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Come si può parlare di immigrazione a scuola

L’inserimento scolastico dei minori stranieri immigrat

2.8 Come si può parlare di immigrazione a scuola

Il minore immigrato deve svolgere un continuo lavoro di armonizzazione tra i modi di comprendere e interpretare la realtà tipici del suo Paese di origine con quelli del Paese di accoglienza, impegnandolo quanto e più di un suo coetaneo nato nel Paese di accoglienza, in una costruzione di strategie identitarie che gli permettano di creare un’immagine e rappresentazione di sé valorizzata dagli altri.

La presenza degli alunni stranieri a scuola può favorire lo sviluppo di meccanismi che portano a sottolineare le differenze tra persone appartenenti a gruppi diversi, meccanismi che rispondono a criteri di economicità e di semplificazione mentale finalizzati a preservare una differenza a favore di sé e del proprio gruppo. Sono frequenti anche i pregiudizi, le opinioni e gli atteggiamenti preconcetti condivisi da un gruppo rispetto alle caratteristiche di un altro gruppo, che portano a evitare contatti con le persone oggetto di rifiuto. In considerazione del fatto che stereotipi e pregiudizi possono rappresentare l’elemento scatenante dell’esclusione, il contesto scolastico deve necessariamente affrontare la presenza delle differenze senza tacerle o sottovalutarle, mantenendo il contatto con la realtà delle problematiche legate alla discriminazione.

La scuola che favorisce la conoscenza e l’educazione alle diversità opera su due dimensioni complementari: la prima mira ad ampliare il campo cognitivo, le informazioni, mostrando la varietà dei punti di vista da cui osservare una situazione e promuovendo atteggiamenti di apertura e sensibilità verso la diversità, anche attraverso gli apporti dell’antropologia e della storia; la seconda oltrepassa il livello cognitivo, approdando al piano affettivo e relazionale e agendo attraverso il contatto, la condivisione di esperienze, il lavoro per scopi comuni e la cooperazione. Questa dimensione mira a sviluppare le emozioni: approfondire la conoscenza di una persona fa approdare la relazione a un livello più intimo, che fa nascere i sentimenti. E’ il sentimento che permette la vera conoscenza della persona, quella conoscenza, quindi, che non si ferma a un livello superficiale ed esteriore, ma che va oltre. Soltanto andando oltre ciò che si tocca con mano o ciò che è visibilmente tangibile si può superare il pregiudizio e favorire il contatto. Appare, pertanto, chiaro perché la scuola non deve fornire esclusivamente strumenti didattici, ma deve far proliferare le occasioni di scambio e di relazione: è in questo modo che favorirà l’integrazione. A conferma di quanto sopra, “esistono due opposti atteggiamenti che provengono dalla stessa situazione. Il problema è che ciascuno di essi tende ad autoalimentarsi. Parlo della “mixofobia” e della

“mixofilia”. Nel primo caso, più l’individuo tende a chiudersi dietro le porte della propria comunità, più non si confronta con gli stranieri. Più non si confronta con gli stranieri più ha paura, e la paura tende ad aumentare, non a diminuire..155”. La conseguenza di questo atteggiamento scaturisce inevitabilmente nell’impossibilità di sperimentare di prima mano quelli che potrebbero essere gli aspetti positivi e piacevoli del contatto con gli stranieri. Minori sono tali possibilità, maggiore è la paura degli stranieri.

“Il caso della “mixofilia” invece è totalmente diverso. Vi è maggiore possibilità di contatto con gli stranieri, ci si accorge che sono come noi, nel senso che possono essere padri che amano i propri figli, talvolta adulteri, altre volte mariti fedeli, esattamente come noi. In questo caso la cortina che esiste tra noi e loro tende ad abbassarsi..156”.

E’ anche l’istruzione a fare la differenza: se siamo tutti istruiti è tutto più facile.

Ecco l’importanza dell’istruzione, ma anche dello stare assieme e degli scambi. Le società mobili e aperte del nostro tempo inevitabilmente richiedono scambi e relazioni, le quali hanno la necessità di essere caratterizzate in primis da comprensione. Non si è più di fronte alla gestione delle differenze degli stranieri basata su un processo di assimilazione del tipo “diventa come noi, perdi le tue differenze, nega la tua identità”157. Un tempo ci si convinceva di poter liquidare il problema della mentalità diversa dello straniero sperando che mandandolo a scuola, obbligandolo a usare la nostra lingua e così via, avrebbe smesso di essere diverso. “Quello che dobbiamo fare oggi, invece, è acquisire l’arte della comunicazione tra stranieri senza che loro smettano di essere stranieri, senza che loro rinuncino alle loro differenze: noi vogliamo preservare le nostre identità, ma anche gli immigrati vogliono preservare le loro. La via è semplicemente quella di imparare a capirci reciprocamente, a sviluppare quello che io chiamo un modus vivendi158”.

Questo è il punto da dove in primis anche la scuola deve partire. Le differenze esistono e sono destinate a restare, ma gli individui possono comunicare, capirsi reciprocamente, cooperare nonostante le differenze, attraverso lo sviluppo della tolleranza. Ecco che la scuola, oltre a concentrarsi sull’accoglienza e l’inserimento del minore, deve investire sullo sviluppo e la coltivazione della tolleranza. Solo successivamente diventa possibile sviluppare la solidarietà: prima ci si limita a capirsi, nonostante le diversità, successivamente la comprensione avviene non più “nonostante”, ma “grazie” alle nostre differenze. “Solidarietà significa che io beneficio delle tue differenze, e tu benefici delle mie, e quindi insieme siamo più ricchi che se fossimo soli159”.

155

Barman Z., in “Risolvere i problemi dell’immigrazione? Si può. Basta tornare bambini”, colloquio raccolto da G. De Rita e M. Falco, in Libertà Civili. Primo Piano/Minori d’Italia, n. 1/2010, Franco Angeli, pp. 12-15

156 Cit. 157 CIt. 158 Cit. 159 Cit.

La scuola deve mirare a ricercare l’inclusione, a unire, ad agire in senso globale, elaborando strategie di relazione, di azioni contro il pregiudizio, di difesa dei diritti umani e di esperienza diretta. L’introduzione interdisciplinare dell’educazione interculturale nella scuola risponde alla necessità di lavorare maggiormente sugli aspetti cognitivi e relazionali che sui contenuti, evitando l’oggettivazione delle culture e la loro decontestualizzazione. Ciò che diventa necessario a scuola è una nuova educazione alla cittadinanza, che comprenda la dimensione interculturale e si dia come obiettivi l’apertura alle differenze, l’uguaglianza tra gli alunni e la coesione sociale.

Occasioni di formazione alla diversità diventano la storia, la geografia, la letteratura, la matematica, le scienze, l’arte, la musica e i nuovi linguaggi comunicativi, in quanto permettono di accostarsi non solo a diversi contenuti, ma anche a strutture e modi di pensare differenti. Al fine di dare avvio a questo processo, che necessita indubbiamente di un tempo lungo per essere sperimentato e calato nella concretezza, si concepisce come indispensabile il superamento di proposte marcatamente identitarie ed eurocentriche nel campo dell’insegnamento della storia; inevitabile diventa, inoltre, la considerazione della geografia come un’occasione privilegiata per la formazione di una coscienza mondialistica e l’opportunità di allargare lo sguardo degli alunni in chiave multireligiosa, rendendoli consapevoli del pluralismo esistente160.

Secondo Barman il processo potrebbe essere favorito proprio dai bambini.

Egli invita a riflettere sul fatto che sostanzialmente essi, fin dalla loro nascita, vivono l’incontro con lo straniero: nascono insieme agli stranieri, vanno a scuola insieme con gli stranieri, sanno che c’è gente diversa da loro e questo è un dato di fatto. Così, fin dai primi anni della loro vita imparano questa difficile arte di essere amici, colleghi, conoscenti di gente diversa per un’infinità di aspetti, ma eguale per altri. Sono così, soprattutto le grandi città, bacino di diversità, a diventare dei laboratori dove, a partire dalla scuola primaria, si inizia ad apprendere l’arte di vivere in compagnia di persone diverse da noi, le quali ci possono offrire numerose sollecitazioni interessanti, diverse e nuove. Appare evidente l’importanza del contesto scolastico.

160

Ministero della Pubblica Istruzione, “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri”, Osservatorio Nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, 2007, pp 17-18

CAPITOLO TERZO