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Proviamo a tirare le fila delle osservazioni sin qui svolte. Nel presente saggio si è utilizzata una tecnica di ragionamento “al bordo” al fine di enucleare i casi in cui

disposizioni testamentarie: i meri consigli, le implicature logiche e la multimodalità espressiva *

5. Proviamo a tirare le fila delle osservazioni sin qui svolte. Nel presente saggio si è utilizzata una tecnica di ragionamento “al bordo” al fine di enucleare i casi in cui

le disposizioni testamentarie si presentano formalmente vaghe (e, più di rado, so-stanzialmente ambigue): l’autonomia testamentaria, data la sua ampiezza estensio-nale ed intensioestensio-nale, può spingersi sino a ricercare una produzione indiretta od implicita degli effetti ponendo, a prima vista, all’interprete un problema di configu-rabilità (ovvero tipologico). Tale fenomeno pare caratterizzato da tre profili: 1) quel-lo della modificazione indiretta, tramite consigli, dei rapporti giuridici (naturali od obbligatori) di cui il testatore è titolare; 2) quello delle implicature conversazionali mediate dalla presupposizione testamentaria, in cui implicitamente il testatore rego-la rego-la propria sfera dispositiva; 3) infine, quello delrego-la multimodalità, in cui il fatto di linguaggio esterno (a guisa di relatio formale, non sostanziale) rende manifesto il contenuto della disposizione testamentaria. Quest’ultimo aspetto si avvicina – per il riferimento fondamentale alle abitudini di vita del disponente, ricavabili prevalen-temente tramite indici extratestuali – al problema dell’ambiguità sostanziale (polise-mia, eventualmente tramite calco semantico) dei termini adoperati dal de cuius.

A ben vedere, nei casi di vaghezza formale l’ordinamento sembra predisporre un regolamento normativo astrattamente incompleto, ad esempio perché il livello di

87 La natura strettamente residuale del ricorso a elementi extratestuali nell’interpretazione del testamento è ben salda nel sistema inglese: riferimenti puntuali in proposito si rinvengono in A. Miranda, Il testamento nel diritto inglese. Fondamento e sistema, Padova, 1995, spec. p. 324 ss.

Sulla compenetrazione tra struttura e funzione della tecnica legislativa, si considerino le affascinanti argo-mentazioni di D.M. Cananzi, Formatività e norma: elementi di teoria estetica dell’interpretazione giuridica, Torino, 2013, passim.

88 Peraltro, secondo S. Pagliantini, sub art. 625, cit., p. 478 ss., l’art. 625 c.c. avrebbe natura eccezionale, non essendo espressione di un principio generale (pertanto sarebbe esclusa ogni forma di analogia juris): l’orien-tamento da ultimo citato pare maggioritario (v. per esempio R. Triola, Il tesl’orien-tamento, cit., p. 351). Da se-gnalare, tuttavia, la contraria opinione di V. Scalisi, op. cit., p. 241 ss., ad avviso del quale l’art 625 espri-merebbe un concetto generale dell’ordinamento giuridico.

Evidenzia G. Baralis, L’interpretazione del testamento, in Aa.Vv., Successioni e donazioni, I, a cura di P. Re-scigno, Milano, 1994, p. 963 ss., che – in caso di testi linguisticamente inaffidabili – il parametro interpre-tativo dell’art. 625 c.c. si rivela strumento evasivo del formalismo testamentario.

giuridicità è ridotto (vincoli non obbligatori che si manifestano tramite consigli) oppure perché il senso della disposizione è ricavabile compiutamente solo con indi-ci esterni alla lettera della scheda testamentaria, che sono rappresentabili in termini di presupposizione (disposizioni implicite) o di linguaggio alternativo rispetto a quello naturale (multimodalità): accade, perciò, che nel primo ambito il testatore si appoggi all’adeguamento da parte del destinatario della previsione, mentre negli altri due si affidi a un’efficace comprensione da parte dell’interprete89. Sebbene l’or-dinamento non si occupi espressamente di questi profili, sembra di poter ricavare, da una serie di rationes normative e di tecniche argomentative utilizzabili, il seguen-te assunto: estrapolare la volontà del seguen-testatore (la sua inseguen-tentio) vuol dire aver riguardo a un’attitudine potenziata a produrre effetti, nel senso di poter incidere indiretta-mente sui propri rapporti naturali o giuridici, di poter presupporre un passaggio logico nella definizione della disposizione (pur con i problemi di cui si è discusso) oppure, semplicemente, di poter conciliare il proprio modo di agire e di pensare con il contenuto della previsione mortis causa.

Se non ci si inganna, il tema di cui si è finora discusso non pone in evidenza soltanto una variegata questione di politica del diritto90, oppure di definizione com-plessa delle fonti giuridiche91, ma funge da prisma attraverso il quale è possibile ri-cavare lo spettro dei livelli di cogenza e di chiarezza delle varie previsioni: la consi-derazione è ricavabile dal fatto che, nel corso dell’esposizione, si sono individuati alcuni fenomeni astrattamente rinvenibili nella prassi, che spesso presentano carat-teristiche tali da porli in pericolo di indeterminatezza pur esprimendo un intento definito. Senza pretesa di creazione di categorie dogmatiche innovative, l’analisi può risultare utile qualora si ponga mente al fatto che si tratta, probabilmente, di delimi-tazioni concettuali non relegate a pochi casi, ma afferenti a molteplici fenomeni caratterizzati dall’impostazione razionale di fondo del raggiungimento indiretto – in varia guisa – degli effetti tramite atto a causa di morte. Se questo è vero, allora il presente saggio può delinearsi come punto di partenza, non certo di arrivo, per un

89 Esemplari le riflessioni di E. Picozza, in Aa.Vv., Neurodiritto, Torino, 2011, spec. p. 169 ss.; sul tema utile ed interessante la lettura di L. Arnaudo, Diritto cognitivo. Prolegomeni a una ricerca, in Pol. dir., 2010, p.

101 ss.; numerose sono le opere straniere (in particolare statunitensi) che si sono occupate del problema: si segnala, da ultimo, A.J. Kolber, Free will as a matter of law, in Aa.Vv., Law and neuroscience, Oxford, 2016, p. 9 ss.

90 Nel senso specificato da V. Villa, Una teoria pragmaticamente orientata dell’interpretazione giuridica, Torino, 2012, p. 184. Da ultimo, giova segnalare il perspicace approfondimento di S. Zorzetto, Ragionevolezza, politica del diritto e semiotica giuridica. Considerazioni in margine al libro Ragionevolezza e autonomia nego-ziale, in Diritto e questioni pubbliche, 2010, p. 601 ss.

91 Tra i vari Autori che si sono occupati del problema, si ritiene di segnalare R. Sacco, voce Formante, in Dig.

disc. priv., sez. civ., VIII, cit., p. 438 ss.; V. Varano, V. Barsotti, La tradizione giuridica occidentale. Testo e materiali per un confronto civil law e common law, Torino, 2014, p. 191 s.; da ultimo N. Lipari, Dottrina e giurisprudenza quali fonti integrate del diritto, in Juscivile, 2016, p. 295 ss.

riesame del multiforme modo in cui il testatore dispone un regolamento pro futuro dei rapporti considerati, arricchendo gli orizzonti interpretativi92.

92 In tale direzione, può probabilmente avvicinarsi questo modo peculiare di esprimersi del testatore all’ambi-to della sfumatura di linguaggio (quale «valore espressivo secondario, affidaall’ambi-to nel linguaggio parlaall’ambi-to a una particolare intonazione della voce, in quello scritto a effetti stilistici, e negli altri mezzi espressivi a partico-lari tonalità dei suoni, del colore, delle forme», secondo la definizione dell’Enciclopedia Treccani).

Forse, ci si può richiamare in un certo senso alla suggestiva idea di trarre ispirazione dalle più svariate mani-festazioni della Natura per decifrarne il linguaggio simbolico: l’immagine galileiana del “libro della natura”

è emblematica e trova riscontro – attraverso il simbolismo scientifico – anche nelle opere di Keplero, New-ton e altri pensatori, tra cui giova rammentare J.W. Goethe, La teoria dei colori, Il Saggiatore, 2008, p. 6 s.;

si segnala, però, anche una visione più scettica del simbolismo scientifico adottata da K. Popper, Poscritto alla Logica della scoperta scientifica. Il realismo e lo scopo della scienza, Il Saggiatore, 2009, p. 141, che richia-ma la dottrina filosofica di Berkeley.

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