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Collezioni di oggetti, collezioni di esemp

Nel documento Talks-on: vietato non parlare! (pagine 74-77)

Come hanno dimostrato Leinhardt e Crowley, la “genialità” dei musei risiede nel modo in cui oggetti unici e “forti” supportano l’apprendimento. Secondo il Museum Learning

Collaborative il loro supporto è dato in forma di conversazioni, elaborate dagli individui

coinvolti con gli oggetti durante la visita e all’interno di un gruppo sociale.

I due autori analizzano il ruolo degli oggetti nell’esperienza al museo e sull’apprendimento. Considerati da questo punto di vista, gli oggetti possono essere pensati come “collezioni di esempi”. Gli esempi sono l’evidenza concreta e tangibile di qualcosa che necessita di essere spiegato da una teoria o da un’ipotesi accettabile; sono connessi a una conoscenza di tipo procedurale, concettuale e dichiarativa pregressa e puntano direttamente al cuore di una questione. In questo senso gli oggetti possono es- sere considerati prove concrete di fenomeni e concetti astratti; attorno a questi può esse- re ristrutturata la conoscenza esistente, che come abbiamo visto, costituisce la base su cui può essere integrata la nuova conoscenza.

Gli oggetti presenti nei musei, quindi, possono essere considerati come gli strumenti per un particolare tipo di processo di apprendimento basato sulle cose. Sono stati indi- viduati quattro aspetti che fanno degli oggetti gli elementi essenziali per la rielaborazio- ne dell’informazione e la costruzione del sapere:

risoluzione e densità dell’informazione: rispetto alle loro rappresentazioni bi-

dimensionali, gli oggetti reali mantengono una risoluzione e una densità dell’informazione autentiche; forniscono informazioni altrimenti non disponibili, per esempio perché non raffigurabili (odori, suoni, sensazioni tattili, ecc.) o non esprimibili in assenza dell’oggetto stesso;

dimensione: gli oggetti nel museo sono nella loro grandezza naturale. In molti ca-

si la misura di un oggetto è la caratteristica maggiormente degna di nota;

autenticità: è una caratteristica che esiste soltanto nell’interazione tra lo specifico

oggetto e la nostra storia e cultura. Possiamo sostenere che molti provino un sen- so di timore reverenziale e di connessione storica in presenza di un oggetto con- nesso a eventi o individui particolarmente significativi e/o connotati sia positi- vamente che negativamente. Possiamo pensare inoltre che uno stesso senso di connessione personale sia provato con oggetti di uso quotidiano appartenenti a epoche remote;

valore: con questo termine ci si riferisce all’unicità dell’oggetto e in alcuni casi al

suo valore economico. Il visitatore non potrebbe fare alcuna esperienza di quell’oggetto al di fuori del museo.

Ciascuna di queste caratteristiche attrae il visitatore verso l’oggetto e spinge l’oggetto all’interno del repertorio delle esperienze del gruppo. L’oggetto suscita l’attenzione e si ricollega in modo diretto e immediato al vissuto; fa emergere ricordi, emozioni, dubbi, desta meraviglia o stupore, fa porre domande, necessita di spiegazioni per essere com- preso. È qualcosa di cui si parla, su ci si confronta, che innesca racconto e dialogo. La conversazione può riferirsi a semplici etichette per definire l’oggetto; ma può anche contenere una quantità considerevole di dettagli descrittivi che si trasformano in inter- pretazioni speculative. In questo modo, diversi membri del gruppo rispondono e reagi- scono a diverse caratteristiche specifiche dell’oggetto, contribuendo a quel processo di costruzione ed elaborazione del significato descritto dalla teoria socioculturale: il museo dà l’opportunità di condividere l’esperienza con un compagno sia in tempo reale che in un successivo incontro; i dettagli delle conversazioni che nascono da questi incontri so- no sia il processo di apprendimento che un suo prodotto.

Anche se le quattro caratteristiche sono state descritte come appartenenti agli oggetti, è importante notare che nessuna di queste esiste indipendentemente dal visitatore: esi- stono solo nell’interazione tra l’oggetto e la specifica identità culturale e la conoscenza del singolo, in particolare per quanto riguarda le categorie di autenticità e valore. Inoltre è fondamentale considerare che non tutti i visitatori faranno esperienza delle proprietà oggettive nello stesso modo e, anche se le esperienze a un livello di base sono simili, il risultato dell’apprendimento non sarà necessariamente lo stesso.

Ciascun componente di un gruppo presso un particolare exhibit può avere una serie di esperienze diverse: questo permette di discutere le tematiche e gli oggetti su cui si ba- sano i contenuti dell’exhibit in un modo esplicativo più completo, analitico e sintetico di quanto sarebbe stato capace prima o senza la visita oppure da solo. Si è visto che le conversazioni sono elaborate in due modalità (Leinhardt, Crowley, 2002):

• la struttura della conversazione può andare dall’identificazione in forma di elenco

o descrizione, a una spiegazione analitica;

• le conversazioni vanno da esclamazioni non finalizzate a uno scopo, a idee arti-

A partire dall’incontro con un oggetto, la conversazione che si sviluppa all’interno dei membri di un gruppo attraversa fasi successive e fornisce una gerarchia per l’apprendimento, che si costruisce a partire da

• osservazione: “hai visto che accade…?” attraverso la • contestualizzazione: “questo mi ricorda...” fino alla

• interpretazione: “penso che sia perché…” (Barriault, 1998).

Tramite gli oggetti, i visitatori hanno la possibilità di sviluppare un sistema di esplora- zione che porti a una connessione tra ciò che è familiare e ciò che è nuovo e sconosciu- to. La conversazione è il mezzo attraverso cui viene veicolata la costruzione del sapere grazie allo scambio di conoscenze ed esperienze socialmente condivise all’interno di un gruppo. Maggiore è questo scambio e più ricchi sono i dialoghi e il coinvolgimento tra i visitatori, maggiore sarà il livello di elaborazione delle informazioni e l’integrazione della nuova conoscenza con quella pregressa.

In alcuni studi Leinhardt e Crowley hanno esaminato la visita di gruppi durante una mo- stra per osservare lo sviluppo dei dettagli della conversazione e la sua specificità lungo un breve periodo di tempo. Ciò che interessava maggiormente i ricercatori era osservare il coinvolgimento dei visitatori, la sua evoluzione e l’eventuale influenza o meno sulle conversazioni. Analizzando la struttura della conversazione sono stati individuati i seg- menti dei discorsi suddividendoli in base al tipo di contenuto; si è così potuto osservare che la conversazione si sviluppa lungo quattro dimensioni:

• elenco di caratteristiche • sintesi

• analisi

• interpretazione.

Nei dialoghi si discute quindi di caratteristiche funzionali degli oggetti, caratteristiche estetiche (soprattutto attraverso esclamazioni) e significati sociali; le conversazioni pos- sono comprendere anche una combinazione di più di questi elementi insieme. Le spie- gazioni che i visitatori danno – e si danno l’un l’altro – possono essere relativamente al contenuto di un exhibit, al suo significato, o anche rispetto l’intenzione del curatore. Per poter spiegare qualcosa è necessario sia fare domande che dare risposte e si è visto che

gli exhibit che presentano elementi insoliti, più livelli di interpretazione o che sono in qualche modo provocatori sono quelli che suscitano maggiormente l’interesse e l’interazione.

Nel documento Talks-on: vietato non parlare! (pagine 74-77)