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CAPITOLO 3 Come cambia la professione

3.7 I commercialisti; una categoria vicina alle aziende e lontana dallo Stato

Se una parte di professionisti ha scelto di dedicarsi a un ramo di specializzazione, diventando appunto uno specialista a tutto tondo nell’ambito scelto e rinunciando all’assistenza del cliente per altri ambiti, un'altra parte, più aziendalista che continua nella linea del consulente generale d’impresa si trova davanti un cliente, solitamente l’imprenditore della piccola media impresa a conduzione familiare, che richiede consiglio per le questioni più disparate che girano intorno all’ impresa.

La più influente dottrina da una parte parla di impossibilità per il futuro, di un commercialista tuttologo e dall’altra definisce il nuovo ruolo che il commercialista dovrebbe avere per l’impresa: “coach dell’imprenditore”. Una definizione che assomiglia molto al “consigliere dell’imprenditore” di cui si parlava negli anni ’60 e che sembra quasi voler tornare indietro nel tempo; una definizione che salta però tutti i nuovi compiti fiscali aggiunti al commercialista dal ’72 in poi e prescinde dal più complesso e competitivo contesto economico globale in cui ci troviamo oggi.

Se il commercialista oggi è ben cosciente delle nuove opportunità del mercato e del possibile sviluppo del suo lavoro, dall’altro si trova uno Stato distante che preme con continui adempimenti a suo carico, un Ordine più controllore delle norme deontologiche che d’aiuto alla categoria e un carico di lavoro che lascia poco spazio a nuove prospettive. Se da un lato l’unica soluzione appare essere che il commercialista smetta di fare il generalista per dedicarsi a una specializzazione particolare, dall’altra il cliente doc del piccolo commercialista, che in questa sede consideriamo come il piccolo imprenditore, spesso ignorante in materia, continuerà a rivolgersi a lui senza distinguere il confine tra una specializzazione e un'altra, ma cercando solo una risposta e una consulenza per tutto ciò che riguarda la sopravvivenza della sua impresa. Ecco che allora, possiamo guardare da un altro punto di vista la situazione e chiederci se invece di cercare di “aggiustare una realtà già compromessa”, non si possa ascoltare una categoria attualmente vicina alle aziende e lontana dallo Stato e ricercare il valore aggiunto del lavoro di quest’ultima cominciando con l’agevolarla o quanto meno semplificando tutto ciò che di procedurale e burocratico gli è stato aggiunto negli anni e ritornare a lasciare che il commercialista si riappropri del suo lavoro di consulente.

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3.7.1 Dove sta l’ostacolo al cambiamento? La parola dei commercialisti

italiani

A seguito dei cambiamenti intercorsi sul mercato e nella pubblica amministrazione dalla crisi in poi, possiamo affermare che si sta delineando una nuova fase professionale.

Per una professione ricca di sbocchi le opportunità non mancano, e se le previsioni parlano di un ritorno del commercialista a fianco dell’imprenditore come mentore, e vedono specializzazioni, aggregazioni, digitalizzazione e visione strategica nel futuro dei professionisti cosa c’è ad ostacolo per l’attuazione di questi piani?

Equo compenso e soprattutto semplificazioni negli adempimenti fiscali; questi i maggiori temi di battaglia da parte della categoria.

Per quanto riguarda le tariffe, i professionisti non chiedono di reintrodurle ma di porre dei parametri di riferimento per quantificare il valore della prestazione professionale in quanto l’abrogazione delle tariffe ha sì ampliato il mercato dei servizi professionali ma ha anche lasciato senza alcuna protezione un moltitudine di professionisti.

Il tema di maggior scontento, rimane però quello riguardante gli adempimenti fiscali. Un sondaggio effettuato dalla Fondazione Nazionale dei commercialisti ha rilevato che oltre il 70% dei guadagni viene impiegato per i costi legati alla gestione degli adempimenti fiscali con un ammontare annuo di spese pari circa a 61.500€.94

Semplificazioni e più dialogo con lo Stato; queste le richieste della categoria, culminate con due tentativi di sciopero nel 2016 e nel 2017 (entrambi poi revocati) rivolti proprio a danno dell’Amministrazione finanziaria e all’Agenzia dell’Entrate.

“I commercialisti italiani ritengono che sia stato raggiunto il limite. C'è un vergognoso il disprezzo verso la categoria che continua chiedere semplificazioni. Siamo consci che le frontiere della professione stanno cambiando. Per specializzarci, per crescere e per permettere all'economia di svilupparsi abbiamo bisogno di essere riconosciuti come professionisti che apportano valore aggiunto”.

Fazio Segantini, presidente di Ungdcec (Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili)95

94 Ansa, “Commercialisti, torna ipotesi sciopero, ‘troppi adempimenti’ ”, 12 giugno 2017, Post-it

95 Giovanni Parente, “Commercialisti, sciopero a fine febbraio con la dichiarazione Iva”, 14 Dicembre 2016, Il Sole

97 “Dobbiamo rivendicare il nostro ruolo e far capire al Governo quanto è importante la categoria dei commercialisti per far pagare le tasse in Italia. Vogliamo che venga riconosciuto il nostro ruolo nell'organizzazione fiscale del Paese. Siamo stanchi di tavoli tecnici che ci danno ragione e poi si tramutano in proposte parlamentari che vanno in un'altra direzione”. Domenico Posca, presidente di Unico (Unione Italiana Commercialisti)96

Ciò che vado a descrivere di seguito è l’analisi di interventi, pareri, “lettere” di commercialisti mandate al quotidiano Sole 24 Ore in occasione dello sciopero e riguardante i problemi della categoria.

Quello che si è potuto delineare dagli interventi raccolti di oltre 50 commercialisti è un pensiero abbastanza uniforme, che insiste su pochi punti ma molto ben chiari.

E’ una categoria che negli ultimi trent’anni si è dovuta adeguare al contesto normativo e del mercato, andando a finire senza accorgersene, ad essere, come definito da molti dei commercialisti intervenuti :“dipendenti dell’agenzia delle entrate a costo zero” ma con i rischi e gli oneri di un imprenditore professionista.

Comunicazioni periodica dati iva, dichiarazione dei redditi-iva-irap telematica, modelli intrastat e molti altri dichiarativi e adempimenti che assorbono quotidianamente, durante tutto l’arco dell’anno le giornate di uno studio commercialistico, che deve stare dietro a una politica “del breve termine”, che proroga continuamente scadenze, varia modelli spesso e volentieri all’ultimo minuto. Tutto tempo che viene tolto alla consulenza e discapito della professionalità stessa. Senza dimenticare che software, aggiornamenti, corsi di aggiornamento e convegni che vengono fatti per comprendere e adempiere correttamente a questi lavori per lo Stato sono tutti a carico del professionista, poiché in caso di inadempimento rischia sanzioni parecchio salate. L’ordine dei commercialisti a differenza di quello degli avvocati o notai non ha nessuna influenza a livello politico; quello che emerge è la richiesta da parte dei commercialisti di partecipare ai tavoli decisionali e una maggior collaborazione con le istituzioni, per aiutare un legislatore spesso scollegato dalla realtà di tutti i giorni. Riconoscere quindi un ruolo tecnico anche a livello legislativo del commercialista, figura di cui lo Stato necessità sempre di più senza però riconoscerne il valore. 97

96 Giovanni Parente, “Commercialisti, sciopero a fine febbraio con la dichiarazione Iva”, 14 Dicembre 2016, Il Sole

24 Ore

97 Sole 24 Ore, “Lettere ricevute dai commercialisti”, http://ww.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/le-lettere-

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