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SEZIONE II CORPUS DEGLI AFFRESCHI CORPUS DEGLI AFFRESCHI CORPUS DEGLI AFFRESCH

VICENDE STORICO-CONSERVATIVE

Il dipinto è in cattive condizioni. Ampie lacune dell'intonaco si trovano nella zona superiore, su parte della zona destra del riquadro centrale e nell’area intorno alla testa del santo, dove sembrano seguire l’andamento della perduta aureola. La tecnica di realizzazione è singolare: non si tratta di una sinopia o di un disegno preparatorio ma di un vero e proprio dipinto murale, tracciato non sull'arriccio ma sull'intonaco liscio, e destinato ad essere completato in origine a secco, come dimostrano i pochi brani coloristici residui concentrati soprattutto nella scena superstite e nel “festone” in alto (nel cielo dell’immagine principale resta un morellone particolarmente scuro)120 [FIG. 40]. Il grado di finitezza dell’immagine non è uniforme: la testa del santo è resa con dovizia di particolari mentre il resto del corpo è appena definito (il piede sinistro, più decisamente tracciato, è frutto di un ripensamento); le ampie zone

119 AA.SS., Junii III, Parisiis 1867, pp. 16-30; KAFTAL, Iconography… cit., pp. 777-781. La

caratterizzazione del luogo eremitico con rocce brulle e alberi ricorre anche nel San Giovanni Battista del Maestro di Figline (vedi infra) e si inserisce nel solco di una iconografia comune, tra gli altri, a Giotto nelle Stimmate di San Francesco del Louvre, a Simone Martini nella pala del Beato Agostino

Novello (per entrambe cfr. supra) e a Pietro Lorenzetti nella tavola di San Leonardo in collezione

Abegg a Riggisberg in Svizzera (VOLPE, Pietro Lorenzetti… cit., pp. 117-118, nota 91).

120 Millard Meiss aveva erroneamente supposto che queste parti fossero realizzate con una tecnica

diversa rispetto all’immagine principale: M. MEISS, Una pittura murale del Maestro della Pietà

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non colorate che sembrano non finite hanno in realtà, probabilmente, perso il loro delicato strato pittorico a causa delle vicissitudini subite121: la scalpellinatura dell’intera superficie, l'occultamento con nuovo intonaco e infine il descialbo e lo stacco.

Il dipinto di Sant'Onofrio fu infatti rinvenuto nel 1965122 nella chiesa di Sant'Ambrogio a Firenze123 in corrispondenza del secondo altare di destra (che almeno nel XV secolo risultava di patronato della famiglia Bonsi Succhielli)124, al di sotto di un altro affresco raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Bartolomeo, databile verso la metà anni sessanta del XIV secolo, di Matteo di Pacino125. L'anno successivo fu staccato e subito esposto al pubblico in occasione della mostra fiorentina di affreschi staccati; sottoposto a restauro, nel 1972 fu esposto nella mostra Firenze restaura126. Conservato ancora verso la metà degli anni ottanta nei depositi della Soprintendenza di Firenze127, fu successivamente ricollocato nella chiesa d'origine ma in posizione diversa, sul quarto altare a destra (per privilegiare la permanenza nel luogo originario del meglio conservato affresco di Matteo di Pacino)128. Attualmente (2012) è in parte occultato da una grande riproduzione della Sant'Anna Metterza di Masaccio e Masolino, montata su un telaio ligneo, che ricorda la provenienza da questo altare dell’opera ora agli Uffizi129.

121 U. BALDINI, in Firenze restaura. Il laboratorio nel suo quarantennio, catalogo della mostra

(Firenze 1972), a cura di U. Baldini, P. Dal Poggetto, Firenze 1972, pp. 116-117.

122 MEISS, ibidem. 123

La chiesa viene citata per la prima volta in un documento del 1001, mentre il successivo, del 1046, menziona la comunità di monache benedettine che vi aveva sede; Sant’Ambrogio fu ricostruita nelle forme attuali nella seconda metà del XIII secolo e per tutto il XV secolo si continuò ad abbellirla, fino al rinnovamento dell’interno ad opera di Benedetto Foggini a partire dal 1716. Cfr. G. RICHA, Notizie

istoriche delle chiese fiorentine divise ne’ suoi quartieri. Del quartiere di Santa Croce, II, Firenze

1755, pp. 236-250; W. e E. PAATZ, Die Kirchen von Florenz, I, Frankfurt am Main 1940, pp. 21-43; A. BUSIGNANI, R. BENCINI, Le chiese di Firenze. Quartiere di Santa Croce, Firenze 1982, pp. 225-240.

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ASF, Manoscritti, 624, Sepoltuario Rosselli, 1650-1657, cc. 469-486; PAATZ, Die Kirchen… cit. (I, 1940), p. 28. Quasi tutte le lapidi e iscrizioni della chiesa di Sant’Ambrogio non sono precedenti al XV secolo, momento a cui vanno fatti risalire molti rimaneggiamenti interni, tra cui la creazione degli attuali otto altari laterali (BUSIGNANI, BENCINI, Le chiese… cit., p. 232): è possibile dunque che i Bonsi Succhielli siano diventati patroni di quell'altare solo dopo questi interventi.

125 CHIODO, Corpus… cit. (IV, IX, 2011), pp. 428-430. Anche L. BELLOSI, Due note per la pittura

fiorentina di secondo Trecento. I. Matteo di Pacino, “Maestro della Cappella Rinuccini”. II. Pietro Nelli, in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, XVII, 1973, 2-3, p. 182; A.

LENZA, Alcune novità su Matteo di Pacino, in “Arte cristiana” XCIII, 2005, 826, p. 32; in luogo dell’altare nel 1486 Benedetto Bonsi fece costruire una cappella intitolata alla Natività della Vergine e nel XVI secolo l’affresco fu occultato dietro una pala raffigurante la Madonna ora perduta e fu riscoperto nel 1839 (O. ORZALESI, Della chiesa di Sant’Ambrogio in Firenze e dei suoi restauri, Firenze 1900, p. 9).

126 BALDINI, ibidem. La ministeriale informa che per lo stacco del 1966 fu seguito il metodo di Dino

Dini; risulta inoltre che il dipinto fu sottoposto ad un restauro nel 1978, del quale però non rimangono notizie, ma che presumibilmente comportò almeno il trasporto su nuovo supporto e le vaste integrazioni ben visibili (SSPSAE e per il Polo Museale della Città di Firenze, Ufficio Catalogo,

Scheda OA 00192458).

127 BOSKOVITS, Corpus… cit. (III, IX, 1984), p. 333.

128 Va ricordata la presenza alla base dell'affresco di Matteo di Pacino di una piccola figura di vescovo

a mezzo busto, anch'essa presumibilmente ad affresco, inserita entro una cornice approssimativamente quadrata e indicata da una iscrizione all'altezza della testa come Sant'Ambrogio; probabilmente parte di una predellina con altri santi dello stesso tipo, essa non sembra appartenere allo stesso momento stilistico del Sant’Onofrio, né d’altra parte essere pertinente all’affresco di Matteo di Pacino.

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A. CECCHI, Nuovi contributi sulla committenza fiorentina di Masolino e Masaccio, in A. BALDINOTTI, A. CECCHI, V. FARINELLA, Masaccio e Masolino. Il gioco delle parti, Milano

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