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La collocazione del Servizio Sociale negli ospedali della Toscana

Gli Assistenti Sociali negli ospedali della Toscana

3.4 La collocazione del Servizio Sociale negli ospedali della Toscana

 Ospedale di Grosseto

Un’esperienza del tutto unica tra quelle raccontate dai partecipanti al laboratorio è quella dell’Assistente Sociale che svolge la propria attività lavorativa all’interno del presidio ospedaliero di Grosseto, la particolarità è data dall’essere inserito all’interno del Pronto Soccorso, nel Dipartimento Emergenza – Accettazione (DEA).

L’attività svolta consiste nel ricevere le richieste di intervento dai pazienti, dai familiari o dagli operatori dell’ospedale, nell’informare, orientare e accompagnare verso altri servizi, che prenderanno in carico il caso, con l’obiettivo di assicurare la continuità nei percorsi assistenziali.

Il target di riferimento riguarda tutte le tipologie di utenti, la metodologia utilizzata è assimilabile a quella in uso in altri contesti e sintetizzabile nella formula: analisi della richiesta, analisi del sistema-utente, analisi delle risorse disponibili, definizione e attivazione di un piano di intervento.

L’Assistente Sociale considera il fatto di lavorare al Pronto Soccorso, luogo al quale accede la casistica più variegata, come “il biglietto di presentazione del Servizio Sociale Professionale16”, il Pronto Soccorso rappresenta infatti una porta di accesso ai servizi che “consente di svolgere un lavoro sociale di iniziativa, pro-

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attivo e precoce verso la fragilità sociale”. Il Pronto Soccorso ha quindi un’importante funzione di osservatorio sui mutamenti dei fenomeni sociali, in quanto i dati sugli accessi ripetuti e sulle tipologie di utenti forniscono informazioni da valutare per la riprogrammazione dei servizi.

L’Assistente Sociale dipende funzionalmente dal territorio ed è l’unico a lavorare presso l’ospedale di Grosseto, per questo sperimenta un senso di isolamento dato dal non essere collocata all’interno di una struttura professionale, e dal non poter condividere con gli operatori sanitari un approccio bio-psico- sociale.

La criticità maggiore è stata riscontrata nell’impossibilità di attivare direttamente dall’ospedale degli interventi di natura socio-assistenziale, in quanto l’attivazione delle risorse dipende comunque dai servizi territoriali.

Lavorare in autonomia ha anche degli aspetti positivi, la gratificazione professionale deriva dall’essere considerato “un punto di riferimento utile all’interno dell’ospedale nella funzione di facilitatore di connessioni”, le fondamentali capacità di negoziazione con il paziente, la famiglia e i medici, derivano anche dalla formazione come mediatore familiare.

 Ospedale S. Stefano di Prato

L’ex Asl 4 di Prato, in linea con quanto previsto dalla Delibera della Giunta della Regione Toscana n.1010 del 200817, ha attivato il Servizio per la Continuità Assistenziale Ospedale Territorio (S.C.A.H.T.), l’équipe di questo servizio è composta da due infermieri e due Assistenti Sociali.

I due Assistenti Sociali sono stati scelti tra il personale dei servizi territoriali per svolgere questo servizio a tempo parziale all’interno dell’ospedale di Prato. Infatti oltre ad essere occupati in questo servizio, uno dei due è componente della commissione 104 e l’altro lavora in una RSA.

La funzione del servizio SCAHT è prioritariamente l’individuazione del percorso da attivare al momento della dimissione dall’ospedale, ad esempio l’inserimento in RSA o centro diurno, l’assistenza domiciliare, l’erogazione di

17 DGRT n° 1010/2008 “Interventi ed iniziative per il miglioramento della efficacia ed efficienza

nelle attività dei Pronto Soccorso delle Aziende Sanitarie toscane secondo i modelli della Discharge

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contributi economici. L’individuazione dei pazienti da segnalare al servizio avviene mediante l’utilizzo dell’indice di BRASS, grazie ad una scheda somministrata dal personale infermieristico al momento del ricovero18.

Il target comprende anziani, adulti, immigrati, sono esclusi i minori perché di competenza dei servizi territoriali, e i casi di violenza di cui si occupa il personale addetto al Codice Rosa.

I due Assistenti Sociali riportano di aver ottenuto un buon riconoscimento all’interno dell’ospedale, probabilmente dovuto anche alle dimensioni contenute del presidio pratese, circostanza che ha permesso di instaurare un rapporto di fiducia e collaborazione con il personale sanitario.

Non avendo un incarico a tempo pieno in ospedale, i due operatori considerano il loro carico di lavoro eccessivo, aggravato anche da una tipologia di utenza “difficile” rappresentata da immigrati irregolari per i quali in assenza di una residenza non è possibile attivare alcuni servizi socio-sanitari, come l’assistenza domiciliare.

Il Servizio SCAHT dispone di risorse ad hoc, come pacchetti specifici di assistenza domiciliare e la possibilità di fare inserimenti d’urgenza in RSA, attivabili direttamente dall’ospedale, questo permette di dare risposte immediate senza dover attendere i tempi, necessariamente più lunghi, dell’attivazione dei servizi territoriali.

All’interno dell’ospedale di Prato si riunisce due volte a settimana l’Unità di Valutazione Multidisciplinare per la non autosufficienza (UVM) che, come indicato nella Legge Regionale n.66 del 200819, è composta da un medico, un infermiere e un Assistente Sociale, in relazione al caso in esame può essere integrata da professionalità specialistiche, ha il compito di verificare la sussistenza delle condizioni di bisogno del richiedente per l’attivazione del fondo regionale per la non autosufficienza e definisce il Progetto di Assistenza Personalizzato.

L’UVM, essendo un’articolazione operativa della zona-distretto, solitamente si riunisce nei Centri Socio-Sanitari, e non è scontato che si svolga all’interno dell’ospedale, questa possibilità consente di snellire il procedimento,

18 Modalità analoga a quella utilizzata dall’ACOT di Livorno come descritto nel paragrafo 2.1. 19 Legge regionale 18 dicembre 2008, n. 66 “Istituzione del fondo regionale per la non

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poiché il passaggio ai servizi territoriali richiede tempistiche, anche amministrative, più lente, prevede che gli operatori sanitari e sociali dei servizi territoriali conoscano l’utente (attraverso colloqui, visite domiciliari, raccolta di informazioni) per poter fare la valutazione indispensabile per la redazione del PAP, mentre il personale dell’ospedale conosce già la persona ricoverata, quindi questa soluzione rappresenta un risparmio di tempo e di risorse, il passaggio al territorio avverrà in un secondo momento.

 Ospedale di Livorno

In ogni zona distretto dell’ex Asl 6 di Livorno è istituita l’Agenzia per la Continuità Assistenziale Ospedale-Territorio (ACOT), costituita da un équipe formata da un infermiere e due Assistenti Sociali. L’Agenzia interviene in particolare nelle dimissioni difficili dei pazienti, cioè quando a seguito di un evento acuto, si verifica una situazione di disabilità permanente o temporanea che richiede una riorganizzazione familiare. Gli obiettivi sono programmare la dimissione e definire le procedure per l’accesso ai servizi territoriali dei pazienti dimessi, pianificare il rientro a domicilio, coinvolgere il paziente e la famiglia nel percorso e favorire la condivisione delle informazioni tra professionisti.

La sede è all’interno del Presidio Ospedaliero, mentre la responsabilità dell’ACOT, come organismo territoriale, fa capo funzionalmente alla Zona- Distretto. I due Assistenti Sociali sono presenti in ospedale complessivamente per tre giorni a settimana, i restanti giorni lavorano uno nell’area anziani e uno nell’area della disabilità.

L’ACOT riceve dai reparti ospedalieri le segnalazioni dei pazienti identificati come “a rischio”, per la maggior parte sono anziani, adulti, senza fissa dimora, la segnalazione viene fatta dal Coordinatore Infermieristico del reparto.

L’Agenzia verifica se la persona è già in carico ai servizi territoriali, informa telefonicamente il Medico curante del paziente, contatta il caregiver verificando la possibilità di domiciliarizzazione, e accompagna la persona verso la rete dei servizi socio-sanitari territoriali.

L’ACOT non dispone di risorse proprie, può soltanto richiedere una procedura d’urgenza per l’inserimento in RSA di anziani non autosufficienti e privi

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di rete familiare e sociale, che quindi al momento della dimissione non possono provvedere da soli alla propria assistenza.

Un servizio d’eccellenza all’interno dell’ospedale di Livorno è rappresentato dall’Hospice, gestito con la collaborazione dell’Associazione Cure Palliative, per l’assistenza dei malati terminali non assistibili a domicilio, questo reparto li accoglie con una grande attenzione alle difficoltà dei familiari e agli aspetti psicologici, spirituali, sociali, per questo talvolta viene richiesta la consulenza dell’Assistente Sociale.

Presso l’ospedale di Livorno è collocato anche l’Ospedale di Comunità, una struttura della rete assistenziale territoriale che costituisce un’alternativa all’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) nei casi in cui questa non sia attivabile a domicilio per inadeguatezza della situazione ambientale e familiare o perché è necessaria un’assistenza infermieristica continuativa. È una struttura territoriale destinata a pazienti con malattie non acute e non è quindi prevista una presenza medica continuativa, spesso si tratta di persone con malattie croniche in fase di riacutizzazione che non hanno bisogno di un ricovero ospedaliero, ma hanno comunque la necessità di essere assistiti in un ambiente “protetto”. Il ricovero avviene su richiesta del Medico curante, ed è lo stesso che garantisce l’assistenza medica durante il ricovero in Ospedale di Comunità, per le emergenze viene attivato il 118. Durante il ricovero sono effettuate le terapie, le indagini diagnostiche e le consulenze necessarie prescritte dal medico. La durata del ricovero dipende dalle necessità del paziente e la dimissione è disposta dal medico curante, si tratta comunque di un ricovero limitato nel tempo, di solito per un massimo di 15 giorni. In mancanza di altri servizi e di risorse attivabili dall’ACOT, accade di utilizzare l’Ospedale di Comunità come una “sala d’attesa” per quella fase dell’assistenza che intercorre tra la dimissione dal reparto ospedaliero e l’accesso in RSA, infatti succede spesso che le persone anziane in questa fase di passaggio non possano rientrare a domicilio a causa dell’inadeguatezza della situazione economica e familiare. Questo periodo di attesa può essere molto lungo per carenza di posti nelle strutture residenziali, inoltre questa criticità è accentuata dall’assenza nell’area livornese di strutture “a bassa intensità assistenziale” che servirebbero a

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dare risposta a quel periodo post-dimissione finalizzato al recupero funzionale della persona in previsione di un rientro a domicilio.

Utilizzando l’Ospedale di Comunità per queste esigenze, questo viene snaturato nelle sue funzioni, ma l’équipe dell’ACOT che ha il ruolo di “ponte” tra l’Ospedale e il Territorio, purtroppo senza avere gli strumenti per assolvere a tale compito, si trova pressata dal reparto, da un lato, che ha necessità di liberare i letti, e dai servizi territoriali, dall’altro lato, che richiedono tempi lunghi per attivare una risposta assistenziale, che prevede di produrre determinati documenti, basti pensare alla difficoltà degli anziani soli di presentare l’ISEE quando, essendo allettati all’ospedale, non hanno familiari che possano recarsi negli uffici per gli adempimenti necessari.

I due Assistenti Sociali che lavorano in questo servizio considerano positivamente la possibilità di intercettare in ospedale il bisogno sociale di persone che probabilmente non si sarebbero rivolte spontaneamente al Servizio Sociale.

Con il tempo sono riusciti ad instaurare un buon rapporto professionale con il personale ospedaliero, sono riusciti ad ottenere in ogni reparto un referente a cui rivolgersi quando richiedono informazioni per un caso segnalato, visto che in passato non venivano riconosciuti nei reparti e venivano percepiti come “intrusi”.

 Ospedale di Empoli e San Miniato

Presso l’ex Asl 11 di Empoli esiste il Servizio Sociale di Continuità Ospedale – Territorio, che rappresenta una “proiezione” dei servizi territoriali. I tre Assistenti Sociali impiegati in questo servizio garantiscono la loro presenza tutti i giorni in due ospedali, quello di Empoli e quello di San Miniato.

Il target riguarda prevalentemente adulti, adulti disabili e anziani, anche se in situazioni d’emergenza, può essere richiesta una consulenza al Servizio Sociale ad esempio in Pronto Soccorso, per qualsiasi tipologia d’utenza.

Gli Assistenti Sociali in questi ospedali partecipano al processo di cura per sostenere la persona e la sua famiglia ad elaborare il cambiamento determinato dall’evento malattia/trauma per riorganizzare il contesto di vita (personale, familiare e sociale). Si occupano in particolare delle dimissioni difficili mediante interventi di assistenza domiciliare attivabili direttamente dall’ospedale in 24 ore, e ricoveri temporanei in RSA erogabili per un massimo di 30 giorni in un anno, per

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la presa in carico tempestiva di anziani in dimissione ospedaliera (prorogabili per ulteriori 30 giorni dall’UVM).

La continuità ospedale-territorio è assicurata nelle fasi di diagnosi, cura e assistenza al malato oncologico, grazie al progetto ARCO (assistenza relazionale e continua in oncologia) per il sostegno al paziente e alla sua famiglia durante le cure palliative, la fase terminale e poi nel periodo di elaborazione del lutto. É un progetto attivato dal 2004 dall’associazione ASTRO (Associazione per il sostegno terapeutico e riabilitativo in oncologia), con la collaborazione dei i medici di medicina generale e di altre associazioni, in particolare Misericordia e Pubblica Assistenza. Il progetto si rivolge ai malati oncologici a media/alta complessità assistenziale nella fase terminale della loro vita, con l’obiettivo di rispondere ai bisogni dei pazienti attraverso una rete di servizi e persone atte ad assistere e dare supporto a loro e alla famiglia, nonché offrire all’utente la possibilità di permanere al proprio domicilio.

Presso l’ospedale di Empoli è attivo un progetto che ha lo scopo di accogliere le persone affette da disabilità intellettiva e della comunicazione e aiutarle ad usufruire in modo adeguato dei normali percorsi diagnostici e terapeutici. I disabili con problemi comunicativi, quando affrontano un problema di salute (non soltanto legato all’eventuale patologia da cui deriva la disabilità), hanno difficoltà a raccontare la loro sofferenza. Grazie a questo progetto il personale sanitario è stato inserito in programmi di formazione riguardo la disabilità e le problematiche ad essa connesse, per poter garantire a tutti il diritto di accesso alle cure.

I due Assistenti Sociali di questa zona, che hanno partecipato al laboratorio, ritengono che sia comunque difficile attivare un progetto di dimissioni in tempi brevi poiché l’erogazione degli interventi dipende sempre dalla disponibilità delle risorse a livello territoriale, e considerano un punto di debolezza le scarse competenze sanitarie dell’Assistente Sociale.

Lavorano infatti in stretta connessione con i colleghi del territorio, ma considerano un vantaggio l’essere collocati a tempo pieno in ospedale, sono dotati di strumenti utili come il cellulare aziendale e indossano il camice, che permette di

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essere riconosciuti nel loro ruolo sia dai pazienti che dagli altri dipendenti dell’ospedale.

 Ospedale di Arezzo

Due Assistenti Sociali fanno parte dell’équipe dell’Agenzia per la Continuità Ospedale Territorio dell’ex Asl 8 di Arezzo, sono impiegati in questo servizio uno per tre giorni a settimana e l’altro per due giorni a settimana, il tempo restante lavorano nei servizi territoriali per anziani e disabili.

L’utenza segnalata all’ACOT comprende anziani e adulti non autosufficienti, per la gestione delle dimissioni difficili, l’Agenzia di Arezzo non dispone di risorse proprie, fa riferimento alle risorse attivabili dall’UVM, che da circa un anno si riunisce direttamente in ospedale. Esiste un modulo di continuità assistenziale (MO.diC.A.), organizzato in maniera simile all’Ospedale di Comunità, che accoglie i pazienti dimessi dai reparti, e non assistibili a domicilio, per un massimo di 7 giorni.

E’ stato interessante ascoltare uno dei due Assistenti Sociali raccontare l’inizio della propria esperienza lavorativa in ospedale, quasi per caso, cioè in una situazione d’emergenza, in cui tutti i letti dell’ospedale erano occupati, ed è stata chiamata a collaborare con i medici, in pratica a fare il “giro dei letti”, per capire chi era possibile dimettere.

Le maggiori difficoltà dichiarate dai due Assistenti Sociali riguardano: il fatto che le segnalazioni dei casi identificati come “sociali” vengano fatte dal personale sanitario, che spesso non ha competenze nell’individuare il bisogno sociale, il risultato è un gran numero di segnalazioni improprie; l’assenza di procedure per stranieri irregolari; la mancanza di spazi adeguati per svolgere i colloqui di Servizio Sociale all’interno dell’ospedale; l’impossibilità di attivare direttamente interventi dall’ospedale.

Il problema degli stranieri irregolari riguarda tutti gli interventi socioassistenziali, in quanto gli irregolari possono richiedere alle Asl un tesserino STP (stranieri temporaneamente presenti) riconosciuto su tutto il territorio nazionale, per accedere alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti, essenziali e continuative, per malattia o infortunio, ma riguarda in particolare i servizi sanitari e non sono previste misure per le prestazioni sociali.

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Agli irregolari sono inoltre garantiti la tutela della gravidanza e della maternità, la salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale e la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive, la prevenzione, cura e riabilitazione dalle tossicodipendenze (SERT), dalle malattie psichiatriche (presso i Dipartimenti di salute mentale – DSM) e, in generale, tutti gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi20.

 Ospedale di Lucca

L’Assistente Sociale che lavora presso l’ospedale San Luca di Lucca, fa parte del COAD, Centrale Operativa Assistenza Distrettuale, un gruppo stabile composto da un medico, quattro infermieri, un amministrativo e un Assistente Sociale. L’utenza segnalata comprende tutte le persone con bisogni sanitari, socio- sanitari e sociali in dimissione dall’ospedale, requisito è la residenza o il domicilio sanitario nella zona-distretto di Lucca.

Al COAD arrivano sia le segnalazioni ospedaliere che quelle territoriali, ad esso compete anche la valutazione dei casi, per questo possiamo dire che riunisce le funzioni dell’UVM e del PUA, ricordiamo che il Punto Unico di Accesso è il luogo in cui dal punto di vista operativo, professionale e gestionale, si realizza compiutamente l’integrazione socio-sanitaria, attraverso funzioni di regia e coordinamento riguardo la continuità assistenziale, la gestione integrata delle risorse, la gestione del sistema informativo.

L’Assistente Sociale membro del COAD prende parte al briefing giornaliero che si svolge in ospedale, effettua colloqui e visite nei reparti, in Hospice, Ospedale di Comunità, strutture intermedie e RSA, fa una prima indagine conoscitiva, valuta i casi e predispone interventi temporanei che saranno poi valutati successivamente dal Servizio Sociale territoriale. La scheda di segnalazione che dall’ospedale giunge al COAD blocca la dimissione per le 48 ore successive, in quest’arco di tempo si definisce tempestivamente un Progetto di Assistenza Personalizzato, il PAP predisposto ha scadenza ad un mese di distanza, la rivalutazione è compito dell’Assistente Sociale del territorio che prenderà in carico il caso.

Il COAD quindi si attiva in tempi brevi per trovare risposte ai bisogni, che vengono intercettati, e dispone di posti riservati nelle strutture intermedie. Il numero

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di segnalazioni è in aumento ma le risorse umane impiegate sono sempre le stesse, inoltre è complicato attivare in tempi rapidi interventi che richiedono una compartecipazione alla spesa per la parte sociale, anche perché i sette Comuni della Zona-Distretto prevedono compartecipazioni diverse.

La segnalazione non è solo unidirezionale dall’ospedale verso il territorio, ma la stretta collaborazione fra i due mondi consente al Servizio Sociale del territorio di segnalare al collega che lavora in ospedale il ricovero di un proprio utente, questa circolazione di informazioni facilita il lavoro da entrambe le parti. La possibilità di ritardare le dimissioni di due giorni, e il prezioso lavoro svolto dall’Assistente Sociale in ospedale permette di attivare una soluzione temporanea, diversamente i Servizi Sociali territoriali si troverebbero ad affrontare un gran numero di emergenze sociali a dimissioni già avvenute.

 Zona Pistoiese

All’interno dei tre ospedali dell’ex Azienda Usl 3 di Pistoia non è prevista la presenza stabile del Servizio Sociale, pertanto abbiamo raccolto le testimonianze di tre Assistenti Sociali impiegate nella zona, per capire quali difficoltà comporta questa mancanza, e in che modo viene gestita la continuità assistenziale ospedale- territorio.

Dei tre Assistenti Sociali, uno lavora nell’Unità Funzionale Salute Mentale Adulti, uno nell’area Anziani-non autosufficienza e l’altro è il Coordinatore Sociale della zona Pistoiese, oltre che coordinatore dell’UVM, responsabile della commissione di vigilanza delle strutture sociali e socio-sanitarie, e in passato ha avuto anche un’esperienza professionale presso l’ospedale di Careggi.

Quest’ultimo, dato il ruolo di coordinamento, è esposto a un confronto con le altre professionalità, piuttosto che a un rapporto diretto con l’utenza, e riferisce come l’Assistente Sociale debba continuamente ridefinire il proprio ruolo nei confronti dei professionisti ospedalieri, con difficoltà che derivano dall’utilizzo di un linguaggio diverso e priorità non condivise tra chi lavora sul territorio e chi lavora in ospedale. Si interfaccia necessariamente anche con le amministrazioni comunali, il terzo settore, i rappresentanti di categoria, cercando di conciliare i diversi punti di vista.

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L’Assistente Sociale che lavora nella non-autosufficienza viene contattato

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