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Il coglimento delle proprietà essenziali del Tone: intuizione d'essenza

2. I termini del problema

2.1. Il coglimento delle proprietà essenziali del Tone: intuizione d'essenza

Nel primo volume di Idee Husserl avanza l'esempio del suono [Tone] per mettere in evidenza l'operare dell'intuizione eidetica; nel 1934 Rickert alla fine della propria produzione dedicherà un intero articolo alla disamina della tesi husserliana, ripren- dendo lo stesso esempio avanzato dal padre della fenomenologia. In questo para- grafo saranno riproposti gli argomenti di entrambi relativamente alla suddetta que- stione, di modo da far emergere i caratteri qualificanti dell'impostazione di ciascuno dei due. Il testo di Rickert si rivela fin dalle primissime righe in esplicito dialogo con la fenomenologia husserliana. Benché ciò non venga dichiaratamente espresso, il ri- ferirsi di Rickert a «viele Denker, die meinen, man solle, statt über das Erkennen na- chzudenken, sogleich an die “Sachen selbst” gehen»260 lascia ben poco adito al dub- bio. Che l'interlocutore polemico del testo sia Husserl si fa sempre più evidente nel corso dell'articolo. I toni del neokantiano sono di allarme. La tesi husserliana della visione d'essenza, al pari delle contemporanee “filosofie della vita”, comporterebbe il gravissimo rischio di dismettere la domanda gnoseologica a scapito di un preteso accesso diretto al senso. Questo determinerebbe, ad avviso di Rickert, il venir meno di ciò in cui consiste l'anima stessa della riflessione filosofica. Il fraintendimento

259Husserl, Ideen I, S. 148, citato da I. Kern, Husserl und Kant, op. cit., p. 33.

260H. Rickert, Kennen und Erkennen. Kritische Bemerkungen zum theoretischen Intuitionismus, in Kant-

141 viene spiegato, in modo ironico e non senza una punta di amarezza, nei termini di un inversione delle due seguenti domande: «man solle lediglich danach fragen, was die Welt als Ganzes sei, nicht danach, wie sie erkannt wird»261. Al contrario, chi am- bisce a tentare di conoscere l'essenza del mondo nella sua totalità «muss auch be- greifen, wie innerhalb der Welt ein Erkennen des Weltganzen zustande kommt»262. Lo stesso deve inoltre premurarsi di offrire «eine Theorie des erkennenden Sub- jekts»263. Impressiona che un testo in cui Rickert si oppone con forza al progetto husserliano presenti l'appello agli stessi argomenti che l'autore moravo perseguì ed ebbe a cuore per tutta l'esistenza. Il divario tra fenomenologia husserliana e neokan- tismo sarebbe stato, forse, storicamente e teoricamente meno drastico, se le incom- prensioni non avessero impedito, in ultima analisi, un'autentica comprensione reci- proca. Tornando al testo in questione, Rickert esplicita la sentita urgenza di ripro- porre all'attenzione filosofica il problema gnoseologico. Che Husserl e la sua tesi dell'intuizione eidetica siano il principale bersaglio polemico si fa via via più evi- dente, grazie a passaggi come il seguente, nel quale Rickert individua nei sostenitori della seguente tesi i rappresentanti di una prospettiva insostenibile per gli esponenti del criticismo kantiano. Si tratta, cioè, della considerazione secondo la quale «es gilt, sagt man, die Gegenstände unmittelbar oder intuitiv so zu erfassen, wie sie anschau- lich gegeben sind»264. Questo theoretische Intuitionismus è ciò che Rickert intende mettere in questione; come egli lo intenda è sintetizzabile nelle seguenti espressioni. La prima è la domanda posta da Rickert alla posizione teorica dell'intuizionismo teoretico, ovvero «gibt es eine nur anschauliche Erkenntnis des ganzen Welt- seins?»265. Che questa domanda corrisponda a come Husserl abbia concepito la tesi dell'intuizione eidetica ed il ruolo della stessa all'interno di un ben complesso ed articolato quadro gnoseologico sarà da chiarire. Intanto si tengano presente i termini con i quali l'autore neokantiano comprenda e reagisca alla prospettiva husserliana.

261Ibidem. 262Ivi, p. 140. 263Ivi, p. 141. 264Ibidem. 265Ibidem.

142 La seconda è la seguente sintesi nella quale Rickert riassume gli aspetti di intuizio- nismo presenti a suo avviso sia in Husserl che in Heidegger (la prospettiva del quale non viene tuttavia approfondita nel testo in esame): «das Wahre wäre nach dem Theoretischen Intuitionismus nichts anderes als das anschaulich Unverborgene, Un- verhüllte»266.

Ancora più esplicitamente:

Wir fragen danach, ob es möglich ist, das Erkennen überhaupt auf die blosse Anschauung zurückzuführen und dementsprechend den Begriff der erkannten Wahrheit so zu bestimmen, dass in ihm nichts anderes als die durch keine Kostruktion gefälschte Unmittel- barkeit der Anschaulichkeit vorliegt267.

E ancora: «gewinen wie bereits eine wissenschaftliche Erkenntnis von einem Gegen- stande, wenn wir uns von ihm nur eine unverhüllte Anschauung verschaffen?»268. Che questi siano i termini della fenomenologia husserliana (si tralascerà in questa sede quella heideggeriana) sarà, appunto, da chiarire. Per quanto lo riguarda, Rickert sembra far coincidere l'intera proposta gnoseologica husserliana nell'aspetto dell'intuitività. Il conoscere si identificherebbe senza residui con il “vedere” [An- schauuen]. Come metterò in evidenza, sebbene questa tesi trovi dei forti ed innega- bili spunti nell'epistemologia husserliana, isolare stralci del lavoro dell'autore mo- ravo al fine di semplificarne la prospettiva in un singolo aspetto, pur capitale, della stessa, comporta gravi fraintendimenti. Il neokantiano articola il proprio argomento contro l'intuizionismo teorico sulla base di una importanza distinzione, quella tra Kennen e Erkennen. Dal momento che ciò che preme all'esponente di una qualsivo- glia gnoseologia è individuare le condizioni di possibilità della conoscenza scienti- fica nel senso antico dell'ἐπιστήμη, ciò a cui egli tenderà sarà, appunto, il wissen- schatliches Erkennen e non il mero Kennen. Il conoscere scientifico non è esprimibile se non linguisticamente, predicativamente. Infatti se non fosse possibile articolare

266Ibi, p. 142. 267Ibi, p. 143. 268Ibidem.

143 predicativamente contenuti di senso non sarebbe possibile esprimere e condividere, nell'ambizione ad una validità intersoggettiva, contenuti che ambiscano ad uno sta- tuto di scientificità. I contenuti del conoscere scientifico sono, dunque, formulabili soltanto sprachlich. Accolta questa considerazione, che sembra irrinunciabile a chiunque non abdichi al proprio buon senso, occorre comprendere in che cosa il co- noscere scientifico consista essenzialmente. In primo luogo Rickert evidenzia che il ruolo decisivo viene in realtà giocato non tanto dalle parole genericamente intese, quanto dalle parole in quanto veicolo di significati269. Ma ciò che conferisce signifi- cato alle parole andrebbe allora ricercato nelle Anschauungen? Dire questo sarebbe come sostenere, sostiene Rickert, che la comprensione dell'espressione “questo fo- glio è verde” richieda che la parola “verde” sia essa stessa verde e che, quindi, il si- gnificato stesso veicolato dalle parole sia in qualche modo percepibile, visibile. Que- sto, però, non è il caso, perché i significati non sono oggetti della nostra percezione e in quanto tali non non percepibili, visibili, udibili, ecc. Riconducendo la conoscenza all'articolazine predicativa e indagando il problema della coglibilità del significato “verde” in relazione all'enunciato nel quale esso viene articolato emergerebbe, ad avviso di Rickert, come non si possa parlare di un livello di Anschaulichkeit relativa- mente alla comprensione dei significati, quali che siano. Il significato “verde” non è visibile, non è percepibile. Come egli esplicita, «Wie also mit Hilfe der Bedeutung des Wortes “grün” eine nur aus Anschauung bestehende, abbildende Erkenntnis des grünen Gegenstandes zustande kommen soll, bleibt völlig unverständlich»270. Una Anschauung percettiva, concreta, di un contenuto di senso ideale sembra una posi- zione insostenibile. Allo stesso tempo è inaccettabile, agli occhi di Rickert, intendere l' Anschauung dei contenuti di senso come se si trattasse di una “visione interiore”. I contenuti di senso, infatti, vantano la proprietà, anch'essa innegabile, a meno di in- correre in gravi costi teorici, di una validità intersoggettiva: essi sono gli stessi per qualunque soggetto che li intenda. I vissuti interiori, psichici, invece, sono caratte- rizzati da una ultima incomunicabilità, che pertiene loro essenzialmente; infatti «es

269Cfr. Ivi, p. 145.

144 zum Wesen alles seelischen Seins gehört, dass es nur je einem Individuum als das- selbe direkt zugänglich ist»271. La differenza tra gli oggetti della percezione e i signi- ficati è che i primi sono percepibili, mentre i secondi, invece, sono compresi [sie wer- den sondern verstanden]. Il divario tra percezione e comprensione e tra i rispetti do- mini di ciascuna delle due è tale che la tesi dell'intuizionismo, secondo il quale, ad avviso di Rickert, «die einfache Erkenntnis, dies Blatt sein grün, nichts anderes als eine “enthüllende” Anschauung des grünen Blattes enthalte»272 si rivela una posi- zione teoreticamente inaccettabile. I significati sono intesi come i contenuti di un concetto. Essi vanno distinti dalle rappresentazioni di un oggetto percepito o visto. Si tratta di due livelli differenti, ai quali corrispondono, reciprocamente, il percepire ed il comprendere concettuale. Quanto il primo è caratterizzato dal poter cogliere (anche) visivamente il contenuto percepito, tanto il secondo è estraneo a qualunque aspetto legato alla percepibilità. L'ambizione a voler risolvere la questione della pos- sibilità della conoscenza scientifica sulla base di una teoria come quella portata avanti dall'intuizionismo teorico è destinata a non portare frutto, dal momento che l'intuizionismo si fonda su un fraindendimento grave di due livelli distinti. Al fine di corroborare la propria posizione Rickert ripropone nel testo il celebre esempio hus- serliano del suono, offrendo una diversa lettura della possibilità, indiscussa, del con- siderare gli oggetti d'esperienza percettiva (es. il suono) ad livello concettuale, arti- colando i caratteri essenziali degli stessi in quadri teorici che ambiscano ad una va- lidità intersoggettiva. Gli argomenti avanzati dall'autore sono i seguenti. In primo luogo, se si intende sostenere che i contenuti articolati, quali che siano e in qualsivo- glia modo vengano attinti ed espressi, siano condivisibili a livello intersoggettivo, bi- sogna ammettere che gli stessi vengano articolati predicativamente, dal momento che solo il livello predicativo consente l'espremibilità di contenuti identici e ricono- sciuti come tali a diversi soggetti. In secondo luogo, se nell'espressione predicativa in questione si intende esprimere la reale esistenza, l'essere “vero” del suono in que- stione, questo essere vero non riposa su un coglimento di tipo intuitivo, dal momento

271Ibidem.

145 che «für diese Wortbedeutung “wirklich” gibt es in der blossen Anschauungen übe- rhaupt nichts, was so als ihr “Original” angesehen werden könnte»273. La questione più decisiva, però, riguarda il coglimento delle proprietà essenziali del suono e l'ar- ticolabilità delle stesse in quadri teorici scientifici. Che ciò che qualifica essenzial- mente il suono sia coglibile “mit einem Schlage”, sostiene Rickert citando, sebbene senza esplicitarne il riferimento, l'Husserl di Idee I, non ha niente a che fare con l'ar- ticolazione operata dalla conoscenza. Conoscere consiste nel poter articolare con- cettualmente contenuti. Relativamente al suono occorre implicare una proceduralità al fine di “estrarre” dal significato in questione le proprietà essenziali dello stesso, ovvero il suo avere una durata, una altezza, una intensità, una certa tonalità. La co- noscenza di ciò che qualifica il suono in quanto tale avviene soltanto (1) in virtù di una attività concettuale e non percettiva, (2) in seguito ad una operatività articolata e processuale, per nulla immediata. I caratteri propri del suono si ricavano dall'arti- colazione analitica dei caratteri dello stesso e non dalla percezione di un qualunque suono. La percezione è di contenuti concreti e non di significati. I significati sono oggetti della comprensione, non possono essere né visti né uditi. La loro articola- zione concettuale sta alla base della possibilità di edificare edifici teorici di raffina- tezza crescente. Soltanto in seguito a questa attività il suono percepito è colto come tale: «nur unser “Denken” (…) vermag das in der Anschauung miteinander Verbun- dene auseinandezulegen, und dadurch erst, dass es das tut, können wir den be- kannten, anschaulich gegebenen Ton auch erkennen». La prospettiva di Rickert e quella husserliana sono ribaltate: per il primo è soltanto sulla base dell'attività ana- litica del Denken che i caratteri essenziali di un certo significato sono coglibili e, dun- que, il contenuto percepito in questione individuabile come tale. Come egli ripete ancora, dal momento che «haben wir den anschaulich “einfachen” Ton als Vielheit gedacht, dann können wir sagen, dass jeder sinnlich wirkliche Ton sowohl Dauer, als auch Stärke, wie Höhe und Klangfarbe “hat”»274. Agli occhi dell'autore moravo, in- vece, se i caratteri essenziali di un determinato dato d'esperienza non si offrissero “in un sol colpo” a livello intuitivo (livello che non coincide né con quello percettivo

273Ivi, p. 148.

146 né con quello psicologico-interiore) non sarebbe possibile alcuna articolazione con- cettuale degli stessi in quadri teorici di progressiva astrazione e raffinatezza. Che le prospettive di Rickert ed Husserl siano così opposte potrebbe far pensare che lo siano anche i risultati delle gnoseologie di ciascuno dei due. E invece, come mette- remo in luce nei prossimi paragrafi, le conclusioni alle quali i due autori giungeranno presentano notevoli punti di vicinanza. Ricapitolando la teoria di Rickert, il cono- scere è necessariamente caratterizzato dall'articolabilità predicativa dei propri con- tenuti di senso; qualora questo non fosse possibile i contenuti in questione non sa- rebbero esprimibili e condivisibili. Non si potrebbe, quindi, legittimamente parlare di conoscenza. Per quanto possa apparire paradossale, quanto sostenuto da Rickert, ad avviso del quale, «wenn also Aussagen oder Urteile nicht zur Wahrheit führen, dann gibt es für den Menschen überhaupt keinen Weg, wissenschaftlich Wahres zu erkennen»275 troverà pieno sostegno nell'esito del lavoro fenomenologico husser- liano. Come mostrerò, le parole di Rickert, secondo le quali «nur Aussagen oder Ur- teile tragen in der Wissenschaft einen Wahrheitscharakter»276 e «das Anschauen für sich allein beim Erkennen nicht genügt»277, corrispondono, in modo sorprendente, ad alcuni dei risultati ai quali perverrà l'indagine gnoseologica husserliana.

2.2. Gnoseologie prinzipienlos e «Gewühl von Erscheinungen»278: altri termi ni del dissidio con Rickert

Fino al termine della propria produzione Rickert rivolse parole dure verso la feno- menologia husserliana, rispetto alla quale si era inizialmente pronunciato in ma- niera estremamente positiva, come già messo in luce nei precedenti paragrafi. La pubblicazione di Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Phi- losophie, Erstes Buch, e la difesa in essa portata avanti di un livello di contenuti di senso ideali irriducibili tanto al divenire storico quanto alla fattualità psicologica- empirica aveva destato in Rickert l'entusiasmo che si prova di fronte al riconosci-

275Ivi, p. 150.

276Ibidem. 277Ibidem.

278H. Rickert, Die Methode der Philosophie und das Unmittelbare, Philosophische Aufsätze, Tübingen:

147 mento di una profonda vicinanza con un collega, entusiasmo accentuato dal mo- mento di burrasca teorica nel quale, ad avviso di entrambi gli autori, vessava il lavoro filosofico. La manifestazione di stima fu, però, tanto sentita nel 1911 quanto amara negli anni successivi. La fenomenologia husserliana venne innanzitutto da Rickert accomunata alle cosiddette filosofie vitaliste del loro tempo, intesa come una filoso- fia prinzipienlos, che a vantaggio della difesa di un accesso diretto al senso abdiche- rebbe colpevolmente all'indagine trascendentale delle condizioni di operatività ri- chieste dalla conoscenza scientifica. Quest'ultima consiste sempre, come già eviden- ziato nel paragrafo precedente, in conoscenza concettuale, la quale è ottenibile sol- tanto sulla base di un lavoro di mediazione e rimodellamento [Umformen] di quanto viene intuito a livello d'esperienza sensibile. Sottolineare il ruolo dell'intuizione, ap- plicare all'accesso al contenuto ideale un modello tratto dall'analisi dell'esperienza percettiva, significa fraintendere la conoscenza concettuale e sminuire gravemente la decisività del ruolo dell'articolazione concettuale dei contenuti di senso. In ac- cordo con il paradigma teorico di matrice kantiana, Rickert considera l'esperienza sensibile come «ein Gewühl von Erscheinungen»279, rispetto alle quali soltanto l'o- perare dell'intelletto riesce a fornire quadri unitari di senso. La sensibilità offre il materiale sulla base del quale l'intelletto, la facoltà analitica, opera. La conoscenza è articolazione concettuale, l'esperienza sensibile privata dell'articolazione catego- riale sarebbe un mero caos. Come emerge da queste critiche il motivo di fondo del dissidio tra Husserl e gli esponenti del Neokantismo si situa a livello della teoria dell'esperienza sostenuta e, conseguentemente, dalla gnoseologia e concezione della soggettività nella prima implicate. Nell'ultima parte del mio lavoro metterò in luce le coordinate di fondo sulla base delle quali si divide, a mio avviso, il lavoro di due prospettive teoretiche segnate da una pur profondissima fratellanza di intenti.

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