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Riprendiamo brevemente i punti individuati come qualificanti rispetto alla prospet- tiva di Hintikka relativamente al tema dell'intuizione, mettendone ora in luce la pro- blematicità. La cifra dell'intuizione sarebbe, ad avviso dell'autore del saggio, l'imme- diatezza. E tuttavia, questa famigerata Unmittelbarkeit fa capolino nei testi husser- liani con meno frequenza di quanto la considerazione hintikkiana potrebbe far pen- sare. Senza dubbio l'elemento dell'intuizione implica un accento sulla coglibilità del contenuto in questione, aspetto intorno al quale ci pare ruoti l'intera opera di Hus- serl nella sua ricerca costante dei ῥιζώματα πάντων139, dei Grundlagen, dei fonda- menti dell'esperienza e della conoscenza, il coglimento dei quali soltanto sarebbe sufficiente all'edificazione dell'edificio della conoscenza epistemica. L'accostamento esasperato da Hintikka si rende tuttavia, quantomeno a mio avviso, responsabile più della trasmissione di un fraintendimento che di un reale approfondimento della pro- spettiva husserliana. Infatti la dimenticanza (o l'omissione?) del ruolo svolto dalle Einstellungen, dagli atti di coscienza espone, a nostro avviso, la riflessione husser- liana al rischio di un naufragio in un empirismo “mitico”, in base al quale il dato sa- rebbe in qualche modo autoevidente, senza che occorra chiamare in causa in nessun modo una componente soggettiva in qualche senso intesa140. Anche l'accostamento, per non dire la sovrapposizione, di Hintikka tra intuizione ed esperienza comune sfocia in un fraintendimento. È vero che Husserl nel famoso § 22 di Idee I mette in evidenza che «tutti vedono, per così dire, ininterrottamente, “idee”, “essenze”, ope- rano con ese nel pensare e compiono dei giudizi “eidetici” [...]». Tuttavia questo rico- noscimento non comporta, ad avviso di Husserl, né la riducibilità dell'esperienza alla conoscenza scientifica, né la riduzione della visione d'essenze all'esperienza co- mune. Ovvero: l'esperienza “comune” è sì di essenze, le quali sono l'oggetto primario di un certo livello di intuizione (eidetica). Avere esperienza di essenze consiste in- fatti in primo luogo nell'aver esperienza di unità coglibili nel loro “in quanto tali”: si tratta, cioè, del riconoscimento dell'esperienza come una trama sensata, e non come

139E. Husserl, La filosofia come scienza rigorosa, op. cit., p. 105.

140Cfr. la critica di Sellars al cosiddetto “mito del dato”, in W. Sellars, Empirismo e filosofia della mente, Einaudi, Torino 2004.

74 una “molteplicità caleidoscopica”. Questo non vuol dire però che l'intuizione d'es- senze sia in ultima analisi riducibile al livello dell'esperienza cosiddetta “comune”. Detto altrimenti, il fatto che quest'ultimo livello sia compreso nell'ambito dell'intui- zione d'essenze non legittima né la riconduzione dell' intuizione d' essenze all'espe- rienza percettiva comune né la riduzione e l'assimilazione della componente episte- mologica legata all'ideazione, o Wesenserkenntnis, alla componente della Wesensschau141. Il fatto che Hintikka ritenga che relativamente al tema dell'intui- zione - che sembrerebbe tra l'altro significare tutto o niente, tanto che non risulta chiaro, a saggio concluso, se si volesse tentare una riabilitazione della nozione in esame, un chiarimento della sua peculiarità, o invece delegittimarne qualsiasi speci- ficità dissolvendola nella confusione di un indistinto “tutto”- non occorra in Husserl alcuna giustificazione trascendentale sembra costituire ai suoi occhi un motivo suf- ficiente per esimere se stesso da qualunque giustificazione, anche più umile, delle relazioni vigenti tra livello percettivo e livello eidetico, i quali paiono mescolati, a volte addirittura sovrapposti, nella sua esposizione. Come a dimostrare che goda an- cora di illuminante autorità la critica husserliana, sulla quale tornerò nel seguente capitolo, volta a coloro che sulla scorta di una lettura superficiale ed affrettata della sua Sesta Ricerca Logica avrebbero tacciato di “idealismo” le analisi del primo vo- lume di Idee, condannando così se stessi, e purtroppo non solo, a gravi fraintendi- menti relativamente alla considerazione husserliana della relazione tra livello per- cettivo e categoriale. Per finire, un figlio minore dell'impostazione generale hintik- kiana è il considerare superfluo e vuoto il termine “atto”, dal momento che essendo l'intuizione a suo avviso una sorta di visione diretta (di non si capisce bene cosa) non occorre parlarne nei termini di un atto. Tuttavia le basi stesse della fenomeno- logia husserliana, rinvenibili già dalle prime righe delle Ricerche Logiche, come per esempio dalla Quinta, dove si trova la celebre definizione tripartita di coscienza, sa- rebbero sufficienti per comprendere che il termine “atto” nella fenomenologia hus- serliana sia coestensivo al termine coscienza, senza per questo necessariamente naufragare in una qualche forma di rappresentazionalismo o negare l'aspetto dativo

141 Rispetto a questa distinzione all'interno dell'opera husserliana siamo debitori al prezioso lavoro di A.

75 dell'esperienza. In conclusione, nel testo hintikkiano si rinvengono a mio avviso no- tevoli limiti e pericolose scorciatoie interpretative, che non soltanto non rendono più semplice l'accesso alla proposta husserliana, ma anzi ne confondono le acque, ren- dendole così torbide da avere la vaga sensazione di non aver mai nemmeno iniziato ad avvicinarsi alla comprensione dell' ambizione della fenomenologia. Come leg- giamo in un testo del 1917 (Phänomenologie und Erkenntnistheorie, Hua XXV), i mo- tivi decisivi che spinsero Husserl, sulle orme dei tentativi di stampo platonico, ad offrire una nozione di ragione che legittimi e sostenga l'ambizione ardita ad una ve- rità oggettiva (objektive Wahrheit) si radica(va)no nell'urgenza di distinguere, di se- parare, Sinnlichkeit und Vernunft, permettendo di poter formulare un concetto di ra- gione che si elevasse al di sopra delle diatribe interne alle varie dottrine ed opinioni, luminoso astro di un livello di legalità indiscutibili. Come si mostrerà, condizione imprescindibile del tentativo offerto dalla fenomenologia husserliana sono l'ammis- sione e l'individuazione precisa di un livello di strutture, proprie, secondo l'autore, tanto degli attu soggettivi quanto del contenuto di senso appreso. La negazione delle prime a favore di una presunta auto-evidenza del secondo consiste in un tentativo solo indebitamente ascrivibile all' intento husserliano. Immergiamoci allora nella ri- flessione husserliana vera e propria, lasciandoci nuovamente guidare dalla domanda sulle ragioni teoretiche sottese all'introduzione della nozione di intuizione e al ruolo (a nostro avviso fondamentale) ad essa attribuito.

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