Agente etiologico Clostridium difficile è un bacillo sporigeno anaerobio gram-positivo, appartenete alla famiglia Bacillaceae, che produce due esotossine: tossina A e tossina B, responsabili dei quadri clinici associati.
Diffusione Ubiquitaria. È la causa più comune di diarrea nosocomiale e rappresenta il 15-25% di tutti gli episodi di diarrea associata ad antibiotici (AAD), che può complicarsi con quadro di colite pseudomembranosa, megacolon tossico, perforazione del colon, sepsi e (raramente) morte. La colite da C. difficile è più frequente nei soggetti anziani, defedati, sottoposti a trattamento antibiotico e a interventi chirurgici sull’apparato digerente e in quelli con lunga ospedalizzazione. C. difficile rappresenta uno dei maggiori patogeni nosocomiali sia in pazienti ricoverati in strutture per acuti sia in residenti di lungodegenze; in tali ambiti sono stati riportate diverse epidemie e cluster. La colonizzazione intestinale da parte di C. difficile può essere di provenienza endogena e più frequentemente esogena. Solo il 2-3% degli adulti sani sono portatori asintomatici di C. difficile, mentre l’incidenza di portatori asintomatici nei bambini di età inferiore a 1 anno può arrivare sino al 70%. Il tasso di colonizzazione negli adulti ospedalizzati e nei residenti delle lungodegenze varia ampiamente e i tassi di incidenza di diarrea causata da C. difficile in ospedale variano da 1 a 30 casi ogni 1.000 dimessi.
Serbatoio/fonte Uomo (saprofita intestinale); ambiente esterno (in forma sporigena).
Modalità di trasmissione C. difficile può essere trasmesso attraverso le mani del personale sanitario che ha avuto contatto con persone infette o colonizzate o con superfici ambientali contaminate, oppure attraverso strumentazione contaminata (ad es. endoscopi) o, da paziente a paziente, attraverso la contaminazione delle superfici (durante eventi epidemici, considerare il ruolo della contaminazione ambientale e di articoli contaminati come le sedie igieniche, le vasche da bagno e i termometri). L’acquisizione nosocomiale e la trasmissione crociata è stata dimostrata dalla tipizzazione molecolare e fingerprinting. L’origine endogena dell’infezione è ritenuta rara data la bassa prevalenza di portatori asintomatici. Periodo di incubazione Variabile, in genere la diarrea si manifesta entro una settimana dall’infezione oppure il paziente rimane asintomatico sino all’esposizione
ad antibiotici. Altre volte la diarrea compare alcune settimane dopo la loro sospensione. Le spore presenti nelle feci possono sopravvivere per più di 70 giorni.
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Accertamenti diagnosticie definizioni epidemiologiche
La diagnosi può essere effettuata mediante endoscopia (colite pseudomembranosa), più semplicemente mediante indagini microbiologiche sulle feci: coltura per anaerobi, test di citotossicità su culture cellulari, ricerca antigene + tossine mediante EIA, ricerca del gene delle tossine nelle feci mediante PCR (sperimentale).
Coltura per anaerobi delle feci - presenta elevata sensibilità, ma è spesso associata a falsi positivi derivanti dalla presenza di ceppi non tossigeni e i risultati sono disponibile dopo 72-96 ore. È utilizzabile per studi epidemiologici, ma non per la pratica clinica.
Test di citotossicità su culture cellulari - inoculo su coltura cellulare di filtrato di feci ± siero neutralizzante. In assenza di siero neutralizzante si osserva effetto citopatico (aggregati di cellule morte); in presenza di siero il monostrato cellulare si mantiene intatto. La metodica presenta alta sensibilità e specificità (test di riferimento); non è utilizzabile nella pratica clinica per il costo e il tempo richiesto per l’effettuazione (24-48 h).
Ricerca dell’antigene nelle feci mediante test di agglutinazione al lattice o immunocromatografico - test rapido (<1 ora) con sensibilità >90%. Non definisce, tuttavia, se il ceppo è tossigenico: deve essere associato alla ricerca della tossina A e/o B o di entrambe.
Ricerca tossina A e/o B o di entrambe mediante EIA - è il test più praticabile di routine (standard diagnosis) in quanto rapido, di basso costo, con specificità >90%, anche se meno sensibile del test di citotossicità. Sono possibili falsi negativi se non è effettuato entro 2 ore dalla raccolta delle feci o se effettuato su feci congelate (instabilità delle tossine). La determinazione solo della tossina A può non evidenziare casi rari di diarrea associata a C. difficile da ceppi produttori solo di tossina B). Va effettuato solo in soggetti con sintomi; non è indicato nei contatti asintomatici e nei bambini di età <1 anno. Va ripetuto se risulta positiva solo la ricerca dell’antigene. Non va ripetuto se positivo (alta specificità) o per stabilire l’avvenuta o meno guarigione (solo parametri clinici).
Paziente colonizzato da C. difficile - paziente asintomatico che alberga nell’intestino ceppi di C. difficile (2-3% dei soggetti sani, fino al 20% dei pazienti ospedalizzati).
Paziente con diarrea associata a C. difficile - paziente che presenta:
• diarrea, definita da una varietà di criteri (es. almeno 6 scariche di feci acquose nelle ultime 36 ore; 3 scariche di feci non formate in 24 ore per 2 giorni o 8 scariche di feci non formate in 48 ore);
• pseudomembrane viste all’esame endoscopico oppure un test positivo su feci per tossine A e/o B; • nessuna altra causa di diarrea.
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Notifica Segnalazione al Dipartimento di sanità pubblica dei casi di malattia singoli anche solo sospetti, utilizzando la scheda SSCMI/2006 del Regolamento “Sistema di segnalazione rapida degli eventi epidemici ed eventi sentinella nelle strutture sanitarie e nella popolazione generale”. Segnalazione rapida dei focolai epidemici, anche sospetti, contestualmente alla Direzione sanitaria, Dipartimento di sanità pubblica e Regione, utilizzando la scheda SSR2/2001. La segnalazione deve essere effettuata entro 48 ore dal sospetto diagnostico. Isolamento/
misure di barriera
Precauzioni per contatto per tutta la durata della malattia (minimo sino a 72 ore dalla normalizzazione delle feci). Igiene ambientale Assicurare una scrupolosa igiene ambientale e disinfezione delle superfici.
Trattamento Pazienti sintomatici: metronidazolo o vancomicina per 10 giorni; il metronidazolo è da preferire per ridurre il rischio di resistenza alla vancomicina tra gli altri microrganismi ospedalieri. Segnalati casi di resistenza a metronidazolo. Anche nei soggetti trattati correttamente sono possibili recidive nel 20-30% dei casi, insorgenti dopo 1-3 settimane dal termine del trattamento (persistenza di spore, immunità inadeguata).
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Misure per la valutazione e il controllo di un’epidemia di Clostridium difficile
Le misure utili a prevenire la trasmissione endemica ed epidemica di C. difficile sono state analizzate da Gerding e collaboratori in un documento (position paper) della SHEA. Esistono due approcci per prevenire la trasmissione nosocomiale:
• interrompere la trasmissione e prevenire l’acquisizione del microrganismo tra i pazienti; • ridurre i fattori di rischio individuali che possono favorire lo sviluppo delle malattia.
Prima dell’epidemia
• La precedente esposizione ad antibiotici è il principale fattore di rischio per la malattia; la misura di controllo più importante per ridurre il rischio è quindi la restrizione nell’uso degli antibiotici.
• Per identificare rapidamente cluster o epidemie deve essere impostato un programma attivo di sorveglianza; un metodo semplice, basato sul laboratorio, consiste nella revisione periodica dei risultati dei test di identificazione della tossina.
Al momento dell’epidemia
• Segnalazione dell’evento epidemico alla Direzione Sanitaria, al Dipartimento di Sanità pubblica e alla Regione.
• Designare un gruppo operativo allo scopo di predisporre un piano per il controllo dell’evento; il gruppo deve essere multidisciplinare e dovrebbe coinvolgere i responsabili del controllo infezioni, le Direzioni mediche e infermieristiche della struttura, i clinici, l’’UO Manutenzione impianti, l’Ufficio relazioni con il pubblico.
Indagine epidemiologica
• Uno dei primi passi dell’indagine è sviluppare una chiara definizione di caso (secondo quanto riportato nella tabella alla sezione “Accertamenti diagnostici e definizioni epidemiologiche”).
Controllo della trasmissione
• Collocare i pazienti infetti (specialmente quelli incontinenti) in una stanza singola con servizi igienici personali oppure effettuare una coorting di pazienti (dopo l’identificazione microbiologica).
• Assicurare il rispetto del lavaggio delle mani da parte dello staff (con sapone antisettico per almeno 15 secondi e con tecnica corretta). Va considerato che nessun prodotto, alle concentrazioni utilizzabili per le mani, è efficace contro le spore di C. difficile (uso dei guanti!!), che il lavaggio ha soprattutto un’azione meccanica di riduzione delle spore. È necessario un corretto utilizzo dei lavandini per non re-infettarsi (chiudere il rubinetto con la carta, dopo essersi lavati). In assenza di installazioni adeguate di lavandini, effettuare lavaggio sistematico con soluzioni alcoliche e lavaggio con sapone antisettico, non appena possibile.
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• Anche il paziente dovrà lavarsi le mani con sapone liquido antisettico, specialmente dopo l’uso del bagno e prima di assumere alimenti. • Scrupolosa e frequente sanificazione ambientale, disinfezione delle superfici in particolare dei punti più critici: servizi igienici, cucinette. • Evitare l’uso promiscuo di presidi medici dedicati (es. termometro, sfigmomanometro, fonendoscopio, padella pappagallo, ecc.).
Precauzioni di isolamento
• Rafforzare ed enfatizzare le precauzioni per contatto.
Dispositivi di protezione individuale
• Usare precauzioni barriera per le persone infette, specialmente l’uso dei guanti (indossare i guanti prima di entrare nella stanza; cambiarli dopo contatto con materiale visibilmente contaminato; lavaggio delle mani dopo rimozione) e i camici di protezione a maniche lunghe (da indossare prima di entrare nella stanza e per tutta la permanenza nella stanza).
• Uso dei camici per le attività di assistenza ai pazienti con diarrea, a persone incontinenti o portatori di pannolone.
Documenti di riferimento
• Draft Guideline for Isolation Precaution: Preventing Transmission of Infectious Agents in Health care Setting. HICPAC. May 2004.
• Guideline for Environmental Infection Control in Health-Care Facilities. Recommendations of CDC and the Healthcare Infection Control Practices Advisory Committee (HICPAC), 2003. http://www.cdc.gov/ncidod/hip/enviro/guide.htm.
• CDC. Hand Hygiene in Healthcare Settings. 2002. http://www.cdc.gov/handhygiene/
• CDC. Clostridium Difficile - General Information. August 2004. http://www.cdc.gov/ncidod/hip/gastro/ClostridiumDifficileGEN.htm
• CDC. Clostridium Difficile - Information for Healthcare Providers. August 2004. http://www.cdc.gov/ncidod/hip/gastro/ClostridiumDifficileHCP.htm
• Gerding D.N., Johnson S., Peterson L.R., Mulligan M.E., Silva J. Clostridium Difficile-associated diarrhea and colitis. SHEA Position Paper. Infect Control Hosp Epidemiol, 16: 459-477, 1995.
• Simor A.E., Bradley S.F., Strausbaugh L.J., Crossley K., Nicolle L.E., SHEA Long-Term-Care Committee. Clostridium difficile in long-term care facilities for the elderly. Infect Control Hosp Epidemiol, 23: 696-703, 2002.
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