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3.4 Proposte migliorative

3.4.4 Compiti e formazione del corpo docente

Oltre a considerare necessari l’approfondimento delle conoscenze degli insegnanti sulle difficoltà di apprendimento e la loro formazione su specifici metodi di insegnamento, Iosa (2013) propone che la formazione dei docenti diventi strutturale e permanente, che l'organizzazione delle mobilità avvenga secondo criteri nuovi che, oltre ad anzianità di servizio ed esigenze familiari, vengano elaborati in funzione dell'apprendimento dei ragazzi, per evitare che i docenti di sostegno siano costretti a girare di scuola in scuola. Occorre una nuova fiducia verso gli insegnanti, ma anche una mission rigorosa per tutti, entro cui non si equivochi più tra diritti e responsabilità. Canevaro (2013) e la Cantarin (2013) ritengono che nell’ottica delle buone prassi l’insegnante di sostegno debba far parte dell’organico di sostegno non perché ‘assegnato’ ad un soggetto disabile, ma in qualità di risorsa dell’intera struttura scolastica. Si contempla anche la possibilità che vi sia una regolare presenza di insegnanti specializzati per il sostegno dell'integrazione. Ovviamente non ci si può affidare esclusivamente all’azione degli insegnanti di sostegno: la didattica 'plurale' si avvale di strategie per un traguardo comune e con diversi mediatori.

Sebbene che si percepisce a questo proposito sono segnali fortemente negativi, (si pensi alla precarizzazione degli insegnanti, che non può essere che un indicatore di cattive prassi), altre voci si scherano a favore di un nuovo ruolo dell’insegnante di sostegno: l’Associazione TreeLLLe, la Caritas e la Fondazione Giovanni Agnelli, oltre a rafforzare questa proposta, avanzano l’idea della creazione di un team di docenti specialisti di supporto tecnico alle scuole, cui spetterà il compito di ‘formare e supervisionare le varie componenti scolastiche, fornendo loro competenze varie per un’efficace didattica dell’integrazione’ (TreeLLLe et al., 2011, p. 195), nonché di valutare e monitorare gli interventi dei docenti.

Inclusiva (2015) presenta una disegno dettagliato che parte dall’assunto dello studioso

La proposta lanciata da Ianes, che i docenti di sostegno sono ‘un tesoro di energie che merita di essere liberato dalle rigidità del sistema attuale’ (p. 106). Si tratterebbe dell’ingresso dell’80% degli attuali docenti di sostegno in funzione curricolare, non in maniera dipendente dalla diagnosi degli allievi con disabilità ma come titolari del lavoro educativo e didattico di tutti gli alunni in qualità di esperti in metodologie educative didattiche e sistemico-organizzative inclusive, e del restante 20% nella funzione di specialisti itineranti il cui compito sarebbe dare sostegno ai colleghi curricolari, in base alle proprie competenze e lavorando su più classi dove siano presenti alunni con disabilità. che si concretizzerebbe. I vantaggi che ne verrebbero sarebbero:

- il passaggio dalla didattica standard a quella delle differenziazioni, tramite la rimozione delle barriere e l’attivazione di nuove forme di programmazione collegiale, del miglioramento della partecipazione delle famiglie, di forme di monitoraggio e valutazione della soddisfazione degli studenti. Ciò si tradurrebbe in obiettivi e materiali didattici differenziati per livello, difficoltà ma anche per modalità di lavoro per l’alunno che diano maggiormente spazio al tutoring e all’approccio cooperativo, attività laboratoriali che coinvolgano l’intera classe in maniera attiva e finalizzata alla creazione di un prodotto reale, di rilevanza e valorizzazione sociale. Si darebbe inoltre nuovo spazio ad attività di metacognizione, autoconsapevolezza e regolazione, in modo che l’alunno prenda coscienza dei propri punti di forza e debolezza e degli interessi, così da poter puntare su questi per personalizzare le attività.

- Pari ruolo e responsabilità per tutti i docenti nella stesura del PEI e nel proprio ruolo di docenti disciplinari, nella prospettiva presentata da Ianes che attribuisce più valore a ‘dieci ore di compresenza dentro la classe rispetto a dieci ore di ‘dentro-fuori’ assegnate all’alunno con disabilità’ p.108. Grazie a queste ore di compresenza sarebbe finalmente possibile attivare tante risorse che non sono al giorno d’oggi messe in pratica perché l’insegnante solo in classe è impossibilitato, come l’apprendimento cooperativo.

- Più innovazione progettuale e maggiore flessibilità del sistema scuola.

Gli insegnanti specialisti itineranti:

- avrebbero il compito di supportare i docenti di classe nell’implementazione di forme di didattica inclusiva, nella forma di supporto tecnico veloce e disponibile a lavorare insieme. Nella quota di 22000, ognuno di essi lavorerebbe su 10-15 classi, e fornirebbe le proprie competenze ad un bacino di 50-60 docenti curricolari, e il loro operato consterebbe nell’osservazione delle dinamiche e delle attività di classe, nell’elaborazione e trasmissione di strategie, nella condivisione di metodi ed approcci, costruzione ed adattamento di materiali, confronto di esperienze, mediazione di relazioni ecc..

- Assumendo un ruolo esterno, darebbero riscontri distaccati e competenti sulla gestione delle attività e di svolgere il ruolo di diffusore di pratiche efficaci. Ne conseguirebbe anche un vantaggio di tipo relazionale, in tutte quelle situazioni in cui è necessaria la presenza di una figura ‘terza’ per mediare conflitti o situazioni difficili tra gli stessi colleghi, con e famiglie, con gli operatori socio-sanitari. ‘Il tema della difficile collaborazione tra scuola e Servizi è infatti uno dei più ricorrenti nelle analisi critiche della situazione attuale di interazione scolastica’ (Ianes, 2015, p. 116). Gli insegnanti specialisti, dotati di competenze certificate, sarebbero reclutati per mezzo di concorsi locali annuali indetti sulla base del fabbisogno appurato, e ad essi sarebbero riconosciuti una remunerazione e una progressione di carriera adeguate. Ciò gioverebbe anche alla documentazione delle attività, andando a colmare la lacuna spesso denunciata dell’assenza di un patrimonio di condivisione delle prassi e della deficitaria continuità degli interventi causata dalla precarietà degli insegnanti di sostegno, che si trovano ad essere spesso gli unici depositari della programmazione individualizzata

A livello internazionale sono numerosi gli studi che supportano e giustificano la necessità di aggiornare i percorsi di formazione degli insegnanti: si tratta di investire e lavorare sulla formazione iniziale e sull’aggiornamento continuo dei docenti, siano essi curricolari che di sostegno; riconoscere le differenze, come già detto con le parole di Canevaro, per capirle, valorizzarle ed attivare interventi efficaci, è possibile solo tramite un’adeguata conoscenza dei deficit e delle peculiarità di ogni caso.

Negli Stati Uniti le pratiche di inclusione sempre più diffuse hanno determinato l’urgenza di una riforma nella formazione dei docenti, tanto che la President’s Commission on Excellence in Special Education, nel 2002 ha emanato raccomandazioni in cui si chiede che i docenti curricolari abbiano una formazione sulla special education, per la promozione di politiche e pratiche per il miglioramento delle performance degli studenti con disabilità (Ajuwon et al., 2012). Spesso i docenti sono disorientati e spaventati dalle situazioni che si trovano di fronte, prevalentemente perché ignari di quali siano gli atteggiamenti e le strategie più adatte con cui proporsi; a questo proposito Voltz, Brazil e Ford (2008) sono dell’idea che il ‘movimento per l’inclusione’ trarrebbe beneficio da ricerche che identifichino modi efficaci per formare i docenti verso un atteggiamento positivo verso l’inclusione. Questa convinzione è supportata, ad esempio, da uno studio condotto su 116 aspiranti docenti negli Stati Uniti: attraverso l’uso di scale dicotomiche di valutazione in termini di ostilità/ricettività e ansia/calma, si è proceduto a valutare il loro atteggiamento riguardo l’avere a che fare con studenti con disabilità prima e dopo la frequenza del corso semestrale dedicato a nozioni introduttive sulla disabilità. Successivamente alla frequenza del corso i livelli di positività nei confronti della relazione con la disabilità sono migliorati, confermando così che la conoscenza dei deficit, di atteggiamenti efficaci su come rapportarvisi e la promozione di un atteggiamento positivo sono requisiti fondamentali perché i futuri docenti inizino la propria carriera con maggiore autostima e competenze (Whalon e Hart, 2010; Ajuwon, Lechtenberger et al., 2012). Che il momento migliore per investigare sulle attitudini dei docenti e degli educatori, rispondere alle loro preoccupazione e modificare gli atteggiamenti negativi verso la disabilità e l’ istruzione inclusiva sia quello della formazione pre-servizio è sostenuto anche da Jordan et al. (2009) e Starr e Foy (2010).