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Come nasce la comunicazione interculturale

I primi studi sulla comunicazione interculturale si rintracciano negli anni venti negli Stati Uniti con la fondazione di Institute of International Education a New York nel 1922 (Castiglioni in Bennet, 2002: 13). Edward T. Hall è considerato uno dei primi studiosi dell'ambito grazie alla sua pubblicazione «The silent language». Nel suo libro Hall è il primo a utilizzare il termine interculturale per indicare l'interazione tra parlanti appartenenti a culture differenti. Subito dopo vengono fondati organismi e procedure in cui prendono forma le prime formalizzazioni di teoria della comunicazione interculturale (Intercultural Program,

National Association of Foreign Student Advisor ecc.).

Grazie agli studi intrapresi sempre negli Stati Uniti vengono espresse delle riflessioni sull'inefficacia e scarsa preparazione del corpo diplomatico e questo ha sollecitato una maggiore sensibilità agli aspetti culturali dei paesi con cui si intrattenevano relazioni. La formazione dei diplomatici include come qualificante l'apprendimento della lingua e anche della cultura dei paesi di destinazione. Di conseguenza negli anni 50 il Foreign Service Institute fornisce corsi di formazione per migliorare l'adattamento degli americani in servizio all'estero (Giaccardi, 2005: 37). Si sviluppano quindi i primi metodi di insegnamento della comunicazione interculturale basata sull'intersezione della cultura e comunicazione esplorando gli effetti di spazio, tempo e della comunicazione non verbale sulla comunicazione.

Sempre negli Stati Uniti si inaugurano anche corsi di formazione per gli specialisti stranieri e corsi per studenti stranieri che prevedono anche dei programmi speciali di supporto per l'adattamento culturale (nell'Università del Colorado, a Washington International Center, ecc). In aumento saranno poi gli studi su argomenti come shock culturale studiato da Cora DuBois (1951), Kalvero Ogerg (1953), adattamento culturale (Lysgaard (1955), learning across cultures. Nello stesso periodo i corsi di formazione interculturale per le aziende sono sempre più frequenti (per esempio presso Business Council for International Understanding, 1958).

Nel 1965 il settore della formazione acquisisce la dignità di disciplina separata, con metodi, approcci e stili di progettazione autonomi e numerose sono le università americane a proporre dei corsi specifici in comunicazione interculturale (Università di Pittsburgh, Università di Delaware ecc.).

Vengono intensificate anche le ricerche e si sviluppano sempre più teorie che approfondiscono vari ambiti della CI. Edward T. Hall pubblica «The hidden Dimension» per illustrare il valore della distanza interpersonale nella comunicazione tra culture. Hall, sensibile al tema dell'inconscio, mette in primo piano gli aspetti microculturali come la gestualità, la postura, il tono della voce, l'uso dello spazio (nella maggior parte dei casi usati in modo inconsapevole).

Negli anni settanta viene fondato all'Università di Pittsuburg il SIETAR (Society for Intercultural Training and Research), società che attualmente ha delle sedi in tutto il mondo. Negli stessi anni i modelli teorici sulla comunicazione interculturale hanno come obiettivo la standardizzazione:

«Intorno al 1975 si stabilisce una generale standardizzazione degli approcci all'interno della formazione interculturale: a) formazione interculturale generica, relativa allo sviluppo di una consapevolezza culturale b) familiarizzazione con i concetti della propria cultura, come base per la conoscenza progressiva delle relazioni interculturali c) informazioni Country-Specific e ulteriore sviluppo per costruire modelli di conoscenza e adattamento.» (Castiglioni in Bennet, 2002: 18).

Vengono poi pubblicati studi molto importanti che indicano come la CI fosse ormai riconosciuta come ambito disciplinare autonomo.

Sempre in quel periodo, negli Stati Uniti, il melting pot, considerato inefficiente, è sostituito dal salad bowl, definita «ciotola di insalata mista, in cui ogni ingrediente mantiene la sua integrità, il suo colore, la sua forma specifica, nell'esaltazione della sua varietà, senza stemperarsi in una zuppa» (Castiglioni in Bennet, 2002: XIII). La metafora allude al cambiamento della società che da un atteggiamento assimilazionista nei confronti delle minoranze passa a un maggiore pluralismo in tutti gli ambiti, grazie alle pressioni politiche dei movimenti per i diritti civili di

quelli anni.

Negli anni Ottanta, con il boom economico negli Stati Uniti, (Castiglioni in Bennet, 2002: 20) si valorizza anche la diversità della forza lavoro. L'oggetto di studio è orientato alla comunicazione in ambito lavorativo, alla gestione del tempo ecc. Gli studi di Hofstede (1991, 2010) mettono a fuoco il rapporto tra linguaggio, cultura e comunicazione.

Baraldi (2003: 165) evidenzia che alla fine del XX sec. «si è prodotta una sensibilità diffusa nei confronti della diversità culturale»; tale sensibilità si percepisce sia dal punto di vista tematico sia concettuale.

In effetti anche attualmente gli studiosi delle relazioni interculturali sono impegnati soprattutto nella comprensione e studio delle identità culturali, delle caratteristiche culturali nei gruppi, dello sviluppo della sensibilità interculturale, ecc.

Nell’ambito europeo l’intenzione di favorire la pluralità linguistica e la comunicazione interculturale si evince dalle varie iniziative, progetti e trattati che si sono susseguiti negli ultimi decenni.

Per rispondere alle esigenze della diversità culturale che la caratterizza, l'Unione Europea istituisce dei progetti (Comenius, Erasmus, Leonardo ecc.) e adotta delle normative volte a eliminare le barriere linguistiche e culturali.

Dal Trattato di Maastricht7 e Dichiarazione di Lisbona8 che promuovono la pluralità linguistica, un supporto rilevante, per definire le

7 «Il Trattato è opera della Commissione: si prende atto del valore della pluralità linguistica e si introduce una norma apposita, che ha carattere di eccezionalità come vedremo: si stabilisce che ogni cittadino europeo ha diritto all’istruzione nella propria lingua materna e in due lingue straniere.» (Balboni, in Mezzadri, 2006: 21-22)

8 La Dichiarazione di Lisbona ripropone testualmente il Trattato di Maastricht (Balboni, in Mezzadri, 2006: 22).

competenze generali, plurilinguistiche e multiculturali dei cittadini europei, arriva da Common European Framework of Reference for languages: learning, teaching, assessment oppure il «Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione» elaborato dal Consiglio d'Europa e pubblicato nel 2001. Dal 'Quadro', orientato a fornire una base comune circa l'apprendimento delle lingue, traspare anche l'importanza dell'esperienza interculturale per lo studente e come ben evidenzia Mezzadri: «In un'ottica interculturale l'apprendente, attore sociale, deve imparare ad osservare sé stesso, la propria cultura e l'altro da sé, la nuova cultura e la nuova lingua, all'interno di una cornice di valori di cui il Quadro si fa custode.» (2004: 18).

Capitolo 2

Modalità di ricerca e cenni sulla presenza degli italiani

nei paesi romeni

Negli ultimi decenni la cooperazione tra l’Italia e la Romania/Moldavia si è rafforzata notevolmente, soprattutto grazie ai legami economici. Nei due paesi dell'est Europa si è notato un importante aumento degli italiani alla ricerca di opportunità e il numero delle loro aziende è incrementato considerevolmente. Lo sviluppo economico e commerciale ha favorito l'arrivo di numerosi italiani che interessano anzitutto gli ambiti: aziendale e professionale, politico e diplomatico e di insegnamento.

Ci proponiamo pertanto di indagare circa gli aspetti della comunicazione interculturale tra italiani e romeni in vari ambiti di incontro. Il principale scopo della ricerca è quello di mettere in evidenza gli ostacoli alla comunicazione tra le culture di nostro interesse. I potenziali problemi potrebbero essere dovuti al differente contesto cognitivo e organizzativo, al linguaggio verbale e non verbale, ai valori culturali di fondo.

L'utilizzo sempre crescente delle tecnologie per comunicare ci ha determinati a focalizzare la nostra attenzione anche sulle caratteristiche della comunicazione interculturale on-line e sull'utilizzo dei portali web. In questa sede, nella definizione della ricerca, ci proponiamo di tracciare gli obbiettivi dello studio, il campionamento e le tecniche di raccolta dati. Successivamente faremo una breve descrizione delle più importanti occasioni di incontro tra le culture analizzate, soffermandoci al periodo attuale.