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Il collocamento selettivo delle azioni di nuova emissione da parte del distributor

CAPITOLO 3: LA PRODUCT GOVERNANCE E IL COLLOCAMENTO D

3.6. Il collocamento selettivo delle azioni di nuova emissione da parte del distributor

ADEGUATEZZA PER UNA PARTE DEGLI OPZIONISTI. L’ANTINOMIA TRA DIRITTO SOCIETARIO E DISCIPLINA DEL MERCATO MOBILIARE.

Dopo aver esaminato l’influenza che la disciplina societaria è in grado di esercitare sulle modalità di svolgimento del servizio di collocamento, l’interprete potrebbe essere invogliato, a questo punto, a

341 La delibera assembleare che autorizza l’utilizzo dell’opzione indiretta può contenere anche soltanto

la misura massima delle spese, lasciandone poi la concreta determinazione agli amministratori: E. GINEVRA, op. cit., ibidem; P. MARCHETTI, op. cit., p. 194.

342 P. MARCHETTI, op. cit., p. 193. 343 Cfr. G. GIANNELLI, op. cit., p. 275.

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cambiare prospettiva. In particolare, a domandarsi quali dubbi interpretativi potrebbero sorgere nell’eventualità che le norme imperative poste a tutela dell’investitore vulnerabile interferiscano con le norme societarie in materia di diritto di opzione.

Ciò può accadere soprattutto in due casi. Partiamo dal primo. Quando affianca la società nella progettazione delle caratteristiche dell’emissione, il responsabile del collocamento assume, ai sensi della c.d. product

governance, la qualifica di manufacturer (art. 62, Reg. Intermediari)344. Egli

ha quindi l’obbligo di individuare il target market per gli strumenti finanziari azionari assemblati. Si ipotizzi che la proposta degli amministratori preveda l’emissione di azioni ordinarie non quotate da offrire in opzione ai soci. In considerazione della loro illiquidità, è ragionevole presumere che il produttore nel definire la clientela di riferimento indichi come investitore- tipo un soggetto con una capacità di sopportare, dal punto di vista finanziario, la perdita totale del capitale investito e un’elevata propensione al rischio; inoltre, si immagini che, magari per evitare di incorrere in eventuali sanzioni amministrative, egli adotti un atteggiamento prudente, prescrivendo al distributore di utilizzare come canale di vendita il servizio di consulenza o di gestione di portafogli345.

Terminata la fase di progettazione dell’operazione, viene costituito il consorzio di collocamento e stipulato il contratto di distribuzione tra società e intermediari-collocatori nella forma con preventiva assunzione a fermo. A questo punto viene convocata l’assemblea straordinaria, la quale delibera a maggioranza l’aumento del capitale sociale con ricorso al meccanismo dell’opzione indiretta. Gli intermediari quindi procedono all’integrale sottoscrizione dell’aumento del capitale, a cui segue, in adempimento dell’accordo intervenuto con la società emittente, l’offerta in vendita ai soci degli strumenti finanziari azionari di nuova emissione.

344 L’articolo, infatti, dispone che si intendono per “intermediari produttori” gli intermediari che

“forniscono consulenza agli emittenti societari” nell’attività di creazione dello strumento finanziario.

345 L’esempio è liberamente ispirato, con le opportune correzioni dovute all’illiquidità del titolo, a un

caso analogo, ma riguardante appunto azioni quotate, contenuto nell’Allegato 5 di ESMA, Final Report, p. 53 s.

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Qui si presenta il problema. In base all’art. 76 dell’attuale Reg. Intermediari, le banche o le imprese di investimento che, trovandosi in fondo alla catena di intermediazione, intrattengono in via diretta i rapporti con la clientela finale sono obbligate a rispettare le norme applicabili ai distributor secondo la MiFID II. Pertanto, gli intermediari-collocatori devono, in primo luogo, scegliere in via astratta e generale la strategia di distribuzione da seguire, in considerazione delle caratteristiche della clientela a cui prestano normalmente i propri servizi. Qualora ciò comporti la somministrazione di raccomandazioni personalizzate o l’inserimento dello strumento finanziario nel portafoglio gestito su base individuale, essi devono applicare la regola di adeguatezza.346

Come si è già illustrato, se in seguito all’acquisizione delle informazioni richieste dalla legge (c.d. know your customer rule347), il test di adeguatezza ha esito negativo, l’intermediario non può dare luogo al procedimento di allocazione finanziaria dei risparmi del cliente. Si suole dire, a tale riguardo, che la valutazione di inadeguatezza ha efficacia “bloccante” dell’operazione di investimento348. Orbene, nel caso in cui la fisionomia finanziaria di uno o più soci non dovesse coincidere con la specifica combinazione di rischio-rendimento degli strumenti finanziari azionari offerti in vendita dagli intermediari-collocatori, essi non potrebbero esercitare il diritto di opzione, seppur in via mediata.

Né vale replicare, a tale riguardo, che, trattandosi di uno strumento finanziario già noto ai titolari del diritto di opzione, l’operazione di investimento non potrebbe mai rivelarsi inadeguata. Tale obiezione è sicuramente dotata di fondamento per quanto riguarda le competenze e conoscenze che l’investitore deve possedere, in quanto esse crescono

346 Definisce “tutt’altro che remota” l’ipotesi in cui, anziché la regola di appropriatezza, si applichi al

servizio di collocamento la più stringente regola di adeguatezza: F. ACCETTELLA, op. cit., 128 ss. Infatti, nel caso di elevata dispersione dell’azionariato, anche dal punto di vista territoriale, è molto probabile che il classamento delle azioni in opzione richieda l’iniziativa degli intermediari per stimolare e guidare il procedimento di investimento che sfocia nella decisione di allocazione finanziaria del cliente: cfr. ID, ivi, p. 103; G. GIANNELLI, op. cit., pp. 20 s., nt. 26; M.L. VITALI, op. cit., p. 383.

347 C. COLOMBO, op. cit., p. 66 s. 348 C. MOSCA, op. cit., p. 658.

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progressivamente in relazione al numero di operazioni compiute, se aventi ad oggetto lo stesso strumento. Ma non può dirsi altrettanto con riferimento alla situazione finanziaria, alla propensione al rischio e agli obiettivi di investimento dell’azionista. Tali fattori possono ben cambiare nel corso del tempo e rendere il titolare del diritto di opzione non più compatibile con la scelta di allocazione finanziaria in questione349. E anche qualora i suddetti non dovessero essere modificati da cause esogene, è da considerare, in particolare nel caso della gestione di un portafoglio di investimenti, l’incremento della perdita media attesa per il cliente, che si verificherebbe a causa dell’ampliamento dell’esposizione finanziaria nei confronti dello stesso emittente350.

Oltretutto, tale inconveniente non potrebbe essere risolto rinunciando all’intervento del consorzio di collocamento. Nel caso di opzione indiretta, infatti, gli intermediari non potrebbero ritrasferire alla società le azioni sottoscritte, dietro restituzione del conferimento eseguito, affinché essa provveda da sola all’attribuzione proporzionale della azioni ai soci: tale atto, infatti, integrerebbe una sottoscrizione di azioni proprie tramite interposta persona, vietata in sé e per sé dall’art. 2357 quater; senza contare, poi, che l’immobilizzo di somme di danaro, seppur per un breve periodo di tempo, comporterebbe comunque la necessità di pagare la relativa provvigione agli intermediari-collocatori.

Il problema si manifesta con ancora maggiore veemenza quando la stessa società emittente è una banca o un’impresa di investimento. In questo caso, infatti, la condotta distributiva dell’intermediario è soggetta in via diretta alle disposizioni in materia di governo generale del prodotto e di tutela dell’investitore vulnerabile. Sul punto, tra l’altro, è intervenuto il legislatore del TUF che ha ricondotto al servizio di esecuzione di ordini per conto dei

349 Potrebbero verificarsi eventi infatti, totalmente casuali, che trasformino gli obiettivi di investimento,

la capacità di sopportare le perdite o la tolleranza al rischio dell’azionista: si pensi alla contrazione di un mutuo da parte di una coppia appena sposata per l’acquisto di una nuova casa, alla perdita del lavoro da parte del risparmiatore oppure, ancora, al sopravvenuto pensionamento.

350 Ciò in quanto “mettere tutte le uova nello stesso paniere” neutralizzerebbe i benefici derivanti dal

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clienti la conclusione di contratti di sottoscrizione aventi ad oggetto strumenti finanziari prodotti in proprio da intermediari del mercato mobiliare (c.d. collocamento diretto)351. Qui l’applicazione del canone di adeguatezza è in grado mutare il giudizio di valore dell’ordinamento giuridico in maniera permanente, potendo investire tutte le operazioni di aumento del capitale con offerta delle azioni in opzione ai soci, salvo che intervenga un’apposita delibera assembleare di esclusione. Infatti, l’attribuzione degli strumenti di investimento di nuova emissione in proporzione alle azioni possedute può sempre trovare un ostacolo nella sopravvenuta incoerenza dello dell’operazione al cliente-opzionista. Ciò ovviamente, a patto che l’ottemperanza, in via pregiudiziale, agli obblighi in materia di governo generale del prodotto non conduca l’intermediario (che, in questo caso, riveste la qualifica sia di manufacturer che di distributor) a prestare il servizio applicando le più miti regole di appropriatezza e di execution only; eventualità, lo ripetiamo di nuovo, estremamente rara nel caso di investitori

retail, soprattutto se la struttura azionaria della società è altamente

parcellizzata e diffusa sul territorio. Il che, appunto, rende di solito opportuna un’attiva opera di informazione e di sollecitazione dei potenziali sottoscrittori da parte della banca o della Sim emittente.

Al ricorrere di tali circostanze, dunque, si verifica un conflitto tra il diritto societario e la disciplina del mercato mobiliare352. Da un lato, infatti,

351 F. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, cit., p. 107. Tale inclusione nel perimetro

semantico della nozione di “servizio di esecuzione di ordini per conto dei clienti” è quantomai anomala. Se non si nega che il servizio di collocamento implichi in ogni caso una distinta soggettività tra emittente e operatore finanziario incaricato della distribuzione dei titoli (v. F. ACCETTELLA, op. cit., p. 2; R. COSTI, L. ENRIQUES, op. cit., p. 242 s.; F. ANNUNZIATA, op. cit., p. 109, secondo il quale “chi promuove, offre ecc., gli strumenti finanziari da lui stesso emessi o di cui è titolare non svolge un servizio di collocamento”), tuttavia non si comprende come mai l’attività di classamento di propri titoli da parte di banche e imprese di investimento non sia stata inclusa piuttosto nel concetto di “negoziazione per conto proprio”: anche se compiuta sul mercato secondario, piuttosto che su quello primario, lo strumento finanziaria è pur sempre sottoscritto, in un certo senso, “a valere sul patrimonio dell’intermediario”: cfr. F. ANNUNZIATA, Il recepimento di MiFID II, cit., p. 1108, nt. 15.

352 Cfr. M. MONTANARI, Il principio di parità di trattamento, p. 900, il quale scrive: “se non v’è

dubbio che la disciplina dei valori mobiliari tocchi soltanto indirettamente la società, in quanto soggetto che fa appello al pubblico risparmio sui mercati regolamentati, le regole proprie di tale mercato ben potrebbero influenzarne sia l’organizzazione ed il funzionamento, sia la gestione imprenditoriale, vietando, dilazionando o sottoponendo a condizioni operazioni che – in una visione astratta ed ‘atomistica’ – sarebbero altrimenti perfettamente lecite per il diritto societario.”

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l’art. 2441, comma 1, riconosce una preferenza assoluta al socio nella sottoscrizione delle azioni di nuova emissione; dall’altro, le norme in materia di servizi di investimento proibiscono all’azionista-investitore la realizzazione della relativa operazione di sottoscrizione o di vendita.

Per risolvere tale antinomia, può rivelarsi utile il ricorso a un approccio interpretativo di carattere sistematico. Se si decide di seguire tale strada, si deve ricercare all’interno dell’ordinamento giuridico quegli indici normativi che siano in grado fornire un criterio di bilanciamento tra i valori (o principi) che fondano, dal punto di vista assiologico, rispettivamente la previsione del diritto di opzione e la suitability rule353.

Il TUF contiene alcune disposizioni, da cui è possibile ricavare l’assoluta prevalenza degli interessi pubblici attinenti al mercato mobiliare. Interessi che il legislatore considera gerarchicamente sovraordinati rispetto ai bisogni e alle aspettative del gruppo degli azionisti354.

Paradigmatico, a tale proposito, è l’art. 114, comma 3, TUF. Esso permette agli emittenti quotati di “ritardare la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate”, salvo che “ciò non possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali”. La valutazione circa l’essenzialità o meno della circolazione dei dati informativi diretti a prevenire condotte di

insider trading è lasciata all’Autorità di vigilanza: la Consob, infatti, può

imporre in ogni caso agli amministratori, nell’esercizio della propria discrezionalità, la divulgazione delle informazioni privilegiate. Dunque, di fronte all’impellente necessità di evitare un’alterazione del meccanismo

353 Sul bilanciamento come criterio di interpretazione del diritto e la sua differenza con il concetto di

contemperamento: R. GUASTINI, Interpretare e argomentare, in Trattato di diritto civile e

commerciale, già diretto da A. Cicu, F. Messineo e L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, Milano,

2011, p. 209.

354 Si tratta di interessi, come ad esempio quello all’efficienza informativa del mercato, riferibili a un

insieme dinamico e numericamente indeterminato di persone, e per questo rientranti nella categoria degli interessi “di serie”. Infatti, essi non sono certamente imputabili a uno o più investitori determinati, ma riguardano, in una prospettiva che abbraccia l’intera dimensione spazio-temporale, tutti i possessori di strumenti finanziari; ovverosia la platea indifferenziata di coloro che, in qualche tempo e in qualche luogo, hanno impiegato i propri risparmi nella speranza di ricevere in cambio un ritorno economico, più o meno certo. Sull’utilizzabilità del concetto di “interesse di serie” per analizzare le norme che si rivolgono ai soggetti che operano sul mercato mobiliare v. L. DELLA TOMMASINA, Informazione

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concorrenziale, la Consob detiene il potere di far prevalere l’interesse pubblico a una corretta formazione dei prezzi sull’interesse del gruppo degli azionisti alla riservatezza dei segreti industriali355.

La tutela dell’investitore vulnerabile rientra certamente nel novero degli interessi a carattere diffuso che l’autorità pubblica si è impegnata a perseguire tramite la posizione di norme imperative, sia a livello nazionale che europeo. La protezione del soggetto professionalmente inesperto è considerata dal legislatore non solo come un obiettivo sovraordinato a qualsiasi altro interesse attinente alla sfera patrimoniale o amministrativa dei soci, ma rappresenta la chiave di volta sui cui si regge l’intera architettura di vigilanza, nonché il fulcro della regolamentazione dei servizi di investimento356. Ne deriva che, qualora le norme di diritto societario dirette ad assicurare l'invarianza della partecipazione azionaria del socio contrastino con il reticolato di regole che circondano e plasmano le scelte di investimento del risparmiatore, le prime dovranno segnare il passo, anche al costo di cagionare, in questo modo, una ridistribuzione tra i soci della ricchezza accumulata e una ridefinizione degli equilibri partecipativi pregressi.

Resta da chiarire quale sia il destino delle azioni in relazione alle quali il socio non ha potuto esercitare il diritto di opzione. È da escludere che esse possano rimanere nel portafoglio titoli degli intermediari-collocatori.

355F. M. MUCCIARELLI, L’informazione societaria, cit., p. 760; R. COSTI, Il mercato mobiliare, cit., p. 285. V. il Considerando 49 del Market Abuse Regulation (c.d. MAR) secondo cui “gli emittenti dovrebbero quindi essere tenuti a comunicare al pubblico quanto prima le informazioni privilegiate. Tuttavia, tale obbligo può, in determinate circostanze particolari, ledere i legittimi interessi dell’emittente. In tali circostanze, dovrebbe essere consentito di ritardare la comunicazione, a

condizione che il ritardo non sia suscettibile di fuorviare il pubblico”. D’altronde, che la disciplina sulla disclosure societaria sia diretta alla totalità dei c.d. information traders, e non a soggetti storicamente

determinati, è ritenuto pacifico da: A. PERRONE, Informazione al mercato, cit. p. 14; ID, La disciplina

del mercato mobiliare, cit., p. 71 s; cfr. C. ANGELICI, op. cit., p. 545 A ulteriore conferma di quanto

da noi sostenuto è possibile elencare: il potere della Consob di impugnare, entro 180 giorni dalla approvazione, la delibera assembleare assunta con il voto determinante del socio che ha superato le soglie previste dalla normativa speciale e non ha ottemperato all’obbligo impostogli dalla legge di lanciare l’offerta pubblico di acquisto (art. 14, comma 7, TUF, v. anche F. ANNUNZIATA, op. cit., p. 420); l’impugnabilità della delibera assembleare, sempre da parte dell’Autorità di vigilanza e in presenza dei medesimi presupposti, in caso di omissione della comunicazione dovuta dai soci in materia di partecipazioni rilevanti o di patti di sindacato (ivi, 483; R. COSTI, op. cit., p. 318). Tali previsioni, infatti, sottendono la propensione del legislatore a sancire formalmente la superiorità assiologica dell’interesse della platea indifferenziata degli investitori al monitoraggio dei centri di potere della società rispetto all’interesse del gruppo degli azionisti alla stabilità delle deliberazioni assembleari.

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Sia nel caso di opzione mediata che di collocamento diretto, gli intermediari sono obbligati, da un lato, a offrire le azioni ai soci in proporzione alle azioni possedute, dall’altro, ad espletare gli adempimenti previsti dall’art. 2441, comma 3. Pertanto, se le azioni “coattivamente” inoptate non sono soggette a negoziazione in un mercato regolamentato, dovranno essere offerte agli azionisti risultati positivi al test di adeguatezza, commisurando la quantità di titoli da assegnare alla partecipazione sociale esistente al momento della richiesta357; in caso di quotazione, invece, gli intermediari dovranno offrire

le azioni non classate, per conto della società, sul mercato regolamentato per almeno cinque sedute, entro il mese successivo alla scadenza del termine stabilito dall’assemblea.

Infine, ma solo per quanto riguarda l’opzione indiretta, ci si potrebbe domandare a chi spettino le azioni emesse in esecuzione di un aumento gratuito del capitale o gli utili che vengano distribuiti, nel lasso di tempo intercorrente tra la sottoscrizione delle azioni da parte degli intermediari e l’effettiva vendita delle azioni ai soci. Riprendendo quanto già detto, occorre considerare che i singoli negozi di sottoscrizione stipulati dagli intermediari con gli amministratori della società emittente sono accessori rispetto all’obbligazione principale, contenuta nell’accordo di collocamento, di offrire gli strumenti finanziari azionari ai soci. Sembra, allora, ragionevole richiedere, sulla base di un’interpretazione dell'accordo di distribuzione secondo buona fede oggettiva (art. 1375 c.c.), che ogni tipo di attribuzione patrimoniale ricevuta dall’intermediario-sottoscrittore medio tempore debba essere ritrasmessa agli acquirenti dei titoli; sia nell'eventualità che i soci esercitino il diritto di opzione, sia che essi si rendano acquirenti degli strumenti finanziari azionari in sede di collocamento dell’inoptato ex art. 2441, comma 3. Tali utilità patrimoniali, invece, non potranno essere allocate nei confronti di quegli azionisti che si sono visti bloccare l’operazione di acquisto dall'esito negativo del test di adeguatezza. Ciò in quanto l’obbligo

357 G. D’ATTORRE, Il principio di eguaglianza tra soci, cit. p. 325; sostiene, invece, la ripartizione pro

quota in rapporto al numero di azioni che ogni socio richiede in prelazione: G. B. PORTALE, Opzione

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dell’intermediario di esercitare i diritti patrimoniali a vantaggio degli opzionisti diviene azionabile solo a condizione che le partecipazioni azionarie di nuova emissione si consolidino effettivamente in capo ai soci358

358 G. GIANNELLI, op. cit., pp. 229 ss. e 241 s, il quale trae tale conclusione argomentando dalle norme

che disciplinano la fattispecie del riporto e della vendita a termine di titoli di credito, nonché dalla necessità di evitare che il ricorso all’operazione vada a svantaggio dei vecchi soci; infatti, la tutela assicurata dai due strumenti (i.e. il diritto di sottoscrizione preferenziale e l’opzione mediata) deve essere equivalente perché gli intermediari-collocatori possano sostituirsi agli azionisti nella sottoscrizione dell’aumento del capitale (ivi, p. 225).

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