie, compresa la lebbra, la febbre e la malaria. Il latice è tossico e può causare vesciche e rash cutaneo in individui sensibili.

La pianta è talvolta coltivata a scopo ornamentale, in zone aride o costiere, perché è bella, di dimensioni contenute, facile da propagare e gestire e si raccomanda come pianta ospite per le farfalle.

Ovini, caprini, e cammelli ne mangiano le foglie durante la siccità, ma il consumo è basso. Se le foglie sono triturate e mescolate ad altri alimenti, il consumo aumenta notevolmente, senza provocare effetti negativi.

La biomassa delle foglie contiene 94,6% di sostanza secca, 20,9% di ceneri, 19,6 % di proteine grezze, 2,2% di grassi. Anche se è leggero, il legno è utilizzato come combustibile.

Estratti, foglie tritate e latice hanno mostrato una promettente azione nematocida, in vitro e in vivo.

E’ stato recentemente provato che C. procera può rimuovere ioni cadmio dal terreno a due pH diversi: 5.0 e 8.0, attraverso un’azione di bioassorbimento. (Pandey P. K. et al., 2008).

Estratti acquosi etanolici, con acetone e altri solventi organici, hanno dimostrato attività insetticida, larvicida, antibatterica e antiparassitaria. Flavonoidi, cardenolidi, triterpenoidi, alcaloidi, resine, antocianine, tannini, saponine ed enzimi proteolitici sono i costituente principali del latice.

Sono stati studiati gli effetti di flavonoidi parzialmente purificati ottenuti da

C. procera in confronto con sei flavonoidi standard sugli adulti e sulle uova di

Callosobruchus chinensis (L.), parassita del fagiolo Vigna radiata L. in

magazzino. Tutti sono risultati tossici sugli adulti e sulle uova, a seconda della dose e del tempo di esposizione. Quelli estratti da C. procera hanno mostrato una tossicità per contatto più alta e una riduzione significativa dell’ovoposizione sui fagioli posti in contenitori di plastica. I flavonoidi hanno mostrato anche un effetto ovicida, così come un’azione sul numero e sul peso degli adulti, in funzione della concentrazione.

HPTLC e cromatografia su strato sottile hanno indicato la presenza, nell' estratto alcolico fogliare, di 5 flavonoidi: il principale è stato caratterizzato ed identificato come quercetina (Salunke B.K.et al., 2005).

Per le innumerevoli attività biologiche dei suoi tessuti, crescente è l’ interesse verso la pianta, da cui è facile estrarre il latice, grazie alla sua straordinaria produzione endogena. In India, si è visto che possono essere raccolti venti millilitri di latice in 12 min., da utilizzare per scopi curativi, come nel Brasile più povero, dove gli indigeni usano il latice grezzo per combattere infezioni della pelle. Recentemente, è stato dimostrato che esso può prevenire lo sviluppo di larve di Aedes aegypti, il vettore del virus responsabile della malattia di Dengue. (Ramos M.V. et al., 2007).

Frequentemente, i liquidi che costituiscono il latice possiedono frazioni poli- isopreniche, comunemente chiamate gomme, ricche di metaboliti secondari a catena corta, sieroproteine. Recentemente, Nei fluidi laticiferi di molte piante che producono latice, sono stati rinvenuti un vasto numero di cisteina proteasi, chitinasi, lecitine, lipasi, enzimi ossidativi e idrolitici. Queste scoperte sulla composizione biochimica supportano l’ipotesi che abbiano un ruolo di difesa in molte piante laticifere appartenenti alle Asclepiadaceae, Sapotaceae,

Apocynaceae e Euphorbiaceae. L’abbondante latice endogeno può essere

facilmente raccolto dalle parti verdi senza compromettere la sanità della pianta. In un primo tentativo di determinare il coinvolgimento delle proteine laticifere nella difesa della pianta, esse sono state incorporate in diete artificiali e testate sugli insetti nocivi alle colture, compresi i Ditteri, i Lepidotteri e gli Emitteri, nell’ottica di ricercare, nel materiale vegetale, nuove potenziali fonti di proteine insetticide, sicure per l’uomo e l’ambiente, che potessero essere usate per la difesa di colture economicamente importanti.

La frazione proteica, in termini di attività enzimatica e presenza di cisteina proteasi, è stata testata in biosaggi artificiali sullo sviluppo delle larve, sull’emergenza degli adulti e sulla generazione F1 di Callosobruchus maculatus

(Coleoptera: Bruchidae). L’effetto insetticida era presente già alla dose dello

non trattenute da una colonna di chitina, avevano subito trattamenti con calore o digestione con pronase.

Queste osservazioni rafforzano l’ipotesi che i fluidi laticiferi siano coinvolti nella difesa della pianta contro gli insetti ed indicano il latice di C. procera come una fonte promettente di proteine insetticide. L’inibitore della proteolisi, presente nel latice, sembra essere resistente al calore, all’attività enzimatica ed è certamente coinvolto negli effetti nocivi osservati (Ramos M.V. et al., 2010).

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