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AUMENTO DEL CAPITALE E COLLOCAMENTO DI STRUMENTI FINANZIARI AZIONARI

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

AUMENTO DEL CAPITALE E COLLOCAMENTO

DI STRUMENTI FINANZIARI AZIONARI

RELATORE:

Prof. Francesco BARACHINI

CORRELATORE:

Prof. Luca DELLA TOMMASINA

Candidato:

Matteo Maria MARCHIÒ

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II

Ai miei genitori, Ewa e Gino.

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III

INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO 1: IL RAPPORTO TRA ASSEMBLEA E AMMINISTRATORI NELL'AUMENTO REALE DEL CAPITALE SOCIALE

1.1. La rilevanza gestionale ed extraorganizzativa della modificazione statutaria della cifra del capitale sociale nominale nell’aumento a pagamento ... 4

1.2. La tendenza ad ampliare la sfera decisionale dell’organo amministrativo per facilitare la raccolta di nuovo capitale di rischio: la delega ex art. 2443 c.c. ... 11

1.3. La modificabilità in sede assembleare del progetto di aumento redatto dagli amministratori: il contemperamento tra istanze gestorie e tutela dell’investimento. 22

CAPITOLO 2: IL DIRITTO DI OPZIONE E LA PARITÀ DI TRATTAMENTO TRA SOCI

2.1. I problemi di agenzia scaturenti dalle emissioni azionarie e i loro possibili rimedi giuridici: un’analisi comparata ... 30

2.2. La doppia anima del diritto di opzione. La prevalenza della componente patrimoniale ... 36

2.3. L’esclusione o la limitazione del diritto di opzione nell’interesse della società (2441, comma 5, c.c.). ... 42

2.4. La fattispecie di non spettanza del diritto di preferenza prevista dall’art. 2441, quarto comma, secondo periodo, c.c. ... 50

2.5. La distinzione tra eguaglianza dei diritti e parità di trattamento dei soci. L’inapplicabilità in via analogica degli art. 2516 c.c. e 92 t.u.f. al fine di fondare nella società per azioni un diritto dei soci alla parità ... 58

2.6. Vicende statiche e vicende dinamiche dell'organizzazione sociale.

L’inoperatività della parità di trattamento nelle operazioni societarie orientate al soddisfacimento delle esigenge dell’impresa ... 65

2.7. L’ammissibilità di un’esclusione selettiva del diritto di sottoscrizione

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IV

2.8. (Segue). Esclusione semplificata del diritto di opzione limitata ad alcuni soci e

acquisto diretto delle azioni sul mercato mobiliare. ... 77

CAPITOLO 3: LA PRODUCT GOVERNANCE E IL COLLOCAMENTO DI STRUMENTI FINANZIARI AZIONARI 3.1. Le ragioni economiche dell’intervento pubblico nel mercato dei capitali: asimmetrie informative, beni pubblici e costi di transazione. Dalla trasparenza delle contrattazioni alla fiducia degli investitori. ... 83

3.2. La product governance. L’obbligo degli intermediari finanziari di individuare il target market positivo e negativo per ciascun prodotto di investimento assemblato e/o distribuito ... 91

3.3. (Segue). Le categorie rilevanti per la determinazione del mercato di riferimento. L’internalizzazione della regola di adeguatezza ... 97

3.4. La caratterizzazione tipologica del servizio di collocamento. La distribuzione del rischio di insuccesso dell’operazione tra società emittente e intermediari-collocatori. ... 101

3.5. La costituzione del consorzio di collocamento e la stipulazione dell’accordo tra società emittente e intermediari collocatori. Il coordinamento dell’underwriting agreement con la delibera di aumento reale del capitale. L’opzione indiretta. ... 107

3.6. Il collocamento selettivo delle azioni di nuova emissione da parte del distributor nel caso di esito negativo del test di adeguatezza per una parte degli opzionisti. L’antinomia tra diritto societario e disciplina del mercato mobiliare ... 115

INDICE BIBLIOGRAFICO ... 124

INDICE DELLA GIURISPRUDENZA ... 140

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1

Introduzione

Il blocco del mercato del credito bancario in Europa (c.d. credit crunch), nonostante le consistenti iniezioni di liquidità della Bce, e l’inasprimento in senso qualitativo e quantitativo dei requisiti patrimoniali delle banche hanno reso estremamente più selettivo l’ordinario canale di finanziamento delle imprese societarie europee. Le principali conseguenze che oggi ne derivano sono due: la massiccia contrazione del ricorso al debito per l’acquisto dei fattori della produzione, necessari allo svolgimento dell’attività di impresa, e il revanscismo del Finanzkapital come fonte di approvvigionamento alternativa. Ciò in quanto, secondo le previsioni più attendibili, solo le società in grado di ridurre il proprio rapporto di indebitamento, e capaci quindi di minimizzare il rischio di credito per il finanziatore, riceveranno quelle poche risorse monetarie che gli istituti di credito saranno disposti ad erogare. Se poi esse sono sottoposte a regolamentazione di vigilanza, la ricapitalizzazione si trasforma in un obbligo normativo da adempiere a fini prudenziali e di prevenzione del rischio sistemico a livello europeo (Regolamento Ue 575/2013, c.d. CRR, e Direttiva Ue 2013/36, c.d. CRD IV).

In Italia, dove il fenomeno della sottocapitalizzazione ha da sempre ammorbato le società di capitali, la raccolta di nuovi conferimenti in denaro o in natura si rivela, dunque, essenziale. Nell’ottica adottata in questa sede, l’aumento del capitale a pagamento non costituisce soltanto uno strumento, alternativo all’emissione di obbligazioni, di finanziamento degli investimenti programmati; ma anche un istituto giuridico di carattere dinamico che, essendo diretto a ristabilire un rapporto equilibrato tra mezzi propri e mezzi di terzi, contribuisce ad assicurare la continuità nel lungo periodo dell’attività di impresa. A questo riguardo, occorre notare che un’adeguata patrimonializzazione è diretta a dotare la società della necessaria “resilienza” agli shock negativi (i.e. la capacità di assorbire perdite dovute alla congiuntura economica), a cui presumibilmente essa dovrà far fronte durante la fase discendente del ciclo economico-finanziario. E, a loro volta, in una sorta di circolo benefico, una leva finanziaria contenuta e una maggiore solidità patrimoniale sono in grado di

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abbattere il costo del capitale azionario, in termini di tasso di rendimento richiesto dagli investitori.

La necessità delle società per azioni di approvvigionarsi sul mercato dei capitali ha portato la prassi societaria di questi ultimi anni a valorizzare quelle innovazioni che il legislatore del 2003 aveva già introdotto all’interno del Codice civile. Si pensi, per fare due esempi, alla possibilità di emettere azioni senza indicazione del valore nominale o di delegare al consiglio di amministrazione, congiuntamente alla potestà di decidere l’aumento del capitale, anche la facoltà di escludere il diritto di preferenza dei soci. Seguendo tale tendenza, le assemblee straordinarie di numerose società hanno incominciato ad attribuire all’organo amministrativo una discrezionalità a maglie sempre più larghe, sia tramite l’utilizzo del potere di delegare competenze assembleari, sia lasciando ampi spazi agli amministratori nella selezione delle modalità esecutive della delibera di aumento. Il tutto al fine di rendere più flessibile, celere, efficiente ed efficace la raccolta di nuovo capitale di rischio.

In questo contesto, il diritto di opzione degli azionisti e il principio della parità di trattamento tra soci esigono una rimeditazione. Entrambi, infatti, possono rappresentare un ostacolo, di sapore formale e anacronistico, alla crescita della redditività d'impresa, se vengono intesi come baluardi invalicabili erti a difesa dell’allocazione iniziale dei diritti patrimoniali e amministrativi dei soci, così come stabilita nel contratto di società. Sviluppando l’intuizione di un insigne studioso, si tenterà di dimostrare come, in occasione di particolari operazioni industriali o finanziari realizzate nel perseguimento di uno specifico interesse della società, il diritto di sottoscrizione preferenziale possa essere sacrificato e la parità di trattamento non trovi applicazione.

Infine, la recente torsione in senso fiduciario della disciplina europea sui servizi di investimento dischiude la prospettiva di nuove controversie interpretative nei rapporti tra il diritto societario e le norme dirette a svellere dal mercato dei capitali operazioni di investimento inconsapevoli. Infatti, la recente anticipazione della tutela dell’investitore al momento dell’emissione del prodotto di investimento (c.d. product governance) è suscettibile di collidere,

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nella sua intrinseca idoneità a riflettersi sulla dimensioni operativa degli intermediari, con la disciplina del diritto d’opzione, nel momento in cui quell'investitore è anche azionista della società. Nel tentativo di risolvere tale antinomia, si avanzerà l’ipotesi secondo cui, di fronte all'accoglimento da parte del legislatore di interessi superindividuali a carattere diffuso, il diritto di opzione diviene recessivo.

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CAPITOLO 1

IL RAPPORTO TRA ASSEMBLEA E AMMINISTRATORI NELL'AUMENTO REALE DEL CAPITALE SOCIALE

1.1. LA RILEVANZA GESTIONALE ED EXTRAORGANIZZATIVA DELLA MODIFICAZIONE STATUTARIA DELLA CIFRA DEL CAPITALE SOCIALE NOMINALE NELL’AUMENTO A PAGAMENTO.

L’istituto dell’aumento di capitale a pagamento disciplina un’operazione che attiene strettamente alla gestione dell’impresa. Per dimostrare tale asserzione, è necessario partire da una disamina delle ragioni economiche che concorrono a determinare le decisioni finanziarie di un organismo produttivo.

Tra il compimento dei singoli atti d'impresa diretti alla produzione di beni o di servizi e il conseguimento del corrispettivo derivante dal loro scambio sul mercato intercorre normalmente un certo lasso di tempo. Tale

deficit temporaneo di risorse, congiuntamente al normale utilizzo di mezzi

monetari al fine di remunerare i fattori produttivi, reca con sé, come conseguenza inevitabile, un fabbisogno finanziario che può essere soddisfatto solo tramite l'apporto di liquidità da parte di operatori economici in surplus1.

1 T. BIANCHI, Gli aumenti di capitale nelle imprese, Milano, 1963, p. 1. Tali soggetti si identificano

solitamente nelle famiglie che, secondo la teoria economica, destinano ai consumi soltanto una parte del reddito percepito mettendo a disposizione terra, lavoro e capitale. Tuttavia, anche un'impresa o un ente pubblico, se presenta un bilancio in positivo, cioè un'eccedenza dei ricavi sui costi sostenuti per perseguire i propri fini istituzionali, è definibile come unità in surplus: A. PERRONE, Il diritto del

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La prima alternativa che si presenta nella cernita delle modalità di finanziamento dell'attività produttiva è quella tra capitale di rischio e capitale di debito. Premesso che, se l'obiettivo è quello di assicurare l'equilibrio tra le entrate e le uscite aziendali, è necessario attingere a entrambi i canali di approvvigionamento, si può dire che la scelta relativa al rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi (c.d. leva finanziaria o rapporto di indebitamento), è influenzata principalmente da due fattori: i) il volume minimo degli investimenti in attesa di realizzo in un periodo di tempo dato2 ii) il livello di

efficienza del mercato finanziario3.

Una volta fissato il rapporto di indebitamento ottimale, l’impresa dovrà decidere se sia economicamente più conveniente, al fine di reperire nuovo capitale di rischio, attingere direttamente al reddito prodotto nell'esercizio della propria attività oppure optare per il ricorso a nuovi conferimenti. A tale proposito, nella letteratura aziendalistica si suole distinguere tra imprese relativamente statiche e imprese in progresso e in sviluppo4. Le prime tendono a rivolgersi all’autofinanziamento5 per alimentare gli impieghi in attesa di realizzo, ammesso che dal bilancio di esercizio emergano utili suscettibili di essere accantonati e posti a riserva; le

2 T. BIANCHI, op. cit., p. 5, a tale volume minimo corrisponde, infatti, la parte costante del fabbisogno

finanziario da soddisfare con mezzi propri. La parte variabile, invece, viene coperta con passività a breve e a media scadenza.

3 In materia è nota la prima proposizione del c.d. Modigliani-Miller (MM) theorem, secondo cui se il

mercato finanziario è perfetto dal punto di vista informativo, e non sussistono altre cause di inefficienza come costi di transazione o un sistema di tassazione del capitale, la composizione della struttura finanziaria è ininfluente sul valore complessivo dell'impresa: F. MODIGLIANI, M.H. MILLER, The

Cost of Capital, Corporation Finance and the Theory of Investment, in American Economic Rev., Vol.

48, No. 3, 1958, pp. 261 ss. La dottrina economica successiva, rilevando la normale presenza di asimmetrie informative tra gestori dell’impresa e investitori, ha formulato una gerarchia tra le varie fonti di finanziamento sulla base della loro sensibilità alle informazioni: le imprese, pertanto, ricorrerebbero prima all’accantonamento di utili, poi al debito e, come ultima ipotesi, alle emissioni azionarie. Per la c.d. pecking order theory v. S.C. MYERS, The Capital Structure Puzzle, in The Journal of Finance, Vol. 39, No. 3, 1984, pp. 581 s; nella letteratura giuridica v. FERRAN-CHAN HO, Principles of

Corporate Finance Law, Oxford, 2014, p. 55.

4 T. BIANCHI, op. cit., p. 9., con il primo termine si riferisce a complessi aziendali caratterizzati da una relativa stabilità nel tempo degli investimenti in attesa di realizzo (o da una crescita dei medesimi secondo un trend lineare); con il secondo, invece, a imprese che possiedono un elevato ritmo di accrescimento della dimensione e del volume di attività economica. Queste ultime sono anche “in sviluppo” se si verifica un incremento della redditività aziendale.

5 Per autofinanziamento si intende il reinvestimento degli utili di impresa a seguito di una loro mancata

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seconde, invece, registrando consistenti e continui aumenti delle loro immobilizzazioni6, preferiscono ricorrere all’emissione di nuove azioni a pagamento: infatti, proprio a causa della crescita accelerata della dimensione dei processi produttivi, è raro che il risparmio aziendale sia tanto consistente da coprire l’intero incremento del fabbisogno di mezzi innescato dagli investimenti programmati7.

Da quanto detto, risulta evidente che la pianificazione degli investimenti, il loro compimento e la correlata previsione dell’andamento dei flussi di cassa (in entrata e in uscita) determinano, unitamente al costo relativo del capitale, la decisione su quantità e qualità delle fonti di finanziamento del complesso aziendale8. Per questo motivo, nella realtà economica la scelta tra auto o etero finanziamento, da una parte, e tra capitale proprio o di terzi, dall'altra, cioè la gestione finanziaria9 dell’impresa, è

affidata a un particolare soggetto: colui che, all’interno dell’organismo produttivo, detiene il potere-dovere di realizzare i singoli atti di gestione e, dunque, ha l’obbligo di valutarne l’impatto finanziario sull'organizzazione produttiva10.

6 Vedi E. CAVALIERI, R. FERRARIS FRANCESCHI, Economia aziendale. Attività aziendale e

processi produttivi, Vol. 1, Torino, 2010, p. 384, “Le immobilizzazioni riguardano tutte quelle risorse

monetarie, investite in fattori a fecondità semplice e ripetuta, che non possono essere distolte dall’attuale destinazione, pena l’interruzione dell’attività aziendale o, comunque, il verificarsi di riflessi negativi sulla capacità dell’impresa di mantenersi in condizioni di equilibrio economico-finanziario nel tempo.”

7 Così T. BIANCHI, op. cit., pp. 9-10.

8 T. BIANCHI, op. cit., p. 35, “la natura e la durata del nuovo bisogno di mezzi da investire è in funzione

della dinamica del sistema d’impresa, cioè dell’intrecciato evolversi dei processi e delle combinazioni di produzione attuati.” E, più avanti, aggiunge “si dovranno considerare, nella loro vicenda di non breve periodo, afflussi e deflussi di mezzi in rapporto al complesso svolgersi della gestione.”

9 V. CALANDRA BUONAURA, Gestione dell’impresa e competenze dell’assemblea nella società per

azioni, Milano, 1985, p. 110, in tale concetto rientrerebbero le decisioni in materia di emissione di

obbligazioni, aumento di capitale, riduzione del capitale esuberante e destinazione degli utili.

10 E. GINEVRA, Sottoscrizione e aumento del capitale sociale nelle S.p.A., Milano, 2001, pp. 11-12,

definisce la decisione come di alta amministrazione e ne sottolinea il carattere tecnico-aziendalistico. Sul significato sistematico dell’attribuzione agli amministratori della competenza a emettere obbligazioni: S. PATRIARCA, Art. 2410, in Le società per azioni. Codice civile e norme

complementari, tomo I, Milano, 2016, p. 1995, il quale qualifica l’emissione come atto di gestione o

quantomeno operazione che “mirando ad accrescere la provvista finanziaria della società è prodromica allo svolgimento di atti di gestione” e quindi “in questi termini, affidare la competenza agli amministratori parrebbe del tutto naturale.” Si noti, per altro, che sugli amministratori incomberebbe il dovere, a cui corrisponde la relativa responsabilità, di valutare l'adeguatezza finanziaria dell'impresa, in virtù della riconducibilità di tale concetto in quello più ampio di “adeguatezza dell'assetto organizzativo" contenuto nei commi 3 e 5 dell'art. 2381: G.C.M. RIVOLTA, Brevi riflessioni sulla

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Spogliate le vesti dell'economista, analizziamo il dato normativo. La riforma del 2003 ha optato in maniera inequivoca per l’accentramento del potere di gestione in capo all'organo amministrativo11. La disposizione dell’art. 2380-bis, secondo cui “la gestione dell’impresa spetta

esclusivamente agli amministratori” i quali hanno il dovere di compiere “le

operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale”, rappresenta uno dei cardini “per la stessa ricostruzione delle caratteristiche tipologiche della società per azioni”12. Essa è stata concepita non solo per rispondere a

oggettive esigenze di funzionalità dell’impresa societaria in ossequio al principio di divisione del lavoro, ma anche, se non soprattutto, per garantire una gestione dell'investimento dei soci improntata a criteri di neutralità13. Ne deriva il rigido divieto sancito da una norma inderogabile (art. 2364 n. 5 c.c.) di traslare competenze dal consiglio di amministrazione all’assemblea, sia in via di fatto sia tramite clausola statutaria, qualora la legge non lo preveda espressamente.14

Orbene, l’aumento reale del capitale, in quanto diretto a dotare la società dei mezzi strumentali allo svolgimento dell'attività economica contrattualmente prevista, pare integrare, più che una modificazione

disciplina degli aspetti finanziari nel diritto dell'impresa e delle società, in Studi in ricordo di Pier Giusto Jaeger, Milano, 2011, p. 525.

11 Si v. la Relazione di accompagnamento al d.lg. n. 6 del 2003 (§ 6.III.1).

12 Così G. GUIZZI, Riflessioni intorno all’art. 2380-bis, in Società, banche e crisi d’impresa. Liber

amicorum Pietro Abbadessa, vol. II, Torino, 2014, pp. 1043 ss. L’autore, correttamente, attribuisce alla

disposizione la funzione tipologica di distinguere all’interno delle società di capitali la s.p.a. dalla s.r.l., in cui “l’esercizio delle funzioni gestorie…è pur sempre riservato, in via finale, alla collettività dei soci” (art. 2479, 1° co., cc.).

13 C. ANGELICI, La società per azioni. Principi e problemi , in Trattato di diritto civile e commerciale,

già diretto da A. Cicu, F. Messineo e L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger Milano, 2012, 345-349; G. GUIZZI, op. cit., p. 1044, individua la ragione giustificativa della necessaria imparzialità degli amministratori nella naturale vocazione della società per azioni a raccogliere il risparmio tra il pubblico indifferenziato, in quanto la spersonalizzazione dell’investimento e la diversificazione degli interessi dei soci, che normalmente ne conseguono, esigono che la gestione sia affidata a un organo neutrale; V. CALANDRA BUONAURA, op. cit., p. 10, parla di competenza funzionale di derivazione legale poiché, una volta nominati, gli amministratori ricoprono una vera e proprio funzione da esercitare nell’interesse dell’intera collettività dei soci, e non solo di chi li ha nominati. In tal senso anche B. LIBONATI, Il

governo del consiglio di amministrazione di società per azioni, in Diritto, mercato ed etica. Dopo la crisi, Milano, 2010, p. 372.

14 V. PINTO, Art. 2380 bis, in Le società per azioni, tomo I, cit., pp. 1170-1175; l'autore giustamente

rileva come sia, in realtà, l'art 2364 n. 5 a regolare i rapporti tra assemblea e consiglio di amministrazione all'interno dell'organizzazione societaria, facendo riferimento al più ampio concetto di “atti degli amministratori".

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dell'originario programma societario, un’operazione necessaria alla sua attuazione e quindi tipicamente gestionale. Il ricorso a nuovi conferimenti, in denaro o in natura, è espressione di precise scelte che riguardano, ad esempio, gli impieghi, la provvista finanziaria per la copertura dei costi, gli accordi stipulati nell’interesse della società con intermediari del mercato mobiliare, i quali esigono determinati termini e modalità di esecuzione della delibera di aumento; tali scelte, alla luce del combinato disposto degli artt. 2380-bis e 2364 n. 5, rientrano nella competenza esclusiva dell’organo amministrativo e sono insindacabili dai soci15.

Ciò nonostante, in dottrina è ricorrente l’affermazione secondo cui la modificazione della cifra del capitale sociale nominale, dal momento che influisce sul quantum di poteri amministrativi e patrimoniali spettanti ai soci, avrebbe un valore prevalentemente organizzativo16.

Mentre la premessa è corretta, la conseguenza che se ne trae è errata per due motivi. Innanzitutto, perché presume che sia corretto attribuire al capitale sociale nominale una funzione organizzativa: in base a tale concezione il capitale sociale sottoscritto fungerebbe da denominatore in una frazione in cui il valore nominale della partecipazione sociale ricoprirebbe il ruolo di numeratore17. Esso sarebbe, insomma, un semplice parametro di misurazione dei diritti e dei poteri dei soci all’interno dell’organizzazione sociale. Ragionando così, tuttavia, si tralascia due fatti: in primis, che la possibilità di misurare la posizione corporativa dei soci in base al valore nominale delle azioni, a seguito delle riforme intervenute soprattutto nel

15 V. TRIB. BRESCIA, 23.10.2015, in Giur. Comm., fasc. 6, II, 2017, p. 1039, “le operazioni sul capitale

– quando non necessitate da esigenze di copertura di perdite – costituiscono tipica espressione di scelte gestionali riservate agli amministratori i quali devono compiere tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale (art. 2380-bis).”

16 Per tutti, si v. E. GINEVRA, Sottoscrizione e aumento, cit., pp. 5-8; ID., Ancora sulla sottoscrizione

di nuove azioni (in rapporto alla modifica dell’organizzazione sociale), in Studi in onore di Umberto Belviso, Bari, 2011, passim; E. GINEVRA, C. PRESCIANI, Art. 2444, in Le società per azioni, tomo

II, cit., p. 2658; P. FERRO LUZZI, Riflessioni sulla riforma; I: La società per azioni come

organizzazione del finanziamento di impresa, in Riv. dir. comm., fasc. 1, Padova, 2005, pp. 690-691.

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diritto azionario18, è divenuta solo eventuale19; in secundis, che lo stesso legislatore mostra di considerare il capitale sociale non come entità puramente numerica, cioè un intero percentuale rispetto al quale determinare singole quote, bensì come quantità di valore espressa in cifra assoluta e in unità monetaria20.

In secondo luogo, ed è questo il vero nodo gordiano, poiché sottende una ricostruzione della partecipazione sociale in chiave esclusivamente metaindividuale: si parla di “caratterizzazione organizzativa” della partecipazione sociale, di un fenomeno “irriducibile alla realizzazione della sfera individuale del socio”, di “poteri i quali, poiché strumentali al funzionamento dell’organizzazione, non possono non variare al mutare della medesima”21. Ma, in questo modo, si risolve il concetto di partecipazione sociale in quello necessariamente relativo di quota e, di conseguenza, si attribuisce assoluta preminenza alla dimensione interna dei rapporti tra i soci e ai diritti amministrativi spettanti ai medesimi22; mentre si relega, compiendo una sorta di inversione funzionale, i diritti patrimoniali a svolgere

18 Ci si riferisce all’introduzione delle azioni di risparmio, di quelle senza voto, di quelle a voto plurimo,

a voto condizionato o scalare, all’introduzione dell’istituto della record date ecc.

19 G. B. PORTALE, Dal capitale sociale “congruo” al capitale sociale “zero” nelle società di capitali,

in Il nuovo capitale sociale, a cura di I. Capelli e S. Patriarca, Milano, 2016, pp. 3 s. Oltretutto, il metodo di calcolo che utilizza il valore nominale delle azioni è perfettamente sostituibile da quello che si riferisce al numero di azioni possedute dal socio in relazione al totale delle azioni emesse; anzi, il secondo risulta preferibile dal momento che si avvale solo di numeri interi: M.S. SPOLIDORO, Valore

nominale, azioni senza indicazione del valore nominale e aumento del capitale sociale, in Analisi Giuridica dell'Economia, fasc. 1, Bologna, 2017, p. 71.

20 Rileva l’essenza monetaria della cifra del capitale sociale nominale G.B. PORTALE, Capitale sociale

e società per azioni sottocapitalizzata, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e

G.B. Portale, vol. 1**, Torino, 2004, pp. 3 s.; G. FERRI JR, Investimento e conferimento, Milano, 2001, pp. 208-210, il quale sottolinea come la stessa possibilità di una rilevanza autonoma del capitale sociale si dissolve nel momento in cui lo si riduce a somma di singole quote le quali implicano logicamente già di per sé l’esistenza di un intero a cui essere riferite; in senso analogo ID., Struttura

finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale, in Riv. Not., fasc. 4, Milano, 2008, p. 758.

Assegna all’istituto del capitale sociale nominale la funzione di tutelare “l’interesse, non tanto dei creditori, ma degli investitori, alla protezione delle loro aspettative di valorizzazione dell’investimento operato, contro il pericolo di un’imprudente o fraudolenta distrazione delle risorse preventivamente destinate all’attività” E. GINEVRA, Oltre il capitale sociale? Spunti per la ripresa del dibattito sulla

riforma della struttura finanziaria delle società di capitali, in La struttura finanziaria e i bilanci delle società di capitali. Studi in onore di G.E. Colombo, Torino, 2011, p. 15.

21 E. GINEVRA, Ancora sulla sottoscrizione, cit., p. 541. 22 G. FERRI JR, Investimento e conferimento, cit., p. 124.

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tutt’al più il ruolo di meri accessori del potere di concorrere alla produzione del risultato deliberativo assembleare.

Al contrario, è possibile cogliere la reale essenza normativa di alcune vicende societarie che coinvolgono la partecipazione azionaria solo se si intende quest'ultima come manifestazione, sotto veste giuridica e in termini di valore23, del fenomeno economico dell’investimento24. Questo, a partire dalla sottoscrizione del capitale, si concretizza in entrambi i suoi momenti logici: quello della spesa sostenuta dal socio per conseguire un guadagno25,

e quello del ricavo che rappresenta il risultato dell’amministrazione dei valori immessi nell'impresa societaria26.

Adottando tale prospettiva, l'emissione di nuove azioni a pagamento – similmente alla fusione e alla scissione che possiedono analoghi risvolti di carattere finanziario – diviene inquadrabile giuridicamente come un’operazione destinata ad incidere, dal punto di vista del socio, non tanto sulla posizione ricoperta all'interno dell'organizzazione sociale, quanto sul valore reale delle azioni complessivamente detenute27. E l’esame della disciplina del diritto di opzione, come vedremo, conferma questa intuizione. In questo senso, se proprio si vuole individuare un ulteriore profilo di rilevanza, si può osservare che l'aumento reale del capitale costituisce non solo una riorganizzazione della struttura finanziaria dell’impresa, come tale

23 Al momento dell’investimento, infatti, il valore oggetto del conferimento subisce una metamorfosi

della propria forma giuridica: da quella rivestita in precedenza, ad esempio proprietà o godimento, a quella di partecipazione sociale, nella sua duplice struttura; al momento del disinvestimento, invece, avviene l’inverso: FERRI JR., op. cit., pp. 345-346.

24 Configurato giuridicamente come affidamento fiduciario di valori: M. MAUGERI, Partecipazione

sociale e attività di impresa, Milano, 2010, p. 87, secondo cui la funzione normativa della

partecipazione sociale sarebbe quella di disciplinare l’attività di gestione di un interesse del socio “alla redditività e al valore dell’investimento effettuato”; gestione che può estrinsecarsi mediante differenti codici organizzativi.

25 Guadagno che emergerà come quantità di moneta derivante dalla “somma algebrica tra il valore del

ricavo e il disvalore della spesa" solo al termine dell'operazione complessiva di investimento: G. FERRI JR., op. cit., p. 47.

26 M. MAUGERI, op. cit., p. 192, identifica il collegamento tra i due momenti logici e cronologici

dell'investimento con il concetto di redditività.

27 Da intendere come valore attuale netto, cioè il frutto dell’attualizzazione dei dividendi futuri attesi.

Per la definizione di valore attuale netto, su cui ritorneremo: M. MAUGERI, op. cit., pag. 198. Tuttavia, occorre precisare che se le azioni sono quotate in un mercato regolamentato assume rilievo anche, o esclusivamente (art. 2441, comma 4°, secondo periodo), il valore di mercato della partecipazione azionaria, considerata come oggetto di scambio.

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di competenza degli amministratori, non solo una modificazione statutaria di pertinenza dell’assemblea straordinaria, ma anche una forma di disposizione della partecipazione all’investimento collettivo: materia che, a ben vedere, il legislatore – tramite la previsione del diritto di opzione e di rigide regole per la sua esclusione– ha deciso di affidare alla competenza dei soci individualmente considerati, confermandone così la valenza esterna all’organizzazione sociale ovvero extraorganizzativa28 .

1.2. LA TENDENZA AD AMPLIARE LA SFERA DECISIONALE DELL’ORGANO AMMINISTRATIVO PER FACILITARE LA RACCOLTA DI NUOVO CAPITALE DI RISCHIO: LA DELEGA EX ART. 2443 C.C.

La valorizzazione della componente finanziaria della partecipazione sociale, a scapito di quella corporativa29, ha trovato nel corso degli anni il proprio contrappunto organizzativo in un fenomeno ben preciso: l’alienazione dell’organo assembleare dalle decisioni gestionali suscettibili di incidere sull’investimento dei soci30. Tale tendenza si è manifestata, dal

28 Cfr. G. FERRI JR, Modificabilità e modificazioni del progetto di fusione, Milano, 1998, pp. 103 e

104, testo e nt. 39, il quale si riferisce alla determinazione del rapporto di cambio all'interno della complessiva operazione di fusione. Egli rileva correttamente come la devoluzione all'assemblea straordinaria, e quindi la sottoposizione alla regola maggioritaria, di una competenza originariamente individuale - il Codice di Commercio del 1882, infatti, attribuiva al socio il diritto di recesso in occasione della fusione - non ne abbia snaturato l’originaria connotazione in senso extra organizzativo. Allo stesso modo, non risulta contraddittorio assegnare identica natura sia all'esercizio del diritto di opzione sia alla deliberazione assembleare in materia di esclusione o limitazione dello stesso: quest'ultima infatti è il frutto dell’ampliamento al di là della sfera dell'organizzazione sociale dell’ambito di competenza della collettività dei soci in sede straordinaria.

29 E. GINEVRA, Il capitale sociale nel XXI secolo. Crisi e critica di un istituto, in Il nuovo capitale

sociale, cit., pp. 34-36, il quale ricorda come l’introduzione nelle società non quotate delle azioni a voto

plurimo ad opera del decreto-legge n. 91/2014 abbia confermato, e non smentito, il descritto passaggio dall’industria alla finanza. In tal senso, nonostante le azioni a voto plurimo tendano a concentrare la maggioranza dei voti nelle mani dello storico socio industriale o banchiere, disposto a investimenti di lungo periodo, chi acquista le restanti azioni (ordinarie) della società è pienamente consapevole della loro ontologica inidoneità ad attribuire il controllo sull’impresa. Il che valorizza la natura di strumenti finanziari di queste ultime.

30U. BELVISO, Delega per gli aumenti del capitale sociale e riforma organica delle società di capitali, in Riv. soc., fasc. 6, Milano, 2004, p. 1339; S.A. CERRATO, Art. 2443, in Il nuovo diritto societario.

Commentario, diretto da G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso e P. Montalenti, vol. 2, Bologna, 2004,

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punto di vista giuridico, in un accrescimento dei poteri degli amministratori che sono divenuti i veri domini delle operazioni di riorganizzazione dell'impresa o dell'investimento31.

Detto ciò, per quanto riguarda le operazioni di aumento del capitale, risulta difficile negare che dietro allo spostamento del baricentro della

Gestaltungsmacht, compiuto prima con il d.P.R. 30/1986 e poi con la riforma

del 2003, si celi anche un'istanza efficientistica, riconducibile all'interesse della società (quindi, in definitiva, dell'impresa) al reperimento di nuove risorse finanziarie; per la precisione, un'istanza di flessibilità e tempestività di intervento sul mercato del capitale di rischio, che solo il consiglio di amministrazione, non essendo avvinghiato dai lacci e lacciuoli del procedimento assembleare, è in grado di soddisfare32.

In base all’art. 2443 c.c., l'autonomia statutaria può attribuire (ab

origine o con modificazione successiva da parte dell’assemblea

straordinaria), all’organo amministrativo la potestà di deliberare33 sulla modificazione in aumento del capitale sociale. Lo statuto in questo modo realizza, nella sua qualità di strumento contrattuale a rilevanza organizzativa,

31 P. MARCHETTI, Le novità in materia di s.p.a., in Le operazioni sul capitale sociale: casi pratici e

tecniche di redazione del verbale notarile, consultabile su http://elibrary.fondazionenotariato.it; si pensi, per fare due esempi, alle ipotesi introdotte ex novo di delega agli amministratori ex art. 2505 (incorporazione di società posseduta interamente) e 2505-bis (incorporazione di società posseduta al 90 %): per un elenco dettagliato delle ipotesi di delega introdotte dalla riforma: S.A. CERRATO, Le

deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, Milano, 2009, pp. 82-85; parla di una “vasta

erosione delle originarie competenze dell’assemblea” G.B. PORTALE, Rapporti fra assemblea e

organo gestorio nei sistemi di amministrazione, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, vol. II, Torino, 2006, p. 22.

32F. GUERRERA, Art. 2443, in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, vol. II, Napoli, 2004, p. 1188.

33 G.D. MOSCO, Le deleghe assembleari nella società per azioni, Milano, 2000, p. 26; M.

SPERANZIN, Art. 2443, in Commentario romano al nuovo diritto delle società, diretto da F. d’Alessandro, vol. II, tomo 2, Padova, 2011, p. 881; M. SPERANZIN, Art. 2443, in Le società per

azioni, vol. II, cit., p. 2672. In alcuni casi, può risultare difficile discriminare nettamente la fattispecie

dell’aumento delegato dalla c.d. delega esecutiva. In teoria la distinzione è semplice: con la prima si rimette all’organo amministrativo il potere di decidere quantità, termini, modalità e la stessa opportunità di effettuare l’operazione; con la seconda, invece, si demanda agli amministratori la concretizzazione di una delibera assembleare già completa in tutti i suoi elementi essenziali, tant’è che è lecito pensare che si tratti di un’espressione riassuntiva dell’ordinario potere-dovere degli amministratori di eseguire le delibere assembleari. Quindi, delle due l’una: o la decisione dell’organo amministrativo cade su un elemento essenziale della delibera di aumento, e allora occorre stabilire i limiti di legittimità di una c.d. delega frazionata, oppure riguarda uno o più elementi non essenziali rientranti per loro natura nella competenza attuativa degli amministratori: S.A. CERRATO, Le deleghe di competenze, cit., p. 207; cfr. E. GINEVRA, op. cit., p. 138; in concreto il confine tende a sfumare.

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una riallocazione temporanea e non privativa dell’originaria competenza assembleare34.

L’equivalenza funzionale della competenza così creata comporta, come corollario logico-giuridico, che l'organo delegato sia investito degli stessi poteri dell’organo delegante35: all’interno dei limiti quantitativi36 e temporali37 stabiliti dalla clausola statutaria di delega, gli amministratori (o, eventualmente, l’amministratore unico) potranno decidere di articolare l’emissione azionaria in una o più delibere delegate, dando origine a singole operazioni unitarie o per tranche38, procedere alla fissazione del termine

finale per la raccolta delle sottoscrizioni o, ancora, optare per l’inserimento nella delibera consigliare della clausola di scindibilità39 (eventualmente

34 A differenza della traslazione di competenze, che si sostanzia in uno spostamento a titolo definitivo

e non contempla una concorrente potestà deliberativa dell’organo delegante: S.A. CERRATO, Le

deleghe di competenze, cit., pp. 114-115; C.A. BUSI, Aumento del capitale nelle s.p.a. e nelle s.r.l.,

Milano, 2013, p. 592.

35 M. SPERANZIN, Art. 2443, op. cit., p. 2675; sull’abilitazione dell’organo amministrativo ad agire

quale “organo di sostituzione funzionale” dell’assemblea: V. PINTO, Funzione amministrativa e diritti

degli azionisti, Torino, 2008, p. 45.

36 Da una data cifra ad un’altra o, preferibilmente, per un determinato ammontare, così da evitare

l’interferenza di ulteriori aumenti deliberati dall’assemblea o di conversioni di obbligazioni nel frattempo intervenute: P. MARCHETTI, Art. 23, in Commentario, a cura di Marchetti, in Nuove leggi

civ. comm., fasc. 1, 1988, p. 206.

37 La clausola di delega non può prevedere un termine superiore a 5 anni, da computarsi a partire dalla

data della deliberazione assembleare di modifica dello statuto: F. GUERRERA, Art. 2443, in Società di

capitali, cit., p. 1188.

38 G.C.M. RIVOLTA, Profili della nuova disciplina del diritto di opzione, in Riv. dir. civ., fasc. 1,

Padova, 1975, pp. 544 s. Nell’aumento per tranche all’unicità del momento deliberativo corrisponde la pluralità di procedimenti esecutivi che si articolano in periodi di tempo successivi. Questa particolare modalità di esecuzione della delibera delegata o assembleare di aumento è largamente utilizzata nella prassi, poiché riesce a sfruttare appieno le potenzialità insite nella previsione della c.d. clausola di scindibilità (di primo e/o secondo grado): C.A. BUSI, Aumento del capitale, cit., p. 349; cfr. E. GINEVRA, Sottoscrizione e aumento, cit., p. 193, nt. 102.

39 In base all’art. 2439, comma 2°, c.c. la fattispecie a formazione progressiva della modificazione

statutaria del capitale sociale nominale si perfeziona al momento dello spirare del termine finale solo se l’ammontare delle adesioni raccolte corrisponde al totale dell’aumento programmato con la delibera. Per consentire il perfezionamento della fattispecie, nonostante l’aumento sia stato solo parzialmente sottoscritto, è necessaria una esplicita previsione assembleare. Inoltre, la scindibilità può essere condizionata al raggiungimento di una soglia minima di sottoscrizioni: M. SPERANZIN, Art. 2439, in

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prevedendo in modo espresso che le sottoscrizioni acquistino efficacia in maniera progressiva40)41.

Controversa è la facoltà di emettere azioni di categorie speciali. La dottrina propende per la soluzione affermativa, anche qualora manchi un’esplicita previsione dello statuto o della delibera assembleare di delega, a condizione che l’emissione abbia ad oggetto azioni di categorie già esistenti e in proporzione alle stesse42. Nel caso di introduzione di una nuova categoria

di azioni, la clausola statutaria di delega dovrà attribuire espressamente la relativa facoltà all'organo amministrativo, nonché determinare i privilegi concessi ai possessori dei titoli per consentire l'approvazione dell'assemblea speciale delle categorie in concreto pregiudicate43.

Tale conclusione richiede una precisazione. Come vedremo più avanti, il principio della parità di trattamento, qui declinato come diritto al mantenimento delle reciproche proporzioni tra le categorie di azioni (c.d. diritto al rango), possiede un più limitato ambito di applicazione in quelle operazioni, come l’aumento del capitale a pagamento, direttamente funzionali al perseguimento dell’interesse imprenditoriale della società. Seguendo tale teoria, pur dovendosi ricomprendere anche il nocumento

indiretto e differenziale nella nozione di “pregiudizio” contenuta dall’art.

237644, la diluizione rilevante ai fini del necessario intervento dell’assemblea

40 V. CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massima n. 96, “Efficacia delle sottoscrizioni di aumenti

di capitale, prima del termine finale di sottoscrizione (artt. 2439, 2444, 2481-bis, c.c.)”; F. F.

MACCABRUNI, Step-up equity line e disciplina dell’aumento di capitale, in Banca borsa tit. cred., fasc. 3, Milano, 2005, p. 365. Contra: E. GINEVRA, op. cit., pag. 290.

41 M. SPERANZIN, Art. 2443, in Le società per azioni, Vol. II, cit., pp. 2675-2676 42 P. MARCHETTI, Art. 23, op. cit., 203-204.

43 M. SPERANZIN, Art. 2443, op. cit., p. 2676.

44 Ciò significa che il procedimento di approvazione della delibera assembleare dovrà vedere il

coinvolgimento dell’assemblea speciale di categoria ogniqualvolta l’aumento del capitale sia in grado di produrre un effetto pregiudizievole e distribuito in maniera non omogenea, anche soltanto in capo a una delle classi in cui è suddivisa la struttura azionaria della società (azioni ordinarie, privilegiate, di risparmio ecc.): F. D'ALESSANDRO, Aumento di capitale, categorie di azioni e assemblee speciali, in

Giur, comm., fasc. 4, I, Milano, p. 583; nello stesso senso A. MIGNOLI, Le assemblee speciali, Milano,

1960, p. 209; G.C.M. RIVOLTA, op. cit., pp. 517 ss. e 546 ss.; G. B. PORTALE, “Uguaglianza e

contratto”: il caso dell’aumento del capitale sociale in presenza di più categorie di azioni, in Riv. dir. comm., I, Padova, 1990, p. 732, il quale si pronuncia a favore del necessario coinvolgimento

dell'assemblea speciale degli azionisti ordinari nel procedimento di approvazione della delibera assembleare di aumento del capitale che preveda soltanto l'emissione di azioni ordinarie, qualora preesistano più categorie di azioni.

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speciale atterrà soltanto ai diritti patrimoniali incorporati nelle azioni di categoria45. Ne deriva che la clausola statutaria di delega all’aumento del capitale, che venga approvata con successiva modificazione dello statuto, non dovrà contenere alcuna specificazione, qualora il consiglio di amministrazione abbia intenzione di emettere azioni limitate nell’esercizio del voto, ma prive di privilegi di natura patrimoniale.

La maggiore novità introdotta dalla riforma societaria del 2003 è sicuramente la possibilità di delegare, congiuntamente alla decisione sull’aumento del capitale, la distinta facoltà di escludere o limitare il diritto di opzione dei soci in base all'art. 2441, 4° e 5° comma46.

Trattandosi di un potere separato e autonomo rispetto a quello di modificare in aumento la cifra del capitale sociale, è pacifico che ai fini della sua attribuzione al consiglio sia necessaria un’indicazione esplicita nell’ordine del giorno dell’avviso di convocazione dell’assemblea e nel testo della clausola statutaria47.

Ciò che, invece, suscita rilevanti perplessità, dal punto di vista interpretativo, è la formulazione ambigua dell'art. 2443, comma 1, secondo periodo: quest'ultimo mentre da una parte disciplina per relationem gli obblighi di informazione dei soci e di motivazione della delibera delegata, che il consiglio di amministrazione investito del potere di comprimere il diritto di preferenza deve adempiere, rinviando al sesto comma dell'art. 2441

in quanto compatibile; dall’altra prescrive, avendo riguardo evidentemente

45 G. D’ATTORRE, Il principio di eguaglianza tra soci nelle società per azioni, Milano, 2007, p. 347. 46 In seguito all’entrata in vigore del d.P.R. 30/ 1986 era opinione pressoché unanime che non fosse

concesso né attribuire direttamente all’organo amministrativo la facoltà di escludere o limitare il diritto di opzione né suddividere in due fasi la tempistica dell’operazione, cioè adottare una delibera assembleare di esclusione e delegare in contemporanea all’organo amministrativo soltanto la decisione sull’aumento. Le motivazioni erano le seguenti: i) le due materie erano da considerarsi fondamentalmente autonome ii) le ipotesi di non spettanza, esclusione o limitazione dell’opzione esigevano che l’assemblea svolgesse la propria valutazione esclusivamente in presenza di un interesse sociale concreto e attuale: P. MARCHETTI, Art. 23, op. cit., p. 202; in senso conforme ma con motivazione diversa e fondata su solide fondamenta economiche: N. ROBIGLIO, Delega dell’aumento

del capitale e d.P.R. 30/1986, in Riv. soc., fasc. 2-3, Milano, 1991, pp. 677 ss. e spec. 694 ss.; prima

dell'attuazione della direttiva 77/91/CEE: R. NOBILI, Contributo allo studio del diritto d'opzione nelle

società per azioni, Milano, 1958, p. 55. Ma v. per una posizione più permissiva, a determinate

condizioni: CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massima n. XV, “Delega agli amministratori della

facoltà di aumentare il capitale sociale con esclusione del diritto di opzione (art. 2443)”.

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ai limiti entro cui la potestà decisionale degli amministratori deve essere esercitata, la fissazione ad opera dei soci in sede straordinaria dei “criteri a cui gli amministratori devono attenersi”.

Per fare chiarezza sul punto, è opportuno distinguere, logicamente e cronologicamente, l'ambito di discrezionalità che il legislatore concede all'assemblea straordinaria nella determinazione del contenuto minimo della clausola statutaria di delega dagli adempimenti procedimentali e sostanziali prescritti agli amministratori nell'esercizio del potere delegato.

Per quanto riguarda i criteri statutari, occorre una premessa: con la delega della facoltà di escludere o limitare il diritto di opzione i soci rinunciano ex ante a risolvere il conflitto, immanente all’intero fenomeno societario, tra l’interesse della società all’incremento della ricchezza complessivamente prodotta e le istanze conservative connesse alle singole partecipazioni dei soci48. In questo modo, si mira ad affidare la risoluzione della dialettica tra le molteplici ragioni che animano l’investimento azionario a un organo che, in quanto destinatario di specifici obblighi di diligenza e di parametri per valutarne il rispetto49, ha il dovere di perseguire l’interesse dell’intera collettività degli azionisti, senza peraltro poter avvantaggiare in modo arbitrario soltanto alcuni di essi50.

Questa impostazione ha tre conseguenze: i) viene sottratta completamente all’assemblea straordinaria ogni tipo di valutazione avente ad oggetto il progetto industriale o finanziario alla base dell’aumento di capitale51; ii) il processo decisionale degli amministratori, al momento di

48 Nel ragionamento ci riferiamo a solo due delle fattispecie di non spettanza, limitazione o esclusione

del diritto di opzione poiché nelle ipotesi di c.d. esclusione semplificata (2441, 4° comma, secondo periodo) e di emissione di azioni riservate ai dipendenti della società o di società del gruppo (2441, 8° comma, c.c.) un tale conflitto nemmeno si pone: L. DELLA TOMMASINA, Informazione

preassembleare e tutela dell’investimento, Milano, 2018, p. 31, nt. 58.

49 Accanto agli altri accountability mechanism: S.M. BAINBRIDGE, Director v. Shareholder Primacy

in the Convergence Debate, in Transnational Lawyer, Vol. 16, 2002, p. 60.

50 C. ANGELICI, La società per azioni, cit., p. 352; L. A. STOUT, The Mythical Benefits of Shareholder

Control, in Virginia Law Review, Vol. 93, No. 3, 2007, p. 795, il quale scrive: “corporate law rules that

insulate boards from shareholder pressures can discourage predatory shareholders behavior. Board power serves the interests of investors who worry about director ‘shirking’ but fear shareholder

sharking even more.”

51 M. COSSU, Società aperte e interesse sociale, Torino, 2006, pp. 220-221; G. COTTINO, Diritto

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esercizio della delega, si incentrerà unicamente sulla correttezza

imprenditoriale e societaria dell’operazione52, essendo essi estranei a ogni tipo di valutazione attinente ai rapporti di potere tra soci; iii) i criteri di determinazione del sovrapprezzo divengono l’unico mezzo predisposto dal legislatore, oltre a quelli di carattere informativo, per proteggere ex ante l’investimento degli azionisti53.

Sulla base di tali premesse, è possibile dedurre che la clausola statutaria non dovrà indicare, né gli amministratori dovranno illustrare nella proposta di conferimento della delega presentata all'assemblea 54 ,

contrariamente a quanto sostenuto dal notariato milanese e dalla maggior parte della dottrina55, le tipologie di beni da conferire o le categorie di destinatari a cui l’aumento potrà essere riservato. Se ciò accadesse, in assenza di trattative con i terzi già in stato avanzato56, si consentirebbe ai soci

52 A cui corrisponde, in primo luogo, un dovere di esporre nella relazione illustrativa preconsiliare, al

fine di giustificare la Gestaltungsmacht esercitata sull’investimento altrui, le ragioni imprenditoriali che esigono l’esclusione o la limitazione del diritto di opzione (oppure la correlazione tra il programma economico perseguito e un particolare apporto in natura); in secondo luogo, la necessità di indicare e spiegare l’idoneità del sovrapprezzo e/o dei criteri adottati per determinarlo a evitare che la riorganizzazione dell’investimento si traduca in una travaso di ricchezza in favore di alcuni soci o di terzi: L. DELLA TOMMASINA, Informazione preassembleare, cit., pp. 29-32; sulla intrinseca diversità dell’iter decisionale degli amministratori in caso di delega all’esclusione del diritto di opzione: G. SANDRELLI, Delega ad aumentare il capitale e aumenti delegati con e senza diritto di opzione:

questioni aperte, in Analisi Giuridica dell’Economia, fasc. 1, Bologna, 2017, p. 321; N. ROBIGLIO, op. cit., p. 698.

53 Infatti, il socio non potrebbe contestare la validità della delibera del consiglio di amministrazione

invocando i c.d. limiti mobili all'esercizio del potere delegato, cioè quelle regole elastiche “tese a orientare il comportamento degli amministratori senza predeterminarne il contenuto”. Essendo la norma che prescrive un nesso di strumentalità qualificata tra interesse sociale ed esclusione del diritto di preferenza un tipico caso di limite flessibile alla discrezionalità degli amministratori, il giudice in sede di impugnazione potrebbe sindacare in via esclusiva l’inadempimento degli obblighi informativi e/o la violazione di disposizioni normative a contenuto essenzialmente economico (la rispondenza del sovrapprezzo ai criteri statutari e legali): V. PINTO, Funzione amministrativa, cit., pp. 255 (da cui è tratto il virgolettato) e 251, testo e nt. 162.

54 L. DELLA TOMMASINA, op. cit., pp. 94-95.

55 S.A. CERRATO, Art. 2443, in Il nuovo diritto societario, cit., p. 1564; M. SPERANZIN, Art. 2443,

in Commentario romano, cit., p. 885; G. SANDRELLI, op. cit., pp. 310-312; CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massima n. 8, “Delega agli amministratori ex art. 2443 c.c. dell’aumento di capitale con

esclusione del diritto di opzione”. D’accordo, invece, con quanto da noi sostenuto sembrerebbe C.A.

BUSI, Aumento del capitale, cit., 604-607.

56 Qualora, invece, il programma imprenditoriale per la cui realizzazione l’aumento del capitale viene

posto in essere fosse definito in tutti i suoi elementi, l’attualità e la concretezza dell’interesse sociale perseguito comporterebbero che l’esclusione del diritto di opzione debba essere riferita al momento della deliberazione assembleare di delega, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in punto di deposito della relazione illustrativa: questa, infatti, investirebbe la fase preassembleare e non quella preconsiliare: G. SANDRELLI, op. cit., 313.

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di pronunciarsi su atti di gestione futuri e meramente auspicabili, la cui valutazione fuoriesce dalla competenza assembleare (art. 2364 n. 5 c.c.). Conforme a tale conclusione si dimostra, inoltre, l’interpretazione letterale: il legislatore all'interno del comma sesto dell'art. 2441 usa il termine “ragioni” quando intende riferirsi alle circostanze oggettive che giustificano il sacrificio del diritto di preferenza dei soci, mentre parla di “criteri" in relazione ai parametri di determinazione del sovrapprezzo obbligatorio57. Per

ottemperare al disposto normativo, sarà sufficiente allora indicare nello statuto i criteri di quantificazione del premio di emissione e, per evitare che la discrezionalità degli amministratori trasudi in arbitrio, quali ipotesi di non spettanza, esclusione o limitazione sono delegate al consiglio di amministrazione. Resta salva, chiaramente, la facoltà dell'assemblea straordinaria di attorniare la potestà decisionale dell'organo di gestione con ulteriori vincoli e cautele58. I criteri di determinazione del sovraprezzo dovranno essere sufficientemente dettagliati e tali da evitare di essere sottoposti a obsolescenza59: si potrebbe, pertanto, fissare un prezzo minimo (corrispondente al valore patrimoniale delle azioni), prevedendo che esso possa oscillare in aumento o in diminuzione in relazione all’andamento della quotazione del titolo o di un indice di borsa nel periodo di tempo antecedente l’esecuzione della delibera delegata; ancora, si potrebbe congegnare, nelle società non quotate, un meccanismo di adeguamento del prezzo di emissione

57 Occorre rilevare, inoltre, che quelli previsti dall'art. 2441, comma 6°, ultimo inciso, non costituiscono

criteri bensì vincoli alla determinazione del prezzo di emissione delle azioni: G. MUCCIARELLI, Il sopraprezzo delle azioni, Milano, 1997, pp. 174 s. ; perciò non risulta superfluo richiedere expressis verbis l'inclusione dei criteri nella clausola statutaria di delega, dal momento che l'art. 2441, comma 6,

a cui l’art. 2443, comma 1°, secondo periodo, fa rinvio, ne contempla l'indicazione nella relazione illustrativa degli amministratori, ma non nella delibera assembleare che provvede a stabilire il prezzo di emissione.

58 C.A. BUSI, Aumento del capitale, cit., p. 605, il quale ipotizza che, in aggiunta, si potrebbe

circoscrivere l’esclusione a determinate categorie di azioni oppure limitarla a una percentuale del capitale autorizzato. Qualora si ricorra all’ipotesi di cui all’art. 2441, 4° comma, secondo periodo, c.c. sarà d’uopo indicare: i) se il limite del 10 % del capitale sottoscritto è da computare avendo riguardo al momento del conferimento o a quello di esercizio della delega ii) se il limite del decimo si riferisce ad ogni singola emissione o alla delega nel suo complesso: M. SPERANZIN, Art. 2443, in Le società per

azioni, vol. II, cit., p. 2678.

59 La delibera delegata o la sua esecuzione possono intervenire, infatti, anche a notevole distanza di

tempo dalla delibera assembleare di modifica dello statuto: P. MARCHETTI, Le novità in materia di

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alla variazione dei valori contabili o reali del patrimonio netto60 oppure prescrivere, qualora le azioni siano destinate a essere quotate per la prima volta, il ricorso a tecniche di c.d. bookbuilding61.

Passiamo ora al procedimento di esclusione. In dottrina si è abbastanza concordi sul fatto che, anche quando il sacrificio del diritto di preferenza dei soci è imputabile alla delibera del consiglio di amministrazione, la relazione illustrativa debba indicare l'interesse sociale concreto e attuale che giustifica l'operazione di aumento. Allo stesso modo, gli amministratori devono esplicitare i criteri di fissazione del prezzo di emissione e dimostrare con congrua motivazione la loro capacità di assicurare l'invarianza del valore reale delle azioni in circolazione.

Per quanto riguarda, invece, la funzione svolta e, di conseguenza, la scansione temporale dell'informazione preventiva dei soci, non vi è altrettanta armonia. Alcuni autori sostengono che gli adempimenti informativi prescritti dalla legge debbano essere ripartiti tra fase preassembleare e fase preconsiliare62; altri escludono recisamente che gli amministratori debbano informare i soci prima dell’esercizio del potere di esclusione, “mancando un momento deliberativo assembleare”, e ritengono bastevole la somministrazione delle informazioni nella fase finale del procedimento e una congrua motivazione della delibera delegata63; altri, ancora, propendono per il deposito della documentazione presso la sede della società entro la data fissata per l'adozione della decisione del consiglio di

60 C.A. BUSI, op. cit., p. 606.

61 Per un caso concreto di ricorso alla raccolta delle manifestazioni di interesse degli investitori

istituzionali da parte del global coordinator del consorzio di collocamento: v. il verbale dell’assemblea straordinaria del 24 Novembre 2016 reperibile sul sito www.mps.it, p. 129, nell’ambito della nota operazione di ricapitalizzazione del Monte dei Paschi di Siena originata dall'obbligatorio adeguamento alle prescrizioni dell'autorità di vigilanza.

62 S. A. CERRATO, Le deleghe di competenze, cit., pp. 278-279; CONSIGLIO NOTARILE DI

MILANO Massima n. 8, cit.

63 G. GIANNELLI, L’aumento di capitale a pagamento, in Il nuovo diritto delle società. Liber

amicorum Gianfranco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, vol. III, Torino, 2007, pp.

274 s.; F. GUERRERA, op. cit., 1190; l’intera documentazione andrebbe quindi allegata al verbale consigliare al momento del deposito della delibera delegata per l'iscrizione nel registro delle imprese, ma non messa a disposizione dei soci prima della riunione del consiglio di amministrazione: G. BALP-M. VENTORUZZO, Esclusione del diritto di opzione nelle società con azioni quotate nei limiti del

dieci per cento del capitale e determinazione del prezzo di emissione, in Riv. soc., fasc. 4, Milano, 2004,

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amministrazione, e ne richiedono la comunicazione ai soci; ma individuano come unica funzione di tali adempimenti quella di consentire un’impugnazione ex art. 2388, comma 4°, c.c.64

Dal punto di vista ermeneutico, i contributi dottrinali esaminati sembrano arrestarsi a una precomprensione del testo normativo, senza spingersi a indagare il reale significato del rinvio operato dal legislatore al disposto dell'art. 2441, comma 6. Ciò a causa del pregiudizio dogmatico che condiziona le varie soluzioni interpretative proposte.

Esso sta nel ritenere che gli obblighi di informazione che la legge impone agli amministratori nel procedimento di esclusione svolgano sempre e comunque una funzione istruttoria rispetto a un consapevole esercizio del voto ovvero, più in generale, a poteri dei soci capaci di influire sull’azione collettiva del gruppo: perché sono in grado di rimuovere il risultato deliberativo prodottosi (art. 2388, comma 4°, c.c.) oppure perché condizionano lo svolgimento del procedimento di valutazione dei conferimenti in natura (art. 2443, comma 4°, c.c.). Tuttavia, ragionando in questo modo, si trascura di considerare un fatto: che l’allocazione del potere di deliberare la compressione del diritto di opzione risulta neutrale rispetto al contenuto della documentazione che gli amministratori hanno l'obbligo di depositare per rimediare alla condizione di asimmetria informativa in cui versano i soci riguardo ai termini dell'operazione di aumento. Infatti, l’istruzione preventiva in questione non si svolge secondo schemi procedimentali differenti, quando la competenza a deliberare spetta agli amministratori, piuttosto che all'organo assembleare. Ciò accade in virtù del fatto che l'illustrazione delle ragioni imprenditoriali alla base dell'esclusione, il parere dell'organo di controllo sulla congruità del sovrapprezzo e la documentazione prescritta nel caso di conferimenti in natura non esauriscono il proprio ruolo all'interno dell'organizzazione comune; anzi, essi sono capaci di somministrare informazioni le cui potenzialità di utilizzo ai fini di tutela si estendono al di fuori di tale perimetro, investendo la sfera amministrativa e patrimoniale del singolo socio. E, in questo senso, sono qualificabili come

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un complesso informativo unitario teologicamente orientato sia all'eterotutela sia all’autotutela dell’investimento azionario65.

D'altronde, è verosimile supporre che gli azionisti, al fine di conservare l'integrità della partecipazione sotto il profilo patrimoniale, ricorrano non solo all’esercizio dei diritti sociali, ma anche a mezzi di protezione il cui ambito di operatività travalica i confini del contesto corporativo. Tra questi, è sicuramente da annoverare l’opportunità di giungere, specialmente in assenza di un rapporto qualificato con gli amministratori, a una determinazione individuale di disinvestimento.

Perciò, dal momento che l'effetto conformativo sull'investimento degli azionisti (c.d. Gestaltungswirkung) è prodotto dalla delibera consigliare delegata, e non da quella assembleare di delega, si reputa maggiormente coerente con quanto osservato posticipare l’informazione degli azionisti alla fase pre-consiliare. Pertanto, la documentazione informativa richiesta dalla legge dovrà essere depositata presso la sede della società nei quindici giorni che precedono la riunione del consiglio di amministrazione66. Al deposito dovrà seguire la comunicazione ai soci, affinché essi siano messi nelle condizioni di valutare le mutate condizioni di rischio-rendimento del complesso di azioni detenute e abbiano il tempo sufficiente per adottare le condotte, organizzative o extra organizzative, consequenziali.

65 L. DELLA TOMMASINA, op. cit., p. 93-99. Sulla disclosure nel contesto societario come mezzo

che “also permits principals to determine the extent to which they wish to remain owners, or rather exit the firm”: J. ARMOUR, H. HANSMANN, R. KRAAKMAN, Agency problems and Legal Strategies, in The Anatomy of Corporate Law-A Comparative and Functional Approach, Oxford, 2017, p. 38. 66L. DELLA TOMMASINA, op. cit., p. 37.

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1.3. LA MODIFICABILITÀ IN SEDE ASSEMBLEARE DEL PROGETTO DI AUMENTO REDATTO DAGLI AMMINISTRATORI: IL CONTEMPERAMENTO TRA ISTANZE GESTORIE E TUTELA DELL’INVESTIMENTO.

La forte connotazione gestoria e la capacità segnaletica67 della

decisione di procedere alla raccolta di nuovo capitale di rischio stimolano una riflessione su quali siano i margini di modificabilità della proposta di aumento del capitale concessi all’assemblea straordinaria.

Per giungere a una soluzione, occorre innanzitutto domandarsi se il significato organizzativo da riconoscere alla delibera assembleare di aumento e alle sottoscrizioni raccolte dagli amministratori, cioè quello di atti che concorrono congiuntamente alla modificazione dell’atto costitutivo 68, sia l’unico valore coinvolto. Nel caso in cui la risposta al quesito sia negativa, si dovrà verificare, allora, se la modificazione formale in parola non costituisca piuttosto, da un lato, il riflesso in un certo senso inevitabile di decisioni dell’organo amministrativo, dall’altro, il risultato di una serie di atti individuali di disposizione o, più in generale, di gestione della partecipazione sociale69.

Al riguardo, è d’uopo procedere distinguendo il caso in cui il diritto di opzione venga riconosciuto agli azionisti dal caso in cui, invece, venga sacrificato.

Quando gli amministratori sono obbligati, nella fase esecutiva della delibera assembleare di aumento, a offrire in opzione le azioni di nuova

67 L’aumento del capitale sociale a pagamento, a parità di livello di indebitamento, è idoneo a ridurre il

gap informativo esistente tra insiders e outsiders (investitori potenziali e creditori), rimediando al

fenomeno della selezione avversa. Quest'ultimo è causato dalla presenza contemporanea sul mercato di imprese di “buona qualità” e di imprese di “cattiva qualità, senza che gli investitori siano in grado di distinguere razionalmente le une dalle altre. L’emissione di nuove azioni, in teoria, dovrebbe segnalare ai risparmiatori la presenza di progetti di investimento che siano in grado di incrementare nel lungo periodo il valore dell’impresa; in pratica, tuttavia, l'effetto diluitivo sui precedenti titoli e il correlato timore degli investitori di vedersi offrire azioni sopravvalutate determinano nella maggior parte dei casi una reazione negativa del mercato finanziario alla notizia dell'aumento del capitale: M. MAUGERI,

Struttura finanziaria della s.p.a. e funzione segnaletica del capitale nel diritto europeo armonizzato, in Riv. dir. comm., fasc. 1, Padova, 2016, p. 29-30.

68E. GINEVRA, Sottoscrizione e aumento, cit., 16-17.

69 G. FERRI JR., Modificabilità e modificazioni, cit., p. 161, nt. 149, il quale prende atto dell’avvenuta

attrazione della materia delle modificazioni dell’atto costitutivo, un tempo di spettanza assoluta dell’assemblea dei soci, entro certi limiti nella sfera di competenza degli amministratori.

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