Il lavoro e l’impresa devono tornare centrali all’interno dei processi formativi. L’idea che “prima si studia, poi si lavora”, ha fatto il suo tempo, e oggi si riconosce l’importanza di consentire anche ai ragazzi italiani di incontrare lavoro e impresa nel vivo del loro processo di formazione offrendo loro il diritto (largamente esercitato dai giovani europei) di “imparare lavorando”.
Oggi in Italia solo il 4% degli studenti tra i 15 e i 29 anni riesce a integrare studio e lavoro, a fronte del 22% degli studenti tedeschi. I giovani italiani non sono accompagnati al lavoro e spesso non lo conoscono. Rispetto ai coetanei europei entrano mediamente due anni più tardi nel mercato del lavoro. I tirocini formativi sono ancora troppo pochi e troppo brevi e solo il 40% delle imprese ha contatti frequenti con le scuole (il 70% in Gran Bretagna e Germania). Questa impostazione ha forti ripercussioni anche sul tasso di disoccupazione giovanile.
Occorre promuovere lo sviluppo di percorsi formativi che valorizzino l’esperienza di applicazione delle conoscenze in contesti produttivi reali, non solo nella formazione professionale, ma con alternanza, stage, tirocini obbligatori pre-laurea, apprendistato, rendendo il rientro formativo dopo un periodo di lavoro una modalità usuale nel percorso di sviluppo professionale individuale e riconoscendo competenze e qualificazioni acquisite sul lavoro, in Italia o all’estero come crediti formativi. Il lavoro deve essere inteso come un’occasione per sperimentare metodologie di apprendimento attive e interdisciplinari che coinvolgano direttamente gli studenti permettendo loro di applicare le nozioni teoriche. In quest’ottica l’apprendimento non termina con il percorso di studi, ma prosegue lungo tutto l’arco della vita integrando esperienze lavorative e professionali per contrastare la rapida obsolescenza delle competenze. In realtà, questi
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strumenti esistono già ma sono ancora poco utilizzati oltre che ostacolati da un’eccessiva burocrazia, che in molti casi costituisce per i datori di lavoro un disincentivo più forte del costo della formazione.
In aggiunta, è opportuno potenziare gli indirizzi più rispondenti alle priorità del Paese e alle vocazioni produttive territoriali, concentrando su di essi le risorse disponibili in una logica di filiera e valorizzando i collegamenti orizzontali (istruzione tecnica e professionale e IeFP) e verticali (istruzione secondaria, terziaria professionalizzante, università).
I profili in uscita devono essere oggetto di revisione e aggiornamento costanti in collaborazione con il sistema delle imprese, attraverso la costruzione di un osservatorio permanente delle competenze, cosi come richiesto anche dall’Unione Europea. La progettazione dei percorsi formativi deve incentrarsi sulla trasferibilità dell’apprendimento nella pratica professionale sia nel caso in cui i percorsi formativi siano direttamente orientati al lavoro, sia quando lo sbocco professionale rappresenta l’esito di un iter più lungo, che si completa con l’istruzione tecnica superiore o universitaria. Le scuole devono sviluppare lo spirito imprenditoriale e creativo dei ragazzi, la formazione deve collegarsi con le politiche d’inserimento lavorativo.
Da questo punto di vista, è interessante l’attenzione dedicata dal Governo al settore dell’Alta Formazione Artistica e Musicale, che costituisce un punto di forza del Paese finora trascurato e privo sia di indirizzi sia di supporti.
Il ponte tra formazione e lavoro garantisce alti livelli di occupazione per i giovani. Ciò è tanto più vero per l’Istruzione e Formazione Professionale. Proprio in ragione dello stretto collegamento che questi percorsi hanno con il mondo del lavoro, le qualifiche che forniscono devono costituire una garanzia di qualità del livello di apprendimento raggiunto dagli studenti. Affinché ciò sia possibile è necessario impostare i programmi di apprendimento sulla base di chiari indicatori di performance concordati con le imprese.
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Collegarsi al lavoro
LE NOSTRE PROPOSTE
25. Introdurre l’alternanza scuola-lavoro a tutti i livelli, rendendola obbligatoria negli ultimi 3 anni degli Istituti Tecnici ed estenderla di un anno negli Istituti Professionali innalzando il monte ore dedicato a 600 ore da distribuire nel triennio.
26. Semplificare l’apprendistato di primo e terzo livello riducendo i costi per le imprese (applicazione del decreto “L’istruzione riparte” e degli art. 8, 8-bis e 14 Legge 128/2013).
27. Accrescere il monte ore dedicato alla formazione on the job e rafforzare l’alternanza scuola-lavoro nei periodi estivi con l’attivazione di sperimentazioni del “sistema duale”.
28. Predisporre convenzioni tra scuole e imprese per l’impiego di professionisti aziendali come “assistenza tecnica non didattica”. 29. Introdurre incentivi per l’imprenditore che investe in formazione. 30. Promuovere le iscrizioni agli Istituti Tecnici Industriali potenziando e
diffondendo le reti scuola – impresa.
31. Incentivare le esperienze lavorative durante gli studi universitari introducendo formule mirate come l’Erasmus in azienda.
32. Anticipare tirocini e praticantati durante i corsi universitari e favorire la diffusione dei summer job.
33. Favorire l‘occupazione extra accademica dei giovani che concludono percorsi di dottorato e accrescere il numero dei dottorati industriali. 34. Potenziare i servizi di placement con la digitalizzazione dei curricula
e la creazione di una banca dati per le imprese.
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innovative al fine di sviluppare programmi comuni nell’ambito del programma europeo Horizon 2020.
36. Innovare il settore dell’Alta Formazione Artistica e Musicale, da quindici anni in attesa di un regolamento, distinguendo fra istituzioni di effettivo peso universitario e istituzioni di formazione tecnico artistica superiore.
37. Affidare alle associazioni datoriali il compito di designare il rappresentante del mondo produttivo all’interno delle commissioni d’esame degli ITS e favorire la presenza dei rappresentanti imprenditoriali all’interno delle Fondazioni ITS.
38. Valutare l’efficacia degli ITS sulla base dei risultati occupazionali e focalizzare le risorse per i nuovi ITS tenendo conto delle vocazioni produttive dei territori e della domanda delle imprese.
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Orientarsi nella complessità crescente