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4.1. La formazione della Compagnia

Prima dell’apertura della nuova stagione, Costa e D’Amico tentarono ancora una volta di formare una nuova compagnia, con l’intento d’introdurre allievi ed ex allievi dell’Accademia direttamente nell’ambito di produzione degli spettacoli e permettere loro di lavorare accanto ad alcuni degli interpreti più acclamati della scena teatrale italiana. L’impresa sarebbe dovuta diventare la nuova Compagnia dell’Accademia, ma in seguito ad una proposta dell’ETI assunse il nome di Compagnia del Teatro Quirino, per richiamare il luogo in cui sarebbero andati in scena i lavori. La direzione fu affidata a Costa, mentre D’Amico ne avrebbe fatto parte soltanto in veste di supervisore.

Nei suoi appunti Costa, in accordo con D’Amico, aveva pensato di affidare a Copeau la messa in scena de I fratelli Karamazov di Dostoevskij dalla sua stessa riduzione o in alternativa avrebbe potuto allestire l’Asmodée di Mauriac o Le colonne della società di Ibsen. Le altre opere in cartellone sarebbero state I giganti della montagna di Pirandello, Il giardino dei ciliegi di Čechov, una novità italiana, Tessa di Giraudoux, l’Amleto di Shakespeare, Il soldato Tanaka di Kaiser, l’Aminta del Tasso rappresentata all’aperto, il Mistero curato da D’Amico allestito per Pasqua, dopo una recita in Vaticano e una rivista settimanale che con tutta probabilità sarebbe stata Giornale

1947. Gli altri registi che, insieme a Costa e a Copeau, avrebbero diretto i lavori sarebbero stati

Brissoni, Celi e Giannini. In particolare Celi avrebbe dovuto allestire I giorni della vita di

Saroyan248. Brissoni, invece, avrebbe rappresentato due spettacoli, pensando all’As you like it

shakespeariano. D’Amico, però, gli comunicò che, dalle iniziali due opere concordate, avrebbe dovuto scegliere un solo dramma, tra Lucrezia, Endymione e i Sei personaggi che il regista rifiutò

seccamente249. Gli attori che avrebbero incarnato i personaggi dei drammi scelti sarebbero stati Evi

Maltagliati, Camillo Pilotto, Vittorio Gassman, Edda Albertini, Ave Ninchi, Giorgio De Lullo,

248 Celi comunica a Costa in una lettera l’accettazione della scrittura offertagli per le sue prestazioni di attore e regista. Anche se alla fine collaborerà all’impresa solo in veste di attore: Lettera di Adolfo Celi a Orazio Costa, 04.09.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 4, Cartella 4. 1945-46-47-48-49+38.

249 Brissoni esprime in una lettera tutto il suo rammarico a D’Amico, poiché dagli iniziali due spettacoli accordatigli, dovrà sceglierne solo uno che alla fine verrà comunque cancellato: Lettera di Alessandro Brissoni a Silvio D’Amico, 15.10.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

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Antonio Crast, Giovanna Galletti, Elena Da Venezia, Giusi Dandolo, Vittoria Martello, Adolfo Celi,

Luciano Mondolfo, Antonio Battistella, Ignazio Bosic, Vittorio Caprioli e Marcello Moretti250.

In una lettera inviata a Grassi, Costa gli confidava la sua volontà che il repertorio «risultasse per uno di quei fortunati doni unitariamente concepito anche attraverso la varietà dei temi intorno ad un

tema unico»251, che sarebbe dovuto essere quello della “società”, di cui l’Amleto sarebbe stato il

dramma principale.

Poco tempo dopo, però, D’Amico riferì a Costa la rinuncia della Maltagliati. Al posto della quale

stava tentando di scritturare Sarah Ferrati252.

Ottenuta la conferma di quest’ultima si presentò una nuova difficoltà. Mondolfo che, insieme ad un gruppo di altri attori, era entrato in sciopero metteva a rischio la composizione dell’intera compagnia, rivelando una sorta di avversione nei confronti della Ferrati. D’Amico prontamente scrisse all’attore comunicandogli che il progetto sarebbe andato avanti anche senza di lui, poiché aveva adottato, assieme agli altri, una condotta a dir poco incresciosa:

Tu mi conosci da molti anni. Tu sei intelligente, e, almeno fino a ierlaltro [sic], hai inteso e condiviso il mio cocciuto criterio: che era, ed è, di far leva su un gruppo di uomini nuovi, per il rinnovamento dell’arte nostra. Tu conosci la mia vita, tutta, di fuori e di dentro; tu sai benissimo l’infantile disinteresse con cui io perseguo la mia idea; mai mai mai io ho combattuto o appoggiato un movimento, una iniziativa, una persona per un motivo estraneo all’arte. Eppure, che un bel giorno tu abbia parlato e agito come hai parlato e agito nei riguardi miei e di S. F., è un fatto misterioso quanto indubitabile253.

In compenso D’Amico rivelava a Costa la possibilità di sostituire gli scioperanti con altri attori e di poter contare sulla disponibilità di Crast, di Carraro e di uno tra De Lullo, Tieri e Cortese, anche se quest’ultimo era a lui poco gradito. Sperava, inoltre, di ottenere una risposta da Gassman, che ancora non aveva dato conferma della sua presenza, immaginando di potergli affidare una parte importante in Tessa. Intanto la Ferrati gli comunicava di non trovare adatto a lei il ruolo che avrebbe voluto affidarle ne Il soldata Tanaka di Kaiser. A tal proposito, quindi, D’amico avrebbe

250 Cfr. Compagnia del Quirino, Repertorio, dattiloscritto, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico. Nello scritto Costa aveva cancellato la regia de Le mosche di Sartre che Copeau avrebbe potuto realizzare in alternativa a I fratelli Karamazov di Dostoevskij, sostituendola con il testo di Ibsen. Inoltre, aveva sottolineato i nomi della Maltagliati, della Ninchi, della Galletti, della Da Venezia, della Dandolo, della Martello, cancellato il nome di Gassman, di Celi e aggiunto a matita i nomi della Ricci, della Campa, di Panelli e Busoni.

251 In una lunga lettera, Costa confida a Grassi la sua intenzione di voler scegliere delle opere che si riuniscano attorno al tema della “società”, valutando ad una ad una quelle scelte e descrivendone i punti di contatto con il tema prescelto:

Lettera di Orazio Costa a Paolo Grassi, s.d., Piccolo Teatro di Milano, Archivio, Epistolario Grassi, Faldone 10.

252 D’Amico comunica le sue intenzioni a Costa in un telegramma risalente molto probabilmente al luglio del '46:

Telegramma di Silvio D’Amico a Orazio Costa, [s.d.], [07.1946], Fondo Orazio Costa, Faldone 2, Cartella 5. Per Orazio

da Silvio D’Amico.

253 Lettera di Silvio D’Amico a Luciano Mondolfo, 18.08.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

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voluto inserire nel repertorio un dramma di Federico García Lorca, La casa di Bernarda Alba, che avrebbe potuto mettere in risalto le doti della Ninchi, della Albertini, della Galletti, della Dandolo e,

soprattutto, della Ferrati254.

Riguardo al testo di Lorca, pochi giorni dopo, D’Amico scrisse a Costa un’allarmante lettera. Durante la sua villeggiatura aveva incontrato la Capodaglio che, a suo dire, aveva strappato all’editore Ridenti, una promessa per la rappresentazione del dramma, che con tutta probabilità sarebbe stato affidato alla regia di Pandolfi. D’Amico, dunque, sollecitò Costa a chiedere in tutta fretta delle spiegazioni proprio a Ridenti:

Se egli ha dato alla C. un affidamento morale, è sempre in tempo a sollecitare da lei delle intenzioni precise: ha lei una Compagnia, un progetto concreto per la esecuzione, entro un termine X, della commedia? Se non lo ha (come per ora è sicuro) ecco che noi riabbiamo la nostra libertà. Vorrei aggiungere che la Capodaglio mi ha detto di non aver mai sentito parlare di una obbligata regia di Pandolfi. Però io Pandolfi non vorrei scontentarlo; come non vorrei scontentare Grassi. Li stimo, sebbene diversamente, tutti e due; e avere nemici anche loro, no255.

La cosa sembrò alquanto strana, dal momento che l’opera di Lorca era stata segnalata a D’Amico proprio da Pandolfi, che in una lettera inviata a Costa, qualche tempo prima, gli aveva consigliato di metterla in scena con la loro compagnia: «Ho fatto leggere a D’Amico un’importantissima novità, “La casa di Bernarda” di García Lorca che mi sembra molto adatta per una compagnia come la vostra: soprattutto perché è molto bella. È di molto superiore a tutta l’altra opera di Lorca. Ne sono

entusiasta, e credo che anche a te piacerà molto»256.

D’Amico, infine, informava Costa che Stefano Landi stava pensando di scrivere una commedia per la loro compagnia, chiedendo quali fossero gli attori scritturati. Nella sua lettera, D’Amico si lamentava del fatto che l’amministratore Saccenti, non gli aveva ancora comunicato l’elenco completo degli attori, come non aveva ancora stabilito una data precisa per indire una riunione, a

cui avrebbero dovuto prender parte tutti i partecipanti all’impresa257.

In un’altra lettera, D’Amico metteva al corrente Costa che la Commissione direttiva del teatro aveva imposto delle regole ben precise a cui la compagnia avrebbe dovuto attenersi in maniera scrupolosa per ricevere la loro sovvenzione. Per prima cosa aveva stabilito che la scelta degli attori

254 Cfr. Lettera di Silvio D’Amico a Orazio Costa, 18.08.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

255 Lettera di Silvio D’Amico a Orazio Costa, 20.08.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 2, Cartella 5. Per Orazio da Silvio D’Amico.

256 Lettera di Vito Pandolfi a Orazio Costa, 02.08.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 4, Cartella 4. 1945-46-47-48- 49+38.

257 Cfr. Lettera di Silvio D’Amico a Orazio Costa, 20.08.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 2, Cartella 5. Per Orazio da Silvio D’Amico.

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sarebbe stata concordata soltanto con l’approvazione del consiglio. In secondo luogo, non avrebbero perseguito alcun tipo di scopo sperimentale e il repertorio avrebbe compreso principalmente le opere di autori italiani, a cui si sarebbero aggiunte delle novità, che sarebbero state selezionate attraverso un concorso nazionale. D’Amico era convinto che al repertorio stabilito con Costa, si sarebbe aggiunto un solo dramma uscito da quel concorso, poiché lui avrebbe fatto di tutto per influenzare la Commissione giudicante, di cui avrebbe fatto sicuramente parte:

Contro cinque lavori stranieri (CILIEGI, TESSA, il Lorca oppure il Kaiser, e i due di Giannini) possiamo offrirne altrettanti italiani, cioè: un Pirandello, la rivista, due classici (AMINTA, e il Mistero), e un lavoro prescelto al famoso concorso. Ché se, in quel concorso, la Commissione giudicatrice – di cui io farò gran parte – trovasse più lavori degni di lauro, gli altri si diano ad altre compagnie258.

D’altra parte, le preoccupazioni di D’Amico andavano ancora alla “questione Mondolfo”, infatti, chiedeva a Costa di conservargli due lettere che avrebbe dovuto restituirgli a Firenze, prima della

famosa riunione259. La prima era indirizzata proprio a Mondolfo, così da aiutarlo a chiarire la

faccenda una volta per tutte. L’altra, invece, era indirizzata all’amministratore Saccenti per tentare di mettere in chiaro la questione delle scritture agli attori:

[…] ho sempre molta ansia di conoscere se Crast, a cui tengo moltissimo, si è scritturato.

Mi farebbe anche assai piacere di avere Tieri, che recita bene, o De Lullo che, ben guidato, può rendere assai. Invece più ci penso, e più mi sento contrario a scritturare Cortese. Carraro, per quanto manierato, vale ben più di lui: è mai possibile che, dopo di avermi promesso di attendere le nostre decisioni, si sia già scritturato con altri? Ti prego vivissimamente di accertartene, senza il minimo dubbio possibile. Cortese è superficiale, in intelligente, senza vero sentimento, ed ha una cattiva dizione: esattamente il contrario di quell’ideale a cui mira la nostra Compagnia. Se anche, per venire a un compromesso da me poco gradito, si dovesse ricorrere a qualche elemento di richiamo per il pubblico che frequenta il cinema, varrebbero sempre meglio un Roldano Lupi o un Rossano Brazzi, mediocri, ma a cui ho visto fare qualche parte che Cortese neanche se la sogna260.

Qualche tempo prima, Ugo Betti aveva scritto a Costa proponendogli l’allestimento di due suoi lavori: «Riguardo alle due commedie (Ispezione e Corruzione) avete deciso qualcosa? Sono

impaziente di avere qualche notizia»261. Lo scrittore, in seguito, ebbe anche un colloquio con

D’amico, che gli comunicò l’impossibilità di accettare i suoi drammi, poiché la novità italiana che la compagnia avrebbe rappresentato sarebbe stata selezionata esclusivamente attraverso il concorso

258 Lettera di Silvio D’Amico a Orazio Costa, 21.08.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 2, Cartella 5. Per Orazio da Silvio D’Amico.

259 Cfr. Lettera di Silvio D’Amico a Orazio Costa, 22.08.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

260 Lettera di Silvio D’Amico a Eugenio Saccenti, 22.08.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

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nazionale. Betti, quindi, riferì a Costa tutto il suo rammarico per quella mancata collaborazione:

«Mi fa un certo effetto pensare che la comp. tua e di D’Amico possa non dare niente di mio»262.

Costa cercò in tutti i modi di rassicurare lo scrittore promettendogli di far rientrare le sue opere in cartellone, ma Betti rispose con ancor più crescente disagio alla sua proposta: «[…] mi sento un po’ (!) umiliato al pensiero che io dovrei essere introdotto quasi alla chetichella e con un espediente e

contro il parere degli organizzatori»263!!!

Per quanto riguarda gli attori, D’Amico riferiva a Costa che Crast non avrebbe più fatto parte della compagnia. Giannini, invece, non riusciva a decidersi nella scelta dell’attore che avrebbe dovuto incarnare la parte del protagonista ne Il voto, mentre la Ferrati era poco convinta circa l’allestimento de Il fiume scintillante di Morgan. Saccenti, infine, avrebbe voluto da lui dei

ragguagli sulla scelta del bozzettista, del figurinista e dello scenografo de Il giardino dei ciliegi264.

Successivamente D’Amico comunicò a Costa e a Saccenti che il direttore generale del teatro Tosti, aveva ricevuto diversi attacchi da parte del Ministero, per non aver preteso da loro un cartellone più italiano. La compagnia, secondo il Ministero, avrebbe dovuto debuttare con un lavoro italiano e assumere una forma semistabile o se proprio fosse voluta andare in giro, avrebbe dovuto toccare anche la città di Napoli. Per tutta risposta, D’Amico si giustificò dicendo che la compagnia aveva in programma su nove lavori, cinque italiani, che lo spettacolo inaugurale sarebbe dovuto essere Il giardino dei ciliegi, perché meglio dei Sei personaggi e de Il voto si adattava a presentare l’intera compagnia. L’impresa, ribadiva, era davvero a forma semistabile, dal momento che si sarebbe fermata nel teatro a cui era intitolata cinque dei sette mesi previsti per l’allestimento dei lavori. Le spiegazioni di D’Amico si concludevano con l’affermare che la richiesta di andare a Napoli si sarebbe potuta prendere in considerazione non prima del 15 maggio, poiché molti degli

attori scritturati erano stati rassicurati sulla lunga permanenza della compagnia a Roma265.

Saccenti, dunque, scrisse a Costa informandolo del fatto che Giannini aveva rifiutato Tieri per la parte del protagonista ne Il voto e che con D’Amico stavano provando a trattare Randone, il quale molto probabilmente avrebbe accettato la loro proposta. Nel frattempo la Ninchi aveva lasciato l’impresa, perché attratta da offerte cinematografiche molto più remunerative, perciò attendevano da lui qualche suggerimento per la sostituzione dell’attrice. Le riserve dell’amministratore, comprese quelle degli altri organizzatori, riguardavano Il fiume scintillante di Morgan, ma per

262 Lettera di Ugo Betti a Orazio Costa, 06.10.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 4, Cartella 3A. 1945-52. 263 Lettera di Ugo Betti a Orazio Costa, 08.10.[1946], Fondo Orazio Costa, Faldone 4, Cartella 3A. 1945-52.

264 Cfr. Lettera di Silvio D’Amico a Orazio Costa, 19.09.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

265 Cfr. Lettera di Silvio D’Amico a Orazio Costa e a Eugenio Saccenti, 20.09.[1946], Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

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risolvere la questione si sarebbe potuto attendere ancora qualche tempo, dal momento che l’opera non sarebbe stata allestita prima di febbraio e che molto probabilmente sarebbe andata in scena a Milano. Fabbri, che avrebbe dovuto realizzare la traduzione del lavoro, aspettava impaziente un loro cenno. La successione dei lavori, quindi, avrebbe visto la rappresentazione de Il giardino dei ciliegi, seguita da quella de Il voto, dai Sei personaggi e da Tessa, oltre alla rivista che sarebbe andata in scena tra il 19 novembre e il 12 gennaio. Saccenti ribadiva a Costa che aveva cercato di accontentarlo su tutti i suoi desideri, ma, parlando con D’amico, non ritenne opportuno accettare la sua richiesta di avere a disposizione un ufficio pubblicitario per i primi due mesi, giustificando così la sua decisione:

[…] sia perché tale ufficio non è mai stato previsto nel nostro preventivo finanziario, già sorpassato in partenza più di quanto non abbiamo denunziato, e sia perché non siamo perfettamente convinti dell’utilità, almeno in Roma, di tale spesa. Il Dr. Grassi potrà occuparsi della Compagnia sia durante il periodo Milanese, sia per l’eventuale nostro giro in Svizzera266.

L’amministratore pregava Costa di fargli ottenere quanto prima il preventivo per l’allestimento de Il giardino dei ciliegi, oltre a sollecitarlo a fornirgli il nome dello scenografo e del bozzettista al quale avrebbe voluto affidare il lavoro. Il primo incontro con tutti gli attori scritturati rimaneva fissato per il 15 di ottobre, data in cui forse la Ferrati non sarebbe stata presente, perché impegnata nella realizzazione di alcune recite a Milano insieme a Tofano e a Ruggeri. Ad ogni modo, l’attrice li avrebbe raggiunti tre giorni dopo.

Riguardo alla vicenda sorta attorno al dramma di Kaiser, D’Amico scrivendo a Grassi gli aveva fatto notare che non credeva esistesse un legame tra la sua richiesta di collaborazione con la compagnia e l’allestimento de Il soldato Tanaka. Per quel che riguardava le questioni pubblicitarie e le recite che l’impresa avrebbe realizzato a Milano, i precedenti accordi erano saltati, dal momento che la compagnia non riguardava più l’Accademia ma l’ETI. Grassi, quindi, avrebbe

dovuto presentare un progetto che sarebbe stato avviato solo dopo l’approvazione del Consiglio267.

A Costa, D’Amico riferì che alcune lettere occorse tra lui e Grassi forse erano andate perdute, dal momento che non gli erano mai arrivate. Il critico milanese lo informava che se lui non avesse fatto parte dell’organizzazione della compagnia, loro non avrebbero avuto il lavoro di Kaiser. In tal caso, D’Amico confidava a Costa che non sarebbe sceso a simili compromessi: «Al “Soldato Tanaka” tu sai che io tengo solo in quanto ci tenete tu e Gassman; alla collaborazione di Grassi, mi

266 Lettera di Eugenio Saccenti a Orazio Costa, 01.10.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

267 Cfr. Lettera di Silvio D’Amico a Paolo Grassi, 02.10.1946, Fondo Orazio Costa, Faldone 8, Cartella 5. Compagnia Quirino-D’Amico.

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affiderei unicamente sulla tua parola. Comunque ti accludo la lettera in copia, che gli ho mandato.

Speriamo di venire a una chiarificazione»268. Intanto Giannini continuava a richiedere grosse

somme per l’allestimento de Il voto, per il quale si aspettava la riscrittura del testo da parte di Alvaro. Saccenti aveva accordato al regista la cifra di 90.000 lire, mentre sollecitava la conferma di Randone, che avrebbe dovuto incarnare la parte del protagonista. Fabbri, da parte sua, non avrebbe più aspettato oltre per consegnargli la traduzione dell’opera di Morgan che, a questo punto, avrebbero fatto bene a sostituire con un lavoro più gradito a Giannini e alla Ferrati.

Qualche giorno dopo, D’Amico continuava a scrivere a Costa circa le vicende del Tanaka, poiché aveva il sospetto che quello di Grassi fosse un ricatto bello e buono: «Tanto più che Gassman, evidentemente avvertito, al momento di sostituire il suo compromesso col contratto

definitivo ha sospeso la sua firma, in attesa che si risolva questa questione»269. Il Consiglio dell’ETI

gli faceva sapere ancora una volta di essere in disaccordo sulle loro scelte di repertorio e li esortava ad abbandonare l’opera di Morgan per trovarne una più gradita alla Ferrati. D’Amico, quindi, aveva pensato di sostituire il Tanaka con un dramma di Newman che, forse, sarebbe piaciuto anche a Gassman. Per la rivista purtroppo ancora non si sapeva nulla. La scrittura di Randone sembrava alquanto complicata per via dei suoi altri impegni lavorativi. Brissoni, invece, non vedeva di buon occhio l’offerta di D’Amico per la sua regia, mentre bisognava trovare ancora il sostituto di Crast. La Ferrati avrebbe voluto in compagnia una donna anziana, per la quale si stava pensando, al contrario, ad una di mezza età, tipo la Morino, la Rissone o la Dandolo, oppure far posto ad un’attrice giovane come la Campa, la Sierra o la Ravot. Il contratto per la moglie di Gassman sarebbe stato stipulato solo dopo aver risolto la questione con il marito. La riunione della compagnia rimaneva fissata per il 18 ottobre, data in cui sarebbero stati presenti anche la Ferrati e

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