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Nella ricostruzione dell’agire surrogatorio stragiudiziale la dottrina ha sin da subito individuato delle analogie tra la posizione del creditore e quella del gestore di

profili sistematici e prospettive disciplinari

5. Nella ricostruzione dell’agire surrogatorio stragiudiziale la dottrina ha sin da subito individuato delle analogie tra la posizione del creditore e quella del gestore di

affari di altrui, di cui agli articoli 2028 e seguenti del codice civile.

Per comprendere meglio quest’analogia è opportuno esaminare brevemente gli obiettivi che l’agire surrogatorio è chiamato a realizzare.

Secondo l’orientamento tradizionale, l’interferenza del creditore nella sfera giu-ridica del debitore deve essere giustificata in astratto dalla finalità di conservare la garanzia patrimoniale di cui all’articolo 2740 cod. civ. e, in concreto, dalla necessità che tale attività non pregiudichi in alcun modo il diritto del debitore nei confronti del soggetto terzo e, al contempo, che il creditore, agente in via surrogatoria, conse-gua un risultato oggettivamente utile per il debitore. Là dove ciò non si verifichi, il creditore sarà ritenuto responsabile nei confronti del debitore per i danni causati91.

Muovendo da questa identica posizione, come già accennato, la dottrina si era divisa in ordine alla fonte della responsabilità risarcitoria del creditore nei confronti del debitore. Secondo un primo orientamento, nel comportamento del creditore sarebbe configurabile la violazione del dovere di diligenza ordinaria del buon padre di famiglia. Infatti, all’agire surrogatorio stragiudiziale dovrebbero applicarsi analo-gicamente le norme in tema di gestione di affari. Nello specifico, il creditore sarà tenuto a comportarsi nell’esercizio dell’azione surrogatoria con la normale diligenza e a rendere conto al debitore dell’attività compiuta92.

Il primo punto di attrito in ordine all’applicazione di queste norme concerne sicuramente l’elemento dell’interesse, che connota l’attività posta in essere dal gesto-re. La gestione di affari altrui si presenta, infatti, come un’attività che il gestore compie nell’interesse di altri. La consapevolezza del gestore di curare un affare altrui è strettamente connessa al fondamento solidaristico dell’istituto in questione93. Nel caso dell’azione surrogatoria, invece, come già analizzato nel paragrafo n. 2, la tute-la dell’interesse debitorio è strumentale al soddisfacimento dell’interesse primario, che è la realizzazione del diritto di credito94.

91 Bigliazzi Geri, Dell’azione surrogatoria, cit., 85 e Nicolò, Surrogatoria - Revocatoria, cit., 173.

92 Nicolò, Surrogatoria - Revocatoria, cit., 173: «Non mi parrebbe eccessivo affermare che, rispetto alla diligenza dell’agire e dell’obbligo di render conto della propria attività, si applichino per analogia le regole della gestione di affari (artt. 2028 ss.). Il contenuto dell’obbligo di gestione si conforma sul modello del mandato (ex art. 2030, comma 2, cod. civ.), tenendo conto che l’interessato non dà né è in grado di dare istruzione. Secondo la maggioranza della dottrina e la giurisprudenza, la diligenza cui è tenuto il gestore e di, conseguenza, lo stesso creditore (ex art. 2900 c. c.), è la diligenza ordinaria e non la diligenza minima, come affermato da un orientamento minoritario, seppur autorevole (sul tema specifico dell’obbligo di diligenza v. Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, II ed., Milano, 2015, 149).

93 Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, cit., 146.

94 Vedi citazioni contenute nel paragrafo n. 2.

Nonostante questa differenza tra le due ipotesi, una parte della dottrina, ha rav-visato una vicinanza tra la “la gestione interessata” del creditore e “la gestione disin-teressata” del gestore di affari altrui. Infatti, sebbene l’interesse del creditore rappre-senti l’impulso dell’agire surrogatorio, tuttavia, attraverso l’esercizio spontaneo del potere surrogatorio, si realizza l’interesse proprio del debitore95. Questa vicinanza tra i due istituti legittimerebbe, dunque, l’applicazione analogica delle disposizioni in materia di gestione di affari (art. 2028 cod. civ.).

Secondo una diversa impostazione dottrinale, il creditore non è titolare di nessu-na obbligazione nei confronti del debitore, posto che egli, attraverso l’esercizio del potere surrogatorio, esercita un diritto spettante al debitore. Di conseguenza, il cre-ditore che, abbia cagionato dei danni nell’esercizio del proprio diritto, non può es-sere chiamato a rispondere dei danni ex art. 1218, ma in base ai principi di cui all’articolo 2043 cod. civ.96 Ovviamente il diverso inquadramento della responsabi-lità del creditore determina delle conseguenze importanti, principalmente sul piano della ripartizione dell’onere probatorio e del termine di prescrizione.

La dottrina recente ha, però, abbandonato questa prospettiva di analisi, focaliz-zando esclusivamente la propria attenzione sul risarcimento dei danni derivanti da ingerenza ingiustificata del creditore. Si tratta dell’ipotesi in cui l’intervento surro-gatorio avvenga in assenza dei presupposti e delle condizioni previste dalla legge. In questo caso il creditore sarà chiamato a rispondere ex art. 2043 c.c., là dove siano presenti gli estremi della responsabilità extracontrattuale. Al contrario, nell’ipotesi in cui dall’attività surrogatoria ingiustificata siano comunque conseguiti dei vantag-gi al debitore, bisognerà verificare la sussistenza dei presupposti che consentono l’applicazione delle disposizioni in materia di gestione di affari o di arricchimento senza causa97.

Per quanto concerne la prima ipotesi, posto che il requisito primario della gestio-ne di affari altrui è rappresentato dall’impedimento dell’interessato a provvedere alla

95 Nicolò, Surrogatoria – Revocatoria, cit., 173. Di recente Sirena, La  gestione  di  affari altrui. Ingerenze altruistiche, ingerenze egoistiche e restituzione del profitto, cit., 195, sostiene la completa riconducibilità dell’azione surrogatoria stragiudiziale alla gestione di affare altrui, la cui disciplina risulta, dunque, integralmente applicabile.

96 Bigliazzi Geri, Dell’azione surrogatoria, cit., 84: «Pur aderendo alla conclusione (possibile responsabilità del creditore, quando il suo intervento non si attui secondo le dovute cautele), non sembra che questa responsabilità possa essere fatta risalire alla violazione di uno specifico obbligo, qual è quello cui è tenuto il negotiorum gestor. La responsabilità sorgerebbe, qui, infatti, non tanto a seguito del mancato adempimento di una obbligazione specifica, quanto dal modo in cui è avvenuto l’esercizio del diritto. Sicché, essa potrà ammettersi solo ove si faccia riferimento a quella responsabilità, che deriva dalla violazione dell’obbligo specifico di neminem non laedere (…)». Basandoci su quanto sostenuto da Natoli, Bigliazzi Geri, I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, cit., 118, potrebbe altresì prospettarsi una responsabilità del creditore per violazione degli obblighi di buona fede e di correttezza, di cui agli articoli 1175 e 1375 cod.

civ., che impongono alle parti di comportarsi correttamente in sede di attuazione del rapporto giuridico.

Questa posizione si basa sull’idea per cui l’intervento surrogatorio del creditorio costituisce una fase del rapporto obbligatorio.

97 Patti, L’azione surrogatoria, cit., 136 ss.

cura del proprio interesse, sarà necessario accertare se l’inerzia del debitore sia dovu-ta ad impedimenti di natura oggettiva, che non rendono possibile l’esercizio dei diritti di cui è titolare98. A tal proposito, vengono in rilievo tutti i casi in cui il debi-tore si trovi in una condizione di impossibilità giuridica di agire. Questa situazione potrebbe essere determinata ad esempio dal fallimento del debitore e, in generale, si verifica nei casi in cui l’amministrazione del suo patrimonio gli sia stata interdetta e affidata ad altri99.

Non si tratta di un’ipotesi poco frequente, perché l’inerzia, che rappresenta il presupposto cardine dell’agire surrogatorio, non deve essere connessa necessaria-mente ad un comportamento colposo del debitore. Quest’ultimo, infatti, non è mai obbligato ad esercitare i propri diritti e l’azione surrogatoria, di conseguenza non può essere considerata un mezzo per neutralizzare gli effetti di un ipotetico inadem-pimento100.

Di conseguenza non si può ammettere oppure escludere a priori l’analogia tra l’agire surrogatorio stragiudiziale e la gestione di affare altrui, ma bisognerà verifica-re di volta in volta la sussistenza dei pverifica-resupposti. La dottrina parla generalmente di presupposti della negotiorum gestio, ma, in realtà, l’attenzione viene focalizzata prin-cipalmente sulla situazione di impedimento oggettivo in cui viene a trovarsi il debi-tore inerte. In conseguenza di tale accertamento può essere o meno operata l’analo-gia tra i due istituti.

Nel caso in cui non sia possibile identificare gli estremi della gestione di affari altrui, il creditore non rimane comunque privo di tutela, perché potrebbe comun-que proporre azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del debitore.

L’applicabilità della disciplina in materia di negotiorum gestio potrebbe potenzial-mente riguardare non solo i rapporti tra debitore e creditore surrogante, ma anche i rapporti tra quest’ultimo e gli altri creditori. Potrebbe accadere, ad esempio, che un solo creditore sia a conoscenza dell’imminente dissesto economico del debitore e decida liberamente di agire in via surrogatoria. Gli altri creditori, che ignorano il pericolo di insolvenza derivante dalla condotta del debitore, si troverebbero in una situazione che non consente loro di curare i propri interessi.

Con l’esercizio dell’azione surrogatoria il creditore perseguirebbe l’interesse alla conservazione della garanzia patrimoniale, che è proprio dell’intera classe creditoria.

Inoltre, il suo intervento, anche là dove non abbia un esito positivo, presenterebbe

98 Patti, op. ult. cit., 136.

99 Posizione ormai pacifica sia in dottrina (Nicolò, Surrogatoria-Revocatoria, cit., 153; Bigliazzi Geri, Dell’azione surrogatoria, cit., 80) sia in giurisprudenza (tra le altre: Cass., 23.3.1961, n. 658, in Giur. it., 1962, I, c. 850; Cass., 12.3. 1987, n. 2575; Cass., 6.3.1991, n. 2339; Cass., 12.4.1994, n. 3413, in Giust.

civ., 1994, I -II, 2503, con nota di Frontini, Azione surrogatoria e fallimento; Cass., 17.11.2003, n. 17337, Guida dir., 2004, 55; Cass., 25.9.2005, n. 19045, in Fallimento, 2006, 473;). V. anche Monteleone, Sull’esercizio dell’azione surrogatoria dopo la dichiarazione di fallimento del debitore surrogando, in Dir. fall., 1975, I, 84-108.

100 Nicolò, Surrogatoria – Revocatoria, cit., 152.; Patti, L’azione surrogatoria, cit., 137; in giurisprudenza v.

Cass., 23.5.1995, n. 7145, in Banca dati DeJure (www.iusexplorer.it).

comunque un’utilità per gli altri creditori, dal punto di vista della tutela del diritto di credito. Nel caso considerato, dunque, sussisterebbero ipoteticamente tutti i pre-supposti per la qualificazione dell’agire surrogatorio in termini di negotiorum gestio.

A mio avviso, però, l’applicazione eventuale di tale disciplina sarebbe in contrasto con i principi che regolano l’agire surrogatorio. Come già specificato precedente-mente, l’obiettivo dell’azione surrogatoria è la protezione dell’interesse del credito-re, che è l’interesse alla realizzazione del proprio diritto di credito, attraverso la conservazione della garanzia patrimoniale. Il fatto che tale interesse sia comune all’intera classe creditoria, non può comunque indurre a pensare che il creditore surrogante persegua l’interesse degli altri creditori e che, di conseguenza, possa esse-re qualificato come gestoesse-re d’affari in pesse-resenza di un impedimento ad agiesse-re proprio degli altri creditori.

6. Abbiamo visto che, secondo la dottrina recente, l’applicazione delle

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