• Non ci sono risultati.

Competenza del pubblico e relativi interventi

3. Reazioni del pubblico

3.1. Competenza del pubblico e relativi interventi

I passi in cui vengono citati esplicitamente versi di opere o episodi specifici e conseguenti reazioni del pubblico si concluderebbero qui; ci sembra però interessante inserire in questa sezione anche alcuni passaggi in cui, seppur con riferimenti meno puntuali (in alcuni casi sono presenti accenni a opere ma senza particolare contesto, in altri il discorso è del tutto generale, senza riferimenti precisi), l’attenzione è rivolta al pubblico e alle sue reazioni.108

La prima testimonianza ci permette di introdurre un altro attore, finora non menzionato, Eros. Si tratta di un attore comico che, prima di ottenere la protezione di Roscio e di poter godere del suo insegnamento, fu cacciato dalla scena con fischi e insulti da parte degli spettatori.

Pro Q. Roscio comoedo 30

Quod item nuper in Erote comoedo usu venit; qui posteaquam e scaena non modo sibilis, sed etiam convicio explodebatur, sicut in aram confugit in huius domum, disciplinam, patrocinium, nomen itaque perbrevi tem pore, qui ne in novissimis quidem erat histrionibus, ad primos pervenit comoedos.

Questa cosa si è verificata recentemente a proposito dell’attore comico Eros: dopo che fu cacciato dalla scena non solo coi fischi, ma anche con gli insulti, si rifugiò in casa di Roscio come se un altare fossero il suo insegnamento, la sua protezione, il suo nome, e in brevissimo tempo uno che era nemmeno tra gli ultimi istrioni, prese posto tra i primi attori comici.

Sorte non diversa toccò anche al più famoso Esopo, fischiato e cacciato a causa della sua raucedine. L’episodio è probabilmente lo stesso raccontato anche in Fam. VII.1.2-4, nella quale si accenna al ritiro dell’attore dalle scene.

108 Si è deciso di escludere però quei passi che descrivono reazioni del pubblico per motivi

esclusivamente politici (es. ingresso in teatro di determinati personaggi e conseguenti applausi o fischi), ma senza alcun riferimento a testi drammatici o alla loro fruizione. Per un lavoro più approfondito anche in tale direzione, cfr. SUTTON 1985.

51 De oratore

I.258-259

quod ego non tam fastidiose in nobis, quam in histrionibus, spectari puto. Itaque nos raucos saepe attentissime audiri video: tenet enim res ipsa atque causa: at Aesopum, si paulum irrauserit, explodi.

Io ritengo che noi oratori siamo giudicati meno sdegnosamente che gli attori. E così vedo spesso che noi, pur con la voce rauca, siamo ascoltati molto attentamente: infatti la situazione stessa e la causa tiene l’interesse. Ma Esopo, se ha un po’ di raucedine, viene allontanato a suon di fischi.

A livello dunque di voce, più o meno rauca, sembra che il pubblico sia molto meno indulgente con gli attori che con gli oratori. In questo passo del De oratore Antonio racconta infatti che se in una situazione del genere Esopo viene allontanato a suon di fischi, l’oratore continua invece ad essere ascoltato con attenzione, grazie soprattutto all’interesse suscitato dalla causa stessa.

Crasso aveva però sostenuto precedentemente, nella stessa opera, il contrario, ovvero che quando uomini di riconosciuto valore non raggiungono la perfezione che è loro solita, la gente è disposta a pensare che non abbiano voluto impegnarsi o che siano indisposti fisicamente; se accade invece all’oratore, i difetti sono attribuiti all’incapacità. L’esempio addotto è proprio quello di Roscio: il pubblico romano, se non lo vede in ottima forma, è disposto a giustificarlo.109 È vero che il discorso portato avanti in questa sezione dell’opera ciceroniana sembra contrapporre l’oratore a chiunque altro, e che dunque l’esempio dell’attore sia un esempio come un altro. Ma forse, ai nostri fini, è possibile scorgere anche l’attitudine di un pubblico romano sì pronto a fischiare e cacciare di scena, ma anche propenso a chiudere un occhio per il beniamino del momento.

De oratore I.124

“Noluit”, inquiunt, “hodie agere Roscius”; aut, “Crudior fuit”; oratoris peccatum, si quod est animadversum, stultitiae peccatum videtur.

“Roscio”, dicono, “oggi non aveva voglia di recitare”; oppure: “Non aveva digerito bene”. L’errore dell’oratore invece, se qualcosa viene notato, viene giudicato un errore di incapacità.

109 L

52

I tre passi che verranno presentati ora, invece, contengono riferimenti alla capacità del pubblico teatrale di valutare, in un certo senso inconsciamente, la metrica dei versi che sentono recitare. Si tratta, dice Cicerone, non di conoscenza vera e propria, né di possesso di nozioni di ritmo o di metro, bensì di una capacità di discernimento di lunghezza e brevità di suoni, per così dire, innato; lo specifica nel De oratore ma soprattutto nell’Orator. Infatti, per quanto questa immagine sia probabilmente un’esagerazione del nostro autore, se si commette un errore pur lieve in questo campo, l’intero teatro protesta.110

De oratore III.196

Quotus enim quisque est qui teneat artem numerorum ac modorum? at in his si paulum modo offensum est ut aut contractione brevius fieret aut productione longius, theatra tota reclamant.

Quanti sono infatti quelli che possiedono nozioni di ritmo o metro? Eppure se si commette solo un piccolo errore in questo campo, in modo che ne consegua un abbreviamento o un allungamento di una sillaba, interi teatri protestano.

Orator 173

In versu quidem theatra tota exclamant, si fuit una syllaba aut brevior aut longior; nec vero multitudo pedes novit nec ullos numeros tenet nec illud quod offendit aut cur aut in quo offendat intellegit; et tamen omnium longitudinum et brevitatum in sonis sicut acutarum graviumque vocum iudicium ipsa natura in auribus nostris collocavit.

Teatri interi urlano, se un verso è più corto o più lungo di una sola sillaba; e in realtà la folla non conosce i metri, né si intende di alcun ritmo, né capisce che cosa è sbagliato o perché o in che modo sia sbagliato. E tuttavia la natura stessa ha sistemato nelle nostre orecchie il discernimento nei suoni di ogni lunghezza o brevità così come di toni acuti e bassi.

Paradoxa stoicorum I.26

Histrio si paulum se movit extra numerum aut si versus pronuntiatus est syllaba una brevior aut longior, exsibilatur exploditur.

110 S

53

Un attore, se si muove un po’ fuori tempo o se un verso è stato pronunciato con una sola sillaba più breve o più lunga, viene fischiato e cacciato fuori.

L’ultimo passo che affronteremo in questa sezione è tratto dagli Academica (45 a.C.); in questa fase dell’opera si dice che è con la pratica e la formazione artistica che si apprezzano maggiormente le opere. Non ci viene descritto un vero e proprio intervento del pubblico, ma ci viene presentata comunque una competenza di chi è esperto di musica, ma, visto l’immediato riferimento ad opere teatrali, potremmo dire anche di chi è avvezzo alla visione e all’ascolto di drammi. Rispetto alle precedenti testimonianze, infatti, vengono qui menzionate esplicitamente due tragedie: l’Antiopa di Pacuvio e l’Andromacha di Ennio.

Academica II.19

quam multa quae nos fugiunt in cantu exaudiunt in eo genere exercitati, qui primo inflatu tibicinis ‘Antiopam’ esse aiunt aut ‘Andromacham’, cum id nos ne suspicemur quidem!

Quante cose che nella musica a noi sfuggono, quelli che sono pratici di questo genere invece percepiscono, che al primo fiato del flautista affermano che è l’Antiope o l’Andromaca, mentre noi non lo sospettavamo nemmeno!

Questo passo in particolare ci fornisce anche una testimonianza specifica per quanto riguarda le due opere teatrali menzionate. Parlare della melodia iniziale di tali tragedie prevedere appunto che ciò a cui si fa riferimento sono le rappresentazioni in scena; per queste due opere quindi tale passo costituisce una delle prove della loro messa in scena al tempo di Cicerone.

Tutti questi esempi, collegati anche a quelli precedenti, ci mostrano come il pubblico romano fosse abituato ad applaudire di fronte a versi ben scritti o a

sententiae, ma anche a fischiare attori incapaci.111

111 S

54

Documenti correlati