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SEZIONE II CORPUS DEGLI AFFRESCHI CORPUS DEGLI AFFRESCHI CORPUS DEGLI AFFRESCH

COMMENTO CRITICO

Secondo chi scrive i confronti con opere del Maestro di Figline quali la tavola ferrarese con San Giovanni Battista e quella con San Francesco (Worcester) proposti da Millard Meiss144 non lasciano dubbi circa l’appartenenza dell’opera al catalogo dell’anonimo. Quest’ultima tavola e le figure dei Santi Pietro, Giacomo e Filippo145

[FIG. 43] costituivano i laterali di un pentittico in parte ricostruito dal Volpe che lo

assegnava all'attività tarda del Maestro di Figline, verso la fine degli anni venti146. Questi quattro santi e il San Giovanni Battista, tutti a figura intera, hanno una fisicità massiccia e una posa imponente e incombente, chiaramente rintracciabili anche nel malridotto Sant'Onofrio, ben piantato sulle gambe e fieramente poggiato alla stampella con un gesto deciso che può ricordare il San Filippo che “brandisce” la sua croce. Da sotto il saio di San Francesco si intuisce poi la posa di leggero hanchement delle sue gambe, la sinistra dritta e la destra leggermente piegata: è la stessa che assume Sant'Onofrio, più fluida rispetto ad esempio allo stesso San Giovanni Battista, concordemente attribuito ad una fase precoce del Maestro di Figline, che assume una posa più statica, con entrambe le gambe dritte e piedi aperti. Ricorrono in queste tavole e nel dipinto fiorentino anche alcuni dettagli quali la piccola curva dello zigomo scorciato nel San Francesco e la forma dei piedi dalla pianta fortemente arcuata, le dita quasi piegate e il tallone un po' squadrato [FIGG. 44, 46,

49-50].

139 VOLPE, Ristudiando… cit., p. 22, nota 13.

140 G. RAGIONIERI, in Un pittore del Trecento... cit., pp. 39-40. 141

BOSKOVITS, Corpus… cit. (III, IX, 1984), pp. 333-334.

142 DE MARCHI, Partimenti… cit., p. 626.

143 L. ARTUSI, A. PATRUNO, Ora et labora. L’opera pia di Sant’Ambrogio in Firenze. Storia, fede,

arte, socialità e pubblica beneficenza accertate con documenti inediti, Firenze 1996, p. 161.

144

MEISS, Una pittura murale… cit., pp. 149-150.

145 R. LONGHI, Giudizio sul Duecento, in “Proporzioni”, II, 1948, pp. 51-53. I Santi Pietro e

Giacomo sono conservati presso una collezione privata. Per il San Filippo (Worcester Art Museum, Mass.) già OFFNER, The Master… cit., p. 164.

146

VOLPE, Ristudiando… cit., pp. 16-18. Dello stesso complesso doveva fare parte anche l'eponima tavoletta di predella con la Pietà del Fogg Art Museum di Cambridge (Mass.).

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I capelli mossi e fluenti del Sant’Onofrio rappresentano un modo originale di usare la linea di contorno, alla quale il Maestro di Figline dà sempre molto rilievo, e trovano corrispondenza nelle pennellate vivaci, benché più schematice, del vello della veste del San Giovanni Battista e ancor più in quelli spessi e decisi della barba del San Paolo della vetrata della cappella di San Martino nella Basilica Inferiore di Assisi del secondo decennio del Trecento147. Nella stessa figura si può incontrare un’espressione di severa fierezza che rivaleggia con quella di Sant'Onofrio, caratterizzata da una forte inarcatura delle sopracciglia che contribuisce in entrambi i casi a rafforzare lo sguardo [FIG. 45], riscontrabile anche nella linea corrucciata di quelle del San Giacomo e nel cipiglio severo del San Filippo del polittico già citato

[FIG. 47]. Gli occhi del San Paolo sono più rotondi ma hanno comunque la forma

dilatata e quasi deformata dalla linea ondulata e le palpebre pesanti del Sant’Onofrio, tipica di molte figure del Maestro: si vedano ad esempio i dolenti del Crocifisso di Santa Croce [FIG. 48] o alcuni angeli della pala della con la Madonna col Bambino, i Santi Elisabetta d’Ungheria e Ludovico di Tolosa e angeli nella collegiata di Santa Maria Assunta a Figline148.

L’accostamento al Maestro di Figline è inoltre corroborato dal confronto del motivo della prima fascia decorativa del Sant’Onofrio, praticamente sovrapponibile ai girali fitomorfi dei tabelloni del Crocifisso di Santa Croce [FIGG. 51-52].

A mio avviso dunque si può riformulare positivamente la proposta di considerare questo dipinto come un'opera del Maestro di Figline, da assegnare ad una fase prossima all’esperienza assisiate e di poco precedente al polittico ricostruito dal Volpe, nei primi anni del terzo decennio del Trecento.

L’episodio superstite, identificabile con l’Incontro tra Sant’Onofrio e San Pafnuzio, indica che le storie laterali seguivano le vicende della vita di Sant’Onofrio secondo il racconto fattone dal monaco Pafnuzio nella cosiddetta Peregrinatio Paphnutiana149, resoconto del suo viaggio alla ricerca degli eremiti della Tebaide egiziana, di cui in ambito fiorentino sono noti alcuni testi miscellanei contenenti la versione in volgare150. Durante il suo favoloso viaggio nel deserto Pafnuzio incontra Onofrio, che in un primo momento egli scambia per un animale a causa del suo aspetto belluino dovuto alla nudità e ai capelli molto lunghi. Pafnuzio scappa terrorizzato su un promontorio ma, rassicurato da Onofrio, capisce di essere davanti ad un uomo venerabile e in segno di rispetto e costernazione gli si getta ai piedi (è questo il momento rappresentato nella scena del Sant’Onofrio in Sant’Ambrogio). Onofrio lo rincuora e, sollecitato dal monaco, gli racconta la sua vita, dalla giovinezza in monastero ai sessanta duri anni nel deserto. I due poi raggiungono la capanna di Onofrio davanti alla quale si pongono in preghiera fino all’arrivo dell’angelo che

147

CONTI, in Un pittore del Trecento… cit., p. 43.

148 OFFNER, The Master… cit., pp. 163-164.

149 C. A. WILLIAMS, Oriental affinities of the legend of the hairy anchorite. II. Christian, in

“University of Illinois Studies in Language and literature”, XI, 1926, 4, pp. 81-86.

150

Biblioteca Riccardiana di Firenze, Cod. Ricc. 1316, cc. 30v-40v. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Conv. Soppr. G. 3. 676. D. M. MANNI, Vite dei Santi Padri con le vite di alcuni santi scritte

nel buon secolo. IV. Delle vite de' santi. Vite di alcuni santi scritte nel buon secolo della lingua toscana, Firenze 1735, pp. 137-150; che riporta la trascrizione di un manoscritto pratese della seconda

metà del Trecento. Per informazioni più dettagliate su questi testi si rimanda infra: Schede 2-3 e

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quotidianamente porta il pane e l’acqua per il sostentamento dell’eremita (è possibile che il secondo riquadro in cui si vede forse il profilo della capanna di Sant’Onofrio mostrasse in origine questa scena [II]). Dopo il pasto i due vegliano in preghiera tutta la notte e al mattino Onofrio annuncia a Pafnuzio la propria prossima morte, chiedendogli di seppellire il suo corpo e tornare nel mondo civile a rendergli testimonianza. Morto Onofrio in un tumulto di terremoti e canti angelici, Pafnuzio lo seppellisce grazie all’aiuto di due leoni ed è costretto a rinunciare al suo proposito di insediarsi nella capanna dell’eremita, abbattuta da un nuovo terremoto. Il monaco dunque affronta un nuovo avventuroso viaggio di ritorno, col compito di rendere nota la vicenda terrena del venerabile Onofrio [cfr. Doc. 1].

In base all’altezza del riquadro centrale è possibile stabilire che in origine la figura di Sant’Onofrio era affiancata da quattro riquadri: oltre ai due identificabili in alto a destra, di formato quadrato (cm 45 x 45 ca.), altrettanti in basso. La cornice simulante una modanatura di pietra serena che contorna il riquadro principale si vede anche in alto sul primo riquadro, mentre la partizione tra le due storie è più semplice, a bande lisce: si può supporre che la modanatura dipinta segnasse il limite superiore della serie di storie, che dunque non raggiungeva la sommità del riquadro di Sant’Onofrio. La struttura dell’affresco avrebbe previsto così tra il riquadro narrativo superiore e la prima fascia decorativa uno spazio di circa 10 cm che potrebbe ipoteticamente aver contenuto un’iscrizione col titulus del santo [FIG. 53]. Questo dettaglio contribuisce a sottolineare la particolarità, rispetto ai diretti precedenti su tavola, della forma di questo Sant’Onofrio, che inoltre, con ogni probabilità, non prevedeva una serie speculare di storie a sinistra151. Una simile struttura, che troverà una certa diffusione tra le raffigurazioni a fresco del santo (Schede 2, 3), ha un solo precedente noto a chi scrive nella tavola duecentesca con la Madonna col Bambino e quattro storie della Passione del pisano Enrico di Tedice, ora conservata al Museo del Bargello di Firenze152 [FIG. 54]. Seguendo la narrazione della vita e l’iconografia degli altri due affreschi fiorentini dedicati a Sant’Onofrio in Santa Maria a Soffiano e Santa Maria Maggiore, che conservano un numero maggiore di scene rispetto a quello di Sant’Ambrogio, si può ipotizzare che le due scene inferiori di quest’ultima opera potessero rappresentare il Pasto di Sant’Onofrio e San Pafnuzio o la Morte di Sant’Onofrio [III] e la Sepoltura del Santo [IV].

Mostre

Affreschi staccati (Firenze 1966); Omaggio a Giotto (Firenze 1967); The great age of fresco. Giotto to Pontormo (New York 1968); Frescoes from Florence (Londra 1969); Firenze restaura (Firenze 1972); Un pittore del Trecento: il Maestro di Figline (Firenze 1980).

Fotografie

SSPSAE e per il Polo Museale della Città di Firenze, Gabinetto Fotografico: 9468, 127691, 127692, 320291.

151 Per questa osservazione si veda in particolare la Scheda 2.

152 CARLETTI, in Cimabue… cit., pp. 144-145. Andrea De Marchi sostiene che l’opera potesse

trovare posto su un tramezzo, a fianco di una Croce che avrebbe completato semanticamente il ciclo della Passione, mancante della scena della Crocifissione (comunicazione orale).

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Bibliografia

MEISS 1966, pp. 149-150; BELLOSI 1966, p. 77; DAL POGGETTO, in Omaggio a Giotto... 1967, pp. 49-50; MEISS, in The great age... 1968, pp. 90-92; MEISS, in Frescoes... 1969, pp. 84-86; MEISS 1970, p. 60; SCHLEGEL, in Giotto e il suo tempo... 1971, p. 165; BALDINI, DAL POGGETTO, in Firenze restaura... 1972, pp. 116-117; MARCHINI 1973, p. 155, n. 290; VOLPE 1973, p. 22, n. 13; BELLOSI 1974, p. 82; BELLOSI 1979, p. 74; RAGIONIERI, in Un pittore del Trecento... 1980, pp. 39-40; BOSKOVITS 1984, pp. 333-334; DE MARCHI 1986, p. 55 nota 7; ARTUSI, PATRUNO 1996, p. 161; DE MARCHI 2010, p. 626.

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Scheda 2

Pittore fiorentino

Sant'Onofrio

Metà del XIV secolo

Scandicci (Firenze), Santa Maria a Soffiano, parete destra Affresco

Descrizione

L'opera si trova sulla parete destra della chiesa di Santa Maria a Soffiano ed è parte di una decorazione realizzata in almeno tre differenti campagne decorative tra la metà del XIV secolo e i primi decenni del XV, con i Santi Lorenzo e Pietro che salvano le anime del Purgatorio ed episodi della vita di San Giovanni Battista, che chiudono il Sant'Onofrio rispettivamente a destra e a sinistra [FIGG. 55-57].

Sant'Onofrio, col consueto aspetto selvaggio caratterizzato dalla lunga capigliatura canuta che gli scende in grosse ciocche fino alle cosce, è rappresentato in piedi entro un paesaggio rupestre animato da numerosi uccelli e regge un bastone con entrambe le mani. Un’ampia lacuna dalla sagoma piuttosto regolare in corrispondenza della testa è il risultato di un intervento doloso. A destra di chi guarda si sono conservate quattro storie della vita del santo, relative al suo incontro nel deserto col monaco Pafnuzio, ma si intuisce la presenza di una quinta scena in alto, ora completamente perduta tranne che per l'iscrizione in basso, molto rovinata e di difficile lettura [I]. Dall'alto vediamo l'Incontro tra Sant'Onofrio e San Pafnuzio [II], la Preghiera davanti alla capanna [III], il Pasto dei due santi [IV], la Sepoltura di Sant'Onofrio [V]153 [FIGG. 58-61].

Originariamente il riquadro centrale doveva concludersi in alto con una semplice terminazione orizzontale; in un secondo momento è stata aggiunta una cuspide decorata a fogliami e il santo inserito in una nicchia a tutto sesto in parte sovrapposta alla pittura antica, scalpellata per far aderire il nuovo intonaco.

Iscrizioni

Incontro tra Sant'Onofrio e San Pafnuzio [II]: “COME . S(ANCTO) . PANNUTIO(?) [...]”.

Pasto dei due santi [IV]: “. COME . S[ANCTO] . ONOFRIO . […] / . FANNO . PARITA . [...]”.

Le iscrizioni sotto le altre scene risultano illeggibili.

VICENDE STORICO-CONSERVATIVE

All'inizio del Novecento Guido Carocci affermava che sulle pareti della chiesa, sotto la scialbatura, erano visibili molte tracce di pitture riferibili al XIV e XV secolo154.

153

Per i riferimenti bibliografici e iconografici relativi alla figura di Sant’Onofrio cfr. Scheda 1.

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Gli affreschi della parete destra e parte di un affresco agiografico con Sant'Antonio Abate in controfacciata (Scheda 14) risultano già in buona parte visibili in alcune fotografie del 1967, conservate presso l'Archivio Fotografico della Soprintendenza fiorentina, da cui risulta che le pareti erano comunque ancora imbiancate; l'intervento per riportare a vista il paramento a filaretto e rimuovere il ballatoio in controfacciata è datato al 1968 da una fotografia conservata nello stesso Archivio155.

In mancanza di notizie esaurienti relative alla storia della chiesa156, si può ipotizzare che la scialbatura delle pareti risalga alle campagne di ammodernamento dell'edificio del XVII secolo157.

Oltre alla lacuna circolare in corrispondenza della testa del santo, la superficie pittorica è perduta in corrispondenza dell’estremità destra, dove tuttavia solo la prima storia è andata completamente distrutta158. Il colore è abraso in modo uniforme, ma non al punto da compromettere la lettura delle parti superstiti. All’inizio del XV secolo, le nuove pitture vennero redatte tenendo conto della presenza del Sant’Onofrio e quindi adattando a questo il profilo della decorazione: questa circostanza è confermata anche dall’assenza sulla sua superficie delle scalpellinature tipiche degli affreschi a cui sia stato sovrapposto un nuovo intonaco. Le uniche tracce di questa operazione sono localizzate sui due angoli superiori del riquadro centrale e testimoniano la perduta incorniciatura ad arco a tutto sesto dell'integrazione a cuspide, che ha consentito la conservazione di parte il colore blu originale del cielo dello sfondo, completamente perduto invece sul resto del riquadro, dove resta solo il rosso scuro del morellone di base159.

155 SBAPSAE FI PT PO, Archivio Fotografico, nn. 38029, 38030, 43878. Nelle fotografie del 1967

(contrassegnate dalla dicitura “prima del restauro”) alcuni dei soggetti degli affreschi della parete destra non sono del tutto visibili; in mancanza di informazioni più precise sui diversi interventi di restauro si può ipotizzare che prima di quello del 1967-1968, che portò alla rimozione delle superfetazioni sei-sette-ottocentesche, al ripristino del filaretto a vista e all'eliminazione dei due altari laterali (ricordati in CAROCCI, ibidem), fossero stati fatti alcuni saggi preliminari per il recupero degli affreschi, avvenuto sicuramente entro il 1970, quando vengono ricordati brevemente da Carlo Celso Calzolai (C. C. CALZOLAI, La Chiesa fiorentina, Firenze 1970, pp. 122-123).

156 La chiesa di Santa Maria a Soffiano era anticamente compresa all'interno delle mura del castello

dei Lambardi di Soffiano. Edificata in forme romaniche tra XI e XII secolo, le sue più antiche citazioni risalgono però solo al 1253 (G. TROTTA, Legnaia, Cintoia e Soffiano. Tre aspetti dell'antico

“suburbio occidentale” fiorentino, Firenze 1989, pp. 9-15) e al 1286 (CALZOLAI, ibidem). La chiesa

fu sempre di pertinenza della Mensa Vescovile fiorentina ma i Lambardi ne mantennero il patronato almeno fino al 1394, cioè anche dopo che la famiglia nel XIV secolo si era trasferita a Udine. È noto comunque che nel 1370 il patronato spettasse, oltre ai Lambardi, anche a diverse altre famiglie (CAROCCI, ibidem); nel 1399 il patronato della chiesa passò poi da Matteo Petriboni a Pierozzo di Biagio Strozzi. Del castello dei Lambardi resta la torre scapitozzata a fianco della chiesa, trasformata nel 1828 nel campanile di Santa Maria, dopo la distruzione di quello a vela (CALZOLAI, ibidem).

157 Nel 1624 la chiesa subì alcuni restauri (CALZOLAI, ibidem), seguiti nel 1672 da altri interventi

che comportarono sicuramente la sostituzione del portale di accesso, su cui sono incisi la data e il nome del rettore Romolo Gerbi, promotore del lavori; altri interventi risalgono al XIX secolo, quando nel 1872-1873 la chiesa fu invece decorata con marmi. Gli interventi barocchi sono testimoniati anche da un frammento di affresco conservato sulla parete destra, a fianco di quelli tre-quattrocenteschi. Il portale della chiesa è stato recentemente restaurato da Barbara Bersellini, a cui devo le informazioni relative allo stato di conservazione degli affreschi.

158

L'affresco di Sant'Onofrio è interessato anche da altre perdite minori, in particolare una si trova in corrispondenza del ginocchio sinistro del santo, ma in generale tutto il gruppo di affreschi della parete destra presenta numerose lacune di andamento perlopiù verticale e la superficie pittorica mostra un notevole affioramento di sali.

159

La rimozione volontaria della testa del santo deve forse imputarsi ad un intervento mosso da motivazioni di carattere devozionale e mirato, in occasione dello scialbo sei-settecentesco, a

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VICENDE CRITICHE

L'affresco di Sant’Onofrio è inedito160.

COMMENTO CRITICO

Lo stato frammentario dell’affresco di Soffiano non ne agevola la classificazione stilistica. Nel riquadro principale la figura del santo ha membra gracili, come indicano i polsi e le sottili caviglie, mentre le chiome che ne coprono il corpo hanno una consistenza morbida. Nei riquadri a destra le figure hanno una plasticità un po’ più marcata, benché resa con qualche imbarazzo, riscontrabile in particolare nell'episodio del Pasto dei due santi, dove il corpo di Sant'Onofrio risulta quasi deformato dall'espansione volumetrica del busto, e nelle diverse rappresentazioni di Pafnuzio, paludato nel suo saio marrone. Questi caratteri tendono a far escludere un collegamento con il marcato plasticismo della pittura fiorentina della seconda metà del Trecento, dominata dallo stile di Andrea e Jacopo di Cione e dai loro seguaci. Rispetto alla tavola di Sant’Onofrio, parte di un polittico di Giovanni Bonsi datato 1371, conservato presso la Pinacoteca Vaticana161 e a quella conservata presso la collezione Acton a Firenze, datata 1380162 [FIGG. 62-63], dove si riscontra una disposizione più schematica e controllata delle ciocche, sempre ben definite da un disegno secco e preciso, più strette affinità sembrerebbero riconoscibil, oltre che con l’opera del Maestro di Figline in Sant’Ambrogio (Scheda 1), con il Sant’Onofrio affrescato nella chiesa di San Piero in Palco databile verso la metà del XIV secolo163

[FIG. 64]. La resa sciolta dei capelli e soprattutto la posa delle due mani sul bastone

richiamano anche il disegno del santo del codice riccardiano 1316 (c. 40v), assegnabile ad un momento precedente alla metà del Trecento164 [FIG. 65]. È

conservare qualche memoria dell'affresco già risparmiato all’epoca delle campagne decorative quattrocentesche. Un'osservazione analoga vale anche per l'affresco della Crocifissione nell'oratorio annesso all'ex-convento di Santa Apollonia a Firenze, anch'esso risparmiato da una campagna decorativa successiva di pochi decenni e interessato da una lacuna circolare in corrispondenza del volto della Madonna dolente. Cfr. Gli affreschi trecenteschi nel convento di Santa Apollonia a Firenze (Sez. III: Tre casi esemplari, 2).

160 Una riproduzione fotografica priva di commento è stata pubblicata da Cecilia Frosinini: C.

FROSININI, Note sulle emergenze artistiche dell'antico suburbio occidentale fiorentino, in Legnaia,

Cintoia e Soffiano… cit., Firenze 1989, pp. 283-306, in particolare pp. 284-285.

161

Cfr. S. PASQUINUCCI in S. PASQUINUCCI, B. DEIMLING, A corpus of Florentine painting.

Tradition and innovation in Florentine Trecento Painting: Giovanni Bonsi, Tommaso del Mazza, sez.

IV, vol. VIII, Firenze 2000, pp. 85-91.

162 R. FREMANTLE, Florentine gothic painters from Giotto to Masaccio, London 1975, p. 220, fig.

448. Lo studioso assegna l’opera allo stesso Giovanni Bonsi ma l’attribuzione non è accolta da Simona Pasquinucci (cfr. nota precedente). Potrebbe trattarsi di un artista vicino a Giovanni del Biondo, ma l’opera è mal giudicabile per le estese ridipinture che interessano soprattutto il volto del santo.

163

P. NALDINI, San Piero in Palco e la sua decorazione trecentesca (parte I), in “Arte Cristiana”, XCIV, 2006, 832, pp. 18-19, figg. 8-9.

164 Sotto la cornice ad archetti del disegno si legge ancora una nota per il disegnatore: “fammi santo

onofrio e santo pannutio da piede e due leoni”. Mirella Levi D’Ancona suggeriva un’attribuzione alla bottega di Bernardo Daddi verso il 1330-1340: M. LEVI D'ANCONA, An unknown drawing from the

workshop of Bernardo Daddi, in “Gazette des Beaux-Arts”, XCV, 1953, 42, pp. 281-290. Bernhard

Degenhart vi scorgeva un legame con la corrente miniaturista di Pacino di Bonaguida: B. DEGENHART, A. SCHMITT, Corpus der italienischen Zeichnungen 1300-1450, I, Berlin 1968, p. 128. Più recentemente Giovanna Lazzi ha proposto un più generico rapporto con artisti giotteschi come Taddeo Gaddi e Maso di Banco: G. LAZZI, in Oriente cristiano e santità. Figure e storie di

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interessante inoltre l'accuratezza con cui sono stati realizzati i grossi uccelli che popolano le rocce su cui si muove il grande Sant'Onofrio, ben individuati da diverse caratteristiche di forma e colore e diversi dai piccoli animaletti presenti nel frammento di Santa Maria Maggiore. Queste osservazioni suggeriscono di assegnare l'affresco di Soffiano ad un momento centrale del Trecento.

La scelta di rappresentare l’eremita Sant’Onofrio in Santa Maria a Soffiano potrebbe essere legata alla presenza del monastero di romite agostiniane di San Salvatore, sorto nelle immediate vicinanze della chiesa almeno sullo scorcio del XIII secolo. La comunità femminile si trasferì per motivi di sicurezza a Firenze, presso l'oratorio di San Giovanni entro le Mura nella zona di Porta San Frediano nel 1367165.

Dei tre affreschi agiografici fiorentini dedicati a Sant’Onofrio (cfr. Schede 1, 3) quello di Santa Maria a Soffiano conserva il maggior numero di scene e condivide con le opere di Sant’Ambrogio e Santa Maria Maggiore la presenza dell'Incontro tra

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