I profondi mutamenti avvenuti negli ultimi decenni (globalizzazione, migrazione, rivoluzione tecnologica e digitale, incremento delle scoperte scientifiche, aumento dell’età media, emancipazione femminile) determinano una straordinaria trasformazione delle strutture economiche, sociali e politiche.
Per innovare il nostro sistema educativo abbiamo due alleati: la rivoluzione digitale e la didattica attiva. Didattica per competenze, educazione aperta alle testimonianze di chi vive nel territorio e nell’impresa, apprendimento in rete con interazioni a distanza, scuola virtuale,
smart-school, sono esperienze innovative realizzate in molti territori, anche con
la collaborazione delle imprese del sistema Confindustria, che realizzano una nuova idea di scuola. Una scuola che è aperta all’innovazione e capace di formare studenti brillanti e pronti ad affrontare le sfide della società. L’innovazione didattica è fondamentale per il miglioramento del sistema educativo. Il modello curriculare italiano, basato su un impianto sostanzialmente disciplinare e su una concezione gerarchica dei saperi, che privilegia le discipline umanistiche a scapito di quelle scientifiche, è sfociato in una pericolosa dicotomia tra sapere e saper fare che cristallizza la separazione delle conoscenze. Recuperare la complessità del reale significa, invece, introdurre una componente formativa per problemi, immaginando un’articolazione delle diverse discipline secondo un modello a rete caratterizzato da nodi multipli e correlazioni.
In questo senso occorre accelerare il processo di adozione della didattica per competenze, permettendo la realizzazione di percorsi di apprendimento idonei a sviluppare capacità e aspettative individuali in funzione dello sviluppo di una professionalità spendibile sul mercato, opportunamente verificata, valutata e certificata che diventi il fulcro dell’orientamento
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in ingresso e delle azioni di placement. Il baricentro della didattica deve spostarsi dal mero insegnamento all’apprendimento e alla comprensione, intesa come padronanza e interiorizzazione delle nozioni apprese che possano così essere riutilizzate secondo necessità.
Sulla base di quest’impostazione il curriculum dei diversi indirizzi non può essere prestabilito in via definitiva, ma deve focalizzarsi su “competenze irrinunciabili” declinate sulla base della domanda espressa dal sistema produttivo locale e dalle sue prospettive e scelte di sviluppo future. La didattica per competenze deve portare alla valorizzazione delle discipline di indirizzo (con un aumento progressivo delle ore dedicate) e dei contributi delle discipline generali allo sviluppo delle competenze.
In questo senso il riferimento rigido all’unità-classe dovrebbe essere superato a favore di forme di aggregazione più flessibili, dettate dalle esigenze dei percorsi di apprendimento. Anche il metodo didattico necessita di un profondo ripensamento spostando il focus dalla trasmissione di contenuti astratti (didattica tradizionale) allo sviluppo di competenze pratiche (didattica euristica) che permettano agli studenti di affrontare autonomamente problemi reali sempre più complessi, integrando le loro conoscenze e abilità. Il docente avrà una più libera gestione dei saperi e un’autonoma progettazione didattica (libero dall’incubo di concludere il programma), elementi più idonei al conseguimento dei risultati di apprendimento. Tale processo di innovazione didattica è basato sulla crescita di una cultura Problem Posing & Solving. È evidente da questo punto di vista che va assicurata una crescita della cultura digitale del corpo docente chiamato ad accompagnare tali veloci trasformazioni.
L’ambiente di apprendimento dovrebbe essere concepito come un sistema capace di integrare le diverse opportunità così da realizzare uno sviluppo professionale e culturale continuo. La nuova metodologia didattica dovrebbe basarsi sulla personalizzazione dei percorsi di apprendimento, diversificati in base a una corretta definizione degli obiettivi individuali (in termini di
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Innovare diffusamente
prestazione attesa, condizioni di effettuazione della prestazione, criteri di valutazione, modalità e tempi di apprendimento, attitudini e propensioni personali) e basati su una didattica collaborativa e “laboratoriale”. Una didattica centrata sul fare e sulla produzione di risultati è anche fattore di motivazione: rende evidente l’utilità dell’apprendimento e lo trasforma da obbligo ad occasione per valorizzare le proprie potenzialità (imparare ad imparare). La formazione si deve configurare, quindi, come un percorso scandito da performance di livello crescente da parte di ciascuno studente, da solo o in collaborazione con altri.
Un elemento fondamentale dell’innovazione didattica è costituito dal potenziamento della componente tecnico-scientifica del processo educativo. Questa passa necessariamente dalla promozione della didattica laboratoriale e dal rafforzamento dei percorsi di istruzione tecnica. Sotto il primo profilo occorre rivedere l’impostazione deduttiva della didattica tradizionale favorendo l’adozione di metodi di apprendimento induttivi incentrati sul coinvolgimento diretto degli alunni e sul paradigma dell’imparare facendo. Metodo scientifico e sapere tecnologico hanno, inoltre, il valore aggiunto di insegnare agli studenti a sviluppare le competenze trasversali sempre più richieste dalle aziende: capacità di lavorare in gruppo, rigore metodologico, capacità di analisi e creatività. Sotto il secondo profilo bisogna recuperare il ruolo e il prestigio dei percorsi tecnici e professionali. Istituti Tecnici e Professionali devono tornare ad essere “scuole dell’innovazione” capaci di preparare i giovani ad affrontare e a interpretare i rapidi mutamenti che interessano la realtà odierna. Per rilanciare l’economia del Paese occorre concentrare le risorse sui segmenti di offerta educativa in grado di fornire migliori condizioni di
employability e di rispondere più direttamente alle esigenze delle imprese
sia a livello d’Istruzione Tecnica e Professionale che a livello di settori tecnico-scientifici dell’offerta universitaria. Oggi all’interno del mercato del lavoro italiano assistiamo, infatti, a un triste paradosso: a fronte di un
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tasso di disoccupazione giovanile allarmante, le imprese lamentano una carenza cronica di profili tecnici.
Le analisi Eurostat mostrano come in Italia i laureati negli ambiti tecnico scientifici si attestino solo al 12,8%, contro una media europea del 16,8%. In tale contesto, appare pertanto necessaria una strategia di rilancio basata da un lato, sul potenziamento dell’istruzione tecnica, dall’altro sulla creazione di collegamenti tra domanda e offerta di lavoro in un’ottica di filiera.
Per realizzare un sistema d’istruzione e formazione coerente con i fabbisogni formativi delle imprese è necessario realizzare una maggiore integrazione tra tutti gli attori coinvolti nei processi industriali anche attraverso il rafforzamento delle filiere individuate dall’Unione Europea come una delle priorità strategiche per promuovere con successo l’innovazione. In particolare, è prioritario creare un collegamento tra cluster tecnologici, aggregatori di tutte le energie innovative di un territorio, e ITS, incrociando le aree applicative dei primi con le aree tecnologiche dei secondi così da favorire un migliore incontro tra domanda e offerta di competenze. Gli ITS, infatti, possono formare giovani qualificati, fornendo ai cluster e alle imprese che ne fanno parte figure professionali con un know-how specialistico tale da poter essere agenti di cambiamento per le innovazioni di processo delle aziende e favorire il trasferimento tecnologico anche nelle piccole e medie imprese.
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Innovare diffusamente
LE NOSTRE PROPOSTE
83. Rafforzare la didattica per competenze e laboratoriale garantendo un’applicazione generalizzata della pratica sperimentale.
84. Ridurre il numero delle materie e promuovere l’insegnamento delle “scienze integrate” nell’ambito di una visione interdisciplinare. 85. Diffondere nelle scuole primarie e secondarie l’insegnamento
in lingua straniera di discipline non linguistiche attraverso la metodologia CLIL (Content and Language Integrated Learning) 86. Predisporre programmi speciali rivolti agli studenti migliori per
coltivarne il talento e premiarli.
87. Sviluppare nelle scuole pensiero computazionale e capacità di problem posing & solving attraverso l’utilizzo di programmi quali code.org.
88. Predisporre corsi per insegnare a programmare, progettare con i dati e a creare in digitale (digital makers).
89. Diffondere strumenti didattici innovativi.
90. Promuovere l’utilizzo delle tecnologie digitali per partecipare a corsi online in diretta.
91. Riconoscere incentivi alle famiglie per l’acquisto dei dispositivi mobili necessari alla didattica digitale.
92. Diffondere laboratori per la creazione ed elaborazione di nuovi manufatti grazie alle tecnologie digitali (FabLab).
93. Diffondere un’offerta di corsi online di provata qualità tenuti dai docenti a disposizione degli studenti su particolari argomenti e discipline (MOOC-Massive Open Online Courses).
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94. Collegare la programmazione dell’offerta formativa regionale con la domanda espressa dai cluster.
95. Potenziare il Piano Nazionale delle Lauree Scientifiche e favorire l’innovazione didattica negli atenei in collaborazione con le imprese. 96. Garantire in tutte le Regioni italiane l’offerta di specializzazione
tecnica superiore attraverso i percorsi ITS e i percorsi annuali IFTS. 97. Ridisegnare i percorsi di IeFP in modo che venga accresciuto il monte
ore dedicato alle attività di laboratorio e si realizzi un più stretto contatto con le imprese.
98. Erogare il 25% dei corsi universitari tecnico-scientifici in lingua inglese.
99. Favorire l’immigrazione qualificata prevedendo l’ampliamento e la semplificazione delle norme che regolano l’ingresso e il soggiorno per studenti, ricercatori e lavoratori stranieri qualificati in possesso di Carta Blu UE; per gli stranieri in possesso di un titolo di studio superiore al fine di svolgere ricerca scientifica.
100. Prevedere per gli stranieri che conseguono una laurea in Italia l’iscrizione ad uno specifico elenco anagrafico per permettere loro di permanere in Italia per dodici mesi alla ricerca di un lavoro qualificato.