La collaborazione con la famiglia è possibile se ognuna delle parti coinvolte è consapevole dei propri diritti e doveri ed è capace di rispettare le reciproche competenze70. E’ necessario fissare e chiarire vicendevoli attese, responsabilità e compiti, al fine di evitare prevaricazioni. I servizi specialistici, parte attiva della collaborazione tra gli attori coinvolti, dovrebbero in prima battuta lavorare e adoperarsi per raggiungere l’obiettivo legato alla preparazione della famiglia e al suo benessere, considerando questi due aspetti come il punto centrale da cui partire, perché legato al benessere della famiglia vi è anche quello del bambino, proprio come se tra le parti coinvolte vi fosse un collante che genera evoluzioni reciproche più o meno positive. Il legame “servizi-genitori-bambino-insegnante” dovrebbe essere la fiducia71. Instaurata la fiducia, si innesca una spirale positiva che porta a parlare delle difficoltà, a non sentirsi soli, ad affrontare le criticità con la capacità di chiedere aiuto e confronto, a superare i muri che sembrano insormontabili e trovare strategie di miglioramento. La cosa fondamentale, però, è che le parti coinvolte si riconoscano sempre e dialoghino tra loro. I servizi hanno l’importante compito di preparare la famiglia ad accompagnare il figlio a scuola senza apprensioni e a separarsi da quell’idea di bambino idealizzato che è dentro di loro per avvicinarsi a quel figlio che si trovano davanti, reale, che ha la sua storia, i suoi vissuti, le sue precedenti appartenenze, le sue peculiarità. Un aspetto da non tralasciare è legato, non soltanto alla storia del bambino, ma anche all’esperienza pregressa di quei genitori che per lungo tempo hanno cercato un figlio. La loro storia personale può averli portati a vivere con sofferenza certi vissuti e a percepirsi, probabilmente, come dei genitori
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Pinto Minerva F., “L’intercultura”, Laterza, Roma-Bari, 2002
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Veneto adozioni – Provincia di Vicenza, “Il bambino adottato va a scuola.. Vademecum per gli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria per l’inserimento del bambino adottato a scuola”, Progetto Pilota regionale per il sostegno e l’accompagnamento della famiglia adottiva, DGR 2161 del 16/07/2004 e DGR 1855 del 13/06/2006
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mancati o non in grado di procreare. Questo aspetto può incidere, a posteriori, in esperienze successive, anche dopo l’arrivo del bambino, perché l’ingresso a scuola mette nuovamente alla prova e il confronto risulta inevitabile. I servizi, pertanto, sono chiamati ad aiutare la famiglia a non sentirsi inadeguata, a percepirsi “di serie b”, perché sono una famiglia a tutti gli effetti. Sentirsi inadeguati come genitori potrebbe portare ad assumere atteggiamenti difensivi o di attacco nei confronti della scuola, cosa che indubbiamente non porterebbe a buoni risultati. Inoltre, la famiglia deve essere preparata a non vivere l’insuccesso con ansia e apprensione e aiutata a non far coincidere la riuscita scolastica con la riuscita dell’adozione.
Quando e nel caso in cui la scuola intenda affrontare temi legati alla storia personale dei bambini è indispensabile che, prima di intraprendere qualsiasi percorso inerente la ricostruzione della storia, i docenti e la famiglia si confrontino e la scuola acquisisca quali sono le informazioni date finora dai genitori al bambino. La rivelazione dell’adozione, infatti, è compito esclusivo dei genitori e la scuola non vi si deve sostituire per alcun motivo. Allo stesso tempo i servizi devono essere presenti al fine di supportare i genitori nel dare consigli e indicazioni su come dare risposta alle domande poste dal figlio e dal mondo esterno. Spesso le informazioni che la famiglia ha relativamente alla storia pregressa del bambino sono parziali, frammentate e incomplete, motivo per cui la richiesta da parte dei docenti di notizie precise e dettagliate o oggetti particolari che non sono in possesso del bambino adottato può creare un certo disagio e sofferenza. Si possono, infatti, ricercare altre tecniche metodologiche per coinvolgere i bambini a livello personale nel percorso senza affrontare il momento della nascita. In alternativa si possono proporre attività che danno maggiore libertà di scelta, come ad esempio il creare una scatola e mettere al suo interno dei ricordi legati alla propria famiglia. In questo modo si affronta comunque il tema della storia personale, ma da un altro punto di vista, perché è il bambino a scegliere che cosa inserire al suo interno, ma soprattutto può utilizzare oggetti riferiti a un tempo passato vicino e controllabile72.
Parlare di adozione in classe non è un compito semplice e per tale motivo gli insegnanti devono poter usufruire di formazione e supervisione, al fine di imparare il linguaggio dell’adozione. Il modo in cui vengono affrontati certi argomenti delicati può provocare fiducia e coraggio, ma anche ansia e paura.
Ecco che allora appare chiaro il vincente legame che può instaurarsi tra la scuola, la famiglia e i servizi, che ha come obiettivo il benessere del bambino e la riuscita dell’adozione in tutti i suoi contesti. Si potrebbe parlare di patto educativo tra scuola, famiglia e servizi. Un patto educativo che al centro mette il bambino, in qualità di protagonista sia in famiglia che a scuola, e che ha come suoi punti fondanti la reciproca fiducia, il confronto chiaro e diretto
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Veneto adozioni – Provincia di Vicenza, “Il bambino adottato va a scuola.. Vademecum per gli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria per l’inserimento del bambino adottato a scuola”, Progetto Pilota regionale per il sostegno e l’accompagnamento della famiglia adottiva, DGR 2161 del 16/07/2004 e DGR 1855 del 13/06/2006
sulle modalità condivise di trattare i temi sensibili, la collaborazione stretta per favorire un percorso di apprendimento declinato sui bisogni e le potenzialità del bambino.
Il rapporto deve essere fatto di rappresentazioni reciproche che si devono confrontare, aspettative che si devono ricomporre e rivedere, cornici culturali e riferimenti che a volte si sovrappongono e a volte si possono discostare.
Per concludere si può asserire che, nel caso della famiglia adottiva, la relazione con la scuola implica maggiori negoziazioni e attenzioni, oltre che un investimento di energie e risorse maggiormente impegnativo: l’impegno condiviso può portare a risultati inattesi e sorprendentemente positivi.