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La scelta da compiere in ordine alla emanazione di una disciplina in tema di nanotecnologie è certamente difficile. Per quanto concerne gli approcci utilizzabili

aspetti di diritto comparato

8. La scelta da compiere in ordine alla emanazione di una disciplina in tema di nanotecnologie è certamente difficile. Per quanto concerne gli approcci utilizzabili

in subiecta materia vi è chi, prendendo in prestito i principi del Taoismo, sottolinea la necessità di ricercare una ‘via di mezzo’ per dare risposta a quattro questioni fon-damentali nelle quali si articolo il dibattito generale in tema di prodotti nanotech169. La prima questione riguarda la necessità di proseguire il dialogo in materia, median-te una collaborazione tra legislatori, scienziati, esperti di etica, economisti, poiché quello delle nanotecnologie costituisce un settore altamente interdisciplinare; un dialogo che metta in evidenza, sia gli aspetti positivi, che quelli negativi, legati allo sviluppo del settore in discorso170. La seconda questione concerne, sia l’individua-zione di quale organo debba essere chiamato a disciplinare la materia ed a quale li-vello esso si situi (nazionale ed eventualmente federale, oppure internazionale), sia la necessità di intervenire in funzione ‘preventiva’, mediante una legislazione precisa e dettagliata, oppure in funzione ‘repressiva’ utilizzando, cioè, una legislazione per principi (su tutti, quello di precauzione), attribuendo, quindi, maggiore importanza alla giurisprudenza, chiamata a decidere caso per caso171. La terza questione si salda alla precedente e riguarda l’opportunità di emanare nuove leggi in materia, oppure utilizzare, rectius adattare, quelle già esistenti172. La quarta questione riguarda l’op-portunità di incidere sulla formazione e sulla forma mentis di coloro che fanno parte del potere giurisdizionale, eventualmente creando degli organi giudiziari specializza-ti, chiamati “tribunali della scienza”, all’interno dei quali i giudici possano ricevere una istruzione ed una formazione continua al fine di riconoscere ed affrontare le nuove questioni legali che emergono dallo sviluppo nanotecnologico173.

Acclarata l’impossibilità di fermarne lo sviluppo attraverso strumenti legislativi, la discussione si concentra principalmente sulla possibilità di sviluppare questa nuo-va tecnologia in maniera ‘benigna’174. Dall’analisi del quadro normativo esistente, emerge come la responsabilità di uno sviluppo sostenibile del settore debba essere condivisa tra le aziende produttrici, le organizzazioni non governative e gli scienzia-ti175. Importante, poi, è il ruolo svolto dal legislatore, il quale dovrebbe porre atten-zione nei confronti delle conseguenze indesiderate, legate allo sviluppo ed all’utiliz-zo dei nanomateriali, proprio come fanno gli scienziati176. Come avviene per qualsivoglia tecnologia emergente, la nanotecnologia rappresenta una sfida per

co-riali. Attualmente, infatti, le vittime degli incidenti legati all’utilizzo delle nanotecnologie non dispongono di alcuna possibilità di esperire ricorso per ottenere il ristoro dei danni prodotti dalle aziende insolventi

169 L. MacDonald Glenn, J.S. Boyce, op. cit., 273.

170 P. Lin, Nanotechnology bound: evaluating the case for more regulation, in NanoEthics: Ethics for Techno-logies that Converge at the Nanoscale, 2007, 2, 105-122.

171 L. MacDonald Glenn, J.S. Boyce, op. loc. cit.

172 L. MacDonald Glenn, J.S. Boyce, op. loc. cit.

173 L. MacDonald Glenn, J.S. Boyce, op. loc. cit.

174 G.H. Reynolds, op. cit., 204.

175 M.A.U. Martines, N. Dos Santos, L.G. Nolasco, op. cit., 2469.

176 G.H. Reynolds, op. loc. cit.

loro che devono disciplinare la materia, poiché la commercializzazione dei nanoma-teriali ha bypassato la ricerca volta ad individuare i possibili pericoli, derivanti dal loro utilizzo177. Il fatto è che gli interventi legislativi in materia non possono non tener conto degli sviluppi della letteratura scientifica in tale settore, soprattutto in ordine alle informazioni concernenti i potenziali rischi legati all’uso dei prodotti nanotech178.

Premesso che il compito del legislatore non è certamente quello di fermare lo sviluppo delle tecnologie emergenti, bensì quello di regolarne l’utilizzo, ci si chiede allora qual è il limite oltre il quale l’utilizzo dei ‘frutti’ della ricerca nanotecnologica debba essere vietato o, comunque, fortemente limitato. È indubbio che ogni intervento normativo in materia debba fare i conti con questioni di tipo etico e morale, le quali influenzano fortemente il discorso giuridico, probabilmente condizionando il legislatore, sia in merito alla opportunità (o meno) di intervenire in materia, sia in merito alla scelta di quale modello normativo utilizzare, una volta presa la decisione di legiferare. Dal nostro punto di vista, le scelte di politica legisla-tiva in materia devono tener conto dell’utilizzo al quale i prodotti nanotech sono destinati, nonché della finalità per la quale essi vengono utilizzati. Con riferimento al primo aspetto è opportuno distinguere, a seconda che le innovazioni nanotecno-logiche siano destinate ad avere una applicazione in ambito civile oppure nel settore militare. Infatti, nella prima ipotesi la società civile è maggiormente interessata a conoscere i rischi ed i benefici legati all’uso dei nanomateriali percependo, in maniera più diretta ed immediata, le conseguenze delle applicazioni nanotecnologiche. Inve-ro, normalmente gli sviluppi che avvengono nel settore militare, i quali vengono spesso poi ‘riversati’ nel settore civile, sono sconosciuti ai più, in considerazione della segretezza dei vari programmi militari portati avanti dai governi e la cui peri-colosità, dunque, non è ‘immediatamente’ percepita e percepibile dal grande pub-blico. Con riferimento al secondo degli aspetti citati è opportuno riprendere quanto detto in precedenza a proposito degli svariati usi ai quali i prodotti nanotech possono essere destinati. Riteniamo che una prima, importante, classificazione, debba essere fatta a seconda che le nanoparticelle siano contenute in prodotti alimentari, o co-munque destinati a venire in contatto con il corpo umano (es. cosmetici), oppure si ritrovino in prodotti non alimentari. Nella prima ipotesi, infatti, le preoccupazioni legate alla potenziale lesività delle nanoparticelle sono certamente maggiori; da qui la necessità, da parte dei consumatori, di disporre di informazioni circa la sicurezza dei prodotti che acquistano. Non è un caso, del resto, che la quasi totalità degli in-terventi normativi in materia di nanotecnologie, come ad es. quelli posti in essere dalle istituzioni comunitarie, abbia riguardato proprio il settore alimentare; un am-bito nel quale le esigenze di tutela del consumatore sono rafforzate da quelle di protezione della salute umana, in considerazione della peculiarità del prodotto

ac-177 J. Warshaw, op. cit., 384.

178 L. MacDonald Glenn, J.S. Boyce, op. loc. cit.

quistato. Sempre con riferimento alla questione delle finalità per le quali i prodotti nanotech vengono utilizzati, riteniamo opportuno operare una importante distinzio-ne, a seconda che la ricerca in materia avvenga per scopi terapeutici, oppure per raggiungere fini diversi rispetto a quelli della tutela della salute umana, quali, ad. es., il controllo remoto delle persone; orbene, i parametri che il legislatore deve utilizza-re nel disciplinautilizza-re la materia delle nanotecnologie non può non tener conto di que-sta diversità di scopi.

Fatte tali distinzioni, volte a delimitare l’oggetto dell’intervento legislativo, resta il problema di individuare quale approccio, di soft law o di hard law, debba essere utilizzato nella regolamentazione del fenomeno in discorso. Soprattutto in Europa e negli Stati Uniti d’America l’attuale scenario della governance dei rischi dell’innova-zione nanotecnologica è strutturato sulla base di regole prive di carattere punitivo, le quali possono essere suddivise in due grandi categorie di soft law, vale a dire nor-me pubbliche di volontaria applicazione e nornor-me private di autoregolanor-mentazione, quali raccomandazioni e codici di condotta179. È interessante notare che, anche se non vi è concordia sul valore delle iniziative private o comunque volontarie, nel quadro di una strategia globale di governance delle nanotecnologie, le iniziative di soft law non possono sostituire le scelte, necessariamente politiche, riguardanti l’o-nere della prova, il bilanciamento dei rischi-benefici, nonché i livelli di rischio con-siderati accettabili; decisioni che possono essere legittimamente prese soltanto dalle istituzioni politiche180.

Soprattutto negli Stati uniti d’America l’innovazione nanotecnologica, spinta da un forte impegno finanziario da parte del governo federale e da robusti investimen-ti privainvestimen-ti, si sta sviluppando ad un ritmo rapido; parallelamente agli invesinvestimen-timeninvestimen-ti nel campo delle nanotecnologie, diversi studi hanno messo in evidenza i potenziali gra-vi rischi derivanti dall’utilizzo dei nanomateriali, sia per l’ambiente, che per la salute umana181. La crescente consapevolezza circa i benefici ed i rischi legati alle nanotec-nologie ha prodotto un dibattito circa l’opportunità di procedere ad una regolamen-tazione adeguata della materia182. Una soluzione ottimale, da molti auspicata, do-vrebbe tentare di conciliare l’innovazione con la commercializzazione dei nanomateriali, bilanciando i benefici con i rischi per la salute umana e l’integrità ambientale; sulla base di tali considerazioni è stata proposta l’implementazione di un programma di assicurazione pubblico-privato183.

In questo campo è oggi difficile pensare ad un quadro normativo uniforme, con-siderate anche le non poche incertezze riguardo ai rischi che i prodotti nanotecno-logici potrebbero comportare per la salute umana e per l’ambiente a seguito di una

179 M.A.U. Martines, N. Dos Santos, L.G. Nolasco, op. loc. cit.

180 M.A.U. Martines, N. Dos Santos, L.G. Nolasco, op. loc. cit.

181 M. Rakhlin, op. cit., 1.

182 M. Rakhlin, op. loc. cit.

183 M. Rakhlin, op. loc. cit.

loro diffusione su larga scala184. In tale clima, alcune imprese, come ad esempio quelle che operano nel settore della chimica, hanno sviluppato dei codici di condot-ta voloncondot-tari per le proprie attività nanotecnologiche185. Oltre ai codici di condotta, ulteriori meccanismi di soft law sono stati suggeriti per disciplinare il fenomeno in discorso, quali un sistema di certificazione volontaria, gestito dal governo, riguar-dante i prodotti nanotecnologici che siano stati adeguatamente testati dal punto di vista della loro sicurezza186. In particolare, alcuni hanno suggerito l’istituzione di un partenariato che coinvolga l’industria, il governo, i lavoratori e gli accademici al fine di elaborare i dati di rischio ed i relativi approcci per controllare i rischi derivanti dalla esposizione professionale ai nanomateriali187. Vi è chi ha proposto specifiche forme di esonero da responsabilità per le aziende che decidano di testare volontaria-mente i loro prodotti nanotecnologici188. Altri hanno lanciato l’idea di elaborare una convenzione quadro internazionale, quale strumento giuridico ibrido, a metà strada tra un meccanismo di hard law ed uno di soft law, così da permettere un migliore coordinamento della governance delle nanotecnologie189. Infine, non è mancato chi ha suggerito la creazione di un registro mondiale, su base volontaria, contenente tutti i dati relativi alle nanotecnologie190, oppure l’istituzione di un ‘Nano Policy Forum’, con l’obiettivo di coinvolgere tutte le parti interessate per discutere e coor-dinare i programmi e gli strumenti per sorvegliare lo sviluppo nanotecnologico191.

Nel settore delle nanotecnologie la valutazione del rischio e la regolamentazione della materia sono indispensabili, in considerazione del fatto che esistono diverse definizioni della materia, così come vi sono agenzie che regolamentano in modo diverso la materia, a seconda del Paese nel quale esse operano192. Proprio la mancan-za di una definizione unica ed accettata a livello internazionale della materia può danneggiare, sia i consumatori, i quali non conoscono le reali proprietà dei prodot-ti che acquistano o che uprodot-tilizzano, sia i produttori o fornitori, i quali si ritrovano senza una guida legale su come ‘gestire’ questa ‘nuova’ tecnologia193. La prossima sfida è quella di coordinare l’attività tra gli organismi normativi, deputati

all’emana-184 A. Manzo, F. Tajani, op. loc. cit.

185 K.W. Abbott, G.E. Marchant, E.A. Corley, op. cit., 297.

186 G.E. Marchant, D.J. Sylvester, K.W. Abbott, A New Soft Law Approach to Nanotechnology Over-sight: A Voluntary Product Certification Scheme, in UCLA J. Envtl. L. & Pol’y, 2010, 28, 136-152.

187 J. Howard, V. Murashov, National Nanotechnology Partnership to Protect Workers, in J. Nanoparticle Res., 2009, 11, 1678 e s.

188 D.A. Dana, When Less Liability May Mean More Precaution: The Case of Nanotechnology, in UCLA J.

Envtl. L. & Pol’y, 2010, 28, 160.

189 K.W. Abbott, G.E. Marchant, D.J. Sylvester, A Framework Convention for Nanotechnology?, in Envtl. L. Rep., 2006, 36, 10931-10942.

190 D.M. Bowman, K. Ludlow, Filling the Information Void: Using Public Registries as a Tool in Nano-technologies Regulation, in J Bioeth Inq., 2009, 6, 32-35.

191 D.J. Fiorino, Voluntary Initiatives, Regulation, and Nanotechnology Oversight: Charting a Path, 2010, 42 e s., disponibile al sito: www.nanotechproject.org

192 A. Melo, M.S. Amadeu, M. Lancellotti, L.M. de Hollanda, D. Machado, op. loc. cit.

193 A. Melo, M.S. Amadeu, M. Lancellotti, L.M. de Hollanda, D. Machado, op. loc. cit.

zione della disciplina in materia ed i centri di ricerca, i quali dispongono, senz’altro, di una migliore comprensione della materia. L’obiettivo finale di tale collaborazione è quello di giungere alla elaborazione di una definizione unica dei termini utilizzati nel settore in esame, eventualmente creando un database che comprenda i prodotti che fanno uso di tale tecnologia, le prove già effettuate per testarne la sicurezza, fo-calizzando l’attenzione particolarmente sull’efficacia dei prodotti ma, soprattutto, sulla sicurezza della salute umana e sulla tutela dell’ambiente194.

Come si è avuto modo di vedere a proposito degli effetti delle decisioni assunte dal legislatore francese in tema di nanotecnologie, in un mercato sempre più globale emerge la ‘debolezza’ degli interventi normativi dei legislatori nazionali nella materia in esame, soprattutto in considerazione del limitato ambito geografico nel quale essi possono esplicare i loro effetti. In tale situazione, soltanto un ordinamento giuridico sovranazionale è in grado di legiferare in maniera tale da ricomporre la materia ad unità, quantomeno sotto il profilo terminologico, viste le difficoltà che gli Stati na-zionali incontrano già nella ‘semplice’ definizione di cosa debba intendersi con l’e-spressione ‘nanomateriale’. Tuttavia, anche l’affermazione di un eventuale monopo-lio nella produzione legislativa nel settore in discorso, come attualmente si sta verificando a livello comunitario, non pare sufficiente ad eliminare, del tutto, le cri-ticità dovute ad una circolazione di prodotti nanotech che, oramai, può dirsi diffusa a livello globale, tale da superare le barriere geografiche, nazionali e continentali.

Oltre ad un necessario dialogo tra il diritto e la scienza, particolarmente in ordine alla questione del rapporto rischi/benefici, immanenti allo sviluppo nanotecnologi-co, è indispensabile, a nostro avviso, un dialogo tra la politica ed il governo, nel senso che le decisioni politiche e quindi, per tale via, quelle legislative debbono ne-cessariamente tener conto dei risultati raggiunti dagli studi compiuti dalle agenzie governative in ordine alla sicurezza delle nanoparticelle. Ciò al fine di evitare un intervento, evidentemente di natura repressiva, che può essere svolto solo dalla giu-risprudenza la quale, sebbene possa rendere giustizia caso per caso, si troverebbe comunque ad operare in un momento successivo all’emergere dei danni provocati dai prodotti nanotech, oltre che in una situazione di notevole incertezza scientifica in ordine all’individuazione delle responsabilità.

Per quanto concerne, infine, l’approccio legislativo ottimale, pur non sottovalu-tando gli indubbi vantaggi derivanti da un approccio hard, quindi normativo, nella regolamentazione del fenomeno in discorso, l’utilizzo dell’approccio soft pare attual-mente preferibile, sia a causa delle incertezze scientifiche che ancora caratterizzano la materia, sia in considerazione della maggiore efficacia che un intervento di tal genere avrebbe nel generare comportamenti virtuosi da parte dei principali attori impegnati nello sviluppo nanotecnologico.

194 A. Melo, M.S. Amadeu, M. Lancellotti, L.M. de Hollanda, D. Machado, op. loc. cit.

Confini e intersezioni della

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